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Autore: TheOnlyRealBoss92    01/11/2009    2 recensioni
Una canzone, un video, una storia.
Dal Prologo:
Da quando c’è Ryco mi sento meno solo.
Certo, non mi dispiacerebbe una compagnia più… umana, ma sono dell’idea che questo bastardo puzzolente sia più fedele di molti umani.
Eppure, non è sempre stato così…
Genere: Generale, Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il soffio del vento

Il soffio del vento.

Avverto un movimento accanto a me.

“Ryco!”

Bastardo di un cane.

“Torna qua!”

Lo sento ringhiare.

“Se ti acchiappo!”

Abbaia. Stupido animale.

Tasto la superficie su cui sono seduto. Legno.

Inspiro a fondo. Sembra vernice.

Non ricordavo di essere arrivato su una panchina.

Continuo a tastare.

Ah, ecco il mio bastone.

Lo pianto a terra e mi spingo verso l’alto.

Mi sollevo. Mi giro intorno.

Picchio il pavimento con il bastone. Asfalto.

Tiro un altro profondo respiro.

Che ci faccio in un parco?

Ricordavo di essere sul molo, il profumo del mare che mi inondava i polmoni.

Invece adesso sento l’odore dei fiori. Bello, per carità, ma strano.

Non pensavo fosse primavera.

Mi ricordo ancora il lieve tintinnio della neve sulle strade, sulle finestre. Un dolce suono ormai scomparso.

Avanzo di qualche passo, incerto.

Sento ancora quel bastardo abbaiare.

“Vuoi stare zitto?” urlo.

Lui abbaia più forte.

Mi sento ridicolo. Sgrido il mio cane come se potesse ascoltarmi. Ormai ho perso l’abitudine di parlare. La mia stessa voce è uscita dalla bocca rocamente.

Ancora un passo. Il bastone picchia qualcosa di diverso. Perdo l’equilibrio e scivolo.

Bestemmio.

“Ha bisogno di una mano?”

La voce è anziana, femminile, intimorita. Una vecchia che ha paura di Ryco mi sta aiutando ad alzarmi.

“Ha bisogno di qualcosa?” mi chiede dolcemente, una volta che mi sono rimesso in piedi.

Valuto per quale risposta optare, alla fine scelgo quella educata.

“No, grazie”

“Sicuro? La posso accompagnare in qualche centro per…”

“No, grazie”

“Mi permetto di insistere…”

La rabbia comincia a ribollirmi.

“Se ne vada!” urlo. “Vada via! Non ho bisogno di lei! Non ho bisogno di nessuno!”

Scaglio il bastone in direzione della voce.

Sento un tonfo di legno che cade per terra e di piccoli passi che si affievoliscono velocemente.

Odio la gente che prova compassione per me.

Mi ci sono rassegnato, più o meno. Ma faccio ancora fatica.

I primi giorni sono stati un inferno.

 

Un cieco cammina per la strada.

Ha in mano un bastone, che sbatacchia per terra, e accanto a lui vi è un cane scodinzolante.

La figura non sfugge agli occhi del piccolo Timmy.

“Mamma, mamma” grida il piccolo, tirando la manica della giacca della donna accanto a lui.

Lei si gira e osserva un po’ malinconica la neve che la circonda. Lei odia il freddo.

“Dimmi, tesoro”

“Guarda quello!” e addita qualcosa davanti a lui. “Guardalo, guardalo!”

La donna volta lo sguardo verso il punto indicato dal piccolo indice e i suoi occhi si riempiono d’allarme.

“No, Timmy, non guardare. Andiamo, tesoro, andiamo a guardare un’altra vetrina”

“Mamma, mamma, che sta facendo?” la sua voce si alza di varie ottave. “Perché ha quegli occhiali buffi?”

“Timmy, ti ho detto di non guardare” e aumenta il passo.

Semaforo rosso.

Il bambino, impaziente, si gira e guarda la sagoma del cieco venirgli incontro.

“Sta venendo qua, mamma, guardalo!”

Tutti i presenti si voltano a guardare la scena. La mamma arrossisce.

“Timmy, ti ho detto basta!”

“Perché barcolla? Eh, mamma, perché ha quel bastone? Che cos’è?

Qualcosa sferza l’aria.

È un bastone nero.

Colpisce secco il palo emettendo un rumore sordo fortissimo.

“Mamma, ho paura” il bimbo si mette a piangere e la madre spera nel verde del semaforo.

“Signora, glielo spieghi cosa sono” dice il cieco.

La donna impallidisce.

“Avanti. Se non lo fa lei, lo farò io… a mio modo”

Il bambino lo guarda terrorizzato.

“Avanti, piccolo Timmy, vieni qua. Vuoi accarezzare il mio bel cane?” la voce cambia nettamente registro. Adesso è quasi suadente.

Il bimbo è ancora un po’ spaventato, ma guarda con vivo interesse.

Il cane mostra la sua lingua e sbava contento.

“Dai, accarezzalo. Non aver paura”

Timmy si volta verso sua madre. Nei suoi occhi vi è il terrore.

Prova a trattenere il figlio ma egli si è già spinto vicino al cane.

L’animale scodinzola e si lascia accarezzare.

“Bravo, Timmy, bravo”

“Come si chiama?” chiede il bimbo, in un momento di coraggio.

“Ryco. Non è mio, ma mi ha seguito. Bello, vero?”

“Sì” asserisce il ragazzino, più rilassato. Si volta verso la madre, anche lei tranquilla adesso.

“E tu… ehm… che cosa sei?”

Succede tutto in un attimo: tra le urla dei presenti, il cieco setaccia l’aria e trova la maglietta del ragazzino, la porta a sé e si abbassa gli occhiali.

 

L’urlo di Timmy mi riecheggia ancora nella testa.

Ridacchio a quel pensiero. Da solo.

“Alla fine ti ho preso, brutto cagnaccio malefico”

Gli accarezzo il pelo.

“Ne abbiamo passate tante assieme, vero, bello?”

Il suo respiro affannoso e lo sbattere della sua coda mi suggeriscono una risposta affermativa.

Gli do una pacca sul dorso.

Da quando c’è Ryco mi sento meno solo.

Certo, non mi dispiacerebbe una compagnia più… umana, ma sono dell’idea che questo bastardo puzzolente sia più fedele di molti umani.

Eppure, non è sempre stato così…

  
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