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Autore: Diddlina_4ever    10/06/2005    6 recensioni
Matteo. Evie. Diventano compagni di scuola. Fanno amicizia, iniziano a conoscersi. Fino a quando lei si innamora di lui alla follia. Lo pensa ogni momento, lo desidera, fa di tutto ma.. Lui ha paura. La illude, la disillude, la fa contenta, la ferisce. Non si capisce cosa vuole. Ma si diverte effettivamente a illuderla o ha solo paura di affermare i suoi sentimenti davanti ai suoi amici? Una storia d'amore che forse non avrà un lieto fine come tutte le altre. Una storia verosimile. La mia seconda ff, non vi assicuro niente ma.. incoraggiatemi! - DOPO DUE ANNI PUBBLICATO L'ULTIMO CAPITOLO!!!!-
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

 

Erano passati ormai diversi giorni da quel lunedì pomeriggio. Giorni nei quali Evie aveva avuto modo di riflettere.

Martedì non era andata come esattamente sperava. Matteo non si era deciso a darle una risposta e solo durante l’ora di artistica aveva accennato qualcosa del tipo: “Io avevo già una risposta.. ma alcune cose mi hanno fatto cambiare idea”.

Cosa? Quale era la sua risposta? Che cosa intendeva con quella affermazione?

Dubbi che continuavano a tormentarla, da giorni ormai. Ma non avrebbe mai avuto una risposta a quelle domande, mai. Era troppo timida per chiedergli una spiegazione.

 

Era venerdì e i primi segni dell’inverno si iniziavano già a far vedere.

Faceva parecchio freddo, specialmente in quella classe triste e grigia dove non funzionava il riscaldamento. Evie si era raggomitolata nel suo maglione nero, in un angolo.

- Raga! Non c’è la prof di italiano! – Esclamò Arianna, la più scatenata della classe, dalla soglia della porta.

In classe scoppiò il caos più totale: gente che urlava, che gioiva, che rideva. Avrebbero avuto un’ora buca! Quanto sono belle le ore buche.. Puoi far quello che vuoi, alzarti senza che nessuno ti dica niente. Sei libero. Libero!

Evie si alzò dal suo banco andando incontro a Katia.

-Ehi, Katia, ora buca né? – disse sorridendo all’amica.

- Già! Che bello! – esclamò lei entusiasta. – Vieni, Evy! Raggiungiamo le altre! –

Le due ragazze raggiunsero il gruppo di amiche, che stava disegnando alla lavagna.

Presa dalla foga del momento anche Evie prese il gessetto e iniziò a scrivere: “Le domande di una povera sfigata” facendo riferimento a un lavoro svolto in classe pochi giorni prima intitolato “Le domande di uno scolaro”.

Non si sa perché lo fece. Forse solo per sdrammatizzare un po’. Dato che negli ultimi giorno nessuna delle sua amiche osava nominare il nome di Matteo in sua presenza. Forse perché era destino che lì in quella classe, quel giorno di autunno, in quell’ora buca, le prime lacrime iniziassero a rigarle il volto.

Andò avanti.

“Le domande di una povera sfigata (cioè io)

1.     Ambra è molto carina e io no, perché?

2.     Ambra è simpatica e io no, perché?

3.     Cosa altro ha Ambra che io non ho? Tutto, vero Matti?

Non che Evie ce l’avesse con Ambra. Semplicemente perché nell’ultimo periodo tutta la classe sapeva che a Matteo piaceva Ambra. Come a tutti gli altri suoi amici del resto. Ma loro erano uguali. Quando ad Antonio piaceva Sara, a tutti quelli del gruppo (Matteo compreso) piaceva lei. Quando un altro iniziava a notare che Betty era carina, tutti in massa dietro a lei. E ora era il turno di Ambra.

Pecorelle erano, nient’alto. Pecorelle che seguivano il gregge.

- Evie, vieni qui! – Le sue amiche ormai si erano spostate e la chiamavano dal fondo della classe. Così si dimenticò di quella scritta, lasciandola lì permettendo che tutti la vedessero. Sbadata, sbadata.. Se solo fosse stata un po’ più attenta, si sarebbe ricordata di cancellarla!

Ma la sua sbadatezza la pagò cara, molto cara.

 

La mezza era scoccata. Mancavano ancora esattamente metà ora. Fu allora che Evie si girò verso la lavagna e si ricordò della scritta. Dannazione, la scritta! Se la era completamente dimenticata. Si avvicinò con l’intento di cancellarla. Ma fu allora, proprio allora, che Matteo si avvicinò con tutta la sua “ciurma”: Antonio, Alessio e Luca. Fu allora che si voltò verso la lavagna e iniziò a leggere.

No, no! Pochi secondi e l’avrebbe cancellata, perché? Perché proprio in quel momento doveva accorgersi di quelle due frasette scritte sulla lavagna?

Perché non poteva aspettare ancora 10 secondi per girarsi in quella direzione? Secondi, era questione di secondi. Una manciata di attimi e quella scritta non ci sarebbe più stata. Ma proprio in quell’attimo Matteo doveva accorgersene? Che caso la vita! Organizza tutto perfettamente, precisamente.

Non una cosa fuori posto. Tutto preciso, tutto perfetto. Tutto giusto, perché si adempia il destino che è stato scelto per ognuno di noi.

 

- Ragazzi, guardate cosa c’è scritto qui!! – iniziò a ridacchiare. – Le domande di una povera sfigata… - a stento si trattenne dallo scoppiare a ridere.

Lesse poi mentalmente le domande e indicandone una alla volta diede la risposta.

- Giusto, Ambra è carinissima rispetto a te! Seconda domanda, giusto! Terza.. Si, ha tutto più di te.. Giusto! – Iniziò a ridere, seguito a ruota da Antonio, da Alessio, da Luca. Matteo quando era con i suoi amici era diverso, diverso da quello che Evie aveva conosciuto. Era un buffone, un buffone per natura. Gli piaceva scherzare, prendere tutto alla leggera e senza neanche accorgersene feriva in modo tremendo le persone. Persone che come Evie pendevano dalla sue labbra. Che prendevano ogni parola che diceva come un comando. Che era completamente cotte di lui.

Che passavano dal paradiso all’inferno, dall’inferno al paradiso, per ogni cosa che lui esclamava. Ogni parola.

Non fraintendiamoci però. Matteo non era cattivo, era soltanto ingenuo. Talmente ingenuo che non si accorgeva che con la sua voglia di scherzare distruggeva il cuore di Evie. Talmente ingenuo che non si era accorto che quella battuta fatta poca prima l’aveva annientata, distrutta. Ma lui non era cattivo. Era un ragazzo buono, dolce anche. Ma faceva parte anche lui del “gregge”. Anche lui era una pecorella. E allora per far fare quattro risate a quelli del suo gruppo, aveva detto la prima cosa che gli era saltata in mente. Ma erano cose che in realtà non pensava, l’aveva fatto solo per divertirsi un pochino.

Bisogna sempre contare fino a dieci prima di parlare. Perché noi non ce ne accorgiamo, ma le parole che diciamo, i gesti che compiamo hanno delle conseguenze su chi ci sta accanto, su chi ci vuole bene.

 

Evie si fermò come un’ameba fissando la lavagna. Non era in grado di pensare, non era in grado di intendere e di volere. Si sentiva un niente, un nulla, un piccolo puntino che sarebbe scomparso da un momento all’altro. Era vero, allora. Lei era brutta, antipatica, non aveva niente che potesse far innamorare un ragazzo. Matteo aveva detto così. Matteo aveva detto che.. aveva detto che..

Non riuscì a finire la frase, perché si sentiva distrutta. L’unica cosa che riuscì a fare fu quella di tornare dalla sue amiche, prima di cedere.

Evie, non farlo! Non Evie, non devi piangere! Evie fallo per te stessa. Non è vero quello che dice, sono tutte bugie. Matteo non ti merita, dice quelle cose così per fare. Non le pensa veramente! Evie, devi resistere! Devi dimostrargli che le cavolate che dice non ti fanno effetto! Devi essere forte Evie! Evie, no!!!” continuava a ripetergli la sua vocina interiore, cercando di consolarla.

Ma Matteo le aveva fatto un male tremendo. Le aveva conficcato una spada del cuore. E lei aveva male, tanto.

Gli occhi erano lucidi, le guance rosse. La prima lacrima le scappò dolcemente dagli occhi, scivolando sulla pelle. E poi un’altra lacrima e un’altra ancora. Aveva ceduto, ceduto.

Evie faceva finta di essere forte, ma in realtà era debole, tanto debole. Era fragile.

- Evie! Evie non piangere! – Katia le si avvicinò subito iniziandole ad asciugare le lacrime. Aveva assistito alle scena e sapeva che Evie non avrebbe resistito, non sarebbe stata in grado di far finta di niente.

- Evie, Evie! Non dargli ascolto! – Anche Giulia aveva iniziato a consolarla.

Ben presto molti compagni le si riunirono intorno. C’era chi chiedeva spiegazioni. C’era chi la consolava e c’era persino chi era andato a dirne quattro a Matteo.

Ma le lacrime non si fermavano e iniziarono a scorrere sempre più veloce. E presto alle lacrime si aggiunsero i singhiozzi. Singhiozzava piano però. Non voleva farsi vedere in quello stato. Si vergognava tanto; lei doveva dimostrare di essere forte!

- Piangi, Evie! Piangi, sfogati; perché piangere non è un segno di debolezza, piangere dimostra che hai un cuore, che provi dei sentimenti! Non vergognarti mai di piangere! – Dave si era fatto spazio tra la folla di compagni e le si era avvicinato pronunciando quelle parole molto toccanti. Dave era un ragazzo straniero, ma molto aperto e socievole.

Ma aveva perfettamente ragione. Ci vergogniamo spesso di piangere, perché pensiamo che sia una cosa da deboli, da persone fragili. Ma non è vero. Piangere non vuol dire essere deboli. Piangere dimostra che proviamo dei sentimenti, che non siamo indifferenti a quello che ci capita! E Dave sapeva che quello che serviva più di tutto a Evie in quel momento era piangere, sfogarsi. Tirare fuori la rabbia, la tristezza che aveva dentro. Magari per gli altri poteva sembrare una sciocchezza la causa del suo pianto, ma non lo era.

Una ragazza si sente crollare il mondo addosso se il ragazzo, e non un ragazzo qualsiasi ma quello che le piace, le viene a dire che è brutta, antipatica, che non ha nessuna dote. Ed Evie era particolarmente fragile.

Giulia si avvicinò ulteriormente alla compagna. E l’abbracciò.

Un abbraccio dolce, leggero, ma che per Evie significò molto.

“Grazie, Giulia!” pensò abbozzando un sorriso tra le lacrime. Con gli occhi appannanti girò lo sguardo da una parte all’altra della massa di compagni, sembrava stesse cercando qualcuno.

Betty? Dove sei Betty? Perché quando ho bisogno di te non ci sei mai? Io voglio che sia tu ad asciugarmi le lacrime, tu che sei la mia migliore amica. O forse non lo sei più? Vero, tu sei cambiata. Anche io lo sono. Ma io ti voglio bene, voglio che tu venga qui a consolarmi. Lo so: ho fatto degli errori. Nell’ultimo tempo mi invitavi spesso a uscire con te e con Manuele e Giacomo, quelli della 2°C. Sono venuta con te una volta, forse due. Ma poi non riuscivo a essere me stessa. Loro avevano occhi solo per te, facevano a gara per ricevere un solo sguardo da te. E io mi sentivo esclusa, mi nascondevo. Venivo lì per fare il palo. Perché tu lo sapevi Betty che loro non mi avrebbero guardata neanche un minuto. Lo sapevi, vero? Ma così almeno potevi dire a tua mamma che uscivi con me. E io ho deciso che era meglio restare a casa. Perché io voglio essere me stessa. Quando esco con loro non posso farlo. Mi sento diversa.  Ma non è che per questo però il nostro rapporto si è incrinato, no? Betty io ora ho bisogno di te, ho bisogno della tua spalla su cui piangere. Ho bisogno del tuo appoggio. Io ti voglio bene. Dove sei? Ora mi guardo intorno e chi vedo? Vedo Giulia. Quella che all’inizio reputavo come una gallina, che era una mia “nemica”. Ma nell’ultimo tempo quando ho bisogno c’è sempre lei. Lei, sempre qui a darmi una spalla su cui piangere, ad aiutarmi quando sbaglio, a sostenermi quando ne ho bisogno. Betty tu dove sei?

Giulia vorrei dirti grazie. Vorrei dirti che per me sei molto importante, sempre di più. Che stai acquistando un posto nel mio cuore sempre maggiore. E ora sei qua a consolarmi. Al posto di ridere e scherzare con le altre perdi tempo a consolare me. Ma chi sono io per meritarmi la tua amicizia? Giulia grazie, grazie tante. Vorrei poterti dire queste cose, ma non ne ho il coraggio, perché non sono brava a esprimere i sentimenti. Ti voglio bene. Le amiche vere si vedono nei momenti così e io Giulia lo so che tu sei un’amica vera. La mia.. migliore amica!” Furono questi i pensieri di Evie in quel momento, mentre le lacrime le rigavano il volto. Era la prima volta che si rendeva conto che Giulia stava diventando sempre più speciale e per la prima volta l’aveva reputata come la sua migliore amica. Come cambiano le cose. Prima Davide poi Matteo, prima Betty poi Giulia..

Intanto le lacrime le si erano un po’ calmate e i suoi compagni iniziarono a cantare una canzone che andava di moda in quel momento.

 

Ti penso sempre voglio solamente stare un po’ con te..

 

Diceva così una parte del ritornello. E Evie pensò a Matteo, mentre un’ultima lacrima le rigò il volto. Era la prima volta che piangeva per un ragazzo. La prima volta. Non aveva mai provato emozioni così forti, da arrivare a piangere per un ragazzo addirittura. Ma lo sapeva che non sarebbe stata la prima e l’unica, se lo sentiva che sarebbe stata solo la prima di una lunga serie..

Perché piangere non significa essere deboli..

 

E Matteo? Se ne stava in un angolo della classe ancora con i suoi amici. Fisicamente era lì ancora a scherzare a ridere con loro, ma con la mente era da un’altra parte. Era vicino a Evie. La guardava e pensava che aveva esagerato.

- Matteo ci sei? Perché continui a guardare Evie? Che te ne frega in fondo? – gli disse Luca, il più “insensibile” del gruppo.

- Sì, sì ci sono. Sì infatti, che cosa me ne frega! – disse facendo finta di niente.

Evie, tu lo sai però che in fondo mi dispiace. E non poco” pensò, prima che la campanella suonò dando fine a quell’ora.

 

FINE CAPITOLO 4

 

Ciao a tutti! Intendo precisare che ho voluto scrivere questa ff 1 po’ pessimista ma perchè ovunque leggo storie dove finisce sempre bene.. Dove alla fine 1 s mette insieme a quello che gli piace, e tutti felici e contenti! Mentre nella realtà, lo so per esperienza diretta, non è sempre così. Quindi volevo analizzare i pensieri di Evie, che è innamorata ma che purtroppo non è fortunata (almeno all’inizio! ;-) ).

 come le altre che alla fine in 1 modo o nell’altro riescono a conquistare quello di cui sono innamorate Infine ringrazio come sempre chi mi ha recensito: Julietta_Angel, Elyna, Sailormeila, Ayla, Winnythebest (o Miao91!) e anche chi mi recensirà in futuro.

Una piccola precisazione (anche se penso che si è capito):

I discorso introdotti dalla virgolette “…” sono i pensieri, quindi non vengono espressi ad alta voce, come ad esempio il lungo monologo che Evie fa con se stessa riguardo Betty e Giulia. Mentre come si è capito, quelli introdotti dai trattini -… - sono i discorsi fatti ad alta voce. Lo so che è solo 1 stupida precisazione, perchè comunque si capiva.. Ma non vorrei che x sbaglio 1 si confonda; questo creerebbe confusione perché non si capirebbe più nulla della storia.

A presto!

Diddly

  
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