Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Emily Doe    01/11/2009    16 recensioni
“Dov'è il tuo ragazzo, Granger? Non si prende cura di te?”
Lei aggrottò le sopracciglia, cercando di liberare il polso. A quel gesto, Malfoy la strattonò avvicinandola a sé.
“Dov'è Potter quando hai bisogno di lui?”
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi qui citati appartengono a zia Jo. Burrobirra compresa. Champagne escluso. Credo.
Note: Okay, 202 parole erano nate così, per occupare cinque minuti di noia con un vuoto di pensieri eccezionale nella sua vuotezza... poi questa scemenza (perché è davvero scema) ha preso piede, con prepotenza, e così... eccomi qui. Scritta oggi, incredibile ma vero! O.O, per l'iniziativa estemporanea Sbronza del sito dei Matematici Criticoni.







In vino veritas




Sbatté il boccale ormai praticamente vuoto sul tavolo e si passò una mano sugli occhi, prima di voltarsi nuovamente di tre quarti – reggendosi saldamente con un braccio allo schienale della sedia – per lasciar correre lo sguardo nella stessa identica direzione in cui l'aveva lasciato scivolare appena due minuti prima.
“Sai, credo che tu sia arrivato al limite,” gli fece notare una voce conosciuta e fastidiosamente divertita, accanto a lui.
Arricciò il naso e guardò il possessore della voce conosciuta e fastidiosamente divertita in cagnesco.
“Stronzate, Blaise,” replicò chinandosi in avanti per non dare a vedere l'ondeggiamento altalenante cui il suo corpo aveva deciso di sottomettersi. “Posso berne ancora almeno tre, di quelle... cose.”
Blaise Zabini sollevò un sopracciglio, scettico, osservando la sfilza di boccali vuoti che ingombravano il loro tavolo, macchiato qui e lì di schiuma.
“Non mi riferivo esattamente a questo,” aggiunse, lanciando un'eloquente occhiata nella direzione prediletta dal suo amico. “Ma indubbiamente potrebbe incoraggiarti a fare qualcosa che da solo non avresti il fegato di fare.”
Draco assunse un'espressione perplessa, e seguì lo sguardo del suo amico, che puntava dritto dritto verso il tavolo del Magnifico Trio dei Cretini, circondato da altrettanti Grifondoro. Quando Blaise si rese conto del borbottio infastidito che proveniva, indubbiamente – nonostante il chiacchiericcio continuo e le risate nel locale -, dal suo compare, sollevò una mano, socchiudendo gli occhi, sottolineando la veridicità delle sue parole.
“Parola mia, Draco, continua così e vedrai che Lenticchia Weasley darà miglior prova di self-control e di maturità.”
Non serviva certo voltarsi – ancora – per scorgere Ron Weasley che, come sempre, stava dando sfoggio delle sue inesistenti capacità intellettive tentando di battere Seamus Finnegan in una gara a base di alcol: chiunque sa che un irlandese non può batterlo nessuno, in una cosa simile. A ben pensarci non sapeva se compatire Re Lenticchia per la sua totale deficienza di neuroni – e di tutto, ad essere onesti – o arrivare ad ammirarlo per il coraggio, rifletté Draco aggrottando la fronte, mentre accennava bruscamente alla graziosa cameriera – almeno una terza misura, sosteneva Blaise con sguardo di intenditore, cercando di riportare l'amico sulla retta via: lontano da qualcosa che lo stava lentamente conducendo alla rovina psicologica più totale – di portargli altri due boccali di quella roba là. Qualsiasi roba fosse quella che Blaise gli aveva sbattuto sotto il naso per la prima volta, circa due orette prima.
Ammirare Weasley! Stava davvero per toccare il fondo. Grugnì con tono lamentoso – sì, lui era in grado di farlo, aveva alle spalle una lunga esperienza.
“E' solo un momento,” lo disse col tono di chi lo sta ripetendo a se stesso per la millesima volta. “Passerà.”
Non voleva alzare lo sguardo appannato sul viso dell'amico, sapeva che, dopo quel sospiro, avrebbe visto un'espressione rassegnata sui suoi lineamenti. Strinse entrambe le mani attorno al boccale pieno fino all'orlo che la graziosa cameriera gli aveva appena deposto davanti.
Il sonoro rutto di Ronald Weasley, e la seguente ovazione mista di risate maschili e versi disgustati prettamente femminili, riempì quel breve silenzio.
“Sai che la concezione di 'momento' implica che questo duri un tempo relativamente limitato?” disse alla fine Blaise, sorseggiando tranquillamente il suo bicchiere di liquido rosso cupo.
Mugolò in risposta, prima di sollevare a propria volta il boccale e mandare giù due sorsate talmente copiose da far male all'esofago. Un'esclamazione più alta delle altre, in seguito alla nobile esibizione di Re Lenticchia, lo fece voltare nuovamente, con uno sguardo che avrebbe potuto fondere seduta stante l'iceberg che per i Babbani era stato la causa del naufragio di quella loro titanica nave di cui gli sfuggiva il nome.
“Ron, sei un idiota!”
Weasley rideva soddisfatto, ma evidentemente alticcio, Seamus Finnegan se ne stava comodamente stravaccato nel suo posto all'angolo della tavolata, sorseggiando come niente un boccale ed un bicchierino dopo l'altro, senza il minimo accenno di tremore alle mani o di vacuità nello sguardo, con la sorella di Lenticchia appiccicata addosso. Accanto a loro, Neville Paciock faceva del proprio meglio per non sputare fuori qualcosa di troppo forte che, evidentemente, qualche burlone gli aveva versato di nascosto nel bicchiere, ed a poca distanza Potter si passava una mano, gesto per Draco odioso quanto per Potter abituale, tra i capelli già sufficientemente scompigliati. Il sorriso che aveva sulle labbra era sereno e completo, e gli illuminava lo sguardo, mentre, con un braccio attorno alle sue spalle, stringeva a sé la Granger.
“Sai che questa storia va avanti da troppo tempo, ormai, vero?” La voce di Blaise era il sottofondo perfetto per quelle immagini, come la colonna sonora di uno di quegli stupidi film Babbani, in cui gli attori rimanevano scioccamente confinati dietro lo schermo di un cinema o di una telvasi... telavis... quell'aggeggio davanti cui quegli altrettanto sciocchi esseri passavano gran parte delle loro patetiche e noiose giornate. Prive di magia, ovviamente. “Sai che non passerà.”
La Granger poggiava una mano sul petto del suo ragazzo, sporgendosi appena in avanti per lanciare un'occhiataccia al suo migliore amico, le guance ancora accese di rosa per le risate, un paio di Firewhisky, e la foga con cui aveva rimproverato Lenticchia Weasley poco prima. Le luci del locale si riflettevano nitide nei suoi scuri occhi lucidi, dotandoli di una vividezza che si agitava più nel profondo.
Si meravigliò di averlo potuto notare da quella considerevole distanza.
Improvvisamente sentì l'impellente necessità di aggredire il restante liquido ambrato che ancora aveva nel boccale. Era più facile attribuire all'alcol, al liquido caldo, il contorcersi delle sue viscere; era più semplice e meno faticoso riversare sulla stanchezza e la poca presenza mentale la stretta allo stomaco che non sapeva domare. Era meno doloroso, perlomeno sul momento, evitare di porsi ulteriori domande, la cui unica risposta continuava a negare e detestare con tutto se stesso.
Consapevole che quelle stesse domande si sarebbero aggirate senza sosta nella sua mente, di lì a breve, probabilmente per un periodo di tempo ignobilmente lungo, voleva almeno concedersi il lusso di non dover pensare per un paio di ore.
“Dai, finisci quella ed andiamo,” Blaise, clemente, interruppe quel flusso di pensieri sconnessi che, comunque e contrariamente ai suoi desideri ed alla sua volontà, avevano preso a rincorrersi nel suo cranio, rimbalzando contro le pareti di osso ogni volta che tra le risate che si alzavano da quel tavolo se ne distingueva una in particolare. “Comincia a fare tardi, e domani abbiamo un'esercitazione speciale con la McGranitt. Fulmini di Salazar, perfino di domenica quella megera deve assillarci...”
Draco avrebbe volentieri preso gli spezzoni di pensieri, li avrebbe legati assieme e li avrebbe usati come freccette per il tiro al bersaglio, in cui il bersaglio potevano essere, a seconda del momento, la McGranitt, Potter, Potter e Weasley, o i Grifondoro tutti. Potter però dava indubbiamente più soddisfazione. Perso con un sorriso macabro nell'immagine di una lancia, all'epoca freccetta, che trafiggeva il Bambino Ormai Non Più Sopravvissuto – che il Signore Oscuro non gliene volesse – inchiodandolo contro un muro senza pietà, terminò di bere e, seguito a ruota da Blaise, si alzò per uscire da I Tre Manici di Scopa. Passando davanti alla tavolata dei Grifonscemi, tentando di ignorarli forse per la prima volta nella sua vita, non mancò comunque di notare come la sorella di Weasley e la Granger se ne fossero andate, probabilmente anche loro per evitare di incorrere, il mattino successivo, nelle ire della responsabile della loro casa. Beh, che proprio la Weasley si preoccupasse di ciò appariva poco probabile, viste le continue punizioni cui erano stati sottoposti lei ed il suo fidanzato ubriacone irlandese proprio dall'insegnante di Trasfigurazione per indebite manifestazioni d'affetto in classe, ma a quanto pareva avevano deciso di non meritarsene un'ennesima.
Decisione saggia, evidentemente non necessaria a San Potter, il preferito degli insegnanti tutti eccetto Piton, che ancora bazzicava con i suoi amichetti al pub, ridendo a chissà quale altra idiozia o oscenità del suo degno compare, Weasley.
Si strinse nel suo mantello scuro, ed una volta fuori del locale inspirò profondamente l'aria gelida, augurandosi che non riprendesse a nevicare lungo il tragitto verso il castello. Il sentiero, poco distante, era largo, ma illuminato solo da fiaccole poste ad intervalli regolari le une dalle altre, e deserto.

***

Uscita in strada, fece cenno a Ginny di affrettarsi: non aveva intenzione di attendere al freddo ed al gelo, rischiando di far più tardi di quell'ora già discutibile, per qualcuno che ha un'esercitazione il mattino successivo, ed in fondo Seamus poteva certamente rimandare a dopo il bacio della buonanotte e tutto quel che ne seguiva. L'amica alzò gli occhi al cielo, spense la sigaretta che aveva appena terminato e si abbarbicò a Seamus, che aveva fatto capolino dalla porta del locale per salutare – per l'ennesima volta – la fidanzata. Tutto quel che era riuscito a dire, prima che Ginny gli impedisse di utilizzare la lingua per parlare, era stato un “Buonanotte, Hermi-” che si era spento in un mugolio che non prometteva nulla di buono. Non per Hermione, perlomeno.
La ragazza si sistemò meglio la sciarpa attorno al collo.
“Fate pure con comodo, io intanto comincio ad andare.” Sospirò, ripensando al fatto che anche Harry avrebbe avuto bisogno di dormire qualche ora in più, in vista dell'esercitazione della McGranitt.
Svoltando un angolo, due strade più in là, però, inciampò in un ostacolo imprevisto, rovinando a terra a faccia in giù.
“Ma che diamine...?”
Riuscì a rimettersi in ginocchio con una smorfia per la neve che le era entrata nei vestiti, oltrepassando sciarpa e mantello; si voltò verso l'ostacolo imprevisto che ingombrava la strada, e si trovò di fronte a Neville. Impastoiato e Pietrificato.
“Bene, bene, arrivano i rinforzi.”
La voce acuta e cantilenante fu seguita da un immediato lampo di luce, e prima che potesse aumentare la presa sulla bacchetta che aveva sfilato dalla tasca interna del mantello, questa volò in mano a Pansy Parkinson, che ghignava soddisfatta.
“Oh, bene, sembra che andremo per le lunghe,” brontolò Hermione, alzando lo sguardo verso i due Serpeverde sconosciuti che erano lì per dare manforte alla ragazza.
Il ghigno sul viso di Pansy si allargò.
“Ciao, Mezzosangue. Ti piacerebbe passare una notte all'addiaccio?”
“Anche se è nelle abitudini dei suoi discutibili parenti – lo chiamano campeggio, pare –, non credo.”
La voce strascicata si alzò dall'ombra dietro di lei, prima che Draco Malfoy e Blaise Zabini comparissero alle spalle di Hermione. Gli occhi di Pansy luccicarono.
“Draco,” disse. “hai qualche idea migliore?”
“Sicuramente, visto che non mi sembra certo una buona idea lasciarla morire assiderata in qualche luogo sperduto in cui non avremmo neppure il permesso di ficcare il naso.” Soppesò la questione appena per un istante. “Voglio dire, non che una Sanguesporco non lo meriti, ma credo che sarebbe difficile evitare le grane che questo comporterebbe.”
Hermione si accigliò, rimettendosi in piedi e lanciando un'occhiata preoccupata a Neville.
“Bella forza lottare cinque contro uno, specie se quell'uno è disarmato.” Commentò aspra, sollevando il mento nella classica posa di orgoglio che da sempre la contraddistingueva. “Tipico. Complimenti per il coraggio, Malfoy. Perché immagino che tu abbia organizzato tutto questo, non è vero?”
Lui le lanciò un'occhiata incomprensibile.
“Dove sono i tuoi amici, Granger? Dov'è il tuo ragazzo? La Weasley è troppo occupata, e comunque non avresti neppure il tempo di fiatare, Impastoiata e Pietrificata come il tuo amichetto.”
Aveva ragione, lo sapeva anche lei.
Pansy aggirò Hermione e Neville, prendendo Malfoy per un braccio.
“Allora, Draco, cosa proponi?”
Lui non si voltò neppure a guardarla, tenendo lo sguardo inchiodato in quello della Granger.
“Nulla.”
In quel momento tutti gli occhi, compresi quelli di Blaise, si fissarono su di lui, che continuava a vedere solamente Hermione Granger, intirizzita, arrabbiata, tremante e vagamente spaventata, di fronte a lui.
“Non vale la pena rischiare una punizione seria proprio domani che la direttrice della sua casa vuole sottoporci ad un'esercitazione. Non vale la pena per una come lei,” sputò le parole con gusto. “E non vale la pena darle la possibilità di raccontare in giro che a Serpeverde si aggrediscono solo le Sanguesporco disarmate.”
Fece per sfilare la bacchetta rubata dalla mano di Pansy, ma lei strinse la presa, socchiudendo gli occhi.
“Vuoi lasciarla andare così?”
“Dammi la sua bacchetta.”
“Non...”
“Sono stanco, ho bevuto troppo, e so io cosa è meglio fare. Non farmi arrabbiare, Pansy.”
“Ma...”
All'improvviso Draco le afferrò il polso, stringendo con forza. Blaise lo prese per le spalle, delicatamente, tentando di allontanarlo da lei, ed i due Serpeverde che Hermione non conosceva cominciarono ad allontanarsi. Quando scoppiavano liti all'interno della propria Casata, era sempre un bene non mettersi contro Malfoy. Contro qualsiasi Malfoy, specie un Caposcuola.
“Lascia questa bacchetta.”
Pansy squittì, allentando la presa, allontanandosi con uno strattone dal ragazzo, quando lui le lasciò libero il polso. Si massaggiò la parte con la fronte aggrottata, e lo sguardo di chi non ha capito nulla, o ha capito troppo.
“Via. Andate al castello.”
“Non finisce così.” Sibilò Pansy, prima di voltarsi e seguire i due coraggiosi compari, già lontani qualche metro.
Draco la seguì con lo sguardo, poi fece un cenno a Zabini.
“Blaise, fammi il favore di assicurarti che tornino davvero al castello.”
Blaise alzò le sopracciglia, poi guardò lui, Hermione, e se ne andò, lasciando dietro di sé solo un:
“Torno tra poco.”
Evidentemente non si fidava dello stato in cui avrebbe potuto versare dopo un incontro con la Granger. Non aveva tutti i torti, anche se lei non avesse riavuto subito la sua bacchetta.
Il silenzio si intrufolò tra di loro. Draco porse la bacchetta magica alla sua legittima proprietaria, ma quando lei, senza staccare gli occhi da quelli di lui, fece per prendersela, la trattenne.
“Ho bisogno della bacchetta per aiutare Neville, Malfoy. Così rischia davvero di morire assiderato.”
Lo sguardo di lui si incupì.
“Hai bisogno anche di altro, a quanto pare.” L'intonazione della voce, nonostante le parole apparentemente innocue, era violenta.
“Di un sangue più puro? Mi spiace, ma non mi interess-”
Draco le afferrò con la mano libera il polso, come aveva fatto poco prima con Pansy, stringendo la presa con una forza che più che violenta appariva aggressiva, colma di rabbia, come i suoi occhi, in quel momento.
“Dov'è il tuo ragazzo, Granger? Non si prende cura di te?”
Lei aggrottò le sopracciglia, cercando di liberare il polso. A quel gesto, Malfoy la strattonò avvicinandola a sé.
“Dov'è Potter quando hai bisogno di lui?”
Il suo respiro caldo, che odorava vagamente di alcol, le colpiva il viso. La sua mano, anche attraverso il maglione, sembrava fredda quanto la neve. Ma più di tutto, più dell'assurda situazione – mai avrebbe pensato che potesse essere Malfoy a salvarla dai suoi stessi amici – e più di quella stretta ferrea, erano i suoi occhi a lasciarla senza parole. Profondi, cupi nonostante il colore chiaro, rabbiosi di una rabbia la cui origine non riusciva ad identificare. Non era il disprezzo di sempre, era qualcosa di più viscerale, di più intimo, di più doloroso. Riusciva a sentirlo attraverso le dita di lui, dure, attraverso le sue labbra, fredde e pallide, e la sua voce, colma di un rancore serbato da tanto tempo, come attraverso le sue parole, spietate nel tono e in quel che celavano, più che nel significato apparente.
Non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi taglienti, che sembravano inciderle nel profondo ogni pensiero, ogni parola, con una violenza che non si sarebbe aspettata proprio da chi l'aveva sempre disprezzata apertamente e gelidamente. Non riuscì neppure a protestare l'innocenza di Harry, che la credeva con Ginny, si limitò a ribellarsi debolmente.
“Mi stai facendo male, Malfoy.”
Quelle parole, che sarebbero risultate assurde in qualsiasi occasione, visto che solitamente Malfoy aveva sempre avuto come traguardo quello di farle effettivamente male, di farlo a lei ed ai suoi amici, ora apparivano stranamente sensate, quasi più calzanti con quel tutto. Le prese in giro, le parole acide, le cattiverie gratuite sembravano quasi prendere una nuova forma, sempre acre e pungente, ma comunque nuova, alla luce di quella cupa violenza, che nulla aveva dell'indifferenza che sempre lui aveva ostentato nei suoi confronti.
In un certo senso, temeva quel che si agitava nel profondo, sotto il senso apparente delle parole che lui aveva pronunciato. Forse per la prima volta in vita sua, aveva avuto paura di Draco Malfoy. Una paura diversa, radicata nell'intimo, istintiva.
D'un tratto lui le lasciò il polso, allontanandosi da lei con uno sguardo per un attimo stranamente smarrito. Hermione non si tirò indietro, ma rimase immobile, stringendo al petto la bacchetta appena riavuta, osservando il ragazzo con quegli occhi scuri e troppo profondi perché lui potesse sostenerne lo sguardo.
“Avanti, occupati di Paciock ed andiamo.”
Lei abbassò lo sguardo verso l'amico ancora inerme, in terra; gli puntò contro la bacchetta, notando con disappunto che la mano le tremava leggermente, e non per il freddo atmosferico, fece per fare il controincantesimo, quando tornò a fissare il Serpeverde che ora le dava le spalle.
“Andiamo?” mormorò, incerta.
Non poteva vedere i suoi occhi, ma la sua voce era un indizio sufficiente: aveva paura. Non sapeva di cosa, non sapeva perché, ma la nota tesa sotto l'usuale, gelida aggressività, non la stessa di poco prima, bensì quella di sempre, le sembrava palese.
“Ti riaccompagno a I Tre Manici di Scopa.”
Hermione, senza distogliere lo sguardo dalla sua schiena, dalla sua nuca, pallida alla poca luce che trapelava attraverso le nubi, sussurrò le parole dell'incantesimo per Neville.

***

Si fermò a poca distanza dal pub, dove ancora ferveva piena attività, a giudicare dalle canzoni sconce che si libravano fin all'esterno, nonostante le finestre chiuse. Lei restò immobile per qualche istante accanto a lui, senza saper cosa dire o cosa pensare, limitandosi a voltarsi, per osservare il suo profilo appuntito, vagamente illuminato di luce riflessa, proveniente dal rumoroso interno del locale.
“Malfoy...”
La sua voce era tagliente e lapidaria, troppo tirata e sul chi vive per apparire naturale. La forte sensazione che qualcosa si agitasse sotto tutto quello la colpì nuovamente allo stomaco, stringendole il respiro in gola.
“Entra.”
Non insistette, lo oltrepassò e fece come lui le aveva praticamente intimato.
Rimasto solo, Draco si voltò, dando le spalle alla luce ed al rumore. Dando le spalle a lei. Respirò profondamente per un paio di minuti, cercando di ossigenare il cervello, sperando di cancellare quell'agitazione bruciante, quella stretta, ustionante e feroce, che aveva preso possesso del suo stomaco, fino a quel momento. Mai più. Non avrebbe bevuto mai più.
Mosse un passo in avanti, quando qualcuno, sbucato di corsa da una stradina secondaria, gli andò addosso, involontariamente. Bell'idea fermarsi all'incrocio di tre strade.
“Potter?”
Lui lo allontanò bruscamente, spingendolo indietro.
“Chi pensavi che fosse?” Gli puntò in viso il tenue bagliore che illuminava la cima della sua bacchetta, dopo aver rapidamente illuminato le immediate vicinanze, evidentemente prima alla ricerca di qualche suo probabile compare, ora di qualche traccia di colpevolezza sul suo viso. “Dov'è Hermione?”
Non mancò di notare con un'assurda nota di divertimento come il suo tono ed il suo sguardo si fossero fatti improvvisamente più aggressivi.
“La tua ragazza” sperò che, a sua volta, a lui non sfuggisse il tono sarcastico. “sta bene, stai tranquillo.” Si fermò un secondo, incerto, prima di proseguire con un basso, roco: “Non certo per merito tuo.”
Harry fece per ribattere, a giudicare dalla mandibola contratta, ma in quel momento la sorella di Weasley lo chiamò ad alta voce, inducendolo a voltarsi verso la porta del pub; quando tornò a guardare davanti a sé, Malfoy era scomparso.

***

“Vaffanculo, Blaise,” ringhiò, tenendosi la testa con una mano e cercando a tentoni, con l'altra, un appoggio. “La prossima volta col cazzo che faccio ordinare te, al bar. È tutta colpa tua e di quella robaccia che mi hai fatto bere.”
Il mezzo sorriso dell'amico, riapparso silenziosamente al suo fianco, era in ombra, mentre allungava un braccio a sostenere Draco, che protestava ininterrottamente.
“L'alcol non lo reggi proprio. Sei un Malfoy mancato: un sorso appena e combini questo bel casino.”
Alzò di scatto la testa, una lieve sfumatura malsana cominciava a farsi strada sui suoi zigomi.
“Che dici? Un sorso appena? Non hai visto quanti diamine di boccali mi sono scolato?”
“Era Burrobirra, Draco. Pura, semplice, praticamente innocua Burrobirra. Il massimo effetto collaterale che può avere è che stanotte probabilmente la passerai al bagno, vista quanta ne hai bevuta, ma il suo tasso alcolico è davvero minimo.”
Draco Malfoy era biondo, aveva gli occhi chiari, e per questo era notevolmente pallido di natura, ma mai, mai Blaise credeva di averlo visto così bianco in volto.
“Non avevi mai bevuto una Burrobirra?”
“Mai. L'ho sempre reputata una bevanda poco adatta ad un Malfoy, troppo... commerciale. Grifondoresca, quasi.”
“Quindi cosa bevi, di solito?”
“Solo qualche sorso di champagne, a casa: deve essere quello delle nostre cantine. Ma solitamente mio padre lo riserva per gli ospiti, e non avendo ottimi rapporti con molte famiglie da, uhm, entrambe le parti – sai cosa voglio dire – da anni, e siccome mia madre odia dover ordinare agli elfi domestici di rimettere tutto in ordine – le fa venire il mal di testa, poveretta... non è che casa nostra sia invasa da ospiti.”
“A quanto pare nessuna bevanda è adatta a te, se è anche solo minimamente alcolica.” Si stava indubbiamente divertendo a prenderlo per i fondelli. “Ah, che arma potente, la suggestione!”
“Arma su cui tu hai giocato, bastardo.”
“Io non c'entro nulla: hai fatto tutto da solo.”
Blaise fu certo di averlo sentito digrignare i denti.
“Sei davvero sicuro che...?”
Annuì.
“Sicuro. Non potevi essere davvero ubriaco, è stata suggestione. Giusto sui ragazzini del primo anno può avere qualche effetto, ma...”
Lasciò che la frase si stemperasse da sé nel nulla. Il silenzio calò su di loro, pesante come un mantello invernale, avvolgendoli. Blaise non riusciva a togliersi dalla faccia quello stupido sorriso.
“Sono un idiota.” Draco puntava gli occhi grigi nel vuoto davanti a sé, nel buio illuminato da qualche torcia, sulla strada che li avrebbe ricondotti al castello. “Sono fottuto.”
Blaise lo sostenne, stringendogli una mano sul braccio con solidarietà, mentre ricominciavano a camminare, la neve che scricchiolava ad ogni passo, sotto il loro peso.
“Sei un idiota. E sei indubitabilmente fottuto.”

***

Aveva preso la stupida abitudine di ritardare il più possibile la propria uscita dalla Sala Grande, dopo cena, per non dover incrociare nessuno di quella manica di imbecilli che erano San Potter ed i suoi amichetti. Non che Draco Malfoy non fosse in grado di difendersi – avrebbe potuto farlo egregiamente, senza alcun dubbio –, o, meglio ancora, di aggredire – in quello era un maestro – , semplicemente avrebbe preferito non dover incontrare lo sguardo della Granger a lungo. Molto a lungo. Probabilmente per sempre.
Idiota, gli aveva detto Blaise.
Vigliacco, aveva aggiunto lui, nel silenzio mesto in cui si era chiuso, non potendo controbattere nulla di sensato, perché effettivamente non c'era nulla da controbattere: Blaise aveva ragione. Quel sant'uomo di Salazar avesse compassione di loro, Blaise aveva sempre avuto ragione, in quella storia.
Sospirando sonoramente, gettò un'occhiata tutto attorno: il tavolo dei Grifondoro era praticamente deserto, eccezion fatta per quello scemo di Paciock che era stato placcato dalla Lovegood, migrata lì fin dal tavolo dei Corvonero per una sicuramente noiosissima ed insensatissima dissertazione su chissà quale creatura esistente solamente nella sua mente malata, o nello spazio che intercorreva tra i suoi due unici neuroni. Forse era quella a farli funzionare. Forse stava davvero impazzendo definitivamente, completamente, e senza alcuna speranza di redenzione, pensò quando si rese conto che, per un misero, quasi inesistente istante, perfino Neville Paciock gli aveva fatto pena. … E da quando conosceva il suo nome di battesimo?
Il mondo stava davvero andando a rotoli. L'apocalisse doveva essere ormai alle porte.
Infilate le mani in tasca, si avviò con passo strascicato verso la grande porta aperta di legno massiccio, oltrepassandola e svoltando subito a sinistra, diretto verso il corridoio che portava ai sotterranei e, quindi, al dormitorio di Serpeverde. Le torce sulle pareti illuminavano appena il grande ambiente, gettando ombre in perenne movimento sui muri circostanti.
“Malfoy.”
Quella voce nitida lo raggiunse proprio nel momento in cui stava per infilarsi nel corridoio che percorreva ogni giorno. L'avrebbe riconosciuta fra mille, odiata e temuta, eppure avvertì il bisogno di voltarsi, per vedere ancora il riflesso delle torce in quegli occhi scuri, per avvertire quel sorriso sghembo farsi strada sulle sue labbra davanti all'espressione orgogliosa che sempre ostentava in sua presenza. Per sentirsi un idiota, ancora una volta. Senza speranza alcuna, avrebbe aggiunto Blaise, ancora una volta nel giusto.
“Granger.” Accompagnò il suo nome con un brusco cenno del capo, ma non diede segno di andarsene.
Lei mosse un solo passo in avanti, incerta, uscendo dall'ombra in cui lo aveva atteso, le sopracciglia lievemente aggrottate e le labbra piegate in una linea seria che aveva già conosciuto in passato. Seria, ma non oltraggiata, né spaventata, né irritata, come invece era abituato a vederla rapportarsi alla sua persona.
“Volevo ringraziarti per l'altra sera.”
Ringraziarmi.
Se non fosse riuscito a togliersi quel sorriso sarcastico dal viso, lei avrebbe pensato che fosse definitivamente impazzito. Poi abbandonò ogni cautela, ricordandosi che con tutta probabilità quella era la realtà.
“Non è niente.”
Lei abbassò gli occhi per un paio di secondi, tornando poi a guardarlo in volto con un'espressione che sembrava quasi poter sondare oltre la sua barricata. Rimasero a guardarsi per una manciata di istanti, le ombre sotto gli occhi di lei ondeggiavano, salivano, scendevano.
“Non capisco.”
“Non c'è nulla da capire.”
Sentì la differenza nel suo tono, e fu certo che lei potesse notarla anche nel suo viso.
Sulle sue labbra quel sorriso sghembo permaneva, eppure si era permeato di una sfumatura che, se non si fosse trattato di Draco Malfoy, sarebbe potuta passare per tristezza.
Hermione Granger aprì la bocca, forse per dire qualcosa, forse per non dire nulla, ma la richiuse subito dopo, con negli occhi quell'espressione penetrante.
“Non c'è nulla da capire,” ripeté Draco, prima di voltarsi ed allontanarsi. “Ero solo ubriaco.”
Lo vedeva, lo sentiva dal suo sguardo, liquido e vivo, e stranamente conosciuto: sapevano entrambi che non era la verità.










Fine (... per ora)










NdA: Oh, beh, ci ho provato ^^. Io che scrivo su di una specie di tema... è troppo strano! *.* Comunque, è una scemenza, sì ^^, spero sia almeno leggibile ^^''. Un grazie alla moglia, che dorme sempre e comunque anche quando i miei vicini fanno un casino assurdo ed io busso sul soffitto, che completa tutte le parole che dico, che non capisce il mio “Com'è?” e che non sa fare le giuste -e *e... mi fermo, sì XD* , senza il cui incoraggiamento probabilmente sarei ancora a nascondere l'ennesimo file finito-e-mai-rivelato all'interno del mio pc (che è sempre cosa buona et giusta, lo sappiamo tutti :p).
Volo a sotterrarmi *.*
Emy
   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Emily Doe