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Autore: Cho89    10/06/2005    5 recensioni
La favola di due amici...non propriamente amici [Dedicato a Rytuccia, ricambiando la sua di dedica -_^]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Potrei cominciare questa storia con un semplice “c’era una volta”, seguito da ogni più dettagliato particolare in riferimento al tempo, al luogo, ai protagonisti, per arrivare ad uno svolgimento e ad un happy ending…come in tutte le favole

 

Ok, piccola storiella stupida e breve su Ernie e Hannuccia, giusto per ricambiare la dedica di Ryta che ringrazio infinitamente =***

Avevo ispirazione, così ne ho approfittato.

Spero che ti piaccia ^^

 

Un bicio

Sara

 

_________________________________________________________________________

 

.Don’t get lost in heaven.

 

 

Potrei cominciare questa storia con un semplice “c’era una volta”, seguito da ogni più dettagliato particolare in riferimento al tempo, al luogo, ai protagonisti, per arrivare ad uno svolgimento tra i più intrecciati che finisce per sfociare incredibilmente in un finale felice…come in tutte le favole.

Ma questa è molto più di una favola.

E non merita la classica introduzione da storiella per bambini.

Merita molto di più.

Perché parla d’amore.

Si, d’amore.

L’amore più inimmaginabile.

Quello che ti strappa il fiato dalla gola.

E naturalmente parla di due persone.

Un uomo e una donna.

Che una volta erano un bambino e una bambina.

E sono maturati, cresciuti e cambiati insieme, tenendosi sempre per mano, e dondolando appena le loro braccia come quasi tutti i bambini amano fare.

Ma quando si è bambini non si capisce bene cosa voglia dire amare. Si sa, ma in un modo tutto particolare. Da piccoli si vuole bene, ma non si ama cose lo si fa da grandi.

Non si è capace di provare quelle emozioni così forti che l’amore ti dona.

E non si capisce di avere accanto la persona più speciale di questa terra.

Solo quando maturi ti rendi conto che questa persona ha aperto gli occhi esattamente quando lo hai fatto te, e ti sta aspettando, adesso.

Con i palmi delle mani tesi verso di te.

E la bocca aperta in un grande sorriso.

Così faceva Hannah.

Lì, ferma, incapace di dire anche solo una parola, di mormorare, di respirare.

E aspettava…aspettava con pazienza che il suo principe azzurro la venisse a prendere e la portasse lassù, solo dove gli innamorati possono arrivare.

Aspettava…e nella foga di farlo non si era resa conto che quel principe azzurro le era appena passato davanti.

Camminava veloce, lo sguardo basso, le guance rosee. Decisamente in imbarazzo.

E fingeva come al solito di non accorgersi di lei, ancora troppo occupata ad aspettare per fare lo stesso con lui.

Improvvisamente la porta si aprì.

Una figura alta, magra e dai lineamenti severi tuonò unHannah Abbott’ rivolto alla ragazza.

Lei entrò in quella stanza, senza degnare di un’occhiata quel ragazzo che la guardava da lontano, quasi più in ansia di lei.

Ernie non aveva capito che stare senza fare nulla non era né l’unica soluzione, né quella più conveniente o saggia.

Le cose sarebbero rimaste così all’infinito se non avesse mosso un dito.

Ma vederla entrare nella stanza d’esame, tremante e confusa, i capelli biondi furiosamente legati in una coda di cavallo che le accentuava i lineamenti del viso, e la divisa leggermente stropicciata dalla notte passata appallottolata sotto al letto, lo fece sentire ancora più impotente.

Era troppo lontana per lui.

O forse…forse era semplicemente troppo vicina.

Non lo sapeva.

Teneva a lei, così come lei teneva a lui.

La quantità d’affetto era la solita, identica, smisurata, solo che lui la vedeva in modo diverso.

E per lei era solo un amico. Niente di più…niente di meno.

Ma da pochi mesi Ernie aveva capito che l’amicizia non bastava per esprimere quell’incredibile misura di affetto che provava nei suoi confronti.

Vederla ogni giorno diventava sempre più difficile, e anche se continuava a convincersi che il tempo avrebbe risolto tutto e che prima o poi lei lo avrebbe visto con occhi diversi, sapeva che non avrebbe potuto aspettare tutta la vita.

Al massimo un’ora.

Forse due.

Il tempo che sarebbe servito ad Hannah per uscire da quella stanza, temporaneamente abitata da piccole particelle di pura paura, e da quattro studenti in preda al panico più assoluto.

Una volta fuori l’avrebbe presa per mano e le avrebbe detto tutto. Tutto quanto.

Tanto lui aveva già finito gli esami.

Aveva tutto il tempo che voleva.

Ma non il coraggio.

Era stato tutta la notte rimuginando su quello che avrebbe fatto e non fatto il giorno dopo.

Sapeva di non essere abbastanza coraggioso per dirle tutto in una volta.

Non quando lei non se l’aspettava neanche un pochino.

Perlomeno per quanto lui sapesse.

 

E infatti fu così.

La vide uscire allegramente dalla stanza, così come era entrata, un po’ confusa forse, le guance rosse come peperoni e i capelli ancora più alla rinfusa, e non fu capace di fare niente.

La vide avvicinarsi, sorridergli timidamente, mordersi le labbra.

La vide persino allontanarsi con un piccolo saluto della mano, raggiungere Susan, compagna di avventure e dolori e scomparire con un’ultima, sfuggente occhiata.

E tutto era passato così veloce un’altra volta.

Troppo veloce.

Il tempo di vederla arrivare e già il suo cuore si era fermato.

Neanche questa volta Ernest McMillan aveva trovato il coraggio.

Per un piccolo attimo pensò di essersi perlomeno meritato il premio per lo studente più incapace di Hogwarts.

Non era una gran consolazione a dir la verità.

Il premio che veramente avrebbe voluto vincere se n’era appena andato.

E tornandosene abbattuto verso la sala comune, accompagnato dai suoi unici due appigli, dalle sue uniche speranze (rompiballe, ma pur sempre speranze), capì che non avrebbe potuto fare tutto da solo stavolta.

Neanche mettendoci tutta la sua forza di volontà.

Avrebbe dovuto chiedere aiuto a qualcuno per potersi liberare da quella cappa di impotenza che lo circondava.

Ma non osava chiedere aiuto. Neanche alle due speranze, che a dir la verità sembravano occupate a pensare ad altro. In realtà Zachary e Justin-qualcosa conoscevano bene, forse anche meglio di Ernie stesso, come stavano le cose.

E lo stavano già segretamente aiutando.

Solo una spinta, una piccola spinta avrebbero dato a quei due imbranati terribilmente innamorati l’uno dell’altra, ma così estranei da non accorgersene.

E se da una parte Ernie passava le giornate riflettere, a meditare e a darsi del coglione pensando a lei, dall’altra Hannah continuava a guardarsi le unghie ormai finite dal continuo mangiarle.

La verità era che Ernie la metteva in agitazione.

Lo vedeva lontano, distante, e lo sentiva persino più freddo, quasi come uno sconosciuto.

Il peggio era che lui non era uno sconosciuto. E lei non voleva che lo diventasse.

Era pur sempre il suo migliore amico, e non capiva perché lui si rifiutasse di esserlo.

Non sapeva neanche bene cosa volesse in realtà, perché come lui era diventato un’altra persona, così lei aveva capito che forse non tutto di quella che una volta era la loro amicizia era andato perso.

Piccoli segnali poi, il cuore che non smetteva di battere furiosamente in sua presenza, le guance che arrossavano prima che potesse dire qualsiasi cosa, quelle unghie quasi scomparse e il pensiero continuamente centrato su una cosa sola, le facevano capire che forse l’amicizia non era davvero tutto.

Così voleva riavvicinarlo, ma allo stesso tempo aveva paura, una paura tremenda anche solo di incontrarlo, che le impediva di starci insieme.

Lo allontanava ancora di più, e sapeva di sbagliare, ma al momento era tutto quello che fosse capace di fare.

E per tutta risposta lui, tentando goffamente di apparire una persona normale, le aveva detto di essere irrimediabilmente innamorato di una ragazza.

Di una ragazza che lei conosceva bene.

Ma di cui non poteva dire il nome.

E Hannah non aveva capito…non aveva capito che quella ragazza era lei.

 

E fu così che l’amicizia compì il suo dovere.

Forse anche un po’ egoisticamente.

Il fatto era che più nessuno sopportava le strane paranoie di Ernie e Hannah. Susan non riusciva più bene a capire cosa la sua migliore amica provasse veramente e Zach e Just avevano imparato a fingere talmente bene di ascoltare i discorsi di Ernie su Hannah, che ormai quest’ultimo si ritrovava a parlare da solo.

Ma a lui non importava, purché ci fosse ancora qualcuno disposto a fingere di ascoltare, così tanto per non sembrare fuori di testa o mentalmente impossibilitato.

 

Quel giorno…

Quel giorno finalmente i loro sguardi tornarono a incrociarsi timidamente dopo tanto tempo.

Un semplice tranello, una stanza vuota e un po’ di coraggio riunirono quelle due anime così cieche e distanti.

Hannah né Ernie si erano mai aspettati che succedesse.

Non in quel momento.

Non in quel modo così irruento ed improvviso.

In un attimo si ritrovarono l’uno di fronte a l’altra, spogliati delle loro giustificazioni, lasciati da soli, di fronte alla realtà dei fatti.

La confusione più totale arrivò a regnare in quella stanza, chiusa, riempita d’aria calda, soffocante.

L’unico rumore che, sono certa avrebbe potuto essere sentito anche ad una smisurata distanza, erano i loro due cuori, i cui battiti rimbombavano violentemente nel silenzio assordante dell’aria.

E le loro orecchie ne erano bombardate, assordate veramente da quel battito, così che non potevano sentire neanche il loro stesso respiro.

Non sapevano perché gli amici avessero compiuto un gesto simile, ma a poco a poco un barlume di comprensione cominciò a farsi spazio dentro di loro.

Lo avevano fatto apposta.

E adesso si ritrovavano faccia a faccia con i loro sentimenti.

L’avevano combinata stavolta.

Con l’unica eccezione che non ci sarebbe stato nessuno a punirli.

Forse solo la timidezza.

Ma bastarono due semplici passi, due brevi parole, due respiri affannosi a farli riavvicinare.

Così capirono che in realtà non si erano mai allontanati.

Che nessuno aveva mai osato staccarli l’uno da l’altra, separarli. Neppure la paura.

C’era solo…c’era solo un piccolo abisso da attraversare, e bastava un salto, bastava un semplice salto perché tutto tornasse alla normalità.

Ed entrambi saltarono, nello stesso istante, ritrovandosi l’uno vicino all’altra a parlare dei propri sentimenti e a chiarire tutti gli errori e i malintesi che c’erano stati.

Tutto quel tempo Ernie aveva passato pensando di non farcela, pensando di aver talmente tanto bisogno di lei che persino il destino agisse contro di lui sbarrandogli la strada, ma adesso bastava allungare la mano. Bastava trarre un respiro più profondo degli altri e…farlo.

Non serviva più l’aiuto di nessuno.

Nessuno aveva già fatto il suo lavoro.

Adesso stava a lui. Solo a lui.

E così trovò il coraggio, e con una semplice domanda capì che alla fine non ce ne voleva così tanto.

E trovandoselo a pochi passi da lei, pure Hannah comprese di provare veramente qualcosa di molto più profondo, molto più violento, decisamente più complicato.

Lo disse.

Così come lo comprese, lo disse e dopo la tempesta che c’era stata nella sua testa, sembrò tornare il sereno.

E c’era quiete adesso che pure lui aveva espresso i sui sentimenti.

Tutto era più facile una volta che la situazione era stata chiarita.

E nonostante il battito dei due cuori continuasse a pulsare convulsamente nelle orecchie, e il sangue a scorrere sempre più velocemente nelle vene, le loro labbra si sfiorarono per la prima volta, delicatamente.

Entrambi sentirono il più grande bisogno dell’altro.

Così, scacciando via la paura, il timore, l’agitazione, persino la vecchia amicizia, si baciarono, stringendosi convulsamente la mano che era diventata l’unico appiglio con la realtà.

E da quel giorno nemmeno il destino riuscì a separarli.

Quel destino che in realtà ed innocentemente non aveva mai impedito ad Ernie di amare la sua Hannah.

Era solo sembrato un intralcio, caricandosi la colpa di tutto, e adesso se ne restava da parte, lasciando che finalmente l’amore trionfasse.

Davvero come nelle favole.

Il principe era riuscito a conquistare il cuore della sua bella e lei, così innamorata e persa nella sua voce, nei suoi sguardi e nei suoi gesti, lo amava come non mai, a conoscenza del fatto di essere diventata, e in fondo di essere sempre ed irrimediabilmente stata, la cosa più importante per lui.

 

 

 

  
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