Ingombrante
Ingombrante. Ingombrante, pensò Sasuke, era la migliore
parola per definire Naruto.
Lo era non tanto fisicamente quanto mentalmente.
Ti si insinuava dentro e prima che potessi rendertene
conto aveva già messo radici nella mente e nel cuore, a quel punto non si
poteva fare nulla. Un po’ come con le piante infestanti. Magari la sua presenza
era più piacevole, ma l’idea era quella: non riuscivi a liberartene in nessun
modo. Così a dodici anni, la maggior parte dei quali passati in solitudine si
era ritrovato a non riuscire a spostare la sua attenzione da quella petulante
testa quadra per tutto il tempo che stavano assieme. A volte ripensava persino
a quello che il biondo aveva combinato durante il giorno prima di
addormentarsi, l’oscurità di villa Uchiha si faceva un po’ meno opprimente e a
volte si dimenticava persino del suo cognome e di tutti gli spettri che si
portava appresso tanto diventava ingombrante il ricordo dell’idiota.
Naruto era così catalizzava su di se gli sguardi della gente
in modo naturale. Combattendo, parlando, semplicemente esistendo, col suo
vociare sguaiato, i suoi modi strafottenti e plateali, i capelli color del sole
e quegli incredibili, enormi occhi azzurri.
Era così ingombrante che non era riuscito a levarselo dalla
testa de tutto persino nella nera parentesi del suo tradimento al villaggio.
La sua voce era ingombrante, onnipresente e orrendamente
squillante ne segnalava la presenza a centinaia di metri di distanza. Ma come
era possibile parlare con così poche interruzioni senza esaurire mai gli
argomenti?
La sua presenza era ingombrante, se per caso decidevi di
andartene (e magari con compagnie proprio raccomandabili) te lo ritrovavi
ogni piè sospinto lì pronto a salvarti, anche contro la tua volontà.
Il suo affetto lo era: quell’idiota ti saltava addosso e ti
abbracciava senza motivi apparenti, la cosa più assurda era che lo trovavi
persino piacevole e che ogni altra dimostrazione di affetto ti sembrava falsa o
sbiadita in confronto alle sue.
Ma la cosa più ingombrante in assoluto era il suo sorriso.
Non lo era solo sul suo viso che coinvolgeva completamente muovendone gli
zigomi, le labbra, le sopracciglia, spianando la fronte e arrivando fino agli
occhi, rendendoli ancora più accesi del solito.
Il suo sorriso era così luminoso da cancellare tutto quello
che gli stava attorno, non riuscivi più a vedere nient’altro. Ti si conficcava
nel cuore, lo faceva battere e diventare piacevolmente tiepido; il tepore si
diffondeva pian piano e ti ritrovavi improvvisamente colmo di
quell’ingombrante sorriso.
Lo era anche mentre dormiva concluse Sasuke mentre osserva
il biondo che occupava più di tre quarti del loro letto matrimoniale.
Forse era per il suo essere ingombrante che si era scoperto innamorato di lui, perché aveva occupato così tanto posto che il suo amore non aveva potuto raggiungere altro. Doveva essere assolutamente così, perché non capiva come altrimenti si sarebbe potuto invaghire di un pazzo decerebrato come lui. E come avrebbe potuto trovarsi sveglio alle due di notte a fare ragionamenti senza capo né coda, degni di una ragazzetta innamorata.
Sospirò. Come diceva un vecchio adagio popolare, pensare troppo fa male. Ciò ne era la prova.
Si chinò su Naruto e inizio a stuzzicarne un lobo con i denti. Ben presto il biondo si svegliò e inizio a ricambiare con effusioni altrettanto passionali. Quello sì che era un buon modo per tenere la mente occupata pensò il moro mentre l’altro stava stimolando meravigliosamente un punto sensibilissimo del suo collo. Ora come ora aveva voglia che Naruto lo ingombrasse in tutt’altro modo.