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Autore: Ever Dream    02/11/2009    4 recensioni
“Cosa sono le fotografie se non frammenti di passato ,attimi rubati al tempo e alla storia della nostra vita?”
- un viaggio nel passato di Jared dall'infanzia ai giorni nostri.
Rating : verde (fino a cap. 5)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N:  Chiedo umilmente perdono per il ritardo nell'aggiornamento.  Ho apprezzato molto i vostri messaggi e se ho dimenticato di rispondere a qualcuno chiedo scusa. La storia come ripeto sempre non verrà lasciata incompleta. Ho un sacco di capitoli già pronti (necessitano solo un controllo) e altri abbozzati, facendo tutto da sola è facile che alcuni errori mi sfuggano quindi colgo l'occasione per scusarmi anche di questo.

Piuttosto spero siate ancora interessate e che questo capitolo non vi deluda =( .


@Ginny_Potter,shanna_b , candidalametta, BabyWitch , AKURA,shannonleto, grazie mille per le vostre recensioni e complimenti! Non avete idea di quanto mi rendano felice.

@
princes_of_the_univers ,  non riesco a trovare l'intervista  con la frase che avevo riportato in compenso  ho trovato un altro accenno alla questione su Nylon Guys del 2005 . 



Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§

Capitolo XV ~  I cannot cry 'cause the shoulder cries more p4
( ...non posso piangere perchè chi dovrebbe sostenermi  piange ancora di più)



dicembre 2007

Tomo scese le scale del pianerottolo e rabbrividendo si avviò verso il cancello. Tra una chiacchiera e l'altra si era fatta sera e piccole gocce di pioggia avevano iniziato a cadere lente, chiazzando il  piccolo vialetto, scivolando sulla sua giacca.

Sapeva che non poteva rimanere con i fratelli, avrebbe solo sconvolto l'equilibrio che si era creato tra i due peggiorando le cose, ma c'era qualcosa che poteva fare. Fermandosi si voltò.
 La porta della casa era ancora aperta e la flebile luce dell'interno rischiarava leggermente l'oscurità avvolgendolo.

Jared era al di fuori di quel raggio, stretto nella vecchia camicia di flanella intento ad osservare la città e le sue luci sparire in quella leggera nebbia, apparentemente ignaro del fatto che lui fosse ancora lì. Ma Tomo lo conosceva abbastanza da notare nella rigidità del suo corpo la sua allerta «Jay».

L'uomo non si voltò immediatamente, continuò a fissare davanti a se prima di puntare i suoi occhi in quello dell'altro, cercando nel volto del chitarrista qualcosa da cui doversi "difendere". 


Facendosi coraggio Tomo tornò sui suoi passi, consapevole che una parola di troppo avrebbe fatto chiudere in se stesso il cantante e poi non ci sarebbe stato più modo di raggiungerlo «.. non c'è niente di male nel chiedere aiuto» gli sussurrò alla fine riprendendo il discorso interrotto qualche ora prima.

Il cantante chiuse gli occhi scuotendo la testa pronto a rispondere ma Tomo lo interruppe «questo» tirò su la manica ed indicò il tatuaggio sul suo braccio destro
«è molto più che un pò d' inchiostro..» gli si avvicinò e poggiandogli le mani sulle spalle cercò di farsi guardare  «dammi la possibilità di dimostrarlo».

Jared deglutì e guardò brevemente alle sue spalle, timoroso che Shannon potesse tornare indietro e sentire di cosa stessero parlando. Anche se gli dava fastidio ammetterlo si sentiva solo, stanco e Tomo gli stava offrendo il suo sostegno. Annuì e prima che se ne rendesse conto si ritrovò stretto nell'abbraccio del grosso croato. In un primo momento  si irrigidì, sorpreso, poi si rilassò contro il corpo dell'amico. Non si era reso conto di quanto ne avesse  bisogno. 

L'altro sembrò quasi sentire i suoi pensieri e strinse ancora di più la presa.

Il cantante quindi
poggiò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi lasciandosi andare, poteva sentire sotto alla sua pelle la già bagnata stoffa inumidirsi ulteriormente, ma non si preoccupò.

Avrebbe dato la colpa alla pioggia.

---

Poco dopo Jared rientrò in casa, poggiandosi contro la porta prese tempo per preparasi ad affrontare ogni tipo di Shannon. Ormai con i suoi sbalzi d'umore era meglio essere flessibili.

Svoltò l'angolo della cucina e vide il fratello mettersi qualcosa in tasca, pensò di chiedergli cosa fosse ma poi decise di non rovinare il buon umore che Tomo aveva portato. In fondo in casa non c'era nulla di pericoloso.

«Certe volte mi chiedo dove l'abbiamo pescato» disse ad alta voce, ridacchiando affettuosamente al ricordo di uno dei racconti del chitarrista .


** Gennaio 2003

«Tomi-slav M-»

Jared avvicinò il foglio al volto e riprovò a pronunciare lo strano cognome «Mailisevic?» il giovane, che nervosamente giocherellava con il bordo della sua vecchia felpa dei Nirvana, lo corresse automaticamente. Non era nuovo a queste situazioni.

«Milicevic»

Il cantante lanciò un'occhiata assassina a Shannon che ,seduto di fianco a lui, cercava di trattenere le risate. Ora capiva perchè aveva tanto insistito che se ne occupasse lui. Matt cercò di mascherare l'espressione divertita fingendo di scrivere qualcosa sul blocco note mentre dall'altra parte della stanza l'aspirante chitarrista li guardò perplesso, non capendo il motivo di tanta ilarità.

«Milicevic» ripetè Jared spostando la sua attenzione di nuovo sul ragazzo. Per una volta era dall'altra parte. Aveva perso il conto delle volte in cui era entrato in una stanza come questa pieno di speranze sul suo futuro, deciso che quella sarebbe stata la volta buona. Quella della svolta.

«è croato» specificò il ragazzo abbassando a disagio i suoi due grandi occhi marroni. Li aveva già incontrati dopo un concerto ma ora la situazione era leggermente diversa e il fatto di non potersi nascondere dietro la sua barba - che sua sorella Ivana gli aveva imposto di tagliare - lo faceva sentire ancora più vulnerabile.

«Allora Tomislav » Shannon si schiarì la voce pronto a partire con le domande ma venne interrotto « Tomo ...potete chiamarmi Tomo»  

il batterista sorrise ed annuì «ok Tomo. Cosa ci dici su di te?» 

«Oh beh... sono nato a Sarajevo ma la mia famiglia si è trasferita negli Stati Uniti quando avevo 8 anni...i miei hanno un ristorante infatti anche io sto studiando per..» il batterista ridacchiò e si scambiò un'occhiata divertita con Matt «intendevo  esperienze lavorative..cose del genere».

«oh...» Tomo si passò la mano tra i folti capelli neri e si prese a calci mentalmente ,se avesse potuto l'avrebbe fatto anche fisicamente. «..giusto... ehm.. ho suonato per un pò con una band ...i Morphic.. »

Jared nel frattempo aveva iniziato a leggere la sua scheda. Aveva chiesto ad ogni aspirante chitarrista di compilare un breve questionario , non era obbligatorio nè indispensabile ai fini dell'audizione ma, oltre a tenerli occupati per un pò, dava loro molti più dati su cui basare la scelta . In fondo non erano alla ricerca di un semplice musicista ma di un componente della band. Una persona che avrebbe condiviso con loro il lungo cammino che si erano prefissati.

Passò in rassegna i due fogli, il ragazzo non era certo un amante della sintesi e in un modo o nell'altro era riuscito a rendere divertenti ed interessanti anche le più innocue delle domande «i pinguini ??» escalmò alzando lo sguardo incredulo.

«i pinguini cosa?» chiese Matt confuso sporgendosi dalla sedia per dare un'occhiata ai fogli che Jared teneva in mano,
 
«ho la fobia dei pinguini» spiegò serio Tomo, i tre lo guardarono perplessi  e poi scoppiarono a ridere.

Il ragazzo si chiese come gli fosse venuto in mente di uscirsene con questa storia ma non poteva lamentarsi, la tensione sembrava essersi allentata.

Jared si rilassò contro lo schienale e, sfilando l'elastico che aveva intorno al polso, cominciò a raccogliersi i capelli tinti di biondo «dunque .. cosa vuoi suonarci?»

Tomo si morse il labbro agitato. Era il momento della verità «decidete voi»

«come?» Matt piegò la testa da un lato incuriosito.

«scegliete una delle vostre canzoni a piacere» i tre si guardarono per un attimo.

«le sai tutte?» Tomo accennò di si sentendosi sempre più piccolo al centro della stanza. Fino a pochi secondi prima l'idea di impressionarli con il fatto di conoscere le loro canzoni a memoria gli era sembrata  un'ottima idea. Ora non ne era tanto sicuro.

«sono un vostro fan da tempo..ho comprato il cd il giorno stesso in cui è stato pubblicato..» man mano che parlava la voce diventava sempre più flebile sotto il peso degli sguardi dei  musicisti davanti a lui. Shannon stava per parlare, molto probabilmente una delle sue uscite, ma Matt lo interruppe.

«Capricorn».

Tomo annuì e prendendo un grosso respiro si posizionò ed iniziò a suonare. Ad un certo punto notò che Jared aveva alzato la mano, indicandogli di fermarsi  «Edge of the Earth» gli disse sorridendo. Il giovane rimase a guardarlo per un attimo e poi ,capendo cosa avessero in mente,  iniziò a suonare la seconda canzone dell'album.

Il cantante si  voltò verso il fratello e vide riflessi sul suo viso  i suoi stessi pensieri. Accennando un sorriso rivolse di nuovo la sua attenzione al ragazzo. I suoi non erano solo una successione di meccanici movimenti imparati a memoria,  dietro ogni nota c'era passione e sentimento.

Jared e Matt gli chiesero di suonare anche altri pezzi  per verificare le reali potenzialità e canzone dopo canzone il tempo stabilito giunse al termine. Tomo strinse la mano ai tre musicisti e Shannon con una scusa lo accompagnò alla porta.

«Com' è andata?» gli chiese una volta che gli altri due non potevano sentirli , il batterista guardandosi intorno gli posò una mano sulla spalla e gli sorrise « benissimo».

---

Mezz'ora dopo i tre erano ancora alle prese con il centosessantacinquesimo aspirante chitarrista ed il cantante sembrava  aver perso ogni interesse. 

«mi spieghi cosa ti è preso?» Jared si voltò verso il bassista confuso « non hai prestato attenzione a nessuno di quei ragazzi, come possiamo trovare un sostituto per Solon se nemmeno li ascolti! »

«li ho ascoltati!» gli rispose aprendo una bottiglietta d'acqua «e per quanto mi riguarda ho già fatto la mia scelta

Shannon sospirò, pronto all'ennesimo battibecco. Ultimamente i due non facevano altro che punzecchiarsi, se uno diceva a l'altro doveva per forza dire b.

«ah si? e chi sarebbe?» 

«il pinguofobo» rispose serio.

Shannon scoppiò a ridere e Matt lo fulminò «seriamente Jay..non sono in vena di scherzare»

«sono serio»

Matt rimase a guardarlo per un attimo  poi si alzò di colpo e ,aprendo un nuovo pacchetto di sigarette, si avvicinò alla finestra «... non ha..non ha praticamente esperienza!»

«beh, anche noi non ne avevamo agli inizi, da qualche parte bisogna pur cominciare! L'hai sentito è bravo, simpatico e poi..»

« ... ha la presenza scenica di un marshmallow! »

«con tutto il rispetto, Mattie , neanche tu sei mr.Carisma e comunque» Jared fece una pausa cercando le parole per spiegarsi « ..le canzoni suonavano perfette suonate da lui e non mi riferisco alla tecnica. Erano giuste per lui..le sente sue

«......è un fan!» esclamò l'altro cercando di farlo ragionare.

«con talento! » ribattè ,calmo, il cantante. Accavallando le gambe guardò gli altri due in attesa di ulteriori obiezioni.

«Shannon?!» Matt si voltò verso il più grande dei fratelli cercando aiuto, non sapeva più cosa dire. Il batterista abbassò gli occhi e si massaggiò la nuca in imbarazzo.

«ah..grandioso! Chissà perchè me l'aspettavo!..Ok. Va bene....» concluse non preoccupandosi di nascondere l'amarezza e l'irritazione nella sua voce.

« Per correttezza li ascolteremo tutti  e faremo la nostra scelta alla fine. Insieme.» Shannon guardò il fratello ma Jared era tutto d'un tratto interessato all'etichetta della bibita «Vero Jay?»

Jared annuì.

«andiamo avanti allora. Helen fai entrare il prossimo!»


***


Jared aprì il frigo e prese una bottiglia di succo di melograno, «ordiniamo una pizza o del cinese?» chiese  sorseggiando la rinfrescante bibita.

Non ricevendo risposta si voltò e vide il fratello buttare giù tutto d'un colpo una bustina di zucchero, inarcò le sopracciglia perplesso «Shannon?» l'altro si girò «mhm?» guardò in basso e notò altre due bustine vuote abbandonate sul tavolo, continuando a fissarle ripetè la  domanda « pizza o cinese?».

Shannon fece spallucce e si lasciò cadere sulla sedia, la stessa che un paio di giorni prima si era schiantata contro il muro, Jared respinse quel ricordo e prese un altro sorso di succo.

«mah..stavo pensando che forse potremmo mangiare al Katsuya e poi andare a qualche festa» disse il batterista posando una gamba sul tavolo e accendendo una sigaretta. La visita di Tomo aveva risvegliato la sua voglia di divertirsi.

«non c'è nessun party che io sappia» rispose l'altro guardando la cicca bruciare lentamente.

«questa è la cazzo di LA Jay! Non c'è sera che non ci sia un party!»

Jared non demorse e cercando di mantenere controllo sulla sua voce provò a farlo ragionare «non credo sia una buona idea devi rim-»

Shannon battè i pugni sul tavolo e spegnendo la sigaretta schizzò in piedi «ma da quando devo chiederti il permesso per uscire?» vedendo il fratello indietreggiare cercò di abbassare il tono e calmarsi «che c'è? non ti fidi di me?»

«non è questione di fiducia. E' ..è troppo presto. Se vuoi andare al ristorante,okay, ma..»  fino a qualche ora prima per Shannon  l'idea di uscire nel loro cortile era fuori discussione, come poteva ora volersi buttare nella brulicante notte di LA?

« ma un cazzo! Smettila di trattarmi come un malato! Sto bene! Ho solo voglia di... svagarmi..ho»

Jared si avvicinò e posò delicatamente la mano sul suo braccio. Shannon lo guardò e qualunque fossero le parole che stava per pronunciare gli morirono sulle labbra. Tutti parlavano dei suoi occhi, di quanto il suo azzurro fosse ipnotizzante, di come contenessero forza, di come fossero una finestra su tutto ciò che aveva dentro ma era evidente che queste persone non avevano mai guardato con attenzione gli occhi di Shannon.

Abbassando lo sguardo rimosse la mano e lasciò che il fratello maggiore ripetesse  parte di ciò che aveva già detto con i suoi occhi.

« ..ho solo bisogno di riprendere in mano la mia vita... e devo farlo da solo. Ho bisogno di farlo da solo ».

---

Poco dopo il rumore della serratura della porta principale gli segnalò che Shannon era uscito. Jared era rimasto nella cucina, i suoi occhi fissi sulle piccole cartine dello zucchero abbandonate sul tavolino, migliaia di pensieri ad affollare la sua testa.

Mai nella sua vita si era sentito così distante da Shannon, era come stare sulle montagne russe, un momento erano vicini l'altro così distanti da ritrovarsi a chiedere se l'aveva mai conosciuto. Sospirando si passò la mano tra i capelli e cercò  di calmarsi. 

Non poteva corrergli dietro. Appena avesse messo piede in strada sarebbe stato circondato dai fottuti paparazzi e dai loro flash. L'ultima cosa di cui avevano bisogno in quel momento era una scenata da dare in pasto ai tabloid, dare loro la scusa di sputare altro veleno. Di banchettare sui loro problemi.

Era in momenti come questi, e non solo a dire la verità, che odiava il suo status di star di Hollywood. Il non poter più fre nulla senza il timore che il giorno dopo le foto sarebbero state pubblicate su tutti i giornali di gossip.

Uscendo da quella sorta di trance si avviò nel salotto, prese le note che Emma gli aveva inviato via mail e le lesse una per una, segnò il suo ok per l'aggiunta di una data in Italia e controllò le altre date, cercando di concentrarsi. Cercando di non sentire il peso di quello sguardo.

Guardando per la millesima volta l'orologio cercò tra i fogli sparsi il suo blackberry.

«Tomo?» disse quando sentì la familiare voce rispondere all'altro capo del telefono «ho bisogno di un favore...»



~·~

9 dicembre 1989 ore: 00.20 am


Facendo attenzione a non svegliare il vecchio barbone che dormiva tranquillamente a due passi da lui - godendosi il caldo della cella rispetto il gelo delle strade- Jared si sedette sulla scomoda
panca verniciata di blu. Sbadigliando si portò la mano alla ferita che aveva sulla fronte, si stava gonfiando e gli pulsava leggermente ma non poteva lamentarsi, sarebbe potuta andare molto peggio.

Con la coda dell'occhio notò che Justin era un paio di celle più lontano, anche lui steso su una delle panche mentre con un fazzoletto cercava di tamponare un taglio sul suo zigomo. Non provava nulla, nè rabbia nè risentimento. Gli eventi della serata lo avevano completamente svuotato.

Posando la testa contro il muro
cercò di trovare, invano, una posizione comoda e di evitare di pensare a Ben. Provò addirittura a distrarsi cercando forme nelle chiazze di muffa sul soffitto della cella, ma tutto fu inutile.

Come aveva potuto non notare niente? Tutte le piccole stranezze, le frasi a metà gli tornarono in mente. Colpendolo una alla volta. Non riusciva a non pensare a quei bambini, a quanti weekend aveva sottratto ai figli per poterli trascorrere con lui.

E lo odiava per questo.

Perchè Jared sapeva bene cosa significasse sentirsi abbandonato. 


**1978

Rain rain go away come again another day ♫ 

Canticchiando la vecchia filastrocca Jared si avvicinò alla rete e ,aggrappandosi con le piccole dita ai verdi fili plastificati, guardò le nuvole plumbee addensarsi all'orizzonte, circondando le vette delle imponenti montagne mentre lente iniziavano il loro viaggio verso la città. Sbuffando si voltò verso il fratellino che, in piedi a pochi passi da lui, teneva d'occhio la deserta strada intorno a loro.

«'Non» la sua voce era a malapena udibile al di sopra del forte fruscio del vento  «quando arriva papà?»

Non sapeva che ore fossero ma era passato un bel pò di tempo da quando anche l'ultima mamma aveva portato via il proprio bambino. Le uniche macchine rimaste nel cortile della scuola erano quelle delle bidelle occupate nella pulizia dell'edificio. Le maestre se ne erano andate, non si erano accorte di loro.


Shannon non rispose subito, mantenne gli occhi incollati sulla strada, come se potesse far comparire da un momento alll'altro il loro vecchio furgoncino,  «tra un pò ». 

Il papà era sempre in ritardo, tanto che avevano preso l'abitudine ,dopo essere usciti dalla classe, di aspettarlo alle giostre nel cortile. Ma se questa volta era diverso?  Se  li avesse lasciati lì perchè non li voleva più?

Scuotendo la testa per scacciare quei brutti pensieri tornò a sedersi sul marciapiede.

Little Jared wants to play

Tirando su con il naso cercò di tenere a bada i lacrimoni ed estrasse da una delle sue tasche una piccola stellina blu ricoperta di brillantini. Maneggiandola con cura la guardò luccicare alla luce argentea di quel pomeriggio.

«La mamma sarà contentissima» Jared sentì Shannon sederglisi accanto e abbracciarlo prima di posargli delicatamente un bacino sulla testa «non è da tutti ricevere la stellina dalla maestra» continuò il fratellino maggiore mentre l'altro si accoccolava contro di lui. Era con Shannon non doveva avere paura.


---

Quando l'ennesima macchina si rivelò non essere quella del papà Shannon guardò l' orologio , la coda di Topolino era sul due e la mano sul sei: erano le 18.10. Si stava facendo davvero tardi. Stare lì ad aspettare era inutile, il papà non sarebbe venuto.

Raccolto tutto il suo coraggio si alzò e porse la mano al fratellino minore  « dai..andiamo a casa», Jared lo guardò titubante , non avevano il permesso di girare in strada da soli ma si fidava di lui quindi strinse la sua manina in quella dell'altro e insieme si incamminarono.

Shannon cercò di ricordarsi il percorso che facevano ogni giorno e col cuore in gola guidò il fratellino lungo le vuote strade, preoccupandosi di farlo camminare dalla parte interna e non verso la carreggiata come aveva sempre raccomandato la mamma. Quel punto della città era poco trafficato ma la prudenza non era mai troppa. Jared in silenzio lo seguiva, lo zainetto era troppo grande per lui e ad ogni suo passo sobbalzava facendo scontrare  l'astuccio e i vari giocattolini che aveva con sè.

La scuola si trovava in  un punto abbastanza isolato della piccola cittadina e le poche abitazioni nei paraggi attendevano il ritorno dei loro abitanti, l'unico segno di vita era l'abbaiare di qualche cane, il rumore di un motore in lontananza e i loro passi sui tappeti di foglie secche.

Dopo quelle che parvero ore  arrivarono ad un incrocio familiare, lo riconobbero dal negozio di giocattoli all'angolo col grande cartonato pubblicitario del Trucktrailer. Ogni mattina affacciandosi dal finestrino posteriore della loro macchina rimanevano incantati dalla colorata vetrina, sognando di poter un giorno giocare con quel camioncino magico.

«'Non» ,Shannon si sentì tirare la manica e si girò, il fratellino senza parlare gli indicò  un signore che  aveva cominciato ad avvicinarsi.

L'uomo preoccupato nel vedere due bambini così piccoli da soli in giro a quell'ora voleva avvicinarli ed aiutarli ma i due attraversarono di corsa la strada, convinti che fosse il terribile uomo delle caramelle.

Correndo a perdifiato si rifugiarono in uno dei cilindri di cemento abbandonati in un terreno, almeno se avesse iniziato a piovere sarebbero stati al riparo. Jared esausto e spaventato si strinse all'altro deciso a non muoversi di un centimetro. Sarebbe rimasto aggrrappato al fratellino maggiore per sempre e sarebbe stato al sicuro. Niente pioggia, niente uomini delle caramelle.

«Jay» Shannon cercò di farsi guardare e dopo un pò di resistenza il fratellino minore alzò gli occhioni  cerchiati di rosso «guarda laggiù» gli disse sorridendogli, l'altro seguì la sua mano e la vide.

Con il cuore che batteva forte nel loro piccolo petto gattonarono fuori dal cilindro e corsero verso casa.

---

La vecchia televisione del salotto era accesa, potevano sentire il suo ronzio ad intermittenza fin dal corridoio. Cercando di non fare rumore si affacciarono dalla porta e guardarono all'interno della stanza.

Tony era addormentato sul divano. Una mano gli penzolava di lato sfiorando una bottiglia di soda rovesciata sul pavimento, la chiazza bagnata del liquido ancora visibile sulla vecchia rivista dei programmi tv.

Jared ,con orrore di Shannon, trotterellò verso di lui e arrampicandosi sul poggiolo si stese sull'uomo che sospirando,dopo un paio di secondi, battè le palpebre svegliandosi.

Perplesso dall'improvviso peso sul suo petto guardò in basso e vide il figlio minore accoccolarsi su di lui «che caz-- Jared cos---cosa fai?» esclamò con voce impastata, ancora mezzo addormentato cercò di alzarsi ma non ci riuscì.

Sbuffando si voltò verso la porta e vide Shannon «Christopher..» disse stroppiciandosi gli occhi «dov'è la mamma?» il bambino si strinse alla cornice della porta «a lavoro». Il padre rimase a guardarlo per un attimo perplesso poi alzò il braccio e guardò l'ora.

Sgranando gli occhi schizzò a sedere,«come-...chi vi ha portato a casa?» i bambini non risposero e Tony cominciò a guardarsi franticamente intorno «come siete arrivati a casa?» ripetè sentendo il panico crescergli nello stomaco. L'ultima cosa di cui avevano bisogno era una visita da parte degli assistenti sociali.

«Da soli»  rispose il piccolo Shannon con un filo di voce, Tony si voltò di scatto e il bambino impaurito scappò verso le scale.

L'uomo con non poca fatica riuscì a liberarsi dalla stretta di Jared  e alzandosi lo posò a terra. Cominciò quindi a  borbottare qualcosa sottovoce, una parolaccia, una di quelle che la mamma diceva sempre che non era bene dire , e iniziò a camminare avanti e indietro nel piccolo salotto. Ogni tanto guardava Jared e si passava una mano tra i capelli nervosamente. Il bambino era rimasto nel punto in cui l'aveva posato ad osservarlo, cercando di capire se il papà fosse o no arrabbiato con loro.

Dopo un pò l'uomo  smise di muoversi e , annuendo a qualunque fosse stata la sua decisione, raggiunse la cameretta dei bambini. 

Shannon si era rifugiato in un angolo ancora con la borsa sulle spalle, quando lo vide entrare sgranò gli occhi e tentò di farsi ancora più piccolo ranicchiandosi contro il muro.

Tony cercò di ignorare il magone e si chinò davanti al bambino, allungò la mano tremante e teneramente cominciò ad accarezzarlo «Chris ehi... vieni qui», Shannon guardingo si avvicinò e l'uomo lo abbracciò per fargli capire che non voleva punirlo.

«Di chi è stata l'idea?» gli domandò cercando di suonare il più dolce possibile.

«Mia» confessò il bambino con un filo di voce «Jay era stanco, era tardi e le nuvole..le nuvole ..» Tony sospirò e scosse la testa fintamente sconsolato «la mamma si arrabbierà tantissimo quando lo verrà a sapere».

Shannon guardò colpevole  il fratellino che aveva appena fatto capolino dalla porta.

«lei si fida di voi ..soprattutto di te Christopher. Tu sei il fratello maggiore dovresti proteggere Jared non metterlo in pericolo! » il bambino abbassò la testa e si morse il labbro per trattenere  un nuova ondata di lacrime, il padre gli alzò la frangetta e cercò di guardarlo negli occhi «ti ricordi quello che è successo l'ultima volta?»

Shannon alzò gli occhioni lucidi ed annuì. Lo ricordava.

Qualche anno prima Shannon e Jared stavano giocando in salotto mentre la mamma preparava la cena.

Shannon sgattaiolando in cucina aveva preso un pezzo di carota e aveva cominciato a sgranocchiarlo, il fratellino minore, attirato dal vivace arancione, aveva cominciato a fare i capricci perchè ne voleva un pò anche lui.

Constance gli aveva sempre raccomandato di non dare nulla al  piccolo JJ - perchè non aveva ancora i dentini forti - però Shannon non sopportava di vedere il fratellino triste. Quindi facendosi promettere che avrebbe masticato bene gliene diede un pezzettino.

Poco dopo mentre giocava con le costruzioni sentì dei strani versi provenire dal box , alzò lo sguardo e vide il fratellino agitarsi tutto rosso in viso.

Spaventato Shannon aveva subito chiamato la mamma che, prendendo in braccio il piccolo Jared , lo aveva capovolto e aveva iniziato a battergli una mano sulla schiena fino a quando un pezzettino di carota era caduto sul pavimento.

La mamma arrabbiatissima l'aveva sgridato, a nulla erano valse le sue scuse e il fatto che non l'aveva fatto apposta, per punizione non aveva più potuto giocare con Jared per un bel pò di tempo.


L'uomo si tirò su e si sedette su una delle piccole brandine , «facciamo così» disse fingendo di cercare una soluzione « voi promettete di non farlo più ...e  per questa volta non dirò nulla alla mamma».

I bambini si scambiarono una breve occhiata e poi annuirono.

« Sarà il nostro segreto va bene? 
» 

 
***


9 dicembre 1989 ore: 00.55 am

Jared non si accorse di essersi addormentato fino a quando non si sentì scuotere  «ehi sveglia.. sono venuti a prenderti»  confuso ed infreddolito alzò lo sguardo, una volta ricordato chi fosse la donna di colore davanti a lui e dove si trovasse si drizzò sulla panca e si stropicciò gli occhi « chi?» l'agente gli sorrise «un amico».

Per un attimo Jared pensò che Shannon avesse scoperto il teletrasporto ma poi, svoltato l'angolo, lo vide.

Ben.

L'uomo era seduto vicino all'uscita e non appena lo vide si alzò in piedi avvicinandosi.

Il ragazzo si guardò intorno intontito, la centrale era nel pieno della sua attività, dalle porte entravano ed uscivano agenti e delinquenti di ogni tipo. 

«andiamo ho risolto tutto» Jared era troppo sorpreso per capirci qualcosa e si ritrovò ad essere trascinato per il braccio dall'uomo «ma cosa ti è saltato in mente? Per fortuna Mike ti ha riconosciuto e mi ha chiam-» finalmente il ragazzo si riscosse e si liberò dalla presa dell'uomo.

«ma che ci fai qui?» chiese, la voce resa roca dal sonno e dagli eventi della serata.

«ti ho tirato fuori!» rispose Ben come se fosse la cosa più normale del mondo.

«non dovevi» Jared non riusciva a guardarlo negli occhi. Come fosse lui quello che doveva vergognarsi di qualcosa. 

«ma volevo. E' anche colpa mia se--»

«Jared!» entrambi si voltarono. Rachel era lì, gli occhi gonfi e arossati, «non mi volevano dire niente , nè far entrare... ho provato Jay» gli disse stringendosi
contro di lui. Jared  sorpreso ricambiò la stretta cercando di tranquillizzarla.

L'uomo osservò la scena altrettanto sorpreso poi un sorriso amaro comparve sul suo volto «non hai perso tempo vedo», il ragazzo combattè l'istinto di spiegargli che non era come pensava e gli lasciò credere quello che voleva. Non gli doveva alcuna spiegazione.

«quanto hai dovut-»

«nulla. ti avrebbero rilasciato comunque tra qualche ora» 

«grazie» gli disse guardandolo per la prima volta negli occhi e Ben ,senza aggiungere nulla, gli voltò le spalle allontanandosi.

Era meglio così per entrambi.


ore: 01.40 am

Rachel aprì la porta della sua stanza e fece entrare Jared «Michelle è partita prima quindi il suo letto è libero».

La stanza era spaziosa ed accogliente, molto diversa da quella che aveva diviso con Justin fino a qualche settimana prima, dove era praticamente impossibile distinguere i mobili tanto il disordine.

Le due ragazze avevano creato una sorta di divisorio usando una tenda fatta di piccoli pezzi di vetro colorati che tintinnarono al suo passaggio. Le pareti erano ricoperte di poster e foto , i comodini pieni di piccoli gioielli , collanine, bracciali enormi di plastica.

Il tutto colorava la stanza con un'aria vivace, spensierata.

«Grazie» le disse sinceramente, la ragazza aveva talmente insistito che non aveva potuto rifiutare l'invito di stare da lei, sorridendole posò la tracolla e si lasciò cadere sul morbido materasso, era decisamente più comodo della vecchia panca di legno della centrale.

Rachel dall'altra parte della stanza cercò di mascherare il suo imbarazzo occupandosi con il proprio cappotto «hai fame?» gli chiese dopo un pò alzando due pacchetti di snack.

Jared, che nel frattempo cercava di capire cosa fosse raffigurato su un poster accanto al letto si voltò verso di lei «ho la  riserva per la notte, sai quando mi preparo per gli esami salto i pasti in mensa e ..» non aveva idea di cosa stava blaterando, era sempre così quando era nervosa « ho queste patatine o se preferisci .. »

«le patatine vanno bene» la ragazza annuì e gli portò il pacchetto. Per un pò nessuno dei due parlò, era una situazione decisamente imbarazzante sebbene entrambi tentassero di fingere il contrario. 

Rachel era indecisa su come e se fargli delle domande. L'unica cosa certa era che per sbrogliare l'ammasso di dubbi nella sua testa doveva per forza parlarne con lui.

Prendendo coraggio ruppe il silenzio « quello..quello era lui?».

Jared smise di masticare per un attimo, sapeva che le doveva delle risposte, ed annuì.

«Quindi è vero che sei ..gay?» non c'era altro modo di chiederlo, si ripetè nella sua testa mentre aspettava la reazione dell'altro, o forse doveva essere meno diretta? Stava per avere una crisi di panico quando Jared leccandosi il sale sulle  labbra fece spallucce  «..a metà».

«ah» la ragazza cercò di nascondere la sua confusione e per prendere tempo prese un'altra manciata di patatine
«state insieme?» chiese alla fine.

«no.. è finita..» rispose l'altro senza emozione prima di accartocciare la bustina e posarla sul comodino.

Rachel capì che non avrebbe detto nient'altro, certo la situazione non le era molto più chiara ma aveva imparato che niente di quello che riguardava Jared era semplice, quindi schiarendosi la voce cambiò discorso «..vuoi una mano con il taglio?» il ragazzo si portò istintivamente la mano alla fronte, dove il leggero gonfiore era testimone della rissa di qualche ora prima «no grazie, posso fare da solo» non voleva disturbare ulteriormente.

La ragazza quindi si allontanò un attimo per poi tornare con la scatola del pronto soccorso «qui dovrebbe esserci tutto» gli disse porgendogliela poi, raccogliendo il coraggio che le  rimaneva, finse di ispezionare la ferita e gli spostò  una ciocca di capelli. Il suo tocco era leggero e timoroso
«non pensavo fossi tipo da rissa».

«Neanche io fino a questa sera» confessò divertito Jared e ,posando la sua mano su quella della ragazza, aggiunse serio «non dovevi seguirci fino alla centrale lo sai?».

Rachel abbassò gli occhi ed arrossì «ero preoccupata per te» il ragazzo si alzò e le si avvicinò «grazie» le sussurrò di nuovo e in un attimo si ritrovò stretta nel suo abbraccio.

Istintivamente chiuse gli occhi e si concentrò sulle sensazioni che quel semplice ed innocuo contatto le stava dando. Avvolgendo
le braccia intorno al collo dell'altro affondò il volto contro la sua spalla. Poteva sentire il suo repiro accarezzarle i capelli e solleticarle l'orecchio, le sue dita stringerla a se invitandola ad avvicinarsi, il calore del suo corpo, il suo profumo. 

E in un attimo tutto finì. Sebbene fosse durato troppo poco per i suoi gusti Rachel si avviò verso la porta come se niente fosse «
vado a struccarmi.. » disse con voce tremante dall'emozione « ..per qualsiasi cosa ..».

Jared aveva iniziato a prendere il necessario per la ferita e senza guardarla annuì « non ti preoccupare. Sono a posto così».

Dando un'ultima occhiata alla stanza Rachel prese al volo la piccola trousse ed uscì. Chiuse la porta e portandosi la mano al petto rilasciò il respiro che stava trattenendo.
 




tbc

A/N:

i. Jared dopo aver lasciato la  University of the Arts di philadelphia si è trasferito a new york alla School of Visual arts.

ii. So che la storia dei pinguini al 90% è inventata ma quando l'ho letta mi è sembrata tanto una delle uscite di Tomo e non ho potuto evitare di aggiungerlo xD.

iii.. Rain rain go away è una vecchia Nursery Rhyme. TruckTrailer.
 

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