Disclaimer:Non
conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri
personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali,
sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
A/N: Chiedo
umilmente perdono per il ritardo nell'aggiornamento. Ho
apprezzato molto i vostri messaggi e se ho dimenticato di
rispondere a qualcuno chiedo scusa. La storia come ripeto
sempre non verrà lasciata incompleta.
Ho un sacco di capitoli già pronti (necessitano solo un
controllo) e altri abbozzati, facendo tutto da sola è facile
che
alcuni errori mi sfuggano quindi colgo l'occasione per scusarmi anche
di questo.
Piuttosto spero siate ancora interessate e che questo capitolo non vi deluda =( . @Ginny_Potter,shanna_b , candidalametta, BabyWitch , AKURA,shannonleto, grazie mille per le vostre recensioni e complimenti! Non avete idea di quanto mi rendano felice. @princes_of_the_univers , non riesco a trovare l'intervista con la frase che avevo riportato in compenso ho trovato un altro accenno alla questione su Nylon Guys del 2005 . Sailing
The Waves of Past Navigando
le onde §
Capitolo
XV ~
I cannot cry 'cause the shoulder cries more p4
( ...non posso piangere perchè chi dovrebbe sostenermi piange ancora di più) dicembre 2007 Tomo scese le scale del pianerottolo e rabbrividendo si avviò verso il cancello. Tra una chiacchiera e l'altra si era fatta sera e piccole gocce di pioggia avevano iniziato a cadere lente, chiazzando il piccolo vialetto, scivolando sulla sua giacca.Sapeva che non poteva rimanere con i fratelli, avrebbe solo sconvolto l'equilibrio che si era creato tra i due peggiorando le cose, ma c'era qualcosa che poteva fare. Fermandosi si voltò. La porta della casa era ancora aperta e la flebile luce dell'interno rischiarava leggermente l'oscurità avvolgendolo. Jared era al di fuori di quel raggio, stretto nella vecchia camicia di flanella intento ad osservare la città e le sue luci sparire in quella leggera nebbia, apparentemente ignaro del fatto che lui fosse ancora lì. Ma Tomo lo conosceva abbastanza da notare nella rigidità del suo corpo la sua allerta «Jay». L'uomo non si voltò immediatamente, continuò a fissare davanti a se prima di puntare i suoi occhi in quello dell'altro, cercando nel volto del chitarrista qualcosa da cui doversi "difendere". Facendosi coraggio Tomo tornò sui suoi passi, consapevole che una parola di troppo avrebbe fatto chiudere in se stesso il cantante e poi non ci sarebbe stato più modo di raggiungerlo «.. non c'è niente di male nel chiedere aiuto» gli sussurrò alla fine riprendendo il discorso interrotto qualche ora prima. Il cantante chiuse gli occhi scuotendo la testa pronto a rispondere ma Tomo lo interruppe «questo» tirò su la manica ed indicò il tatuaggio sul suo braccio destro «è molto più che un pò d' inchiostro..» gli si avvicinò e poggiandogli le mani sulle spalle cercò di farsi guardare «dammi la possibilità di dimostrarlo». Jared deglutì e guardò brevemente alle sue spalle, timoroso che Shannon potesse tornare indietro e sentire di cosa stessero parlando. Anche se gli dava fastidio ammetterlo si sentiva solo, stanco e Tomo gli stava offrendo il suo sostegno. Annuì e prima che se ne rendesse conto si ritrovò stretto nell'abbraccio del grosso croato. In un primo momento si irrigidì, sorpreso, poi si rilassò contro il corpo dell'amico. Non si era reso conto di quanto ne avesse bisogno. L'altro sembrò quasi sentire i suoi pensieri e strinse ancora di più la presa. Il cantante quindi poggiò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi lasciandosi andare, poteva sentire sotto alla sua pelle la già bagnata stoffa inumidirsi ulteriormente, ma non si preoccupò. Avrebbe dato la colpa alla pioggia. --- Poco dopo Jared rientrò in casa, poggiandosi contro la porta prese tempo per preparasi ad affrontare ogni tipo di Shannon. Ormai con i suoi sbalzi d'umore era meglio essere flessibili. Svoltò l'angolo della cucina e vide il fratello mettersi qualcosa in tasca, pensò di chiedergli cosa fosse ma poi decise di non rovinare il buon umore che Tomo aveva portato. In fondo in casa non c'era nulla di pericoloso. «Certe volte mi chiedo dove l'abbiamo pescato» disse ad alta voce, ridacchiando affettuosamente al ricordo di uno dei racconti del chitarrista . ** Gennaio 2003 «Tomi-slav
M-» *** Jared aprì il frigo e prese una bottiglia di succo di melograno, «ordiniamo una pizza o del cinese?» chiese sorseggiando la rinfrescante bibita. Non ricevendo risposta si voltò e vide il fratello buttare giù tutto d'un colpo una bustina di zucchero, inarcò le sopracciglia perplesso «Shannon?» l'altro si girò «mhm?» guardò in basso e notò altre due bustine vuote abbandonate sul tavolo, continuando a fissarle ripetè la domanda « pizza o cinese?». Shannon fece spallucce e si lasciò cadere sulla sedia, la stessa che un paio di giorni prima si era schiantata contro il muro, Jared respinse quel ricordo e prese un altro sorso di succo. «mah..stavo pensando che forse potremmo mangiare al Katsuya e poi andare a qualche festa» disse il batterista posando una gamba sul tavolo e accendendo una sigaretta. La visita di Tomo aveva risvegliato la sua voglia di divertirsi. «non c'è nessun party che io sappia» rispose l'altro guardando la cicca bruciare lentamente. «questa è la cazzo di LA Jay! Non c'è sera che non ci sia un party!» Jared non demorse e cercando di mantenere controllo sulla sua voce provò a farlo ragionare «non credo sia una buona idea devi rim-» Shannon battè i pugni sul tavolo e spegnendo la sigaretta schizzò in piedi «ma da quando devo chiederti il permesso per uscire?» vedendo il fratello indietreggiare cercò di abbassare il tono e calmarsi «che c'è? non ti fidi di me?» «non è questione di fiducia. E' ..è troppo presto. Se vuoi andare al ristorante,okay, ma..» fino a qualche ora prima per Shannon l'idea di uscire nel loro cortile era fuori discussione, come poteva ora volersi buttare nella brulicante notte di LA? « ma un cazzo! Smettila di trattarmi come un malato! Sto bene! Ho solo voglia di... svagarmi..ho» Jared si avvicinò e posò delicatamente la mano sul suo braccio. Shannon lo guardò e qualunque fossero le parole che stava per pronunciare gli morirono sulle labbra. Tutti parlavano dei suoi occhi, di quanto il suo azzurro fosse ipnotizzante, di come contenessero forza, di come fossero una finestra su tutto ciò che aveva dentro ma era evidente che queste persone non avevano mai guardato con attenzione gli occhi di Shannon. Abbassando lo sguardo rimosse la mano e lasciò che il fratello maggiore ripetesse parte di ciò che aveva già detto con i suoi occhi. « ..ho solo bisogno di riprendere in mano la mia vita... e devo farlo da solo. Ho bisogno di farlo da solo ». --- Poco dopo il rumore della serratura della porta principale gli segnalò che Shannon era uscito. Jared era rimasto nella cucina, i suoi occhi fissi sulle piccole cartine dello zucchero abbandonate sul tavolino, migliaia di pensieri ad affollare la sua testa. Mai nella sua vita si era sentito così distante da Shannon, era come stare sulle montagne russe, un momento erano vicini l'altro così distanti da ritrovarsi a chiedere se l'aveva mai conosciuto. Sospirando si passò la mano tra i capelli e cercò di calmarsi. Non poteva corrergli dietro. Appena avesse messo piede in strada sarebbe stato circondato dai fottuti paparazzi e dai loro flash. L'ultima cosa di cui avevano bisogno in quel momento era una scenata da dare in pasto ai tabloid, dare loro la scusa di sputare altro veleno. Di banchettare sui loro problemi. Era in momenti come questi, e non solo a dire la verità, che odiava il suo status di star di Hollywood. Il non poter più fre nulla senza il timore che il giorno dopo le foto sarebbero state pubblicate su tutti i giornali di gossip. Uscendo da quella sorta di trance si avviò nel salotto, prese le note che Emma gli aveva inviato via mail e le lesse una per una, segnò il suo ok per l'aggiunta di una data in Italia e controllò le altre date, cercando di concentrarsi. Cercando di non sentire il peso di quello sguardo. Guardando per la millesima volta l'orologio cercò tra i fogli sparsi il suo blackberry. «Tomo?» disse quando sentì la familiare voce rispondere all'altro capo del telefono «ho bisogno di un favore...» ~·~
9 dicembre 1989 ore: 00.20 am Facendo attenzione a non svegliare il vecchio barbone che dormiva tranquillamente a due passi da lui - godendosi il caldo della cella rispetto il gelo delle strade- Jared si sedette sulla scomoda panca verniciata di blu. Sbadigliando si portò la mano alla ferita che aveva sulla fronte, si stava gonfiando e gli pulsava leggermente ma non poteva lamentarsi, sarebbe potuta andare molto peggio. Con la coda dell'occhio notò che Justin era un paio di celle più lontano, anche lui steso su una delle panche mentre con un fazzoletto cercava di tamponare un taglio sul suo zigomo. Non provava nulla, nè rabbia nè risentimento. Gli eventi della serata lo avevano completamente svuotato. Posando la testa contro il muro cercò di trovare, invano, una posizione comoda e di evitare di pensare a Ben. Provò addirittura a distrarsi cercando forme nelle chiazze di muffa sul soffitto della cella, ma tutto fu inutile. Come aveva potuto non notare niente? Tutte le piccole stranezze, le frasi a metà gli tornarono in mente. Colpendolo una alla volta. Non riusciva a non pensare a quei bambini, a quanti weekend aveva sottratto ai figli per poterli trascorrere con lui. E lo odiava per questo. Perchè Jared sapeva bene cosa significasse sentirsi abbandonato. **1978 ♫ Rain
rain go away come again another day ♫ *** 9 dicembre 1989 ore: 00.55 am Jared non si accorse di essersi addormentato fino a quando non si sentì scuotere «ehi sveglia.. sono venuti a prenderti» confuso ed infreddolito alzò lo sguardo, una volta ricordato chi fosse la donna di colore davanti a lui e dove si trovasse si drizzò sulla panca e si stropicciò gli occhi « chi?» l'agente gli sorrise «un amico». Per un attimo Jared pensò che Shannon avesse scoperto il teletrasporto ma poi, svoltato l'angolo, lo vide. Ben. L'uomo era seduto vicino all'uscita e non appena lo vide si alzò in piedi avvicinandosi. Il ragazzo si guardò intorno intontito, la centrale era nel pieno della sua attività, dalle porte entravano ed uscivano agenti e delinquenti di ogni tipo. «andiamo ho risolto tutto» Jared era troppo sorpreso per capirci qualcosa e si ritrovò ad essere trascinato per il braccio dall'uomo «ma cosa ti è saltato in mente? Per fortuna Mike ti ha riconosciuto e mi ha chiam-» finalmente il ragazzo si riscosse e si liberò dalla presa dell'uomo. «ma che ci fai qui?» chiese, la voce resa roca dal sonno e dagli eventi della serata. «ti ho tirato fuori!» rispose Ben come se fosse la cosa più normale del mondo. «non dovevi» Jared non riusciva a guardarlo negli occhi. Come fosse lui quello che doveva vergognarsi di qualcosa. «ma volevo. E' anche colpa mia se--» «Jared!» entrambi si voltarono. Rachel era lì, gli occhi gonfi e arossati, «non mi volevano dire niente , nè far entrare... ho provato Jay» gli disse stringendosi contro di lui. Jared sorpreso ricambiò la stretta cercando di tranquillizzarla. L'uomo osservò la scena altrettanto sorpreso poi un sorriso amaro comparve sul suo volto «non hai perso tempo vedo», il ragazzo combattè l'istinto di spiegargli che non era come pensava e gli lasciò credere quello che voleva. Non gli doveva alcuna spiegazione. «quanto hai dovut-» «nulla. ti avrebbero rilasciato comunque tra qualche ora» «grazie» gli disse guardandolo per la prima volta negli occhi e Ben ,senza aggiungere nulla, gli voltò le spalle allontanandosi. Era meglio così per entrambi. ore: 01.40 am Rachel aprì la porta della sua stanza e fece entrare Jared «Michelle è partita prima quindi il suo letto è libero». La stanza era spaziosa ed accogliente, molto diversa da quella che aveva diviso con Justin fino a qualche settimana prima, dove era praticamente impossibile distinguere i mobili tanto il disordine. Le due ragazze avevano creato una sorta di divisorio usando una tenda fatta di piccoli pezzi di vetro colorati che tintinnarono al suo passaggio. Le pareti erano ricoperte di poster e foto , i comodini pieni di piccoli gioielli , collanine, bracciali enormi di plastica. Il tutto colorava la stanza con un'aria vivace, spensierata. «Grazie» le disse sinceramente, la ragazza aveva talmente insistito che non aveva potuto rifiutare l'invito di stare da lei, sorridendole posò la tracolla e si lasciò cadere sul morbido materasso, era decisamente più comodo della vecchia panca di legno della centrale. Rachel dall'altra parte della stanza cercò di mascherare il suo imbarazzo occupandosi con il proprio cappotto «hai fame?» gli chiese dopo un pò alzando due pacchetti di snack. Jared, che nel frattempo cercava di capire cosa fosse raffigurato su un poster accanto al letto si voltò verso di lei «ho la riserva per la notte, sai quando mi preparo per gli esami salto i pasti in mensa e ..» non aveva idea di cosa stava blaterando, era sempre così quando era nervosa « ho queste patatine o se preferisci .. » «le patatine vanno bene» la ragazza annuì e gli portò il pacchetto. Per un pò nessuno dei due parlò, era una situazione decisamente imbarazzante sebbene entrambi tentassero di fingere il contrario. Rachel era indecisa su come e se fargli delle domande. L'unica cosa certa era che per sbrogliare l'ammasso di dubbi nella sua testa doveva per forza parlarne con lui. Prendendo coraggio ruppe il silenzio « quello..quello era lui?». Jared smise di masticare per un attimo, sapeva che le doveva delle risposte, ed annuì. «Quindi è vero che sei ..gay?» non c'era altro modo di chiederlo, si ripetè nella sua testa mentre aspettava la reazione dell'altro, o forse doveva essere meno diretta? Stava per avere una crisi di panico quando Jared leccandosi il sale sulle labbra fece spallucce «..a metà». «ah» la ragazza cercò di nascondere la sua confusione e per prendere tempo prese un'altra manciata di patatine «state insieme?» chiese alla fine. «no.. è finita..» rispose l'altro senza emozione prima di accartocciare la bustina e posarla sul comodino. Rachel capì che non avrebbe detto nient'altro, certo la situazione non le era molto più chiara ma aveva imparato che niente di quello che riguardava Jared era semplice, quindi schiarendosi la voce cambiò discorso «..vuoi una mano con il taglio?» il ragazzo si portò istintivamente la mano alla fronte, dove il leggero gonfiore era testimone della rissa di qualche ora prima «no grazie, posso fare da solo» non voleva disturbare ulteriormente. La ragazza quindi si allontanò un attimo per poi tornare con la scatola del pronto soccorso «qui dovrebbe esserci tutto» gli disse porgendogliela poi, raccogliendo il coraggio che le rimaneva, finse di ispezionare la ferita e gli spostò una ciocca di capelli. Il suo tocco era leggero e timoroso «non pensavo fossi tipo da rissa». «Neanche io fino a questa sera» confessò divertito Jared e ,posando la sua mano su quella della ragazza, aggiunse serio «non dovevi seguirci fino alla centrale lo sai?». Rachel abbassò gli occhi ed arrossì «ero preoccupata per te» il ragazzo si alzò e le si avvicinò «grazie» le sussurrò di nuovo e in un attimo si ritrovò stretta nel suo abbraccio. Istintivamente chiuse gli occhi e si concentrò sulle sensazioni che quel semplice ed innocuo contatto le stava dando. Avvolgendo le braccia intorno al collo dell'altro affondò il volto contro la sua spalla. Poteva sentire il suo repiro accarezzarle i capelli e solleticarle l'orecchio, le sue dita stringerla a se invitandola ad avvicinarsi, il calore del suo corpo, il suo profumo. E in un attimo tutto finì. Sebbene fosse durato troppo poco per i suoi gusti Rachel si avviò verso la porta come se niente fosse «vado a struccarmi.. » disse con voce tremante dall'emozione « ..per qualsiasi cosa ..». Jared aveva iniziato a prendere il necessario per la ferita e senza guardarla annuì « non ti preoccupare. Sono a posto così». Dando un'ultima occhiata alla stanza Rachel prese al volo la piccola trousse ed uscì. Chiuse la porta e portandosi la mano al petto rilasciò il respiro che stava trattenendo. tbc
A/N:
--------------------------------------------------------------------------------------------------i. Jared dopo aver lasciato la University of the Arts di philadelphia si è trasferito a new york alla School of Visual arts. ii. So che la storia dei pinguini al 90% è inventata ma quando l'ho letta mi è sembrata tanto una delle uscite di Tomo e non ho potuto evitare di aggiungerlo xD. iii.. Rain rain go away è una vecchia Nursery Rhyme. TruckTrailer. |