“Mamma!
Mamma!”.
I capelli scarmigliati, lo sguardo preoccupato e la voce
tremante.
Tonks
si liberò delle coperte che l’avvolgevano e scese
dal
letto, catapultandosi fuori dalla propria stanza e correndo lungo il
corridoio.
Il cuore le batteva troppo forte. Troppo. Sarebbe dovuta rimanere a
letto,
senza preoccupazioni, ma qualcosa si era abbattuto nei suoi sogni quel
pomeriggio. Qualcosa la opprimeva come un macigno, una terribile
sensazione.
Sul primo gradino delle scale si inciampò, e per non finire
a gambe all’aria si appoggiò al muro, sospirando e
riprendendo a scendere le
scale, questa volta più lentamente. Entrò in
cucina e trovò sua madre Andromeda
seduta al tavolo, tra le braccia il piccolo Ted Lupin, che osservava
beatamente
una Cioccorana che saltellava sul tavolo. Era tutto sua madre: i
capelli che
cambiavano colore ogni secondo, dal giallo fino ad un viola acceso,
l’allegria
e la spensieratezza visibili sul suo piccolo volto. Ma c’era
una cosa che Ted
Lupin aveva del padre: gli occhi. Gli stessi occhi che avevano fatto
innamorare
Tonks, che le avevano permesso di costruirsi una famiglia, gli stessi
occhi che
erano apparsi nel sonno alla moglie e che le erano sembrati spenti,
diversi.
Gli stessi occhi che l’avevano fatta svegliare
all’improvviso, con una brutta,
pessima sensazione.
“Dora
cara, dovresti essere a letto”. Andromeda
accarezzò
con un sorriso il volto del nipote.
“Mamma, dov’è Remus?”. Tonks
guardò l’orologio. “Dovrebbe
essere già qui..”
Andromeda sospirò, e quel sospiro non piacque alla figlia.
Tonks si voltò verso di lei. Lei la guardò,
incerta, poi alzò la bacchetta, e
“Non è venuto Dora”.
“Ma.. è tardi.. è uscito da quasi
ventiquattro ore ormai..”
Andromeda sospirò di nuovo.
“Mando un gufo ad Arthur.. forse lui sa spiegarmi..”
“Non è necessario Dora” la interruppe la
madre, e il suo
sguardo si fece all’improvviso più cupo.
“Come sarebbe a dire non è necessario..?”
“Ho sentito Arthur stamattina” rispose lei.
“Ha detto..”.
Indugiò per un attimo davanti allo sguardo preoccupato della
figlia.
“Ha detto?”
Andromeda scosse la testa. “Nessuno ha sue notizie da ieri.
Doveva incontrare urgentemente Arthur e Molly, ma non si è
presentato”.
A
Tonks sembrò di avere un pugnale conficcato nello stomaco.
Indietreggiò e si lasciò cadere sulla sedia, la
testa fra le mani. Andromeda
capì subito cosa stava pensando, tutti avevano lo stesso
pensiero, e speravano
ardentemente di non ricevere una conferma.
“Lo hanno preso mamma.. non c’è altra
spiegazione..”. Il
pianto silenzioso di Ninfadora Tonks fece calare il silenzio nella
stanza, fino
a quel momento rotto dal rumore delle mani di Ted che battevano
insistenti sul
tavolo, facendo saltare
“Non dobbiamo pensare al peggio Dora”
mormorò lei, e
appoggiò Ted sul divano, avvicinandosi alla figlia e
accarezzandole i capelli,
pregando che, in qualunque remoto angolo del pianeta, Remus Lupin
stesse bene.