Vi prego non uccidetemi! Vorrei tanto dirvi che non ho potuto continuare la fic per motivi personali,o per problemi di qualsiasi genere, ma non è così. Non riuscivo più a scrivere nulla. Vi è mai venuto il famigerato "blocco dello scrittore?" è più o meno una cosa del genere. Oggi sono tornata prima da scuola e ho ripreso a scrivere. Sono come un fiume in piena. Adesso vi lascio a questo capitolo e ne scrivo subito un altro, e dopo mi occuperò dei vari temi lasciati in sospeso durante le vacanze :P
Sono tornata!
La
storia di Jun-parte terza
Per un
attimo si dimenticò di tutti i problemi, i motivi che
l’avevano portata a
quella decisione, e si concentrò solo nel riprendere fiato.
Scivolò lentamente
a terra fino a sedersi a terra. Si rigirò su un fianco e
poggiò la fronte al
palo che sosteneva il cartello. Il metallo era freddo e arrugginito, ma
lei lo
trovò comunque confortante. Dopo quella corsa, si sarebbe
volentieri accasciata
a terra per non risvegliarsi mai più. Respirò a
fondo, una, due, tre volte. Pi
si rialzò da terra.
Si
appoggio nuovamente al palo d’acciaio e si guardò
intorno. Oltre ai binari del
treno non sembrava esservi nulla. Camminò fino ad arrivare
di fronte alle
rotaie, per poi accucciarsi a terra e sfiorare il terreno brullo. Il
treno era
stato costruito pochi mesi fa, come un altro pretesto per sfruttare le
nuove
tecnologie. Per far vedere ancora una volta come l’uomo
può modificare tutto a
suo piacimento. La stazione infatti sorgeva esattamente in mezzo alla
foresta.
Dove finiva la città e i suoi rumori venivano inghiottiti
dal dolce suono della
natura, l’uomo aveva pensato bene di deturpare il paesaggio
edificandoci
qualcosa sopra.
Ed ecco
a voi l’ennesima “STAZIONE DI YAKUSHIMA”.
Jun
Ricordava i numerosi tentativi da parte
degli ecologisti di bloccarne la costruzione, ai quali però
lei non aveva preso
parte. Durante quei mesi era impegnata a combattere nel tekken.
Un
passerotto atterrò proprio accanto e lei e si
guardò intorno spaesato. Dove
probabilmente prima c’erano gli alberi, adesso non
c’era più nulla. Provò una
forte empatia verso quell’animale, e allungò
timidamente una mano verso di lui.
Il passerotto si fermò, come se volesse guardarla, ma i suoi occhi neri che
guizzavano da tutte
le parti tradivano il suo vero stato d’animo.
Piegò la testa di lato e volò
via, prima che Jun potesse avvicinarsi ulteriormente. Jun si
rialzò e guardando
il volo irrequieto del passerotto, proseguì per la sua
strada.
Aveva
deciso di seguire il corso dei binari, non importava quanto le ci
sarebbe
voluto. Aveva
camminato per molto,
troppo tempo. Ed era stanca, ma non doveva cedere. Si era accorta che,
qualche
metro dopo lo scambio si ergeva uno strano edificio, probabilmente la
vera e
propria sede della stazione. Quando arrivò alla porta la
aprì con un calcio ed
entrò ansimando.
Le
poche persone che erano lì dentro ammutolirono
all’istante, voltandosi verso di
lei. Una bambina che stava sgranocchiando una barretta di cioccolata
restò con
le mascelle aperte, la tavoletta sollevata a mezz’aria. Un
gruppo di ragazze
ridacchiò indicando dalla sua parte, mentre un uomo seduto
in disparte con una
ventiquattrore poggiata sul tavolo si limitò a gettare un
occhiata fugace
imitando gli altri, per poi tornare a parlare al cellulare. Jun non
badò a
tutti gli sguardi incuriositi che le si posavano addosso, si diresse al
bancone
dove vi erano esposte leccornie di ogni tipo. Avrebbe voluto afferrarne
una e
correre via, ma si dette un contegno. Non aveva soldi, non poteva
soddisfare la
sua fame, anche se lo voleva tremendamente. Da quant’era che
non mangiava
qualcosa? Due giorni? Tre? Non riusciva proprio a ricordare.
“Forse
anche il bambino ha fame” pensò. Già,
il bambino. Non aveva più pensato a lui
fino a quel momento. Si domandò a sarebbe potuto somigliare.
Se più a lei o a
Kazuya…
-Signorina?-
Jun si
voltò. Una ragazza dai capelli rossi la stava fissando,
fingendo
preoccupazione. In realtà era solo intimorita da quella
strana donna che era
appena entrata. Jun la squadrò da capo a piedi. Aveva gli
occhi verdi e
tantissime lentiggini.
-Si
sente bene, signorina?- disse timidamente la ragazza
-N… no.
È tutto apposto. Sa… sa
dov’è il bagno?- chiese Jun rassettandosi i
pantaloncini sporchi di terra.
La
ragazza le indicò velocemente la direzione. Jun corse verso
il bagno e non
appena vi fu entrata aprì il rubinetto del lavandino e
cominciò a lavarsi la
faccia. L’acqua fredda servì a calmarla un
po’.
A
qualche chilometro da lei un uomo arrancava per la strada seguendo i
binari .
Maledisse mentalmente chi aveva piantato quel cartello che diceva
“STAZIONE DI
YAKUSHIMA” a chilometri di distanza dal vero e proprio
edificio, traendo in
inganno gli ignari passanti. Sapeva bene che anche questa era una
strategia.
Era certo che, dopo aver scarpinato per così tanto, chiunque
sarebbe stato
preso dai crampi allo stomaco per la fame, oltre che dal bisogno
impellente di
darsi una ripulita. Avrebbe trovato il posto dove rifocillarsi,
l’unico posto
nel raggio di miglia dove avrebbe trovato cibo e acqua. E non avrebbe
badato a
spese. L’agente Lei Wulong odiava queste sottigliezze, eppure
non vedeva l’ora
di entrare lì dentro. Arrivò davanti la porta e
la aprì lentamente. Non appena
gettò un’occhiata dentro l’edificio, non
potè fare a meno di spalancare gli
occhi e la bocca dalla sorpresa. Una donna stava uscendo dal bagno,
scostando le
ciocche di capelli corvini che le ricadevano disordinate sul viso,
tentando
invano di rimetterle al loro posto, ordinate, raccolte dietro il
candido fiocco
sfilacciato. Si guardava intorno nervosamente, e i suo occhi neri erano
lucidi
e arrossati, come se avesse pianto.
-Jun?-