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Autore: Ed1505    24/09/2003    12 recensioni
Una semplice notte passata a far baldoria può portare moltissime conseguenze. E lo impareranno, a loro spese, due giovani pirati.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BABY A BORDO

LEGENDA:

Tempo della storia

Flashback

Solita giornata, sulla Going Merry. Zoro dormiva sul ponte, Usop costruiva qualche diavoleria, Rufy saccheggiava la dispensa e Sanji lo picchiava. Due membri della ciurma, però, mancavano all’appello. Nami e Chopper si trovavano nello stanzino adibito a studio medico.

"Allora, Nami…Dimmi tutto. Che ti succede?"
"Ecco, ultimamente non sto molto bene. Mi sento sempre spossata, priva di energie. Inoltre ho spesso una strana sensazione di nausea. L’altro giorno ho dato di stomaco tre volte. Inizialmente ho pensato di aver mangiato qualcosa che mi ha fatto male, ma dubito sia per questo. Sanji è sempre attento a fornirci cibo della migliore qualità. E poi ho mangiato le stesse cose che avete mangiato tutti voi. E sono l’unica a stare male."

"Capisco. Allora procediamo con una visita."

E così Chopper visitò la ragazza, non senza un lieve imbarazzo da parte di entrambi. Quando ebbero terminato, Nami si rivestì, mentre Chopper riponeva tutti gli attrezzi al loro posto. Poi la ragazza si sedette sulla sedia, aspettando l’esito della visita. Il piccolo alce, invece, sembrava quasi voler temporeggiare, ed insisteva col non volersi voltare verso di lei. Alla fine, estenuata da quell’attesa, Nami esclamò:

"Insomma, Chopper! Mi vuoi dire cos’ho, sì o no?! Non preoccuparti, se sono gravemente malata dimmelo lo stesso senza problemi!"
"N- no, tu non sei malata, Nami. La questione è un’altra."

"E quale? Se non si tratta di una malattia…"

"Vedi, Nami, tu…"

Passarono due settimane, in cui Nami era stranamente assente. Si perdeva continuamente nei suoi pensieri e passava la maggior parte del tempo chiusa nella sua cabina. Gli altri erano sorpresi da quel comportamento, ed anche preoccupati. Ma nessuno si azzardava a chiederle nulla, perché consapevoli di quale sarebbe potuta essere la sua reazione. Solo Chopper andava e veniva tranquillamente dalla sua cabina, rendendo gli altri ancora più sospettosi. Un giorno, mentre tutti si trovavano in cucina, dopo aver consumato il pranzo, Nami si alzò in piedi. Tutti fissarono il loro sguardo sulla navigatrice, consapevoli che finalmente stava per arrivare la spiegazione al suo strano comportamento. Sulla sua sedia, Chopper tremava impercettibilmente, in attesa di ciò che già sapeva. Nami sembrava abbastanza tranquilla, ma dentro di sé si sentiva morire dalla paura. Prese un grosso respiro, strinse i pugni e, con gli occhi chiusi, disse:

"Sono incinta."
Quattro volti pallidissimi la fissarono, sgomenti. Poi, Zoro, Usop e Chopper, che pure non sapeva l’identità del padre, si voltarono verso Sanji, a bocca aperta. Alla loro tacita domanda, il biondo cuoco rispose scuotendo la testa, mentre i suoi occhi cominciavano a riempirsi di lacrime e lui prendeva a piagnucolare, per via della "sua" Nami. Solo uno dei ragazzi presenti in quella sala non si voltò verso Sanji. Gli occhi di Rufy rimasero puntati su Nami e lei rispose allo sguardo fissandolo. Poi, con un impercettibile cenno del capo, annuì.

All’incirca due mesi e mezzo prima, durante un party per la vittoria su un nemico particolarmente duro, Rufy e Nami si ritrovano sul ponte, con numerose bottiglie di birra.

"Un brindisi al grande Monkey D. Rufy! Il più grande pirata di tutti i tempi!"
"Ah ah, ma che dici, Nami?! Sei ubriaca?"
"Se io sono ubriaca lo sei anche tu, caro capitano!"
"Ah ah ah, è vero, siamo ubriachi!"

"Allora, dicevamo…A Rufy!"
"A Rufy!"

E via con l’ennesimo brindisi, mentre dall’interno della nave provengono i rumori degli altri che fanno baldoria.

"Sei stato bravo, come sempre! Ancora un po’ e sarai conosciuto da tutti, caro mio!"
"Non sarebbe male…Così la gente potrebbe accogliermi con dei bei banchetti!"
"Ma anche da ubriaco pensi sempre al cibo?! Sei proprio irrecuperabile, sai?!"
"Ah ah ah!"

"E smettila di ridere come uno scemo, scemo!"
"Dici cose senza senso, Nami! Sei proprio ubriaca!"

"Beh, tu le cose senza senso le dici anche da sobrio!"
"Ah ah ah!"
"Uffa! Ma riesci mai a rimanere serio per più di due minuti, tu?"
"Non lo so…Ah ah ah!!"

Restano in silenzio per un po’ mentre Nami, ormai tutta rossa in viso a causa dell’alcol, si beve l’ennesima birra.

"Sì…Una volta ti ho visto tanto serio…E’ stata la prima volta che ti vedevo così…Mi sono spaventata…"
"E quando?"
"…Al mio villaggio. Dopo che Gen e gli altri erano partiti per sfidare Arlong. Io mi pugnalavo la spalla, ricordi?"
"…"

"EHI! Mi stai a sentire sì o no?"

"Certo, certo…"

"Bene. Dicevo…Io mi stavo pugnalando. E faceva male, sai…un male cane…E poi sei arrivato tu. Mi hai bloccato il braccio e hai gettato il pugnale. Io ho cercato di mandarti via ma tu, testardo come sei, non hai voluto darmi retta. E poi mi sono girata e ti ho chiesto aiuto. Avevi uno sguardo serio, quella volta. Davvero, davvero serio! Poi mi hai dato il cappello…che bello il tuo cappello…Era grande, e caldo…E mi ha fatto sentire bene…"

Rufy tiene il capo chino, non guarda Nami. Lei ormai è andata, biascica le parole.

"Anche le tue parole mi hanno fatto stare bene. Mi hai detto che faccio parte della tua ciurma. Anche adesso faccio parte della tua ciurma, capitano?"
"Certo, Nami. Tu farai sempre parte di questa ciurma."
"Davvero? Che bello…E dimmi, faccio parte di questa ciurma anche se ti dico che avrei voluto strozzare Bibi, ad Alabasta?"
Questa volta Rufy la guarda, decisamente sconvolto.

"Cosa?!"
"Sì! Io volevo strozzarla! Ti stava così appiccicata, piangendo il morto in continuazione…E tutte le sfortune capitavano a lei, e il suo regno in rovina, e suo padre rapito, e il suo amico d’infanzia capo dei ribelli…Sai che tarma! Fosse stato per me l’avrei lasciata nelle mani di Crocodyle!"

"Ma Nami! Bibi era tua amica!"

"Sì, è vero. Io voglio tanto bene a Bibi, è la mia migliore amica!"

"Ma hai appena detto…"
"Posso strozzare anche la mia migliore amica, se cerca di portarmi via il mio capitano, eh!"
Nami sorride, mentre Rufy la guarda sempre più stupito. Poi lei torna seria e lo fissa negli occhi. Quindi, improvvisamente, si avvicina e gli cinge il collo con le braccia.

"Rufy, io ti voglio tanto bene…tanto tanto…"
E lo bacia.

Il mattino dopo, Nami si sveglia nel suo letto, con un mal di testa orribile. Si mette a sedere e si guarda intorno, per cercare di ricordare. E in quel momento vede Rufy addormentato accanto a lei. Con grandissimo sgomento, si rende conto che entrambi sono senza vestiti e prima di rendersene conto caccia un urlo. Rufy si sveglia di soprassalto e la guarda. Poi guarda sé stesso, la stanza, e chiede:

"Beh? Che ci faccio io qui?"

Il giovane capitano impallidì brutalmente e, barcollando, si alzò in piedi.

"S- scusate. Vado in cabina."

E se ne andò, lasciando gli altri nella confusione più totale. Ad un certo punto, Usop si decise a porre la domanda che frullava nelle menti di tutti.

"Ma allora, Nami…Chi è il padre?"

A nessuno passava per la testa che potesse trattarsi di Rufy. Tutti credevano che se ne fosse andato perché sconvolto dalla notizia, magari temendo di dover dire addio alla sua navigatrice. Così Nami decise di assecondarli, mentendo.

"E’ un uomo che ho conosciuto su un’isola. Ricordate? Circa due mesi fa ci siamo fermati per qualche giorno, dopo aver sconfitto quel Paul. E’ stato lì."
"E ora? Hai intenzione di raggiungerlo?"
"No. Si è trattato solo di un’avventura. Il bambino lo crescerò da sola. E, se Rufy me lo permetterà, restando su questa nave. Sempre che voi siate d’accordo."
Si guardarono l’un l’altro, poi tutti le sorrisero, annuendo.

Ma Nami non riusciva a rallegrarsi di questo. Il suo pensiero continuava a correre a Rufy, chiuso in cabina.

Il giovane capitano, steso sulla sua amaca, pensava.

"Santo cielo…Nami aspetta un bambino. Ed il padre sono io. Padre…Oh, ma come diavolo ho fatto a cacciarmi in questa situazione?! Sono stato un idiota! Va bene farsi prendere dall’emozione, ma avrei dovuto pensare a qualche precauzione. E invece no! Sono uno stupido! E poi, come ho potuto fare questo a Nami?! Lei era completamente ubriaca, non si rendeva conto di ciò che accadeva! Io invece ero perfettamente sobrio, sapevo quel che facevo! E’ come se avessi abusato di lei…Mi odio per questo. Guarda in che situazione sono andato a cacciarla! Tutto perché non sono riuscito a trovare il coraggio di confessarle i miei sentimenti. Perché ho voluto a tutti i costi continuare ad interpretare la parte del ragazzo ingenuo e infantile, fingendomi ubriaco! Perché non ho il coraggio di gettare questa stupida maschera, che mi sono autoimposto tanti anni fa. E tutto per paura…Perché è questa la verità. In realtà io, il grande Rufy che non si spaventa davanti a nulla, ho una paura tremenda. Paura di non essere accettato per quello che sono: un comunissimo adolescente pieno di dubbi e timori. Con un sogno più grande di lui e una promessa pazzesca da mantenere. E così, ecco che è nato Rufy. Il bambino in un corpo da grande, sempre allegro e coraggioso, che ride sempre e non piange mai. E invece dentro di me piango eccome. Passo la maggior parte delle mie giornate a piangere. Solo che non lo dimostro. Uff…Sono stufo…Stufo di andare avanti così. Stufo di fingere davanti a coloro che più mi sono cari…Accidenti…Vorrei tanto che in questo momento Ace fosse qui. Lui è sempre stato presente, quando avevo un dubbio che mi tormentava. O quando mi facevo prendere dalla paura. Sicuramente, saprebbe come consigliarmi in questa situazione. Magari anche solo prendendomi in giro…Ma sicuramente mi risolleverebbe dal baratro in cui sto precipitando. Ah…Padre…Non sono pronto per diventare padre, lo so. Eppure…Oltre alla paura…Oltre alla preoccupazione…Oltre ai dubbi…Sento crescere dentro di me una gioia immensa. Gioia data dall’emozione di dar vita ad un altro essere umano come me…Chissà se anche Nami si sente così…"

E Nami, in quel momento, si sentiva proprio nello stesso modo. Seduta sul suo letto, a fissare la foto che la ritraeva insieme a Bellmer e Nojiko.

"Oh, Bellmer, Nojiko…Vorrei tanto che in questo momento foste entrambe al mio fianco. Per consigliarmi e guidarmi. Non so che fare. Ho tanta, tanta paura. In un certo senso, l’idea che una vita ora sta crescendo dentro di me…E che parte di questa vita cresce anche grazie a Rufy…mi rende davvero felice. D’altronde, però, so che è una situazione difficilissima. Io e Rufy eravamo ubriachi, non sapevamo quel che stavamo facendo. Ed ora ecco che mi ritrovo in attesa di un bambino, che sicuramente è indesiderato dal padre. Santo cielo…Questo bambino potrebbe davvero rovinare tutto…E se tutto questo compromettesse la realizzazione del sogno di Rufy? Non potrei mai perdonarmelo! Ciò che più desidero è che lui realizzi il suo grande sogno, e diventi il più grande pirata di tutti i tempi. E voglio essere al suo fianco quando tutto ciò accadrà. Tuttavia, gli ultimi avvenimenti potrebbero mutare la situazione. Se davvero il bimbo che porto in grembo causasse un tale problema a Rufy, sarei la prima a decidere di andarmene da questa nave. A costo di doverlo crescere da sola. Mi sento responsabile…Ma perché quella notte mi sono ubriacata in quel modo?! Era ovvio che non sarei più riuscita a trattenermi, sola con lui. Eppure sapevo che quando mi ubriaco perdo ogni freno inibitorio e dico e faccio tutto ciò che mi passa per la mente. Ubriacarmi insieme a Rufy significava, come minimo, dichiararmi a lui. E probabilmente l’ho pure fatto! Ma, grazie al cielo, anche lui era ubriaco, e non si ricorda nulla di quella notte. Proprio come me. Spero solo di non averlo violentato! Magari lui ci sarà stato perché non sapeva che cosa stava accadendo…Oppure, peggiore delle ipotesi…perché in quel momento era convinto di trovarsi davanti Bibi…NO! Non devo pensare a questo! La sola idea che lui abbia fatto l’amore con me pensando a Bibi, mi distrugge! Ma com’è possibile che io voglia tanto bene a Bibi, pur odiandola in quel modo? Basta, non ne posso più di scervellarmi! Mi scoppia la testa! E tutto questo affaticamento non giova certo al bimbo…Ho deciso. Io crescerò questo bambino, a costo di farlo da sola. Non posso rinunciarvi. E’ la creatura esistente grazie a me e Rufy. Probabilmente l’unica cosa che ci lega. E’ troppo, troppo importante. Perché rappresenta tutto il mio amore per suo padre…"

I giorni passarono, e presto Nami entrò nel terzo mese di gravidanza. In due settimane, lei e Rufy non si erano mai rivolti la parola, evitandosi a vicenda e rinchiudendosi nelle loro cabine. Ormai Nami era certa che Rufy considerasse quella creatura una minaccia alla realizzazione del suo sogno. E che la odiasse per averlo incastrato in quel modo. Quindi, un giorno, prese la sua decisione definitiva. Avrebbe lasciato la Going Merry. Iniziò a preparare tutte le sue cose, mentre ripensava a tutti i bei momenti trascorsi in compagnia dei suoi amici. Soprattutto in compagnia di Rufy. Improvvisamente, udì bussare alla porta. Era Chopper, che voleva sapere come stava. Così lui fu il primo a conoscere le intenzioni di Nami.

"Ma che bisogno c’è, Nami? Noi non abbiamo nessun problema! E mi sembra davvero impossibile che sia stato Rufy a cacciarti!"

"No, Rufy non mi caccerebbe mai dalla nave. Sono io a volerlo. Non voglio che, a causa di un mio errore, Rufy corra il rischio di veder sfumare il suo sogno. Lui deve diventare il Re dei pirati. Non voglio essere certo io a impedirglielo."

In due minuti tutto l’equipaggio era a conoscenza delle intenzioni della ragazza. Solo Rufy, chiuso nella sua cabina, ignorava la cosa. Ma subito Zoro si precipitò dentro, facendolo cadere dall’amaca, per la sorpresa.

"Zoro, che succede? Un attacco della marina?!"
"Peggio. Muovi il culo, Rufy. Nami vuole andarsene."

Il ragazzo di gomma fissò l’amico con occhi sbarrati, mentre restava seduto a terra.

"Cosa…?"
"Dice che non vuole rischiare di farti perdere la possibilità di realizzare il suo sogno per causa sua e di un imbecille che ha voluto concedersi un’avventuretta."

"Che imbecille, scusa?"
"Già, tu non c’eri, quando l’ha raccontato. Il padre del bambino è un tizio che Nami ha conosciuto nell’isola dove abbiamo fatto scalo dopo la sconfitta di Paul. Lei ha detto che vuole crescere il piccolo da sola, perché di quel deficiente non gliene importa nulla. E’ stata solo un’avventura…Comunque, non è questo l’importante. Tu vuoi davvero che lei se ne vada da sola per quel motivo?!"
Rufy non rispose. Si alzò in piedi e corse verso la cabina della ragazza. Bussò con decisione, poi entrò ancor prima di aver ottenuto risposta. La trovò intenta a raccogliere tutte le sue carte. Lei si stupì non poco, vedendolo. Si bloccò con un fascio di carte in mano, a fissarlo. Per quella che a entrambi sembrò un’eternità, non dissero nulla. Poi Rufy, chiudendosi la porta alle spalle, esclamò:

"Se la ragione è quella che ho sentito, metti subito giù tutta quella roba. Tu da qui non ti muovi."
"Rufy…"
"Come puoi pensare che io accetterei di lasciarti prendere il mare da sola, per un motivo come questo? Io potrò realizzare benissimo il mio sogno anche con te ed il bambino a bordo. Anzi…Se tu non ci sarai, io non andrò avanti in questa impresa. Perché io mi sono ripromesso di arrivare alla meta solo assieme alla mia ciurma. E si dà il caso che tu sia proprio un membro di questa ciurma. Anzi, uno dei membri più importanti."

Lei continuava a guardarlo in silenzio. Intanto aveva posato le carte nautiche sulla scrivania.

"E poi, Nami…Ora ci troviamo sulla Rotta Maggiore. Affrontarla da sola, e nelle tue condizioni, sarebbe un suicidio. Dammi retta."

Con una mano Nami si sfiorò il ventre, a malapena sporgente. Quindi Rufy le si avvicinò, portandolesi davanti.

"E non dimenticare…e questa è la cosa più importante…che quello è anche mio figlio…Sarei un essere a dir poco spregevole se cacciassi te e lui dalla nave…"
Con qualche lacrima che le sgorgava dagli occhi, Nami gli sorrise e lo ringraziò.

"Grazie Rufy. Davvero."

"Non devi ringraziarmi. Ricordi cosa ti dissi, dopo la sconfitta di Arlong? Tu fai parte della mia ciurma. E così sarà per sempre. All’inizio eravamo solo in tre, no? Io, Zoro e te. Tu ci sei sempre stata, da ancora prima di questa nave. Non puoi abbandonarmi così."

"No. Non lo farò, se è questo che vuoi."
"Esatto. Io desidero che tu…che VOI rimaniate qui. E ti assicuro che sarò sempre a disposizione tua e del bambino."

"Rufy, a questo proposito…Tu…Non è necessario che tu riconosca il bambino come tuo. Ho già detto a tutti che il padre è un tizio conosciuto su un’isola. Saremo solo io e te a conoscere la verità. Tu sarai lo zio Rufy, magari. Come tutti gli altri della ciurma. Non dovrai assumerti nessuna responsabilità del bimbo. Mi occuperò di tutto io."
Lo sguardo di Rufy non era sollevato. Né felice.

"E’ così…Lei non vuole considerarlo nostro figlio. Giudica un semplice errore ciò che è accaduto quella notte. Non vuole saperne di essere legata a me in modo diverso dall’amicizia. E io non posso che rispettare questa sua volontà. Anche se questo mi spezza il cuore. E dire che amo già quel bambino, come se fosse qui davanti a me. Ma va bene così. Non per questo mi tirerò indietro dalle mie responsabilità. Veglierò su entrambi da lontano. Come il buon, vecchio zio Rufy."

"Va bene, Nami. Come desideri. Allora, io sarò lo zio Rufy. Come tutti gli altri. La vera identità del padre resterà un segreto tra me e te."

"Rufy, ovviamente, a meno che tu non desideri il contrario…"
"No. La tua decisione mi sta bene. Davvero. Solo…Quando lo rivedrò, vorrei poterlo dire ad Ace. In fondo, si tratta pur sempre di suo nipote…Non preoccuparti, lui non è un chiacchierone."
"Mi va benissimo, che Ace sappia. Anch’io, se mi trovassi nella tua situazione, vorrei che Nojiko lo sapesse. Anzi…può darsi che con lei sarò sincera. Ti dispiace?"
"Assolutamente no. Bene. Ora che è tutto risolto, ti do una mano a risistemare le tue cose. Non voglio che ti affatichi troppo."
Si sorrisero e si misero a lavorare. Ma, nonostante tutto, l’aria che si respirava nella cabina era terribilmente pesante. E Rufy, dopo aver sistemato tutto più in fretta che poteva, fuggì via, annunciando al resto della ciurma che Nami sarebbe rimasta con loro.

E così passarono i mesi. Rufy era molto premuroso con Nami, non le faceva mancare nulla. E si preoccupava moltissimo della sua salute e di quella del piccolo. Nami, da parte sua, ne era felice e cercava di renderlo più partecipe possibile alle loro vite. Ma tra i due persisteva sempre una forte tensione, che con il passare del tempo non faceva che aumentare. Rufy era convinto che a Nami infastidissero tutte quelle attenzioni, mentre Nami era convinta che Rufy facesse tutti quegli sforzi solo per dimostrarsi gentile, anche se in realtà non desiderava farli. Arrivati all’ottavo mese di gravidanza, come prevedibile, la loro amicizia si era ormai completamente logorata. I sorrisi falsi, le premure, non mancavano. Ma non era più possibile vederli chiacchierare o ridere insieme. I loro unici rapporti si limitavano a ciò che aveva a che fare con il bambino. E più la loro situazione peggiorava, più entrambi si sentivano male, peggiorandola ulteriormente. Si erano ormai ritrovati coinvolti in un inevitabile circolo vizioso, da cui nessuno dei due riusciva a venir fuori. Tutto perché entrambi avevano chiuso il cuore all’altro.

Praticamente senza più parlarsi, arrivarono al nono mese di gravidanza. Fino a che un giorno, mentre si trovava seduta sul ponte, Nami cacciò un urlo che fece accorrere tutti quanti. Il primo ad avvicinarla fu Chopper che le chiese cosa fosse accaduto. Dopo un breve scambio di battute, il piccolo alce si voltò verso gli altri quattro e disse:

"E’ arrivato il momento. Portatela nel mio studio."

Zoro e Sanji la presero in braccio, stando ben attenti a non farle male. Rufy li seguiva, pallido come un cencio, mentre Usop rimaneva immobile sul ponte, con le gambe che tremavano.

Lo spadaccino ed il cuoco posarono la navigatrice sul lettino, mentre Rufy continuava a seguirli in ogni spostamento.

"Bene. Ora uscite e aspettate."

Zoro e Sanji eseguirono ma Rufy non si mosse. Nervoso per la situazione, Chopper cercò di mandarlo via.

"Rufy, fuori dai piedi! Non puoi restare qui dentro!"
Ma lui continuò a restare fermo. Fissando Nami, disse:

"Io voglio restare con lei."
Sia l’alce che la ragazza erano sconvolti. Ma Rufy non si rendeva nemmeno conto della presenza di Chopper. Continuava a guardare Nami con sguardo deciso.

"No…Non ha senso, Rufy…Vai fuori."
"Ho il diritto di rimanere qui. Non ti abbandonerò per nessun motivo al mondo. Ricordi? Ti ho promesso di restare al tuo fianco, e così farò."

Con sguardo rassegnato, Nami si rivolse all’alce.

"Chopper, lascialo fare. Se vuole rimanere, che faccia pure. Per me non è un problema."

"D’accordo. Allora mi darai una mano. Credi di esserne in grado, Rufy?"
"Quanto meno, ci proverò."

E così il parto ebbe inizio. Sul ponte, Sanji, Zoro e Usop attendevano in preda all’agitazione. Tutti e tre con gli occhi sbarrati, fissavano senza sosta la porta dello stanzino in cui stava avvenendo il travaglio. Erano talmente nervosi che non si resero nemmeno conto dell’assenza di Rufy.

All’interno, Rufy, Nami e Chopper erano ricoperti di sudore. Nami respirava affannosamente e, seguendo le indicazioni dell’alce, spingeva più che poteva. Rufy le sosteneva il capo con una mano, mentre con l’altra stringeva quella di lei. Chopper incitava la ragazza, esortandola a spingere.

"Forza Nami, manca poco! La testa è fuori, devi fare solo un altro piccolo sforzo!"

Circa cinque minuti dopo, sul ponte, udirono uno strano verso. Si alzarono tutti e tre in piedi, avvicinandosi con cautela alla porta. E tutti riconobbero chiaramente il pianto di un neonato. Fregandosene delle apparenze, gli occhi dei tre si riempirono di lacrime e, cacciando urli d’esultanza, si abbracciarono, ballando danze assurde per la gioia.

"YEAH! E’ nato! Abbiamo un nuovo membro a bordo!"
"Evvai! Ah ah, ragazzi, siamo tutti zii!"

"Caspita, e brava Nami! Ce l’ha fatta, ragazzi!"

Mentre continuavano a festeggiare, commossi, Chopper uscì dalla porta. Subito si bloccarono e gli andarono incontro. L’alce era distrutto, madido di sudore, ma sorrideva soddisfatto.

"E’ andato tutto bene. Ora stanno riposando."
"Grazie al cielo! Anche Nami sta bene?"
"Sì, tutto alla perfezione. Ah, dimenticavo. E’ una femminuccia."
I tre lo guardarono, con gli occhi lucidi.

"Una bambina…"
"Sarà bella come la sua mamma!"

"Bisognerà tenerla lontana da Sanji, quando crescerà…"
"Stupido spadaccino cervello di gallina! Quella è la mia nipotina!"
"No, è la MIA nipotina!"

"Avanti, ragazzi! Non potete mettervi a litigare in un momento fantastico come questo! Dobbiamo festeggiare! Andate a prendere il vino, dai! E poi, non è la tua nipotina, o la sua. E’ la NOSTRA nipotina!"

E tutti si abbracciarono nuovamente, includendo anche Chopper.

All’interno, Nami fissava la bimba con estrema dolcezza. Rufy era ancora dentro alla stanza, ma si era allontanato senza nemmeno guardare la piccola. Voleva lasciare quel momento speciale a Nami. In fondo, era sua figlia. Lui c’entrava ben poco. Aveva tanto insistito per rimanere dentro e le era stato accanto per tutta la durata del parto, ma ora era tornato ad essere un comune membro dell’equipaggio. Uno dei tanti "zii" che la bambina avrebbe avuto. Si sentiva demoralizzato, in quel momento più che mai.

Nami lo vide in un angolo e se ne rattristò. In quel momento non le importava se lui era consapevole o no di ciò che stava accadendo quella notte di nove mesi prima. Quella bambina era sua figlia e lui doveva vederla prima degli altri.

"Rufy…"
Sentendosi chiamare, il giovane si voltò di scatto e subito fu di fianco al letto.

"Che succede, stai male? Hai bisogno di qualcosa?"
Lei sorrise e scosse la testa.

"Non vuoi vederla? E’ tua figlia…"
Soltanto quelle parole provocarono in Rufy una fortissima emozione. Lentamente, mentre Nami scopriva delicatamente il volto della bambina, il capitano avvertì i suoi occhi riempirsi di lacrime.

"Vuoi provare a prenderla in braccio?"
Senza aspettare risposta, Nami gli porse il fagottino. Con mani tremanti, Rufy l’afferrò delicatamente, quasi temendo di farle del male. La posizionò contro il suo petto e mentre le fissava il visino si rese conto che le lacrime scorrevano ormai per tutto il suo volto. Con un filo di voce, riuscì a sussurrare:

"E’…è stupenda…"
Nami lo fissava a bocca aperta. Rufy stava piangendo! E non un paio di lacrime…piangeva a dirotto! Era a dir poco sconvolta, non capiva…Allora lui alzò il capo e la guardò. Sorrise tra le lacrime.

"Nami…è fantastica…E questa…questa creaturina…è nostra! Nostra, capisci? Mia e tua! Ti prego, Nami! Permettimi…Permettimi di riconoscerla come mia figlia! Non m’importa se tu non mi ami! Non ti chiedo di formare una famiglia…Però lasciamela riconoscere…Io desidero…desidero poter dire a chiunque che questo splendore è la mia bambina!"

Le sincere lacrime di commozione del giovane commossero anche Nami, che cominciò a piangere.

"Sì, Rufy. Lei è tua figlia. E tu hai tutto il diritto di riconoscerla come tale. E ti assicuro che per me sarà una gioia poter dire a tutti che lei è NOSTRA figlia!"
Si sorrisero, tra le lacrime. Poi lui restituì la piccola all’abbraccio della madre. Si asciugò gli occhi con il braccio e si sedette a bordo del letto, fissando la bambina. Tutti e tre, così vicini, rappresentavano davvero un fantastico quadretto familiare.

"Lo sai, Nami? Questo è…il più bel giorno della mia vita. Io sono sicuro…che se mai riuscirò a trovare One Piece…l’emozione di quel momento non sarà nemmeno lontanamente paragonabile a quella di oggi. Ed anche se, alla fine, non riuscirò a trovarlo…Non m’importa. Perché oggi io ho stretto tra le braccia…il mio tesoro più prezioso…"
"Oh, Rufy…"
"E visto che ci siamo, voglio che tu sappia la verità. Forse non è il momento migliore, ma sono troppo commosso per continuare a nascondertelo. Quella notte, nove mesi fa…"

Il cuore di Nami batteva a più non posso. Cosa stava per dirle? Forse ciò che da sempre temeva?

"Io non ero ubriaco. Non ero mai stato più lucido di così. E quando tu…non riconoscendomi, probabilmente…mi hai baciato, dicendo di volermi bene…Me ne vergogno. Tu non eri in te, io non avrei dovuto approfittare di quel momento per sfogare tutto l’amore che provavo per te. Eppure, non riuscii a trattenermi. Il mattino successivo, però, vedendoti così sconvolta, ripresi a ragionare e compresi che dovevo mentire. Per non rovinare tutto, per non farmi odiare da te. Per non perderti."

"Rufy, ma tu…"
"Io ti amo. Ti amo da impazzire. E non immagini quanta gioia mi provochi la consapevolezza che mia figlia è anche tua figlia."

Mentre ricominciava a piangere, Nami allungò una mano per sfiorargli la guancia.

"Io credevo che tu fossi ubriaco. Temevo che avessi fatto l’amore con me solo perché convinto che si trattasse di un’altra persona, o perché non ti rendevi conto di ciò che accadeva. Ma io, seppur ubriaca, mi sono limitata a fare ciò che desideravo. Perché io volevo fare l’amore con te, da molto tempo!"

Ora toccava a Rufy guardarla con occhi stralunati.

"Anch’io ti amo. E, se tu lo vuoi…Sarei felice di formare una famiglia con te e nostra figlia."
Senza aggiungere altro, Rufy si chinò su di lei, sfiorandole la fronte con un bacio. Poi le passò un braccio attorno alle spalle e con l’altra mano l’aiutò a sostenere la piccolina. Allora Nami posò la testa sul petto di lui e chiuse gli occhi, finalmente davvero felice.

"Ora, non ci resta che decidere il suo nome. Tu hai qualche proposta, Rufy?"
Il giovane stette un attimo a pensare. Poi, sorridendo, disse:

"Sì. Un’idea ce l’avrei…"

Quindi si chinò sulla figlia e, in un sussurro, le disse:

"Benvenuta a bordo, mia piccola e dolcissima Bellmer…"

Dal punto di vista di Rufy:

Ancora oggi, a più di dieci anni di distanza, ricordo chiaramente il momento della nascita di Bellmer. Fu allora che riuscii, per la prima volta, a togliermi quella maschera. Fu allora che, finalmente, piansi lacrime vere. Quando decisi il nome, Nami scoppiò a piangere per l’ennesima volta in un ora, e mi ringraziò per un’infinità di volte. Poi presi in braccio la bambina ed uscii. Volevo presentarla a tutti come mia figlia, finalmente. Quando entrai in cucina, dove gli altri stavano festeggiando, tutti si zittirono, fissandomi. Allora, con immenso orgoglio, esclamai:

"Ragazzi…Ecco a voi Bellmer. MIA figlia."
In un primo momento, nessuno di loro capì. Si limitarono a commentare il nome. Poi, di scatto, Zoro si voltò nuovamente verso di me.

"Cos’hai detto, scusa?"
"La verità. Bellmer è mia figlia. Nami non ve l’aveva detto, perché temeva che io non volessi riconoscerla. E, effettivamente, l’abbiamo deciso solo ora. Ma in realtà, sappiate che non esiste nessun tizio di passaggio, che ha avuto un’avventura con Nami su quell’isola. Ci sono solo io, in una notte di festa, in cui lei era ubriaca fradicia."

Gli sguardi a dir poco sconvolti di tutti mi divertirono talmente tanto che scoppiai a ridere. Li lascia soli nel loro silenzio stupito, tornando a portare la piccola da sua madre. Ai ragazzi ci volle un po’ per accettare la cosa. Ma quando accadde furono tutti molto felici, compreso Sanji. Solo si stupirono di non essersi resi conto dei nostri sentimenti.

Un altro momento che ricordo con chiarezza, fu quando presentai Bellmer ad Ace. Lui, ovviamente, non ne sapeva nulla. Un giorno arrivò alla nostra nave, proprio com’era accaduto la prima volta, ad Alabasta. Piombò sul ponte con un balzo, senza alcun preavviso. Bellmer aveva ormai due anni, a quell’epoca. Io stavo giocando con lei in cabina, quando Usop venne di corsa da me.

"Ehi, Rufy! C’è tuo fratello, sul ponte della nave!"

Mi precipitai fuori, seguito dalla piccola tenuta per mano da Usop. Ace era lì, sorridente e beato come sempre. Lo abbracciai, contento. Poi lui indicò la bambina, nascosta dietro le mie gambe.

"E lei chi è, fratellino?"
Dentro di me, in quel momento, risi. Presi in braccio la bimba e gliela mostrai, tutto orgoglioso.

"Ace…Ti presento Bellmer. La tua nipotina."

Non dimenticherò mai e poi mai la sua faccia, in quel momento. Sgranò gli occhi e mi fissò come se avesse visto un fantasma. Poi, cominciò a balbettare.

"M- mia n- nipote?"
"Esatto."

"Cioè, t- tua figlia?!"
"Precisamente, mia e di Nami."
E con un cenno del capo la indicai, mentre compariva anche lei sul ponte. Per qualche istante rimase a fissarci stupito. Poi scoppiò in una gran risata.

"Caspita, fratellino! Complimenti! Chi l’avrebbe mai detto?!"
Andò prima ad abbracciare Nami, chiamandola sorellina. Poi tornò verso di me e porse la mano a Bellmer.

"Ciao, signorina. Io sono zio Ace!"

Poi guardò me e disse:

"Zio…Non credevo che mi sarei mai sentito chiamare così."

La piccola lo guardò con diffidenza per qualche istante. Poi, avendo preso in gran parte da me, superò la diffidenza sorridendo, e lo abbracciò gettandoglisi in braccio.

"Zio Ace, zio Ace!"

Da quel che ricordo, è stata la prima volta che ho visto mio fratello con gli occhi lucidi di commozione…

Sono questi i principali ricordi legati alla nascita di mia figlia…

Dal punto di vista di Nami:

Quello della nascita di mia figlia Bellmer, per me fu doppiamente il più bel giorno della mia vita. Avevo dato vita ad una splendida creatura…E Rufy mi aveva confessato il suo amore. Nonostante ancora non mi sentissi davvero pronta per diventare madre, non mi sono mai pentita di aver dato alla luce Bellmer. L’ho sempre considerata il mio tesoro più prezioso.

Un altro momento che resterà sempre impresso nella mia mente, è quello del mio ritorno a Cocoyashi, avvenuto quattro anni dopo la mia partenza. Per tutto quel tempo, non avevo avuto un solo contatto con mia sorella o con gli altri del villaggio. Così, quando arrivammo al porto, fu una grandissima sorpresa e soprattutto un’immensa gioia. Eravamo io, Rufy, Ace e Bellmer. Ace aveva deciso di rimanere per un po’ accanto a Rufy, visto che ormai One Piece era stato trovato.

Quando attraccammo, io tremavo per l’emozione. Non riuscivo a stare ferma e Rufy ci mise un bel po’ per convincermi a non saltare giù dalla nave per correre da Genzo e Nojiko. Avvistata e riconosciuta la nave, tutto il villaggio corse sulla banchina. In prima fila c’erano, come quando ero partita, Nojiko, Gen e il dottore. Spingendomi leggermente, Rufy mi disse di andare per prima. Non appena misi piede a terra, la prima cosa che feci fu gettarmi tra le braccia di mia sorella. Lei ricambiò il mio abbraccio, stringendomi più che poté. Poi fu Rufy a scendere. Con un sorriso stampato sul volto si diresse verso Genzo, porgendogli la mano. Quando lui gliela strinse, disse semplicemente:

"Promessa mantenuta."

Quindi, in mezzo a quell’atmosfera festosa, arrivò Ace con in braccio Bellmer, che all’epoca aveva tre anni. Quando presi in braccio la piccola per presentarla ufficialmente, le gambe mi tremavano. Andai davanti a Nojiko e dissi:

"Ehi, Bellmer! Dì ciao a zia Nojiko!"
Eh eh, mia sorella sbiancò in un istante. Gen per poco non svenne. Tutti quanti mi guardavano con la bocca spalancata, e rimasero in silenzio per qualche minuto. Fino a che il dottore, ritrovando le parole, disse:
"Nami…non mi dirai che questa…questa bimba è…"
"Esatto. Lei è Bellmer. Nostra figlia."

Vedendo chi era il padre, Gen si gettò a terra, incapace di reggere tutte quelle rivelazioni. Nojiko riuscì a riprendersi dallo stupore e scoppiò in una sonora risata, mentre tra la gente del villaggio si diffondeva il rumore di chiacchiericcio.

"Caspita sorellina, questa proprio non me l’aspettavo! Brava, sei riuscita a farmela! Dai, fammi prendere in braccio la mia nipotina!"

Sempre ridendo Nojiko afferrò la piccola, che subito la abbracciò. Le avevo parlato talmente tanto di lei, che già le voleva bene. Presto il volto di Nojiko tornò serio, mentre i suoi occhi divennero lucidi per l’emozione. Stringendo a sé Bellmer, si voltò verso me e Rufy, che sorridevamo soddisfatti.

"Congratulazioni ad entrambi, ragazzi. E’ stupenda."
Da quel giorno io e Rufy ci stabilimmo al villaggio. Anche Ace si fermò con noi, trovando molto interessante l’attività di coltivatore di mandarini. Da allora abbiamo vissuto una vita ricca di emozioni e d’amore. Il nostro amore, nato per caso nel bel mezzo dell’oceano, ha dato i suoi frutti, dando vita ad una splendida creatura che per sempre resterà il nostro unico ed ineguagliabile One Piece.

Dall’autrice: Eccomi a voi, dopo una più o meno lunga assenza, con una nuova fanfic su One Piece! Questa volta la trama è piuttosto originale…Sinceramente non sono molto convinta del risultato…Per esigenze di storia, ho ritratto un Rufy molto diverso dal solito. Più serio, più tormentato. Ma d’altronde, trovandosi in una situazione simile, penso si possa anche giustificare. Provate a pensare: la ragazza di cui è innamorato, senza sapere di essere ricambiato, aspetta un figlio da lui a causa di un’unica notte passata insieme, con lei ubriaca fradicia. E’ convinto di averle rovinato la vita, così come Nami è convinta di averla rovinata a lui. Comunque, spero che nonostante tutto possa piacere ugualmente…

Altra piccola nota…Durante il flashback, Nami è ubriaca ed ho cercato di farle fare discorsi che sembrassero più o meno senza senso…Non sono sicura di essere riuscita a rendere bene l’idea…Comunque, tenete conto che lei parla da tipica ubriaca!

A questo punto, i ringraziamenti. Per prima cosa alla mia sorellina Kairi, che mi ha dato il nulla osta per la storia, dopo aver conosciuto la trama. Inizialmente non pensavo di scriverla. Poi ad Asuka, i cui commenti non mancano mai e sono sempre ben graditi (mi sa che anche questa volta ho inserito le tirate alla AMLETO. Puoi perdonarmi?)! Poi a tutti coloro che mi recensiscono. Grazie davvero!! Apprezzo sempre tantissimo i vostri commenti, negativi o positivi che siano! – Ryuen –

  
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