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Autore: XShade_Shinra    27/10/2009    7 recensioni
Hiroki, di ritorno dall’Università, perde il treno ed è costretto a prenderne un altro, che scoprirà essere pieno. Grazie a questo cambio di programma, si imbatterà in Nowaki, un ragazzo che sembra conoscerlo...
[ Shounen-ai - Junjou Egoist ]
[ Fanfiction classificata 5° al Contest "Good vs Evil" indetto da Dike_Nike e .Yuri_giovane_contadina. sul Forum di EFP ]
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hiroki Kamijō, Nowaki Kusama
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- You in the Crowd -
Hiroki, di ritorno dall’Università, perde il treno ed è costretto a prenderne un altro, che scoprirà essere pieno. Grazie a questo cambio di programma, si imbatterà in Nowaki, un ragazzo che sembra conoscerlo... [Shounen-ai - Junjou Egoist]
Fanfiction classificata 5° al Contest "Good vs Evil" indetto da Dike_Nike e .Yuri_giovane_contadina. sul Forum di EFP

-Titolo: You in the Crowd
-Autore: XShade-Shinra
-Personaggi/Pairing: Nowaki Kusama x Hiroki Kamijou [Junjou Egoist]
-Genere: Generale, Romantico  
-Rating: Giallo
-Avvertimenti: One-Shot, E se..., Shounen-ai
-Prompt / Tema: Pieno / Bene
-Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati. Inoltre questi personaggi non mi appartengono (purtroppo...), ma sono proprietà dei relativi autori; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per puro divertimento.  

Questa FF mi è venuta in mente una sera di luna piena, mentre andavo al cinema a vedere il buon caro e vecchio Harry Potter; pian piano l’idea ha preso forma ed è venuto a crearsi questo racconto.
Ho cercato di fare come nel manga, ovvero usare come narratore omodiegetico con focalizzazione interna di tipo fisso uno dei due della coppia (in questo caso Hiroki); la stessa mangaka Nakamura Shungiku utilizza questo metodo, evitando di dare voce ai pensieri del personaggio non narratore.
La storia sarebbe da collocare al posto del terzo episodio, magari qualche mese dopo rispetto all'originale, quando "Oni no Kamijou" era ancora un universitario e Nowaki aveva da poco conseguito il diploma per poi poter così accedere all’Università con indirizzo in Scienze Sociali, ponendo come punto fermo il fatto che i due non si fossero mai incontrati quel dì al parco, ma… in quest’altra occasione!
In fondo troverete delle piccole note che ho pensato di aggiungere in modo da spiegare qualche termine magari non molto conosciuto, scusatemi se lo troverete superfluo.
Spero possa essere una piacevole lettura. ^^



- You in the Crowd -

Il metallico rumore del treno, che sfrecciava ad elevata velocità sui binari nella notte di plenilunio, era coperto dal brusio della folla presente nei vagoni, quel giorno decisamente pieni. Molte persone erano rimaste in piedi e non vi era spazio sufficiente per stare comodi, nemmeno per quelli che, come me, avevano fortunatamente trovato posto a sedere dopo minuti e minuti di attesa. Infatti molti ragazzi erano in due sullo stesso sedile, uno in grembo all'altro, od occupavano posto in tre su due sole poltroncine. Quasi mancava l'ossigeno per tutte le persone equipresenti e la situazione era la medesima anche negli altri scompartimenti. Solo quel giorno capii il vero significato del modo di dire "essere pieno come un uovo"!
Da quanto sentivo nel bisbiglìo generale, che quasi mi impediva addirittura di leggere da tanto era fitto e martellante, c'erano diverse manifestazioni giovanili nella zona e ciò fu la causa del sovraffollamento dei mezzi, compresi anche gli autobus notturni1.
Non c'era dubbio: avrei proprio dovuto leggere l'oroscopo! Quella giornata era stata un vero schifo già da mattina presto.
La sveglia mi era stata gentilmente offerta dal mio vicino d’appartamento, che aveva avuto la brillante idea di attaccare i chiodi al muro per mettere i quadri già dalle cinque del mattino; una volta in piedi avevo scoperto che un guasto elettrico aveva lasciato al buio l'intero quartiere e, non essendo ancora stato riparato, saltai la colazione e mi dovetti fare la doccia con l'acqua proveniente direttamente dalla Siberia visto che lo scaldabagno non aveva potuto compiere il proprio dovere; asciugatomi anche i capelli con solo un telo in spugna, mi ero fiondato in stazione e, per fortuna, non dovevo prendere il bus o la metropolitana perché, visto l'andazzo, sicuramente avrei perso la coincidenza. Quasi non mi sembrò vero di riuscire a prendere il mio solito treno per andare all'Università!
Incredibilmente, durante le lezioni, la sfiga che sembrava essermisi attaccata dietro al posto dell'ombra non mi diede filo da torcere, se non all'ultima ora di lezione: era già molto tardi, ma il professore doveva assolutamente finire di spiegarci il programma per chiudere le sue lezioni e per questo uscimmo tutti in ritardo. Ciò comportò la perdita del treno di ritorno e la conseguente attesa di ben trentadue minuti per il mezzo successivo, il quale, in barba a tutte le mie più realistiche previsioni, arrivò puntuale. Nessun suicidio lungo la linea ferroviaria, né terremoto od uragano attentarono ai miei nervi già messi duramente alla prova. Ma doveva pur esserci la classica ciliegina sulla torta: l'incredibile calca sul treno.
Sì, davvero una bellissima, splendida, giornata!
E quel che più mi spaventava, era che le ventiquattrore non erano ancora finite: l’orologio segnava appena le venti e trenta, troppo presto per cantare vittoria.
Io, Hiroki Kamijou, laureando alla facoltà di Lettere dell'Università Teito2, ero ancora a rischio di uscire da tutte le grazie divine.
Non sapendo cosa fare, avevo trovato come unico passatempo quello di cercare di leggere un libro giallo di Taro Hirai, alias Ranpo Edogawa3, "Kotō no Oni4". La Letteratura Giapponese era la mia vera passione. Chiunque avesse visto la mia casa, avrebbe pensato che avessi svaligiato una biblioteca! Dappertutto c'erano libri di ogni genere e tipo, ma unicamente scritti da autori giapponesi. Il mio sogno era quello di diventare docente universitario e stavo facendo veramente di tutto per riuscirvi: avevo già consegnato la prima tesi e ne stavo preparando appunto un'altra; una volta terminati gli studi specialistici, sarei diventato professore associato ed infine avrei avuto una cattedra tutta mia. Sì, questo era il mio sogno ed intendevo coronarlo ad ogni costo.
Una posata e dolce musichetta mi distolse dai miei determinati pensieri inerenti il futuro, precedendo la metallica voce femminile che avvisava di essere giunti in prossimità della fermata successiva. Se solo fossi stato sullo Shinkansen5... almeno lì i posti erano prenotabili...
Quindi mi appellai alla divina provvidenza e sperai con tutto il cuore che scendesse anche solo un centesimo dei passeggeri, così da poter respirare un po'.  
Straordinariamente, le mie preghiere, sicuramente insieme a quelle di tutti gli altri passeggeri (co)stipati insieme a me, vennero ascoltate: il treno cominciò quasi a vomitare carne umana, liberando tutti i posti in piedi ed alcuni di quelli a sedere. Ma non riuscimmo nemmeno a tirare un sospiro di sollievo, poiché altrettante persone, se non di più, salirono sul vagone.
Era un incubo!
Con il mio solito fare serio ed imbronciato, chiusi il libro con un morbido tonfo e lo sistemai nella cartella a tracolla che portavo per i tomi universitari. Con la coda dell'occhio, notai che era salita un'anziana signora che si era messa in piedi, poco lontana da me. Era vestita con un bel kimono di colore nero6, quello con il quale si vestivano i familiari di un defunto per il suo funerale ed, in effetti, sembrava avere gli occhi molto tristi.
Rimanendo seduto per non attirare degli avvoltoi, mi rivolsi alla vecchietta.
«Mi scusi, signora!» la chiamai, ricevendo in risposta un'occhiata confusa «Le cedo il mio posto.»
Quelle parole furono udite da metà dei passeggeri presenti e tutti loro fissarono il mio posto come se fosse fatto d'oro zecchino.
«La ringrazio.» disse lei con voce fine e flebile, muovendo dei piccoli passi educati, quasi atti a non disturbare. Doveva portare davvero tanta sofferenza nel cuore.
«Di... Di niente...» risposi, alzandomi solo quando fu abbastanza vicina a me, in modo che si potesse sedere subito.
Con un piccolo luccichio negli occhi, mi ringraziò nuovamente con un gesto del capo.
Purtroppo, vista la fiumana di persone che continuava a salire, fui costretto ad indietreggiare, fino ad arrivare alla porta automatica che conduceva all'altro vagone, dove diedi una sbirciata. Sembrava leggermente meno affollato di quello dove ero...
Lasciandomi sfuggire un pesante sospiro dalla bocca, chinai il capo in avanti e premetti il pulsante per far aprire la porta in vetro a scomparsa e poter così accedere... all'altro girone dell'Inferno! Sembrava più agibile solamente perché non era ancora salito nessuno.
Feci per tornare indietro, ma l'uscita era già bloccata da altri passeggeri che avevano avuto la mia stessa, brillante, idea.
Così mi ritrovai sballottato da due diversi fuochi e mi toccò avanzare verso la parte centrale dello scompartimento.
«Non spingete!» dissi inviperito ad un paio di ragazzini delle superiori, i quali pareva addirittura si divertissero a causare disagio agli altri passeggeri, dando spintoni in modo da poter andare avanti per - sperare di poter - trovare un posto dove sedere le loro regali terga; ma le mie lamentale furono vane contro quei piccoli bulletti, che, con poca grazia, mi spinsero da una parte.
«Oops!» esclamai cadendo in avanti, per poi sentire due forti braccia ed un largo petto accogliermi, invece del freddo e duro pavimento.
Avrei dovuto pensarci prima che cadere a terra era piuttosto difficile visto il poco spazio a disposizione anche solo per inchinarsi a raccogliere qualcosa caduta a terra.
«Ti sei fatto male?» la calda voce maschile della persona che mi aveva preso al volo mi giunse alle orecchie molto dolce.
«Ehmm...» feci piano, mentre sentivo il volto andarmi a fuoco; con uno scatto mi allontanai d’un passo e guardai il ragazzo scuotendo la testa «No, no, no! E' tutto a posto!» risposi imbarazzato, gli occhi della grandezza di due mandarini maturi.
Il moretto che avevo davanti mi guardò e sorrise. Aveva davvero dei bellissimi lineamenti, gli occhi di un nero talmente intenso da sembrare blu ed era molto alto.
«Scusami per esserti finito addosso...» borbottai, chinando appena il capo a mo' di scusa, visto che flettere l'intero busto mi era impossibile.
«Non preoccuparti.» mi rispose, con il tono di voce di uno per niente arrabbiato.
Non feci quasi in tempo a rimettermi nella posizione eretta che la folla mi spinse nuovamente, ripetendo così la scena di poco prima, con me fra le braccia di quel ragazzo sconosciuto che lasciò andare subito i propri arti verso il basso per non dare l’impressione che mi stesse abbracciando.
«Ehy!!» urlai all'artefice del disastro, girando la testa di centottanta, innaturali, gradi.
Per sua fortuna - perché altrimenti si sarebbe preso una strigliata epica - e per mio orrore, scoprii che non era colpa sua: i controllori stavano addirittura aiutando gli ultimi in fila ad entrare per poter così chiudere le porte... ne ero certo, se fossimo stati delle sardine saremmo stati molto più comodi!
«Mi scusi, ma...» tentò di dire l'uomo dietro di me, cercando a suo modo di scusarsi, ma la folla che ci circondava era già di per sé molto eloquente.
«Nulla...» sbuffai, rigirando il capo.
Quando finalmente tutti i pendolari salirono sul convoglio, riprendemmo il viaggio, mai così felici di sapere che ad ogni minuto che passava ci si avvicinava sempre più alla propria fermata. A me ne mancava solo una, poi avrei potuto finalmente dire addio a quel viaggio che non avrei mai augurato nemmeno al mio peggior nemico.
Ormai mi era impossibile muovermi da quella posizione alquanto imbarazzante, per cui rimasi fermo, cercando di trattenere il fiato mentre guardavo di lato.
«Non ti preoccupare, non mi dai fastidio.» mi disse il ragazzo, sempre con quel suo sorriso tranquillo e bonario, mentre io cercavo in ogni modo di non stargli troppo appiccicato.
«A-- Ah... Sì...» borbottai piano.
Quanta vergogna nella mia voce e sul mio volto.
Non era certo colpa mia se da qualche mese a quella parte mi ero finalmente messo in testa di lasciarmi alle spalle i fantasmi del passato: fin da quando ero alle medie, ero innamorato del mio migliore amico, nonché compagno di scuola, del mio stesso orientamento sessuale, ma che non mi ricambiava per nulla... Alla fine, dopo essermi umiliato per mio triste amore malato e senza pace, ero deciso a non pensare più ad Akihiko Usami, alias Akihiko Usagi, l'uomo del quale leggevo ogni più piccola bozza letteraria come se quell'inchiostro in realtà fosse pregiato petrolio e la carta ricavata da filamenti di perla, tanto che compravo in triplice copia tutti i suoi romanzi. Lui, il mio migliore amico; lui, il masso che avevo nel cuore. Ancora dopo mesi, rivederlo mi faceva stare male al punto di piangere. Il ricordo cominciava ad affievolirsi, ma la stearica si deve consumare del tutto per spegnersi... e per quello mi ci sarebbe voluto ancora del tempo...
«Mi chiamo Kusama Nowaki.» si presentò di botto, facendomi sbattere il muso non solo contro il suo petto, che scoprii essere molto muscoloso, ma anche contro la triste realtà di quel treno pieno fino al collasso!
«Ah, piacere, Nowaki...» dissi, sollevando per bene il collo per poterlo guardare negli occhi «Io son--»
«Non sembra che tu sia di ritorno da uno dei tanti concerti, ho ragione?» mi chiese, senza darmi nemmeno il tempo di presentarmi a mia volta.
«Uhn... in effetti sto tornando dall'Università...» gli spiegai.
«Io, invece, torno dal lavoro part time!» disse, con un sorriso caldo.
Quel ragazzo mi stava facendo andare nel pallone. Si comportava in maniera strana, forse un po' invadente... però era molto gentile...
«Che Università frequenti?» chiese con voce bassa ma ben udibile.
«La... La Teito.» risposi, non capendo dove volesse arrivare.
«Io a breve inizierò gli esami di ammissione per Scienze Sociali.» spiegò.
Non che la cosa mi interessasse... Sembrava volesse portare avanti una conversazione.
Così cominciammo a dialogare per far passare il tempo, anche perché stando così vicini, alla fine era l'unica cosa che si potesse fare; cercare di ignorarci a vicenda era ancora più imbarazzante...
Durante la nostra variegata conversazione, avevo scoperto alcune cose su Nowaki: svolgeva ben sei diversi lavori part-time per potersi mantenere e soprattutto stava risparmiando per poter accedere all'Università; da come parlava, sembrava non avesse nessuno che potesse dargli supporto economico... magari aveva litigato con i genitori ed era fuggito di casa...?
Durante la nostra discussione, che durava ormai da diversi minuti, mi ritrovai un gomito tra le costole per colpa di un altro passeggero. Che dolore! Ne avevo veramente le tasche piene di tutto quel sovraffollamento!
«Grr...» ringhiai appena, aggrottando le sopracciglia.
«Non prendertela.» mi disse, passandomi una mano tra i capelli castani in una leggera coccola alla quale non seppi rifiutare. Quelle sue mani.. erano tanto simili a quelle di... No, no... Non ci dovevo più pensare! Volevo solamente stare in pace. Non vedevo veramente l'ora di scendere da quel luogo pieno zeppo di gente!
Quando ormai pensavo che il viaggio non terminasse mai, un'altra musichetta, diversa dalla prima, informò noi tutti che stavamo giungendo alla nuova fermata.  
«Io ora devo andare.» informai il ragazzo «Da qui si scende per il distretto di Bunkyo.»
Finalmente riuscii a vedere il bicchiere mezzo pieno: casa era relativamente vicina!
«Anche io!» disse Nowaki, indicando l'uscita con il pollice «Magari in due riusciamo ad avvicinarci in tempo alle porte...»
Mi voltai e vidi l'uscita che sembrava si allontanasse sempre più da noi.
«Sì, meglio...» borbottai, con un'espressione indefinibile in volto, un misto tra rabbia e depressione.
«Allora andiamo!» disse, prendendomi per il polso e cominciando a camminare a passo lento ma implacabile. Era un giovane abbastanza ben piazzato, notai che non aveva troppi problemi a far scansare la gente.
«Ehy! Non c'è bisogno di tirarmi!» gli dissi, alterato.
«Se non faccio così, non riuscirai mai a raggiungere l'uscita.» spiegò, calmo.  
«Tsk!» feci, girando il volto, con l'aria un po' offesa, anche se mi rendevo conto che aveva ragione.
Così, grazie all'intervento di Nowaki, ci facemmo largo tra il pienone e raggiungemmo la porta proprio mentre il treno si stava fermando. Appena in tempo!
Scendemmo immediatamente dal vagone, seguiti dagli altri passeggeri che abitavano nella nostra stessa zona, e quasi mi venne da baciare il piano di calpestìo sul quale stavamo camminando. Finalmente ero sceso da là!
«Bene, Nowaki!» dissi al giovane «Finalmente l'esodo per noi si è concluso. Direi che possiamo salutarci e tornare ognuno a casa propria...»
«Hiro-san7?» mi chiamò il moretto, quasi a volermi interrompere, trattenere «Ti va se facciamo un pezzo di strada assieme?» mi propose.  
Lo guardai un po' spaesato, poi mi girai, dandogli le spalle, e camminai spedito verso le scale. Non mi ero neppure accorto che mi avesse chiamato per nome, nonostante non mi fossi presentato!
«Assolutamente no!» risposi sgarbato.
Quel ragazzo si stava intromettendo un po' troppo nella mia vita, violando la mia privacy, ma a quanto pareva, non ero riuscito a convincerlo: sfruttando il fatto di avere le gambe molto più lunghe delle mie, mi si affiancò immediatamente.
«Per favore, Hiro-san!» insistette «E' stato davvero molto bello poter scambiare quattro chiacchiere con te, vorrei proseguire...»
«No.» continuai a dire, prendendo la rampa di scale per salire al piano superiore.
«Ma perché?» chiese.
«Perché...» feci per spiegare, ma mi ritrovai a non sapergli dare una risposta.
Il nocciolo del problema, era che insieme a lui... sentivo una strana sensazione... un qualcosa che il mio cervello rifiutava...
«Da che parte è casa tua?» mi chiese, visto che io non mi decidevo a parlare.
«Oltre il parco.» gli indicai.
«Io giro proprio poco prima.» sorrise.
«Uhn...» sbuffai, mentre ci allontanavamo dalla struttura della stazione «Beh... Allora va bene.» acconsentii, con l'aria imbronciata.
Così riuscì a mettermi nel sacco e camminammo insieme, diretti al parco.
Ovunque ci girassimo, vedevamo solo bancarelle stracolme di ogni tipo di merce, attorniante da una grande quantità di persone.  
«Mi chiedo come mai ci siano tutte queste persone in giro!» sbuffai, guardandomi attorno con un tic nervoso al sopracciglio ed una vena pulsante alla tempia.
«Ma come, Hiro-san! Non lo sai?» mi chiese stupito il ragazzo «Oggi è la giornata dell'Hanami8, la fioritura dei ciliegi! Non hai sentito il telegiornale?»
«No...» risposi.
Stamane non avevo potuto seguire il notiziario e, preso com'ero dalle tante lezioni, i corsi e la tesi, mi era veramente passato di mente l'immediato avvicinarsi della ricorrenza.
«Ecco spiegato il motivo della folla... Stanotte c'è lo Yozakura9. Certo che quest'anno si sono dati da fare...» borbottai, guardandomi in giro. Mentre ero sul treno, non ero riuscito a capire bene le informazioni spezzettate che mi giungevano alle orecchie.
In pochi minuti arrivammo al Parco.
A quel punto, anche se Nowaki non mi avesse ricordato l'avvenimento del giorno, mi sarebbe subito tornato alla memoria, visto che il colore dominante sugli alberi era il classico bianco rosato; le fronde dei ciliegi sembravano soffici nuvole da lontano.
«Ci avviciniamo un attimo?» mi chiese il ragazzo.
«Sì...» annuii, procedendo accanto a lui.
Mi ero quasi abituato alla novità della sua compagnia.
Camminando fianco a fianco per il sentiero acciottolato dentro il parco, gli occhi pieni di meraviglia si persero tra le fronde degli alberi, incantati da quello spettacolo di estrema bellezza e semplicità. Alcuni petali erano già caduti a terra, formando un soffice tappeto rosa ai nostri piedi, ma nulla toglievano ai loro compagni ancora sui rami, incantevoli e delicati come fiocchi di cotone.
«Ohh...» mi sfuggì dalle labbra.
I ciliegi in fiore erano sempre fantastici...
Mentre ero preso da quello spettacolo che ci offriva la natura nella sera illuminata dalle luci delle chouchin10, ma soprattutto della luna piena che sembrava avvolgere ed accarezzare tutto con i suoi raggi argentati, non mi accorsi che gli zaffiri di Nowaki, più che guardare i ciliegi, erano intenti ad osservare me.
«A quanto pare, non sono l'unico a trovare bello tutto questo.» disse cristallino il ragazzo.
«Uhn! Non è una cosa di tutti i giorni.» risposi, facendo spallucce.
Calò un lungo silenzio tra noi, finché, finalmente, il moretto non lo ruppe.
Se avessi saputo in anticipo le sue parole, probabilmente avrei preferito continuare ad ascoltare i lievi suoni che riempivano il parco offerti da madre natura, lontani dal fracasso mondano.
«Io... ti conosco da molto, Hiro-san...» sussurrò.
«Uhn? Ci siamo forse già visti da qualche parte?» domandai, sperando di non aver fatto la solita figura di chi non riconosce le persone. Ero abbastanza fisionomista, ma può capitare a tutti di sbagliare...
«Forse tu non mi hai mai visto, ma... io sì.» rispose.
Per fortuna!
«Beh, in realtà... non mi ricordo di te... Quindi... suppongo che tu abbia ragione...» borbottai.
«Sai, è stato un bene allora che ti sia alzato, cedendo il tuo posto a quella vecchina come mi hai raccontato prima...» proseguì le sue farneticazioni «Così, finalmente ti ho potuto parlare...»
Lo guardai un po' stranito a quel suo dire.
«Vedi, Hiro-san... io prendo sempre il tuo stesso treno la mattina, anche se mi fa arrivare un'ora e mezza prima a lavoro...» la sua voce era bassa, senza tremori.
«Come mai prendi quel treno?» domandai «Deve essere abbastanza stressante!»
«In realtà non è affatto stressante, anzi, è una fonte di gioia per me... E' davvero molto importante...»
«Sì, ma... perché?» chiesi ancora.
Lui si fermò e mi si parò davanti.
I suoi occhi erano così sicuri...
«Lo faccio per poterti vedere ogni mattina, Hiro-san.» mi disse, ripetendo ancora una volta il mio nome, seguito da quell'educato suffisso.
«COSA?!» chiesi stupito «Ma... ma... ma...» balbettai, incapace di concretizzare un discorso sensato.
Che Nowaki Kusama in realtà fosse... uno stalker11?! In quel momento iniziai seriamente a preoccuparmi! Se mi seguiva da tanto tempo come diceva ed io non me ne ero mai accorto, dopo quella sua rivelazione, cosa mi sarebbe accaduto?!
«Sai, da quando ti ho visto la prima volta, non ne ho più potuto fare a meno. Tu, in mezzo alla folla, sembri distinguerti... come se i miei occhi riuscissero a vedere solo te...» continuò a dire.
Il suo sguardo però era dolce, dolcissimo. Non come quello di un criminale o di uno psicopatico.
«Ogni giorno che avevo la fortuna di incrociarti mentre cercavo posto, mi veniva sempre voglia di fermarmi per poter parlare con te, ma eri sempre immerso nella lettura dei tuoi libri... Ne leggi uno nuovo al giorno, Hiro-san! Si vede proprio che ti piacciono davvero molto.» mi sorrise.
Perché ancora mi sembrava così innocente dopo tutte quelle rivelazioni?
«Naturalmente non tutte le volte mi capita di salire sul tuo stesso vagone, però posso benissimo vederti una volta che arrivavi alla tua fermata. So bene qual'è... e quindi mi affaccio sempre al finestrino.»
«Ma... MA COSA DICI?!?!» urlai, imbarazzato come non mai in tutta la mia vita.
Presi il libro giallo che stavo leggendo in treno e, con un movimento veloce e preciso come quello di un cecchino, lo colpii in mezzo alla fronte.
«BAKA12!!!» gridai «Ma hai capito cosa mi stai venendo a dire?!»
Nowaki, senza fare una piega, si abbassò per raccogliere il volume e mi si avvicinò, tendendomelo.
«Lo so benissimo...» rispose serio, prendendomi per mano e tirandomi appena dietro un ciliegio, alla larga da occhi indiscreti.
Proprio mentre stavo riprendendo il mio prezioso tomo per un altro tiro, lui mi pizzicò gentilmente il mento, sollevandomi il volto.
«Hiro-san...» sussurrò caldo, chinando la testa verso la mia.
Il vento si alzò appena e venimmo avvolti da un turbinare di petali di ciliegio, che danzarono attorno a noi come piccoli diamanti rosa, che riempirono l’aria con il loro dolce profumo di polline.
«Suki desu13...» mi sussurrò.
Ero troppo confuso per poter fare qualsiasi cosa e rimasi con gli occhi aperti, mentre le nostre due labbra si sfiorarono appena, legate dai nostri pesanti respiri, per poi modellarsi a vicenda su quelle dell'altro...
Ed io potei sentire tutto quello che Nowaki voleva trasmettermi in quel gesto che cancellò ogni dubbio che avessi su di lui...
Un Bacio... pieno d'amore...

§Owari§
XShade-Shinra



-Note:
1 Autobus Notturni, in Giappone ci sono degli autobus, detti appunto "notturni", che viaggiano di notte. Costano meno e sono fatti apposta per poterci dormire e ritrovarsi così il mattino dopo nella città dove si vuole arrivare, senza perdere tempo di giorno.
2 Teito, nome di una Università, in realtà inesistente, molto usata nei film o nei manga.
3 Taro Hirai / Edogawa Ranpo, Prefettura di Mie, 21/10/1894 - 28/07/1965, scrittore giapponese di libri gialli.
4 Kotō no Oni, "L'Oni dell'Isola Solitaria" è davvero un suo giallo, scritto nel 1929, e parla di amori omosessuali. Ho pensato fosse adatto per Hiroki, dato che legge senza problemi i libri di Usami-san tenendoli in bella mostra in casa.
5 Shinkansen, linea ferroviaria giapponese di treni ad alta velocità.
6 Kimono nero, è il kimono indossato dai familiari del morto durante la cerimonia funeraria. Porta i cinque Mon (stemmi di famiglia) bianchi ed è in seta chirinem o babutae. Anche l'Obi, l'Obiage, l'Obijime (varie cinture) e gli Zori (sandali bassi) sono del medesimo colore, mentre la Juban (sottoveste del kimono), in seta rinzu, può essere anche colorata.
7 –san, suffisso giapponese, usato per portare rispetto a qualcuno o se non si ha confidenza con l'interlocutore.
8 Hanami, letteralmente "Guardare i Fiori" è il rito dell'osservazione della fioritura dei ciliegi (Sakura). Non ha mai una data fissa, in quanto dipende dalle condizioni meteo e cambia a seconda della zona; in genere è stimato tra fine marzo ed inizio maggio, ma la data viene fornita direttamente dall'agenzia meteorologica giapponese, che studia appunto i boccioli di ciliegio per capire quando fioriranno.
9 Yozakura, letteralmente "notte di ciliegi", sarebbe il continuo notturno del rito dell'Hanami.
10 Chouchin, le tipiche lanterne di carta.
11 Stalker, "colui che avanza furtivamente", sono coloro che si appostano e seguono ossessivamente una persona; alcune volte il fenomeno di stalking degenera in violenza quando il criminale decide di uscire allo scoperto, ecco perché Hiroki è così preoccupato.
12 Baka, parola giapponese, significa "stupido"; Hiroki la dice spesso e l'ho voluta lasciare come nell'originale.
13 Suki desu, in giapponese significa "Mi piaci".
Qui di seguito, un link con le musichette dei treni della rete ferroviaria giapponese JR: http://www.youtube.com/watch?v=jC6AIwNgjKE



Risposte alle Recensioni:

x Ermellino: Grazieeeeeeeeeeee!! **

x Mitsu
: ** Sono lieta che ti sia piaciuta! Mi sono veramente impegnata per l'IC e per tutti i riferimenti al Giappone! ** Sì, gli accenti ci hanno sempre trovato in disaccordo!X°D Comunque un giorno riuscirò a convertirti alla Egoist, ne sono certa! >^< 

x ballerinaclassica
: Lo so che era un contest difficile, c'erano un sacco di partecipanti brave (come te, del resto! **), l'importante è che sia stata una gradevole lettura. ** Io sono buona con i miei lettori ed uso il carattere grande! v-v Anche tu dovresti fare lo stesso!XD Comunque sappi che le tue recensioni sono sempre bellissime, grazie! **

x artemis89: Grazie mille! ^^ Eh sì, i ciliegi in fiore sono romantici! >w<

x miristar: >.< Eh, purtroppo è così! Grazie per i complimenti! Allora ci si rivede alla prossima FF! ^^

x Adelphy3: Sono così felice che la mia fatica sia stata apprezzata! ** Ti ringrazio per i complimenti (sei stata davvero gentile) e mi dispiace che abbia trovato la FF un po' frettolosa, infatti, pur partecipando ad un contest - e quindi avendo una data di scadenza - non l'ho buttata giù all'ultimo. Vorrà dire che la prossima volta mi impegnerò di più! *^* Comunque ho altre FF in mente su loro due, devo solo... trovare il tempo per scriverle! ^^' Ciao! 

  
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