Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: takumakakinouchi    28/10/2009    1 recensioni
Una storia semplice. Un bambino, una conchiglia, il senso dell'attesa e della meraviglia.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il mare nascosto

 

Erano arrivati da poco più di un’ora. La casa in cui avrebbero trascorso i dieci giorni seguenti era linda e silenziosa. Il mare era davvero vicino e un sentiero lungo cinquecento metri scarsi portava alla spiaggia partendo dal cancelletto sul retro della casa.

Donny scese con lentezza i dieci gradini delle scale esterne; si muoveva con circospezione, nonostante fosse ormai già fuori dalla portata dei genitori. Temeva comunque che si svegliassero da un momento all’altro e lo scoprissero prima che fosse riuscito a sgattaiolare via.

Il fatto è che Donny era troppo ansioso di vedere il mare, la sabbia, i pesci… le sirene, gli squali! No, magari quelli no… al massimo da lontano, insieme a papà.

Aprì il cancelletto, che cigolò sinistramente, poi tentò di richiuderlo tirandolo a sé con forza: in questo modo, pensò, avrebbe rallentato l’inseguimento dei suoi genitori. Rimase un po’ deluso perché il cancelletto non voleva saperne di restare chiuso, a meno che qualcuno non fosse riuscito a far scorrere lo sgangherato catenaccio. Il bambino ci provò, ma ci sarebbero voluti tanta forza o un po’ d’olio: non aveva a disposizione nessuno dei due, così si decise a lasciarlo socchiuso. Sarebbe stato un indizio per la mamma, quando si fosse messa alla sua ricerca, ma in ogni caso non ci avrebbe messo molto a trovarlo: l’importante era fare presto, quindi amen per il cancello.

Lasciati alle spalle la casa e i genitori addormentati, Donny si sentì entusiasta. Il sentiero scendeva dritto verso quello che indubbiamente era il mare: una meraviglia celestiale, una tentazione azzurra. Si incamminò motivatissimo a raggiungerlo, a passi piccoli e svelti. Il sentiero era costeggiato da canne, more selvatiche e da qualche fiore dai toni accesi. Le foglie punteggiate di spine dei fichi d’India cresciuti a ridosso del sentiero preoccupavano un po’ Donny, che fece molta attenzione a non sfiorarle: non promettevano nulla di buono. Era tutto assorto e concentrato nell’impresa quando vide guizzare ai suoi piedi una lucertola, che si fermò a poche braccia da lui: in quel momento si pentì di non aver portato con sé la macchina fotografica. C’erano così tante cose da fotografare assolutamente… ma quel mattino era in missione esplorativa, quindi non poteva portare nulla di ingombrante. Il percorso fino alla spiaggia gli era sembrato interminabile. Non si dava spesso il caso che si trovasse solo in un posto sconosciuto, anzi probabilmente quella era la prima volta! Quando fu giunto alla distesa di sabbia fine e bianca della spiaggia, si sentì invadere dal desiderio di mettersi a correre, perché il mare era lì, a pochi metri, ed era bellissimo: una cosa gigantesca e azzurra e… voleva toccarlo, tuffarsi, guardarci dentro!

Tra le tante cose che gli avrebbe rimproverato la mamma ci sarebbe sicuramente stato il bagno senza costume. Ovviamente Donny non aveva avuto la premura di indossarlo: non si era potuto mettere a rovistare nella valigia di mamma, con il rischio di svegliarli.

Così si mosse deciso verso la riva, con i piedi che affondavano a ogni passo dentro la sabbia cedevole e caldissima. “Ahi, infuocata!”, fu il commento di Donny quando provò a camminare scalzo. Meglio avanzare con le infradito che ritrovarsi le piante dei piedi ustionate.

Era ormai a metà strada tra il bagnasciuga e l’inizio della spiaggia quando i suoi occhi notarono qualcosa. Si accosciò per osservarla da vicino: era una conchiglia!

Donny ne restò affascinato: era fatta a strisce color caffelatte, e un tempo doveva essere stata la casa ambulante di qualche lumacone di mare.

Nell’istante in cui allungò la mano per afferrarla, fu preso di soprassalto dal rumore di voci che si avvicinavano e si mise all’in piedi di scatto: erano voci di bambini. Si voltò per guardarli: uno di loro aveva in mano un pallone nero arancio e gli altri cinque avevano preso a tracciare con i piedi le linee di un campo da calcio, segnalando i pali delle due porte con quattro lunghe pietre piatte.

Donny si allontanò istintivamente; non gradiva le occhiate di quei bambini addosso. Dovevano avere due  o tre anni più di lui, forse addirittura dieci anni!E poi sembravano dei gradassi. Avevano fatto un gran polverone mentre segnavano le linee storte di quel campetto.

 

Donny era indeciso se tornare a casa o puntare verso il mare. Dritto in acqua: decisione sofferta, ma ormai che c’era sarebbe andato fino in fondo! Stando alla larga dai pochi ombrelloni piantati nella sabbia a quell’ora del mattino, fatti una trentina di passi arrivò sul bagnasciuga. Che bello… visto da vicino era ancora più immenso… la spuma delle onde arrivava a lambirgli i piedi. Il fondale era abbastanza chiaro da riuscire a vedere qualche pesciolino che guizzava nell’acqua bassa.

Donny si piegò in avanti e toccò l’acqua con le dita: era calda abbastanza da mettergli una voglia matta di fare il bagno.

Si svestì rapidamente, si liberò delle infradito e si fiondò in acqua con lo slippino azzurro, che poteva benissimo passare per costume. Si spinse fino ad essere immerso fino al collo: sapeva nuotare a malapena, perciò fece attenzione a non andare troppo dentro, senza mamma e papà vicini. Caspita, pensò. Il mio primo bagno  a mare, il primo bagno della mia vita! Altro che la piscina, si trattava di niente di meno che del gigantesco, profondissimo, minaccioso mare… Ehi, aspetta un attimo… minaccioso, hai detto? Forse era il caso di ritenersi soddisfatti di quella prima volta e di uscire dall’acqua fino a nuovo ordine. Un attimo, però. Era inconcepibile fare un bagno a mare senza affacciarsi sott’acqua! Donny chiuse gli occhi, trattenne il fiato e si accovacciò sott’acqua, voltandosi verso l’interno del mare. Quando aprì gli occhi, oltre al pizzico dell’acqua salata, sentì una grande fifa: davanti a lui si spalancava un profondo abisso blu.

Vuoi la visione magnifica e terribile, vuoi il fastidio agli occhi lo convinsero a risalire dopo pochi secondi di apnea. Wow! Non aveva mai visto niente di così… profondo! Tutto quel blu che diventava inchiostro man mano che si inabissava. Chissà cosa si nascondeva là sotto… magari altre conchiglie come quella color caffelatte, o altri pesci, molto più grandi di quelli che scattavano nell’acqua bassa. O tesori, e galeoni sommersi, e città fantasma. La parola fantasma lo fece voltare immediatamente e uscire fuori dall’acqua abbastanza in fretta. Non aveva portato con sé un asciugamano ovviamente, e adesso gli toccava sedersi sulla riva e aspettare di essere asciutto. Non poteva certo rivestirsi subito e inzuppare i vestiti.

Chissà se quei bambini si erano presi la conchiglia… Donny sperava tanto di no… prima avrebbe fatto meglio a mettersela in tasca, forse. Si voltò indietro: i bambini stavano continuando a giocare, in mezzo a una nuvola di polvere contro cui spiccava il pallone arancione, sballottato di qua e di là. Donny riusciva persino a sentire le imprecazioni dei due portieri, piazzati tra i pali di pietra.

Era già quasi del tutto asciutto quando vide una figura femminile avvicinarsi spedita ai calciatori. Donny non ci mise molto a capire che si trattava di sua madre. Dopo una rapida conversazione, uno dei bambini indicò la riva e la mamma di Donny puntò decisa in quella direzione. Non appena mise a fuoco il proprio bambino, la signora affrettò il passo. Donny si alzò di scatto, in attesa della sonora sgridata e forse di un ceffone.

“Donny!! Ma cosa ti salta in mente?”, urlò la mamma, dando sfogo all’ansia accumulata in quei minuti di ricerca concitata.

“Papà ti sta cercando sulla strada!! Rivestiti mentre gli dico che sei qui!”

Donny si rivestì in silenzio, mentre sua madre telefonò al marito per comunicargli che il bambino era in spiaggia e stava bene.

Conclusa la telefonata, la mamma lo prese per un braccio e, senza smettere di rimproverarlo, lo riportò a casa di filato. 

Passarono accanto ai bambini impegnati nella partita. Uno dei portieri lo degnò di uno sguardo beffardo e malevolo. Donny abbassò gli occhi, che incrociarono di nuovo la conchiglia. Era ancora lì, quei bambini non l’avevano toccata. Donny a quel punto avrebbe potuto chiedere a sua madre di fermarsi un attimo, così l’avrebbe potuta raccogliere; ma aveva in mente altri progetti per quella conchiglia. Era curioso di vedere se, quando sarebbe tornato in spiaggia con i suoi genitori, l’avrebbe trovata ancora lì. Sicuramente, alla fine della partita, uno dei calciatori l’avrebbe notata e se la sarebbe messa in tasca, pensò.

Nel pomeriggio Donny tornò in spiaggia con mamma e papà. Notò subito che i ragazzi non erano più lì; quattro pietre piantate nel terreno erano rimaste a testimonianza della partita. Ma -quello che più importava a Donny- la conchiglia color caffelatte… sparita, no!! C’era ancora.

Fu in quel momento, mentre le passava accanto, che prese la decisione: avrebbe atteso fino all’ultimo giorno di vacanza prima di raccoglierla… Era rimasto stupito che gli altri bambini non l’avessero raccolta. Forse semplicemente non l’avevano vista? Ma in dieci giorni sarebbe stato difficile che qualcuno non la notasse e non desiderasse raccoglierla e portarla a casa, per poterla tenere per sempre, per guardarla anche d’inverno, in un posto lontano.

Fu così che Donny passò i giorni di vacanza: tra un bagno e l’altro, portando con sé secchiello e paletta, andava a giocare in un punto della spiaggia da cui potesse tener d’occhio la conchiglia.

Un giorno gli prese quasi un colpo, quando un grosso fuoristrada passò con i propri pesanti pneumatici a un pelo dal fragile guscio. Quando Donny vide che era ancora intatta, tirò un sospiro di sollievo: era rimasto dieci secondi con la paletta sollevata, pietrificato.

In quella settimana e mezzo decine di persone passarono accanto alla conchiglia, ma nessuno sembrò degnarla di uno sguardo.

Un pomeriggio un ragazzo e una ragazza piazzarono i loro teli proprio lì vicino, non molto distanti dal punto in cui Donny stava livellando la sabbia del secchiello con la fedele paletta.

Quando li vide, Donny pensò: ci siamo! Adesso lui se ne accorge e la regala alla sua ragazza.

Invece quei due presero a baciarsi e a toccarsi, in un modo che fece passare a Donny la voglia di guardare da quella parte. Dopo un po’ presero le loro cose e se ne andarono, proprio quando Donny aveva appena terminato un castello con tanto di portone e finestre, e stava tracciando con il rastrello il fossato per difenderlo dagli attacchi nemici. La conchiglia era al proprio posto.

Il penultimo giorno di vacanza i bambini con il pallone erano di nuovo al lavoro per delimitare il campo di gioco: avevano preso delle nuove pietre, perché quelle dell’altra volta, a differenza della conchiglia, erano sparite, e adesso stavano tracciando con i piedi le linee del campo. Donny notò che uno dei bambini stava trascinando il piede pericolosamente vicino alla conchiglia. Ci siamo, adesso la vede! Incredibile: il bambino passò oltre senza farci caso, continuando a scavare quello stupido solco che avrebbe fatto da linea laterale. Donny provò un misto di rabbia e sollievo: mancava solo un giorno.

Ma non aveva fatto i conti con il pallone, che in un’ora di partita passò spesso minaccioso dalle parti della conchiglia.

“Cos’ha da guardare quello lì?”, chiese uno dei portieri, indicando Donny con un cenno del capo.

“Forse vuole giocare”, suggerì uno dei suoi compagni. Donny abbassò lo sguardo, non contento dell’attenzione suscitata.

“Ma no, è troppo piccolo!”, tagliò corto quello che doveva essere il più giovane del gruppetto, e riprese l’azione interrotta, correndo con il pallone tra i piedi e la polvere tra i denti.

Donny tornò a tener d’occhio la conchiglia. La sua ansia si sgonfiò solo quando il pallone tornò in mano al portiere che l’aveva indicato, e i ragazzi scesero tutti a mare a farsi un bagno dopo le fatiche della partita.

Scese il tramonto anche su quel giorno… quello successivo sarebbe stato l’ultimo!

Quella notte Donny non dormì, pervaso da un’eccitazione che non aveva nulla a che vedere con la fine della vacanza.

Il mattino dopo fece un lungo bagno: l’acqua era calda e dentro ci si stava una favola. Che peccato uscire… ma c’era qualcosa che non poteva più attendere!

“Mamma, vado a giocare un po’ con la sabbia!”.

“Stai attento”, rispose la mamma, guardandolo allontanarsi di corsa.

Donny era quasi arrivato alla meta, quando vide una bambina in ginocchio davanti alla conchiglia. Lasciò cadere il secchiello e si avvicinò a lei lentamente.

Proprio in quel momento la bambina aveva raccolto la conchiglia e si era rimessa in piedi.

Donny si fermò, a pochi passi da lei; la vide portare la conchiglia all’orecchio ed ascoltare, sorridendo.

Dopo un poco si fece coraggio e le chiese: “Come ti chiami?”.

Lei, per nulla sorpresa, rispose senza staccare la conchiglia dall’orecchio. “Sarah”.

“… cosa senti?”.

“Il mare… vuoi ascoltarlo?”, gli chiese Sarah, porgendogli la conchiglia.

“Sì”, rispose lui.

Anche Donny ascoltò. Sarah lo guardava con un sorriso complice. “È bello, vero?”.

“Sì”, annuì il bambino, restituendole la conchiglia.

“Grazie. Sei arrivato oggi anche tu?”, chiese Sarah.

“No… io oggi vado via”.

“Peccato”.

La mamma di Sarah la chiamò facendole cenno di tornare all’ombrellone.

“Devo andare adesso. Vado a fare il bagno. Allora… ciao”, poi aggiunse: “come ti chiami?”

“Donny, mi chiamo Donny”.

“Che bel nome. Ciao, Donny”, lo salutò sorridendo.

“Ciao, Sarah”, le rispose, abbassando gli occhi.

Sarah tornò dai suoi genitori, mentre Donny rimase a guardarla, mentre si allontanava di spalle. La vide portare la conchiglia all’orecchio un’altra volta, per ascoltare il mare.

Poco dopo, Donny si mise un po’ a giocare col secchiello, la paletta e il rastrello. Si fece presto l’ora di andar via.

 

Qualche ora dopo, nel tardo pomeriggio, Donny era sul sedile posteriore dell’automobile dei suoi, di ritorno verso casa.

“Cosa stai disegnando?”, chiese la mamma, voltandosi verso di lui.

 “Una conchiglia!”. Donny le porse il foglio.

“Che bella!”, commentò la mamma.

“È come quella che ho visto in spiaggia. A casa voglio colorarla”, disse lui.

La mamma gli rese il foglio e Donny ammirò soddisfatto il proprio disegno.

“Mamma, lo sapevi che nelle conchiglie si sente il mare?”.

 

FINE

 

 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: takumakakinouchi