“No hay que llorar
Que la vida es un carnaval
Y las penas se van cantando”
Perché la vita è un carnevale
E le angosce se ne vanno cantando”
Celia Cruz
Capitolo 10
La Mia Vita E’ Un
Carnevale
“Sabrina…”.
“Cazzo, Cristian,
taci! E’ appena morta tua madre ed io sono tua sorella, quindi penso di essere ufficialmente autorizzata a
trattarti come tale e a tornare a non tollerarti se…”.
“Sabrina, non ci
capisco più nulla! Muoviti, leggi cosa c’è scritto!” urlò lui, afferrandomi per
un braccio con una potenza innata e obbligandomi a leggere ciò che c’era
scritto sul foglio che mi porgeva.
Lo guardai male,
quasi come se tutta quella questione fosse colpa sua, come se lui avesse deciso
di chi essere figlio… Sua madre si era gettata da metri e metri di altezza e lui pensava ad un foglio? Sbuffai,
sentendomi tremare tutta e cercando di togliermi la visione di Irene morta dalla
mente, ma senza successo. Era morta una donna, diamine! Nessuno accorreva?
Nessuno da sotto l’aveva vista buttarsi?
Cristian
improvvisamente si appoggiò alla ringhiera, cercando a sua volta di non
guardare giù. Chiuse gli occhi e sospirò. “Sabri, leggi, c’è scritto il tuo
nome sopra, scritto da mia madre che si è appena suicidata. Vorrà pur dire
qualcosa, no?” cercò di farmi ragionare.
“Ma dobbiamo
chiamare qualcuno, dobbiamo dire cosa è successo…”.
Possibile che non
capiva? Di certo quella era una semplice e futile lettera di scuse, per
ampliare quelle che mi aveva sussurrato prima di morire.
Per questo, due
minuti dopo mezzo ospedale se ne stava a guardare imbambolato il corpo della
donna e il capo della clinica rimproverava l’addetto alle telecamere per
essersi distratto per la pausa pranzo e non aver visto la donna che si gettava
da lì sopra. Controllarono e videro che non ero assolutamente responsabile
della morte, e non so descrivere com’era l’atmosfera quando tornammo a casa a
causa dei numerosi paparazzi a caccia di notizie e della polizia.
“Non ci posso
credere” borbottò mamma per la decima volta, quando ci ritrovammo tutti riuniti
nel nostro soggiorno con Niko, Stella e gli altri.
Tutti guardavano
Cristian come se fosse un alieno, finchè lui non sbuffò e mi strappò il foglio
che tenevo in mano senza ancora averlo letto.
“Ma cosa..??”
chiesi, indispettita, anche se non riuscivo a guardarlo dritto negli occhi.
Come avrei potuto? Il nostro destino era stato segnato e non potevamo
continuare a stare vicini a lungo, dovevamo allontanarci, dividerci, sperando
che il famoso “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” funzionasse… Ma,
onestamente, avevo i miei dubbi a riguardo per quanto mi riguardava.
“Faccio quello che
avresti dovuto fare tu da un bel po’ e anche se questa lettera è indirizzata a
te, penso di avere i diritti necessari per leggerla visto che resto sempre suo
figlio”. Sembrava davvero scocciato, e di certo non riuscivo a dargli tolto.
Dal canto mio ero così confusa che non riuscivo a stabilire un pensiero fisso
nella mia mente, ero troppo agitata dato che la notizia della nostra
fratellanza era pazzesca e per di più non avevo mai visto morire nessuno,
quindi figuriamoci com’era stato per me vedere un suicidio.
Così Cristian iniziò
a leggere sotto lo sguardo apprensivo di tutti.
Restai sbalordita
quando lo vidi sorridere all’improvviso. Mi prendeva in giro? Come si faceva a
sfiorare un sorriso anche solo con il pensiero in una simile situazione?!
“Lo sapevo! Lo
sapevo!” urlò, voltandosi verso Gabriele. “Fammi vedere le braccia, muoviti!”
gli intimò.
Ero totalmente
convinta che stesse scherzando, o che al massimo fosse una conseguenza
dell’eccessivo shock. Gabriele, che se
ne stava da più di un’ora attaccato a Belle, lo guardò senza capire. “Ma che…?”.
“Muoviti, fa ciò che
ti dico!”. Lui ubbidì e fece una faccia sconvolta.
“Mi sono punto?!”
chiese al nulla, inarcando le sopracciglia,, quando vide il suo braccio destro.
Io non ci capivo più
nulla: Cristian avevo obbligato Gabriele ad alzarsi e a mostrare a tutti il suo
braccio in cui era visibile una parte su cui c’era un piccolo livido e il segno
di una minuscola puntura.
Tutti continuavamo a
non capire e Cristian sorrise. “Lei ha falsificato tutto. Tutto. Insomma, Sabri,
ti sei mai chiesta perché quei due polacchi hanno intrattenuto Gab?!”.
Esitai. “Per farlo
parlare con voi al telefono, no?” risposi.
“No”.
Cristian continuò a
sorridere, mentre papà lo guardava a sua volta senza capire.
“Cristian, per
l’amor del cielo, puoi…?”.
“Ora leggo” si
decise a dire, e la concentrazione di tutti i presenti divenne quasi palpabile,
accompagnata da un enorme silenzio. Cristian prese la lettera tra le mani e
iniziò a leggere dopo essersi schiarito la voce.
“Sabrina, tutto questo casino è iniziato via
e-mail e così deve finire, anche se questa è una semplice lettera. Sei troppo
giovane per comprendere il delirio interiore che sto vivendo, e comunque non ti
auguro di vivere mai un simile momento in tutta la tua esistenza. Dire che mi
sento in colpa è riduttivo mentre vi vedo tutti assorti nella vostra
preoccupazione, per il semplice fatto che questa è stata causata da me.
Scusami. Voglio vuotare il sacco una volta per tutte. Per prima cosa, stanotte
tu, tuo fratello e quelle due ragazze siete state rapite solo ed esclusivamente
sotto mio ordine, sono io che ho commissionato Hazel e Polsk. Ovviamente ti
starai chiedendo il perché… Beh, in primis, cosa di cui non sono mai andata
fiera, come tante altre cose del resto, per avere i soldi necessari per curarmi
e pagare il viaggio in Canada che avrei dovuto fare per curarmi a causa della
mia malattia al fegato, poi… Poi perché in questo modo avevo un’ulteriore scusa
per raggiungere il mio scopo principale”.
Cristian si bloccò e
alzò lo sguardo per riprendere un po’ di fiato.
“E’ stata lei a
farvi rapire?!”. Inutile dire che mamma era ancora più scioccata e si accasciò
contro la spalla di papà, che le accarezzò dolcemente i capelli, con un’aria
grave mai vista stampata in volto.
Cristian decise di
continuare. “E sai qual era lo scopo
principale? Falsificare il test, rapirvi con Gabriele e fargli prelevare del
sangue mentre era addormentato e voi ve ne stavate in un’altra cella in modo da
far sì che tecnicamente il test lo facesse Gabriele e non Cristian” .
Silenzio. Trattenni
il respiro dato che mi sentivo mancare l’ossigeno. Mi alzai in piedi, ma subito
ricaddi sul divano a causa delle gambe che tremavano come se mi trovassi in
bikini in una zona ghiacciata dell’Alaska.
Avete presente
quella sensazione magnifica che si prova quando sai che devi essere interrogato
al 99% su qualcosa che non sai e per una volta quell’unico 1% prevale sulla
probabilità e te la scampi? Quando vai in Inghilterra in pieno inverno e trovi
una giornata iper soleggiata? Quando vinci alla lotteria dopo aver buttato i
numeri a casaccio? Ecco, io mi sentivo mille volte così. Come se all’improvviso
dentro di me si fosse sciolto un ice-berg a causa dell’elevata temperatura a
cui lo sottoponeva una giornata estiva a Madrid che superava i 47° C. Come se
improvvisamente mi sembrasse strano che per una giornata intera mi fossi
sentita oppressa, triste e arrabbiata con il mondo. Era tutta una messa in
scena. Era una bugia, uno stratagemma, un’assurdità. Mi poggiai una mano sul cuore
e a stento sentii i commenti increduli di coloro che mi circondavano.
Cristian sorrideva
felice mentre mamma e papà si abbracciavano senza parole e Gabriele mi correva
incontro, non badando più al suo braccio.
Titti e Marco si
guardavano intorno senza capire, proprio come tutti gli altri. Eppure, quello
fu il momento più pazzo della mia vita, nel senso che la sensazione che provai,
per quanto strana, non la dimenticherò mai per la sua stravaganza e per la
gioia infinita con cui l’avevo accolta.
“Cosa potevamo
aspettarci da lei?” chiese retorico Cristian. “Ma se volete, la lettera contin…”.
Non terminò la frase
perché io mi ci era letteralmente gettata addosso, con una forza e uno slancio
tale che entrambi barcollammo, ridendo. Non m’importava di nulla, tranne che
potevo continuare a stare con l’amore della mia vita senza alcuna interruzione.
“E’ tutto finito?”
chiesi in un sussurro, infischiandomene delle occhiate dei presenti, che alla
fine decisero che tirava troppo vento dalla finestra di quella stanza e
andarono in cucina per bere qualcosa, anzi, pranzare, visto che mamma e papà,
presi dalla gioia, li avevano invitati a restare a pranzo.
Lui prese il mio
volto tra le sue mani e mi guardò fisso negli occhi. Quelle iridi color miele,
come mi era mancato specchiarmici dentro!
“Ci puoi giurare…
Ricominciamo da capo?” domandò con un tono di voce che al momento non potevo
non giudicare sensuale.
“Perché, abbiamo mai
iniziato?” chiesi, tra il serio e il divertito.
“Hai ragione…
Sabrina, vuoi concedermi l’onore di diventare la mia ragazza?” chiese, con quel
suo sorriso che amavo così tanto, proprio come ogni singola parte del suo
essere. “Va bene così?” chiese conferma poi, questa volta ridendo dato che
anche io mi ero lasciata trasportare da una risata di puro nervosismo.
Ero lì, con l’unico
ragazzo che mi avesse fatto sul serio innamorare in venti anni, che fino a
pochi minti prima ero stata indotta a credere che fosse mio fratello e lui mi
stava facendo una sorta di proposta che si sarebbe potuta leggere nei migliori
libri ottocenteschi. Certo che quando si dice che la vita è un Carnevale…!
“Si, può andare
bene…” risposi, ma lui già mi aveva attirato verso di sé e mi stava baciando
con la passione repressa in quei momenti. Cristian, Cristian, Cristian… Tutto
ciò che mi circondava rappresentava lui ormai, lui era tutto ciò che avevo e
non ci avrei mai rinunciato. Mi strinsi contro di lui con tutte le mie forze,
mentre lui poggiava una mano sulla mia schiena e l’altra tra i miei capelli,
schiudendo le labbra e baciandomi con un enfasi tale che mi sentivo bollente,
senza fiato, ma carica di una felicità che non credevo si potesse provare.
Ad interromperci ci
pensò il campanello della porta d’ingresso, che annunciò l’arrivo di una donna
di mezza età bassina, con i capelli grigi raccolti in una crocchia e l’aria
disperata. Tutti la guardavamo senza capire e lei, dopo aver sospirato, disse:
“Io devo dirvelo. La signora Massa mi ha interpellato per falsificare il test
che avete fatto stamattina, mi ha passato un altro campione di sangue… Ma ho
fatto analizzare anche quello del ragazzo e ho visto che non siete in nessun
grado di parentela…”.
Papà la guardò
comprensivo e le sorrise. “Lo sappiamo, signora, la ringrazio…”.
“… Tenete, mi ha
anche pagato, io non volevo, credetemi, è solo che avevo paura, è stata in
carcere, e ora che è morta…”. Mise un assegno su una mensola e mi guardò
afflitta e tremante.
“Signora, si calmi!”
esclamò mamma, tuttavia sorridendo e alzando un po’ la voce per farsi sentire.
La donna obbedì,
ancora frastornata.
“La crediamo e lo
sappiamo, stai tranquilla, è tutto ok, Irene ha scritto una lettera a mia
figlia prima di suicidarsi in cui le spiegava tutto… Ed è bello sapere che
anche lei ha la prova che non c’è alcun grado di parentela… Anche se non è
detto, visto che mi sa che è il mio futuro genero” continuò mamma, e qui rise di
cuore, insieme a papà.
Risi a mia volta e
intrecciai la mano di Cristian alla mia. “Hai ragione mamma” dissi con
sicurezza, e fui sollevata nel vedere che ci abbracciò con calore, sotto lo
sguardo incuriosito della signora che papà aveva invitato a sedere e a bere
qualcosa.
Alla fine, avevo
continuato a leggere la lettera di Irene e avevo scoperto tutta la verità. Lei
sapeva sin dall’inizio che il padre di Cristian non fosse mio padre, bensì un
regista che al momento viveva in Kansas, con cui era stata subito dopo la fine
della storia con papà. Aveva mentito perché voleva che Cristian avesse una
famiglia anche dopo la sua morte, visto che la malattia al fegato contratta in
carcere era sempre in stato più avanzato, e sapeva che con noi sarebbe stato
bene e avrebbe conosciuto il significato della parola “affetto”, che con lei
non aveva mai conosciuto, anche se questo era il progetto che aveva in mente
ancora prima dal carcere, dato che all’epoca voleva far ritornare papà con lei
e dirgli di questo loro presunto figlio per poterlo recuperare dopo sei anni e
crescerlo insieme. Quindi, in fin dei conti, questo suo mix di azioni non erano
altro che il frutto del suo volere prima di andare in carcere e che voleva
portare a termine prima che giungesse la sua ora. Le cose si erano complicate
quando aveva visto che io e Cristian ci stavamo avvicinando, ma oramai aveva
già ingaggiato Hazel e Polsk da un mese per farli intrufolare in quella che
originariamente doveva essere casa mia, solo che Hazel aveva confuso zia Eva con
mia madre data la loro secolare somiglianza e lei ne aveva approfittato per far
“allargare il raggio d’azione” e far sì che, coinvolgendo sua figlia e qualche
altra nostra amica stretta, sembrasse tutto un qualcosa di casuale come un
semplice rapimento di figli di persone famose.
La decisione di dire
la verità però alla fine aveva preso il
sopravvento e, avendo ricevuto un sms da parte dell’oncologa che diceva che
doveva darle una notizia triste,non ce l’aveva fatta più nel vederci tutti in
quelle condizioni e aveva deciso di scrivermi la verità per poi porre fine alla
sua vita, dato che sapeva che a breve sarebbe morta comunque.
Quella piccola parte
di sé che era buona aveva preso il sopravvento, alla fine della sua vita, e
tutte le sue cattive azioni commesse sul serio avevano come unico fine quello
di far del suo meglio per assicurarsi il bene di suo figlio.
I giorni passarono
lentamente, andammo al funerale di Irene, e tornai al’università per il nuovo
anno accademico alla facoltà di medicina.
“Cavoli, Sabri, sei diversa,
è successo qualcosa di bello durante l’estate?” fu il commento di una mia amica
del corso di anatomia, ed io mi ero limitata ad annuire. Ovviamente, lei comprese
il tutto quando, all’uscita, vide Cristian spettarmi davanti la sua auto ed io
che gli correvo incontro, raggiante.
“Tesoro, Cristian
viene a cena, stasera?” mi chiese mamma, una sera di fine ottobre.
Alzai lo sguardo
dagli appunti di anatomia che dovevo imparare ed annuii.
“Si, torna verso le
sette” risposi.
Lei annuì. Fece per
andarsene, poi sembrò cambiare idea e si rigirò nuovamente verso di sé.
“Sai, devo
confessarti una cosa” mormorò, sedendosi al mio fianco e approfittando della
momentanea solitudine che c’era in casa dato che papà e Gabriele erano a casa
di zio Giuseppe.
“Dimmi”.
“Io… Dall’inizio io
sul serio ho fatto di tutto per farti avvicinare a Cristian. Prima l’invito,
poi lo shopping insieme…” disse, guardandomi in attesa di una reazione.
Probabilmente, se mi
avesse rivelato questa cosa un mese prima, l’avrei aggredita con parole non
molto simpatiche e rispettose, ma in quel momento, vista l’evoluzione delle
cose, non riuscii a non sorridere e scuotere il capo. “Lo sapevo, ed anche
Titti ne era convinta” dissi infine, e la abbracciai forte. Da quando si era
risolta al questione della finta parentela tra noi e Cristian sembrava
ringiovanita di dieci anni, sembrava essere tornata a comportarsi come quando
avevo dieci anni e lei trascorreva tutti i pomeriggi con me e Gabriele,
infischiandosene del suo lavoro, e insieme cercavamo di insegnargli a leggere e
scrivere. Spesso la scoprivamo mentre canticchiava tra sé, allegra al massimo,
e poi ultimamente aveva iniziato a fare delle cenette romantiche a cui erano
ammessi solo lei e papà, quando io uscivo con Cristian e Gabriele con Belle,
anche se il “fidanzamento” di questi ultimi era ancora un qualcosa di segreto.
Mamma si lasciò
abbracciare, e quando ci separammo sorrideva ancora. “Sapevo che anche Titti la
pensava così. A proposito, lei e Marco…?”.
“Stanno insieme da
circa… Mmm, tre ore, mi ha mandato un sms poco fa. Era ora!” aggiunsi, contenta
per la mia migliore amica che finalmente era riuscita a trovare un ragazzo che
l’amasse sul serio. Quel giorno erano usciti insieme e, finalmente, si erano
decisi a diventare una vera coppia, anche perché Marco il giorno prima aveva
lasciato quell’odiosa Verena.
“Oh, come sono
felice!” mormorò mamma. “Quando succedono queste cose non riesco a non
ripensare ai vecchi tempi, quando io ero fidanzata con tuo padre e poi, mano a
mano, anche gli altri si misero insieme come Eva e Giuseppe, Daniele e Paris…
Ma mi sento anche un po’ avanti con gli anni, appartengo ad una generazione ormai
vecchia” ammise, scrollando le spalle.
“Mamma! Smettila di
piagnucolare e pensa a goderti la vita con tuo marito visto che i tuoi figli
sono grandi e non rompono più le scatole…” le ricordai, ammiccante, e lei si lasciò scappare un risolino.
Alla fine smisi di
studiare e l’aiutai a preparare un dolce.
Alle sette e dieci
sentii il rumore inconfondibile dell’auto di Cristian che varcava il cancello
della nostra villetta, così, raggiante, mi tolsi il grembiule e uscii di casa,
sotto lo sguardo divertito di mamma.
“Amore!” esclamai,
andando incontro a Cristian che era appena sceso dall’auto, entrando nel garage.
Indossava un vestito elegante dato che aveva appena avuto un incontro con il
suo capo, ma i capelli castani e un po’ lunghi che tanto adoravo erano come
sempre un po’ ribelli.
Si voltò in mia
direzione, chiudendo l’auto, e mi sorrise apertamente. “Ecco uno dei buoni motivi
per tornare a casa da lavoro” sussurrò, mentre già mi cingeva la vita con le
braccia e mi attirava a sé con dolcezza.
“Finalmente sei
tornato” dissi.
“Non è colpa mia se il
tuo ragazzo è il migliore dell’azienda e l’hanno trattenuto per affidargli il
compito di dirigere la nuova campagna pubblicitaria sui nuovi rossetti della Pupa”
ribattè, con aria sarcastica.
“Cosa?!”. Aspirava a
quel ruolo da un paio di settimane!
“Hai sentito bene”
ridacchiò, gioioso. “Ti rendi conto?” aggiunse.
“Certo che mi rendo
conto” dissi, visibilmente incredula ed emozionata, abbracciandolo.
“Ed è tutto grazie a
te” annunciò, sempre più entusiasta.
Lo guardai confusa,
levando un sopracciglio. Grazie a me? Io non avevo fatto assolutamente nulla!
Cristian comprese la mia confusione e così iniziò a rovistare nella sua borsa
da lavoro che aveva poggiato per terra. Dopo un po’, ne estrasse un disegno e
me lo mostrò.
“Oh!” esclamai,
pervasa da una serie di ricordi. Era il foglio su cui aveva fatto il mio
ritratto quel giorno in cui ero andata nella dependance con lui a vedere “Blu
profondo”, solo che al momento era colorato per bene ed erano state apportate
nuove modifiche.
Alzai lo sguardo
verso di lui e si decise a spiegare. “Il capo lo ha visto sulla mia scrivania,
se lo è fotocopiato e poi mi ha convocato. Ha detto che il mio modo di
disegnare un soggetto femminile gli piace, secondo lui ci metto passione e una
sorta di realismo… E tutto grazie alla mia musa ispiratrice” esclamò, e non mi
diede il tempo di replicare perché aveva unito le nostre labbra in un bacio che
di casto, onestamente, non aveva proprio nulla.
“Ehm, ehm, scusate
piccioncini…”.
Ci staccammo e
vedemmo che Stella ci stava guardando con un’aria falsamente schifata.
“Ehi, Stella! Ciao!”
esclamai, e corsi ad abbracciarla. Un mese prima avrei ritenuto impossibile un
mio simile atteggiamenti nei suoi confronti, eppure, dopo la questione del
rapimento, ci eravamo legate a tal punto che spesso passavamo dei pomeriggi
insieme ed uscivamo con Vittoria.
“Ciao. Ciao, Cristian!”
replicò, sorridente. “Sono passata a
dirti che mi hanno accettato ed ora lavoro come segretaria nella casa
discografica dove lavorano i nostri genitori! Sapessi mamma com’è contenta!”
annunciò.
Cavoli. Cos’era quella,
la serata delle buone notizie?
“Oh, congratulazioni
allora, Stella!” dissi, e Cristian si unì a me per gli auguri. Stella, quella
che voleva diventare a tutti i costi una velina o giù di lì, si era decisa a
provare con qualcosa di più serio e realizzabile… Non potevo non essere felice
per lei e per i nervi di Eliana!
Per questo la
invitai a cena, per festeggiare sia lei che il nuovo incarico di Cristian, e
aspettammo il ritorno di papà.
“Gabriele viene tra
un po’, ha detto che doveva fare una cosa…” disse papà quando prendemmo posto a
tavola ed essersi congratulato con papà. “Tesoro” aggiunse, voltandosi verso di
me, “Questo tipo alla mia destra sta facendo il bravo o ti ha fatto arrabbiare
ultimamente?” e così dicendo ammiccò ironico verso Cristian, che si finse
offeso.
“Ed io che pensavo
che chiedendogli il permesso di stare con sua figlia le mie pene sarebbero
finite, capo” brontolò Cristian, e tutti scoppiammo a ridere di cuore.
“Oh, oh, non ci
credo! Venite, guardate!” urlò mamma, che si era affacciata alla finestra.
“Cos…?” chiesi, e
sorrisi quando vidi per cosa stava strepitando: aveva appena visto Gabriele e
Belle baciarsi nell’ombra degli alberi che si trovavano nel nostro giardino.
Ecco cosa doveva fare prima di venire a cena, il furbetto!
“Nooo, non ci credo!”
ridacchiò Stella, coprendosi la bocca con le mani.
“Ha preso tutto da sua padre” mormorò papà,
sghignazzante.
Poi,
inevitabilmente, visto che sia lui che mamma si erano voltati verso di me, fui
costretta a confessare con un: “Si, lo sapevo che stavano insieme, contenti?
Era inevitabile… Noi siamo o non siamo la generazione dell’amore?”.
Sorrisero e me la
fecero passare liscia per aver tenuto la bocca chiusa, e nel frattempo, mi
dissi che l’ultima affermazione da me detta non poteva non essere una delle più
veritiere.
Ciao a tutte!
Mi scuso come sempre
per il ritardo, ma purtroppo il tempo non basta mai e poi mi sono lasciata
prendere da una nuova storia che alla fine mi sono decisa a pubblicare, anche
se intendevo farlo tra qualche settimana. Se vi và di darci un’occhiata ho
appena pubblicato il prologo… Dillo Alla
Luna
Mi
farebbe piacere conoscere la vostra opinione!
Comunque, avete visto? Alla fine Sabri e Cris non
sono per niente fratelli! Come avrei mai potuto far sì che una cosa simile
fosse vera?! xD
Spero che vi sia piaciuto quest’ultimo capitolo, il
prossimo sarà l’epilogo e poi dirò sul serio (e questa volta quando dico sul
serio intendo definitivamente) addio alle vicende della famiglia di Deb.
CriCri88: Eheh, al momento direi che non c’è bisogno
che mi supplichi riguardo la nuova storia visto che l’ho già pubblicata xD xD
xD Parlando seriamente, spero che ora che sai la verità non attanagli più alla
tua salute… Non sono fratelli sul serio, come avrei mai potuto essere così
diabolica? Vabbè, lo so che ormai non mi libererò più di quest’aggettivo, ma ci
ho provato…. xD Spero che il capitolo ti sia piaciuto ^^ Un bacione, carissima!
piaciuque: No, per fortuna non sono fratello e
sorella dato che, come hai detto tu, ho fatto succedere qualche altra cosa che
avevo in mente già dal 1° cap ^^ Era tutto uno stratagemma per aumentare la suspense,
lo ammetto xD
lillay: Alla luce di ciò che è successo in questo
cap sono stata perdonata? :D Spero di si ^^ Comunque era già tutto stabilito da
parte mia, sapevo già cosa far succedere, volevo solo rendere il tutto più
intrigante =) Spero che il cap ti sia piaciuto! Grazie mille per i complimenti ^^
Pazzascatenata89: Ciao! Complimenti, ci hai
azzeccato, Irene ha raggirato il test facendo prelevare di nascosto del sangue
da Gabriele per poi corrompere l’infermiera ^^ Riguardo il consiglio sul verbo
ti ringrazio, è che spesso si conoscono alcune forme grammaticali come una
sorta di stereotipo quando poi invece quello corretto è un altro… Non me ne
sono mai accorta anche perché quando scrivo “ubbidire” word non me lo corregge
nemmeno xD Bah,comunque grazie mille! ^^
Spero mi farete
sapere cosa ve ne sembra della mai nuova fic, grazie in anticipo!
La vostra milly92.