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Autore: milly92    01/11/2009    5 recensioni
Quando Sabrina torna dalle vacanze trascorse con la sua migliore amica Titti, scopre di essersi persa un po’ di cose in sua assenza, soprattutto il fatto che i suoi genitori sembrano presi da un 28enne che ha affittato la loro dependance. Sabrina sarà gelosa di questo rapporto, si sente trascurata, ma soprattutto non riesce a tollerare Cristian, anche perché il loro primo incontro non è stato dei migliori, dato che lei non sapeva né della sua esistenza né del suo arrivo, quando invece lui sapeva molto di lei… Riusciranno a sopportarsi e a "convivere" civilmente? Anche perchè Cristian ha un segreto che nemmeno lui sa di avere, che c'entra anche con il padre della ragazza e con il suo passato... [DALL'EPILOGO: “Posso ribadire che non ho intenzione di tradire nessuna bambina?”. Ci voltammo e ridemmo. Alle nostre spalle c’erano Cristian e Sabrina che ci guardavano con un’aria un po’ di disappunto. Com’erano belli! Ogni volta che li vedevo insieme il cuore mi si riempiva di gioia e non potevo non dichiararmi soddisfatta della piega che avevano preso le cose. Chi avrebbe mai immaginato che sarei riuscita ad allevare una figlia così meravigliosa e diligente nonostante i miei numerosi impegni di lavoro?]
Genere: Romantico, Commedia, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Mia Vita E’ Un Carnevale

“No hay que llorar
Que la vida es un carnaval
Y las penas se van cantando”

 “Non si deve piangere
Perché la vita è un carnevale
E le angosce se ne vanno cantando”

Celia  Cruz

 

Capitolo 10

La Mia Vita E’ Un Carnevale

 I postumi della visione in cui Irene si suicidava si fecero sentire con una sorta di scoppio ritardato. Improvvisamente, dopo essermi riaffacciata e ignorando Cristian  -mio fratello Cristian- che cercava di porgermi un foglio e aver rivisto il corpo esanime di Irene mi sentii mancare. Troppi avvenimenti sconvolgenti avvenuti in pochissimo tempo.

“Sabrina…”.

“Cazzo, Cristian, taci! E’ appena morta tua madre ed io sono tua sorella, quindi penso di essere ufficialmente autorizzata a trattarti come tale e a tornare a non tollerarti se…”.

“Sabrina, non ci capisco più nulla! Muoviti, leggi cosa c’è scritto!” urlò lui, afferrandomi per un braccio con una potenza innata e obbligandomi a leggere ciò che c’era scritto sul foglio che mi porgeva.

Lo guardai male, quasi come se tutta quella questione fosse colpa sua, come se lui avesse deciso di chi essere figlio… Sua madre si era gettata da metri e metri di altezza  e lui pensava ad un foglio? Sbuffai, sentendomi tremare tutta e cercando di togliermi la visione di Irene morta dalla mente, ma senza successo. Era morta una donna, diamine! Nessuno accorreva? Nessuno da sotto l’aveva vista buttarsi?

Cristian improvvisamente si appoggiò alla ringhiera, cercando a sua volta di non guardare giù. Chiuse gli occhi e sospirò. “Sabri, leggi, c’è scritto il tuo nome sopra, scritto da mia madre che si è appena suicidata. Vorrà pur dire qualcosa, no?” cercò di farmi ragionare.

“Ma dobbiamo chiamare qualcuno, dobbiamo dire cosa è successo…”.

Possibile che non capiva? Di certo quella era una semplice e futile lettera di scuse, per ampliare quelle che mi aveva sussurrato prima di morire.

Per questo, due minuti dopo mezzo ospedale se ne stava a guardare imbambolato il corpo della donna e il capo della clinica rimproverava l’addetto alle telecamere per essersi distratto per la pausa pranzo e non aver visto la donna che si gettava da lì sopra. Controllarono e videro che non ero assolutamente responsabile della morte, e non so descrivere com’era l’atmosfera quando tornammo a casa a causa dei numerosi paparazzi a caccia di notizie e della polizia.

“Non ci posso credere” borbottò mamma per la decima volta, quando ci ritrovammo tutti riuniti nel nostro soggiorno con Niko, Stella e gli altri.

Tutti guardavano Cristian come se fosse un alieno, finchè lui non sbuffò e mi strappò il foglio che tenevo in mano senza ancora averlo letto.

“Ma cosa..??” chiesi, indispettita, anche se non riuscivo a guardarlo dritto negli occhi. Come avrei potuto? Il nostro destino era stato segnato e non potevamo continuare a stare vicini a lungo, dovevamo allontanarci, dividerci, sperando che il famoso “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” funzionasse… Ma, onestamente, avevo i miei dubbi a riguardo per quanto mi riguardava.

“Faccio quello che avresti dovuto fare tu da un bel po’ e anche se questa lettera è indirizzata a te, penso di avere i diritti necessari per leggerla visto che resto sempre suo figlio”. Sembrava davvero scocciato, e di certo non riuscivo a dargli tolto. Dal canto mio ero così confusa che non riuscivo a stabilire un pensiero fisso nella mia mente, ero troppo agitata dato che la notizia della nostra fratellanza era pazzesca e per di più non avevo mai visto morire nessuno, quindi figuriamoci com’era stato per me vedere un suicidio.

Così Cristian iniziò a leggere sotto lo sguardo apprensivo di tutti.

Restai sbalordita quando lo vidi sorridere all’improvviso. Mi prendeva in giro? Come si faceva a sfiorare un sorriso anche solo con il pensiero in una simile situazione?!

“Lo sapevo! Lo sapevo!” urlò, voltandosi verso Gabriele. “Fammi vedere le braccia, muoviti!” gli intimò.

Ero totalmente convinta che stesse scherzando, o che al massimo fosse una conseguenza dell’eccessivo shock.  Gabriele, che se ne stava da più di un’ora attaccato a Belle, lo guardò senza capire. “Ma che…?”.

“Muoviti, fa ciò che ti dico!”. Lui ubbidì e fece una faccia sconvolta.

“Mi sono punto?!” chiese al nulla, inarcando le sopracciglia,, quando vide il suo braccio destro.

Io non ci capivo più nulla: Cristian avevo obbligato Gabriele ad alzarsi e a mostrare a tutti il suo braccio in cui era visibile una parte su cui c’era un piccolo livido e il segno di una minuscola puntura.

Tutti continuavamo a non capire e Cristian sorrise. “Lei  ha falsificato tutto. Tutto. Insomma, Sabri, ti sei mai chiesta perché quei due polacchi hanno intrattenuto Gab?!”.

Esitai. “Per farlo parlare con voi al telefono, no?” risposi.

“No”.

Cristian continuò a sorridere, mentre papà lo guardava a sua volta senza capire.

“Cristian, per l’amor del cielo, puoi…?”.

“Ora leggo” si decise a dire, e la concentrazione di tutti i presenti divenne quasi palpabile, accompagnata da un enorme silenzio. Cristian prese la lettera tra le mani e iniziò a leggere dopo essersi schiarito la voce.

Sabrina, tutto questo casino è iniziato via e-mail e così deve finire, anche se questa è una semplice lettera. Sei troppo giovane per comprendere il delirio interiore che sto vivendo, e comunque non ti auguro di vivere mai un simile momento in tutta la tua esistenza. Dire che mi sento in colpa è riduttivo mentre vi vedo tutti assorti nella vostra preoccupazione, per il semplice fatto che questa è stata causata da me. Scusami. Voglio vuotare il sacco una volta per tutte. Per prima cosa, stanotte tu, tuo fratello e quelle due ragazze siete state rapite solo ed esclusivamente sotto mio ordine, sono io che ho commissionato Hazel e Polsk. Ovviamente ti starai chiedendo il perché… Beh, in primis, cosa di cui non sono mai andata fiera, come tante altre cose del resto, per avere i soldi necessari per curarmi e pagare il viaggio in Canada che avrei dovuto fare per curarmi a causa della mia malattia al fegato, poi… Poi perché in questo modo avevo un’ulteriore scusa per raggiungere il mio scopo principale”.

Cristian si bloccò e alzò lo sguardo per riprendere un po’ di fiato.

“E’ stata lei a farvi rapire?!”. Inutile dire che mamma era ancora più scioccata e si accasciò contro la spalla di papà, che le accarezzò dolcemente i capelli, con un’aria grave mai vista stampata in volto.

Cristian decise di continuare. “E sai qual era lo scopo principale? Falsificare il test, rapirvi con Gabriele e fargli prelevare del sangue mentre era addormentato e voi ve ne stavate in un’altra cella in modo da far sì che tecnicamente il test lo facesse Gabriele e non Cristian” .

Silenzio. Trattenni il respiro dato che mi sentivo mancare l’ossigeno. Mi alzai in piedi, ma subito ricaddi sul divano a causa delle gambe che tremavano come se mi trovassi in bikini in una zona ghiacciata dell’Alaska.

Avete presente quella sensazione magnifica che si prova quando sai che devi essere interrogato al 99% su qualcosa che non sai e per una volta quell’unico 1% prevale sulla probabilità e te la scampi? Quando vai in Inghilterra in pieno inverno e trovi una giornata iper soleggiata? Quando vinci alla lotteria dopo aver buttato i numeri a casaccio? Ecco, io mi sentivo mille volte così. Come se all’improvviso dentro di me si fosse sciolto un ice-berg a causa dell’elevata temperatura a cui lo sottoponeva una giornata estiva a Madrid che superava i 47° C. Come se improvvisamente mi sembrasse strano che per una giornata intera mi fossi sentita oppressa, triste e arrabbiata con il mondo. Era tutta una messa in scena. Era una bugia, uno stratagemma, un’assurdità. Mi poggiai una mano sul cuore e a stento sentii i commenti increduli di coloro che mi circondavano.

Cristian sorrideva felice mentre mamma e papà si abbracciavano senza parole e Gabriele mi correva incontro, non badando più al suo braccio.

Titti e Marco si guardavano intorno senza capire, proprio come tutti gli altri. Eppure, quello fu il momento più pazzo della mia vita, nel senso che la sensazione che provai, per quanto strana, non la dimenticherò mai per la sua stravaganza e per la gioia infinita con cui l’avevo accolta.

“Cosa potevamo aspettarci da lei?” chiese retorico Cristian. “Ma se volete, la lettera contin…”.

Non terminò la frase perché io mi ci era letteralmente gettata addosso, con una forza e uno slancio tale che entrambi barcollammo, ridendo. Non m’importava di nulla, tranne che potevo continuare a stare con l’amore della mia vita senza alcuna interruzione.

“E’ tutto finito?” chiesi in un sussurro, infischiandomene delle occhiate dei presenti, che alla fine decisero che tirava troppo vento dalla finestra di quella stanza e andarono in cucina per bere qualcosa, anzi, pranzare, visto che mamma e papà, presi dalla gioia, li avevano invitati a restare a pranzo.

Lui prese il mio volto tra le sue mani e mi guardò fisso negli occhi. Quelle iridi color miele, come mi era mancato specchiarmici dentro!

“Ci puoi giurare… Ricominciamo da capo?” domandò con un tono di voce che al momento non potevo non giudicare sensuale.

“Perché, abbiamo mai iniziato?” chiesi, tra il serio e il divertito.

“Hai ragione… Sabrina, vuoi concedermi l’onore di diventare la mia ragazza?” chiese, con quel suo sorriso che amavo così tanto, proprio come ogni singola parte del suo essere. “Va bene così?” chiese conferma poi, questa volta ridendo dato che anche io mi ero lasciata trasportare da una risata di puro nervosismo.

Ero lì, con l’unico ragazzo che mi avesse fatto sul serio innamorare in venti anni, che fino a pochi minti prima ero stata indotta a credere che fosse mio fratello e lui mi stava facendo una sorta di proposta che si sarebbe potuta leggere nei migliori libri ottocenteschi. Certo che quando si dice che la vita è un Carnevale…!

“Si, può andare bene…” risposi, ma lui già mi aveva attirato verso di sé e mi stava baciando con la passione repressa in quei momenti. Cristian, Cristian, Cristian… Tutto ciò che mi circondava rappresentava lui ormai, lui era tutto ciò che avevo e non ci avrei mai rinunciato. Mi strinsi contro di lui con tutte le mie forze, mentre lui poggiava una mano sulla mia schiena e l’altra tra i miei capelli, schiudendo le labbra e baciandomi con un enfasi tale che mi sentivo bollente, senza fiato, ma carica di una felicità che non credevo si potesse provare.

Ad interromperci ci pensò il campanello della porta d’ingresso, che annunciò l’arrivo di una donna di mezza età bassina, con i capelli grigi raccolti in una crocchia e l’aria disperata. Tutti la guardavamo senza capire e lei, dopo aver sospirato, disse: “Io devo dirvelo. La signora Massa mi ha interpellato per falsificare il test che avete fatto stamattina, mi ha passato un altro campione di sangue… Ma ho fatto analizzare anche quello del ragazzo e ho visto che non siete in nessun grado di parentela…”.

Papà la guardò comprensivo e le sorrise. “Lo sappiamo, signora, la ringrazio…”.

“… Tenete, mi ha anche pagato, io non volevo, credetemi, è solo che avevo paura, è stata in carcere, e ora che è morta…”. Mise un assegno su una mensola e mi guardò afflitta e tremante.

“Signora, si calmi!” esclamò mamma, tuttavia sorridendo e alzando un po’ la voce per farsi sentire.

La donna obbedì, ancora frastornata.

“La crediamo e lo sappiamo, stai tranquilla, è tutto ok, Irene ha scritto una lettera a mia figlia prima di suicidarsi in cui le spiegava tutto… Ed è bello sapere che anche lei ha la prova che non c’è alcun grado di parentela… Anche se non è detto, visto che mi sa che è il mio futuro genero” continuò mamma, e qui rise di cuore, insieme a papà.

Risi a mia volta e intrecciai la mano di Cristian alla mia. “Hai ragione mamma” dissi con sicurezza, e fui sollevata nel vedere che ci abbracciò con calore, sotto lo sguardo incuriosito della signora che papà aveva invitato a sedere e a bere qualcosa.

 

Alla fine, avevo continuato a leggere la lettera di Irene e avevo scoperto tutta la verità. Lei sapeva sin dall’inizio che il padre di Cristian non fosse mio padre, bensì un regista che al momento viveva in Kansas, con cui era stata subito dopo la fine della storia con papà. Aveva mentito perché voleva che Cristian avesse una famiglia anche dopo la sua morte, visto che la malattia al fegato contratta in carcere era sempre in stato più avanzato, e sapeva che con noi sarebbe stato bene e avrebbe conosciuto il significato della parola “affetto”, che con lei non aveva mai conosciuto, anche se questo era il progetto che aveva in mente ancora prima dal carcere, dato che all’epoca voleva far ritornare papà con lei e dirgli di questo loro presunto figlio per poterlo recuperare dopo sei anni e crescerlo insieme. Quindi, in fin dei conti, questo suo mix di azioni non erano altro che il frutto del suo volere prima di andare in carcere e che voleva portare a termine prima che giungesse la sua ora. Le cose si erano complicate quando aveva visto che io e Cristian ci stavamo avvicinando, ma oramai aveva già ingaggiato Hazel e Polsk da un mese per farli intrufolare in quella che originariamente doveva essere casa mia, solo che Hazel aveva confuso zia Eva con mia madre data la loro secolare somiglianza e lei ne aveva approfittato per far “allargare il raggio d’azione” e far sì che, coinvolgendo sua figlia e qualche altra nostra amica stretta, sembrasse tutto un qualcosa di casuale come un semplice rapimento di figli di persone famose.

La decisione di dire la verità  però alla fine aveva preso il sopravvento e, avendo ricevuto un sms da parte dell’oncologa che diceva che doveva darle una notizia triste,non ce l’aveva fatta più nel vederci tutti in quelle condizioni e aveva deciso di scrivermi la verità per poi porre fine alla sua vita, dato che sapeva che a breve sarebbe morta comunque.

Quella piccola parte di sé che era buona aveva preso il sopravvento, alla fine della sua vita, e tutte le sue cattive azioni commesse sul serio avevano come unico fine quello di far del suo meglio per assicurarsi il bene di suo figlio.

I giorni passarono lentamente, andammo al funerale di Irene, e tornai al’università per il nuovo anno accademico alla facoltà di medicina.

“Cavoli, Sabri, sei diversa, è successo qualcosa di bello durante l’estate?” fu il commento di una mia amica del corso di anatomia, ed io mi ero limitata ad annuire. Ovviamente, lei comprese il tutto quando, all’uscita, vide Cristian spettarmi davanti la sua auto ed io che  gli correvo incontro, raggiante.

 

“Tesoro, Cristian viene a cena, stasera?” mi chiese mamma, una sera di fine ottobre.

Alzai lo sguardo dagli appunti di anatomia che dovevo imparare ed annuii.

“Si, torna verso le sette” risposi.

Lei annuì. Fece per andarsene, poi sembrò cambiare idea e si rigirò nuovamente verso di sé.

“Sai, devo confessarti una cosa” mormorò, sedendosi al mio fianco e approfittando della momentanea solitudine che c’era in casa dato che papà e Gabriele erano a casa di zio Giuseppe.

“Dimmi”.

“Io… Dall’inizio io sul serio ho fatto di tutto per farti avvicinare a Cristian. Prima l’invito, poi lo shopping insieme…” disse, guardandomi in attesa di una reazione. 

Probabilmente, se mi avesse rivelato questa cosa un mese prima, l’avrei aggredita con parole non molto simpatiche e rispettose, ma in quel momento, vista l’evoluzione delle cose, non riuscii a non sorridere e scuotere il capo. “Lo sapevo, ed anche Titti ne era convinta” dissi infine, e la abbracciai forte. Da quando si era risolta al questione della finta parentela tra noi e Cristian sembrava ringiovanita di dieci anni, sembrava essere tornata a comportarsi come quando avevo dieci anni e lei trascorreva tutti i pomeriggi con me e Gabriele, infischiandosene del suo lavoro, e insieme cercavamo di insegnargli a leggere e scrivere. Spesso la scoprivamo mentre canticchiava tra sé, allegra al massimo, e poi ultimamente aveva iniziato a fare delle cenette romantiche a cui erano ammessi solo lei e papà, quando io uscivo con Cristian e Gabriele con Belle, anche se il “fidanzamento” di questi ultimi era ancora un qualcosa di segreto.  

Mamma si lasciò abbracciare, e quando ci separammo sorrideva ancora. “Sapevo che anche Titti la pensava così. A proposito, lei e Marco…?”.

“Stanno insieme da circa… Mmm, tre ore, mi ha mandato un sms poco fa. Era ora!” aggiunsi, contenta per la mia migliore amica che finalmente era riuscita a trovare un ragazzo che l’amasse sul serio. Quel giorno erano usciti insieme e, finalmente, si erano decisi a diventare una vera coppia, anche perché Marco il giorno prima aveva lasciato quell’odiosa Verena.

“Oh, come sono felice!” mormorò mamma. “Quando succedono queste cose non riesco a non ripensare ai vecchi tempi, quando io ero fidanzata con tuo padre e poi, mano a mano, anche gli altri si misero insieme come Eva e Giuseppe, Daniele e Paris… Ma mi sento anche un po’ avanti con gli anni, appartengo ad una generazione ormai vecchia” ammise, scrollando le spalle.

“Mamma! Smettila di piagnucolare e pensa a goderti la vita con tuo marito visto che i tuoi figli sono grandi e non rompono più le scatole…” le ricordai, ammiccante,  e lei si lasciò scappare un risolino.

Alla fine smisi di studiare e l’aiutai a preparare un dolce.

Alle sette e dieci sentii il rumore inconfondibile dell’auto di Cristian che varcava il cancello della nostra villetta, così, raggiante, mi tolsi il grembiule e uscii di casa, sotto lo sguardo divertito di mamma.

“Amore!” esclamai, andando incontro a Cristian che era appena sceso dall’auto, entrando nel garage. Indossava un vestito elegante dato che aveva appena avuto un incontro con il suo capo, ma i capelli castani e un po’ lunghi che tanto adoravo erano come sempre un po’ ribelli.

Si voltò in mia direzione, chiudendo l’auto, e mi sorrise apertamente. “Ecco uno dei buoni motivi per tornare a casa da lavoro” sussurrò, mentre già mi cingeva la vita con le braccia e mi attirava a sé con dolcezza.

“Finalmente sei tornato” dissi.

“Non è colpa mia se il tuo ragazzo è il migliore dell’azienda e l’hanno trattenuto per affidargli il compito di dirigere la nuova campagna pubblicitaria sui nuovi rossetti della Pupa” ribattè, con aria sarcastica.

“Cosa?!”. Aspirava a quel ruolo da un paio di settimane!

“Hai sentito bene” ridacchiò, gioioso. “Ti rendi conto?” aggiunse.

“Certo che mi rendo conto” dissi, visibilmente incredula ed emozionata, abbracciandolo.

“Ed è tutto grazie a te” annunciò, sempre più entusiasta.

Lo guardai confusa, levando un sopracciglio. Grazie a me? Io non avevo fatto assolutamente nulla! Cristian comprese la mia confusione e così iniziò a rovistare nella sua borsa da lavoro che aveva poggiato per terra. Dopo un po’, ne estrasse un disegno e me lo mostrò.

“Oh!” esclamai, pervasa da una serie di ricordi. Era il foglio su cui aveva fatto il mio ritratto quel giorno in cui ero andata nella dependance con lui a vedere “Blu profondo”, solo che al momento era colorato per bene ed erano state apportate nuove modifiche.

Alzai lo sguardo verso di lui e si decise a spiegare. “Il capo lo ha visto sulla mia scrivania, se lo è fotocopiato e poi mi ha convocato. Ha detto che il mio modo di disegnare un soggetto femminile gli piace, secondo lui ci metto passione e una sorta di realismo… E tutto grazie alla mia musa ispiratrice” esclamò, e non mi diede il tempo di replicare perché aveva unito le nostre labbra in un bacio che di casto, onestamente, non aveva proprio nulla.

“Ehm, ehm, scusate piccioncini…”.

Ci staccammo e vedemmo che Stella ci stava guardando con un’aria falsamente schifata.

“Ehi, Stella! Ciao!” esclamai, e corsi ad abbracciarla. Un mese prima avrei ritenuto impossibile un mio simile atteggiamenti nei suoi confronti, eppure, dopo la questione del rapimento, ci eravamo legate a tal punto che spesso passavamo dei pomeriggi insieme ed uscivamo con Vittoria.

“Ciao. Ciao, Cristian!”  replicò, sorridente. “Sono passata a dirti che mi hanno accettato ed ora lavoro come segretaria nella casa discografica dove lavorano i nostri genitori! Sapessi mamma com’è contenta!” annunciò.

Cavoli. Cos’era quella, la serata delle buone notizie?

“Oh, congratulazioni allora, Stella!” dissi, e Cristian si unì a me per gli auguri. Stella, quella che voleva diventare a tutti i costi una velina o giù di lì, si era decisa a provare con qualcosa di più serio e realizzabile… Non potevo non essere felice per lei e per i nervi di Eliana!

Per questo la invitai a cena, per festeggiare sia lei che il nuovo incarico di Cristian, e aspettammo il ritorno di papà.

“Gabriele viene tra un po’, ha detto che doveva fare una cosa…” disse papà quando prendemmo posto a tavola ed essersi congratulato con papà. “Tesoro” aggiunse, voltandosi verso di me, “Questo tipo alla mia destra sta facendo il bravo o ti ha fatto arrabbiare ultimamente?” e così dicendo ammiccò ironico verso Cristian, che si finse offeso.

“Ed io che pensavo che chiedendogli il permesso di stare con sua figlia le mie pene sarebbero finite, capo” brontolò Cristian, e tutti scoppiammo a ridere di cuore.

“Oh, oh, non ci credo! Venite, guardate!” urlò mamma, che si era affacciata alla finestra.

“Cos…?” chiesi, e sorrisi quando vidi per cosa stava strepitando: aveva appena visto Gabriele e Belle baciarsi nell’ombra degli alberi che si trovavano nel nostro giardino. Ecco cosa doveva fare prima di venire a cena, il furbetto!

“Nooo, non ci credo!” ridacchiò Stella, coprendosi la bocca con le mani.

“Ha preso  tutto da sua padre” mormorò papà, sghignazzante.

Poi, inevitabilmente, visto che sia lui che mamma si erano voltati verso di me, fui costretta a confessare con un: “Si, lo sapevo che stavano insieme, contenti? Era inevitabile… Noi siamo o non siamo la generazione dell’amore?”.

Sorrisero e me la fecero passare liscia per aver tenuto la bocca chiusa, e nel frattempo, mi dissi che l’ultima affermazione da me detta non poteva non essere una delle più veritiere.

 

 

Ciao a tutte!

Mi scuso come sempre per il ritardo, ma purtroppo il tempo non basta mai e poi mi sono lasciata prendere da una nuova storia che alla fine mi sono decisa a pubblicare, anche se intendevo farlo tra qualche settimana. Se vi và di darci un’occhiata ho appena pubblicato il prologo… Dillo Alla Luna

Mi farebbe piacere conoscere la vostra opinione!

Comunque, avete visto? Alla fine Sabri e Cris non sono per niente fratelli! Come avrei mai potuto far sì che una cosa simile fosse vera?! xD

Spero che vi sia piaciuto quest’ultimo capitolo, il prossimo sarà l’epilogo e poi dirò sul serio (e questa volta quando dico sul serio intendo definitivamente) addio alle vicende della famiglia di Deb.

Grazie mille alle 23 persone che hanno messo la fic tra le storie seguite e le 24 che l’hanno messa tra i preferiti, e ovviamente coloro che hanno recensito:

CriCri88: Eheh, al momento direi che non c’è bisogno che mi supplichi riguardo la nuova storia visto che l’ho già pubblicata xD xD xD Parlando seriamente, spero che ora che sai la verità non attanagli più alla tua salute… Non sono fratelli sul serio, come avrei mai potuto essere così diabolica? Vabbè, lo so che ormai non mi libererò più di quest’aggettivo, ma ci ho provato…. xD Spero che il capitolo ti sia piaciuto ^^ Un bacione, carissima!

piaciuque: No, per fortuna non sono fratello e sorella dato che, come hai detto tu, ho fatto succedere qualche altra cosa che avevo in mente già dal 1° cap ^^ Era tutto uno stratagemma per aumentare la suspense, lo ammetto xD

lillay: Alla luce di ciò che è successo in questo cap sono stata perdonata? :D Spero di si ^^ Comunque era già tutto stabilito da parte mia, sapevo già cosa far succedere, volevo solo rendere il tutto più intrigante =) Spero che il cap ti sia piaciuto! Grazie mille per i complimenti  ^^

Pazzascatenata89: Ciao! Complimenti, ci hai azzeccato, Irene ha raggirato il test facendo prelevare di nascosto del sangue da Gabriele per poi corrompere l’infermiera ^^ Riguardo il consiglio sul verbo ti ringrazio, è che spesso si conoscono alcune forme grammaticali come una sorta di stereotipo quando poi invece quello corretto è un altro… Non me ne sono mai accorta anche perché quando scrivo “ubbidire” word non me lo corregge nemmeno xD Bah,comunque grazie mille! ^^

Al prossimo cap con l’epilogo, girls!

Spero mi farete sapere cosa ve ne sembra della mai nuova fic, grazie in anticipo!

La vostra milly92.

  
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