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Autore: Guitarist_Inside    03/11/2009    6 recensioni
Una giovane chitarrista che vive per e grazie alla musica. Un suo concerto e un incontro alquanto particolare. Una proposta ancora più singolare, forse un po’ azzardata. Un grande sogno che si avvera. Ma con questo prendono forma anche confusione, preoccupazioni, timori, titubanze, paura di deludere… Senza tralasciare però grandi e appaganti emozioni, felicità, gioie, soddisfazioni…
Questa è la prima fanfic che posto (a dir la verità mi ha “convinto” una mia amica a postarla…) spero vi piaccia... (non fermatevi solo ai primi capitoli xDD)
PS: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, né offenderle in alcun modo. Ogni singola parola scritta in questa fic è soltanto opera della mia fantasia e non racconta fatti successi realmente.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Scusate se è un po’ che non aggiorno, ma la colpa è anche da attribuire alla scuola e all’influenza (no, non quella suina per fortuna, quella “normale”), che mi hanno impedito di scrivere prima.
Oggi, essendomi passata la febbre e leggendo le vostre recensioni, ho deciso di scrivere un quinto capitolo (che spero non sia venuto malaccio per la solita influenza XD).

Ancora un grazie di cuore a tutti coloro che leggono e recensiscono questa mia prima fic ^_^
In particolare:

Helena89 : Ok allora, nel caso incontrerai mai Billie Joe, mi dirai la tua reazione XD
Tornando alla fic… Grazie davvero tanto dei complimenti *_* ! Mi fa piacere essere riuscita a non cadere in quelle tipiche forzature in cui è davvero facile cadere cercando di inventare del discorso di una ragazza con un suo idolo... beh spero di continuare così ^_^
Per quanto riguarda la citazione “nothing and everything all at once” usata in risposta dalla protagonista, beh devo ammettere che rileggendo mi ha fatto sorridere e compiacere. Basket Case è il primo brano in assoluto che ho sentito dei GD e che mi ha fatto per così dire “innamorare” della loro musica, anni or sono, e per me ha quindi un valore speciale. Mentre stavo scrivendo il quarto capitolo stavo ascoltando proprio Dookie e, dopo aver pensato più volte senza un risultato soddisfacente ad una possibile precisazione da far dare ad Ema in risposta alla domanda di Billie Joe, il mio cervello ha dettato alle mie dita quelle parole… Vabbè mi son dilungata troppo mi sa ^_^
Spero continuerai a leggere *ç*

Fujiko Chan : Grazie tanto anche a te cara *.*!
Come ti ho già scritto l’altra volta, attenta a non farti TROPPE pippe mentali eh… mi potrei sentire colpevole di qualche accenno di cecità… “…but it’s just a myth”… è vero XD
Sono contenta che anche a te piaccia il mio stile ^_^
Come ti ho detto, anche a me piacerebbe scrivere i dialoghi in Americano, ma per ragioni di tempo non riesco… Magari inserirò qualche passaggio in Inglese però ;-)
Beh… Keep on reading (si può dire? XD)

rara193 : Thanks a lot *-*! Spero continui a piacerti la fic ^-^

K_BillieJoe : Che bello una nuova lettrice *ç* ! Me davvero contenta! Grazie dei complimenti… Mi fa piacere che la storia ti coinvolga ^_^

Crazy_Me : Un’altra new reader *ç* !! Come ho scritto anche sopra, ciò mi fa contenta! “fanissima” o non “fanissima” dei Green Day, mi fa piacere che la fic ti piaccia… E grazie anche a te dei complimenti! E poi… che bello un’altra chitarrista!!! Ti dirò (anch’io mooolto onestamente) che per me la chitarra elettrica oltre che una passione è una fonte di VITA! Non so bene come spiegarlo, ma per me è così… Senza la musica e la chitarra, non so proprio come farei… Ok, sarò pazza, sarò dipendente da queste due cose (appunto, musica e chitarra),ma senza di queste penso che la vita valga molto meno… ^-^





CAPITOLO 5 Tell me the story of your (music) life


Il taxi arrivò e noi salimmo sui sedili posteriori, portandoci dietro una ventata dell’aria gelida della notte, che però sparì velocemente, come ingoiata da quella calda che usciva dall’impianto di riscaldamento dell’auto. Il tassista ci chiese dove volevamo andare e Billie mi rivolse la stessa domanda, dicendo che saremmo passati prima da me. Ancora emozionata, dissi l’indirizzo e l’autista lo trascrisse su un foglietto. Fu poi il turno di Billie, e anche il suo indirizzo finì su quel foglietto, sotto al mio. Quindi il veicolo partì.
– Hai sempre suonato da solista o anche con una band? – mi chiese ad un tratto Billie, per ricominciare un discorso e rompere l’imbarazzato silenzio.
Mi prese una stretta allo stomaco e sentii i miei occhi inumidirsi. Senza saperlo né volerlo, Billie aveva toccato una ferita che non era ancora riuscita a rimarginarsi: nonostante cercassi di curarla e medicarla in ogni modo, bastava il più piccolo ago a rompere quella crosta faticosamente costruita e a far tornare la ferita a sanguinare nuovamente… E lui senza volerlo mi aveva punto con quell’ago, minuscolo ma potente: gocce di sangue uscirono dalla lacerazione e gocciolarono dal mio cuore. Però, questa volta, una mano raccolse quelle gocce color amaranto e si pose dolcemente sopra la ferita, arginando il fluire del sangue.
Ricacciai indietro le lacrime, ma non riuscii ad evitare che notasse i miei occhi umidi.
– I’m sorry, I didn’t want… – iniziò a balbettare Billie Joe per scusarsi.
– No, non devi scusarti. Non lo sapevi… – scossi debolmente la testa abbozzando un sorriso. Tirai su col naso, deglutii, feci una pausa e poi, forse anche la birra bevuta mi aiutò, cacciai via la timidezza e decisi di aprirmi. Non ero riuscita a capire esattamente di chi fosse quella mano e cosa significasse di preciso, ma avevo capito che in qualche modo, anche se non sapevo bene quale, c’entrava con quella serata e con lui. – Ecco, sì, ho suonato anche in una band… Suonavamo vari generi, dal Rock all’Hard Rock al Punk Rock al Metal… Facevamo anche varie cover dei Green Day, vostre cover insomma… Io suonavo la chitarra e cantavo molti dei pezzi che suonavamo, un mio grande amico che conosco da 5 anni il basso e la seconda voce del gruppo, mentre un suo compagno era il batterista… – feci un’altra pausa.
– Mi ricorda vagamente noi, i Green Day agli inizi – commentò sorridendo. Sorrisi anch’io, guardandolo. Vidi nei suoi occhi che s’aspettava che continuassi, e qualcosa mi face capire che gli interessava veramente.
La Mano era ancora dolcemente premuta sulla ferita: il sangue iniziava a coagulare riformando la fragile crosta…
Sospirai e continuai: – Sì, hai ragione… All’inizio eravamo anche noi solo chitarra e voce e basso. Ma decidemmo lo stesso di formare una band: gli High Voltage. Al nome ci pensammo molto… – vedi Billie che annuiva – Poi, prendendo spunto dal titolo di una canzone e dell’omonimo album degli AC/DC decidemmo di chiamarci High Voltage… Ci piaceva come suono e anche come nome per la band che stavamo formando, “Alto Voltaggio” si addiceva bene a noi e a quello che avremmo suonato… – feci un’altra pausa per ricacciare la tristezza che voleva tornare a prendermi e, vedendo l’aria attenta del chitarrista-cantante accanto a me, continuai – Iniziammo con cover di vari gruppi, in primis Green Day, poi AC/DC, Guns N’ Roses, Ramones, qualcosa dei Nightwish… Il batterista lo trovammo circa tre mesi dopo: era un compagno del mio bassista che pareva avere gusti simili ai nostri… Iniziammo poi a comporre e suonare brani nostri… Cominciammo quindi ad esibirci, prima con un pubblico di due o tre persone, poi dieci, poi venti, e così via… Abbiamo suonato insieme per quasi un anno. Tutto andava alla grande, finché… – sentii gli occhi inumidirsi di nuovo, ma continuai lo stesso, mentre la Mano aumentava leggermente la sua dolce pressione – Finché un giorno il mio bassista ha dovuto trasferirsi a Roma. I suoi avevano trovato un lavoro e una situazione migliore lì. Mi ricordo ancora la sua faccia quando ce l’ha detto, sembrava un cane bastonato… Fu una batosta per tutti e tre, ma soprattutto per noi due… – tirai su col naso – E da lì iniziarono i problemi… Quando si trasferì, io e il batterista cercammo un altro bassista per continuare a suonare. Ma già pochi giorni dopo che il mio amico s’era trasferito iniziavamo a non intenderci più, a discutere per ogni cosa, anche per una sciocchezza… Non gli andava più bene niente di quello che facevamo… Circa due settimane dopo ha detto di non credere più nella band e se n’è andato. Sono passati circa cinque mesi. E’ da allora che suono da sola… – mi fermai. Sapevo che se avessi continuato ancora un po’ non sarei più riuscita a contenere la grande tristezza che era riaffiorata. La Mano faceva tutto il possibile per evitare che il sangue riuscisse di nuovo a fuoriuscire dall’ancor troppo debole crosta amaranto, ma non dovevo sforzare troppo…
– I’m… I’m sorry – disse Billie – Really… – aggiunse poi. E i suoi occhi confermavano che non era un “mi dispiace” detto tanto per dire. Sentii gli occhi giù lucidi inumidirsi ancora un po’. Me li asciugai col dorso della mano e tirai su col naso ancora una volta. No. Questa volta la tristezza non doveva vincere, gliel’avevo permesso già troppe volte. Sentii la Mano aumentare ancora sensibilmente la pressione. Non dovevo… non volevo piangere. Cercai di sorridere.
– Thank you – sussurrai.
Billie mi sorrise di nuovo e mi mise ancora una volta un braccio intorno alle spalle. Sentii lo stesso piacevolissimo brivido lungo la schiena di quando aveva compiuto lo stesso gesto nel locale. Anche questa volta restammo così, in silenzio, per qualche minuto, ma questa volta mi strinsi a lui maggiormente, e quasi involontariamente appoggiai la fronte alla sua spalla. Il suo respiro sul mio collo e tra i miei capelli, il suo braccio sulle mie spalle, il suo calore, mi trasmettevano un senso di protezione, di rassicurazione… Il mondo attorno a noi mi sembrò come attutito. Per una frazione di secondo mi sentii davvero bene. Strinsi i denti e respirai profondamente: questa volta non potevo lasciar vincere ancora la tristezza e lo sconforto, e sentii di poter farcela. La Mano aveva stabilizzato la pressione e il sangue aveva ricominciato a coagulare nuovamente rinforzando la sottilissima crosta.
Pian piano mi tranquillizzai e riuscii a scacciare definitivamente il groppo in gola e quel senso di tristezza e malinconia che mi aveva preso: sì, ce l’avevo fatta, ero riuscita finalmente a sconfiggerla… e mi sentivo bene.
– Cazzo! Ci mancava solo di rimanere imbottigliati nel traffico! Ma che diavolo…! – l’imprecazione del tassista mi fece tornare alla realtà. Aprii gli occhi e alzai la testa.
– What’s up? – mi chiese stupito Billie, in slang.
– Siamo bloccati in coda e il tassista ha imprecato – gli tradussi velocemente. Guardammo fuori dal finestrino: una lunga coda di luci, una lunga cosa di automobili, si estendeva davanti e dietro al nostro taxi.
Restammo in silenzio qualche secondo, poi Billie mi chiese che generi e gruppi musicali preferivo particolarmente: scoprimmo di avere gusti simili e iniziammo a parlare quindi di musica per passare il tempo. Mi faceva un enorme piacere parlare con lui, soprattutto di musica, argomento che mi infondeva vitalità e per il quale lo stimavo molto. Iniziammo parlando del Rock e di gruppi come AC/DC e Led Zeppelin, per poi passare al Punk Rock dei Ramones, o al Metal di band come i Black Sabbath. Poi, quasi senza accorgercene, passammo all’argomento chitarre. Entrambi ce ne intendevamo parecchio, e intavolammo un discorso molto interessante, approfondendo vari aspetti. Iniziammo parlando delle Fender, in particolare le Stratocaster, dei vari tipi, delle modifiche che era possibile apportargli per raggiungere vari tipi di sounds. Continuammo poi con le Gibson: ci soffermammo in particolar modo sulle Les Paul, e finimmo inevitabilmente a parlare delle Les Paul Junior che entrambi amavamo molto. Parlammo anche dell’H90, il pick up double coil che Billie aveva realizzato in collaborazione con la Gibson, modificando un già grintosissimo P90, per il suo modello personale di Les Paul Junior, diventata poi un modello signature, il modello signature di cui faceva parte la mia “Baby Billie Joe”. Quel singolo pick up aveva grinta e versatilità da vendere, riusciva sempre a stupirmi. Gli feci alcune domande chiarendo dubbi che avevo da tempo e lui mi rispose con pazienza. Dalle sue risposte traspariva tutta la passione e l’orgoglio che nutriva nei confronti di quella chitarra.
Ogni tanto scherzavamo un po’, ridendo insieme, per poi tornare a parlare un po’ più seriamente, ma non troppo.
Mi sembrava tutto così magnifico... Il tempo scorse velocemente, come accade sempre nei momenti più belli. Ce ne accorgemmo solo quando intravidi fuori dal finestrino la via adiacente alla mia e lo feci notare stupita a Billie. Infatti, pochissimo dopo il tassista mi annunciò di essere arrivata. Pagai la mia parte del conto (nonostante Billie mi avesse offerto di pagare lui anche per me, ma non accettai: dopo tutto ciò che aveva fatto per me in quella serata e tutto quello che mi aveva fatto vivere, non avrei mai potuto). Ringraziai Billie Joe per l’ennesima volta e feci per scendere, quando mi ricordai del pennarello bianco che avevo in tasca e gli chiesi un autografo. Dato che il bianco sul bianco della chitarra era pressoché invisibile, decise di firmare sulla custodia, con una dedica: “To Ema, a great young guitar player and a very nice person. I’m very pleasured to have met you. Keep on rockin’. Billie Joe Armstrong”. Non mi sarei mai aspettata una dedica del genere e, per l’ennesima volta in quella serata, rimasi senza parole. Per l’ennesima volta in quelle due ore scarse, lo ringraziai ancora come riuscii, poi scesi e il taxi ripartì. Rimasi ferma sul marciapiede a fissarlo finché questo sparì alla mia vista dietro una curva, poi entrai.
Aprii il portone e salii le scale, quindi aprii la porta di casa ed entrai. Felice, con ancora parte dell’emozione nel sangue, mi diressi in camera mia e appoggiai delicatamente la chitarra accanto al letto, sul quale mi sdraiai. “Questa serata è stata una tra le migliori in assoluto della mia vita, se non la migliore, dopo il concerto dei Green Day di settimana scorsa… La mia performance è andata alla grande… E ho persino incontrato Billie Joe, ancora non ci credo… E lui è stato anche così… così… meravigliosamente indescrivibile…” pensai, chiudendo gli occhi. Pochi secondi dopo mi addormentai, col sorriso sulle labbra.

   
 
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