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Autore: Patang    04/11/2009    8 recensioni
Tremai, quando neppure il freddo mi toccava, ma sentii la febbre, la smania di toccarla e mi accorsi che in quel momento, mentre mi osservava senza parole, mentre mi squadrava, mentre cercava di comprendermi, avrei potuto trascinarla nell’inferno. Un inferno dove non avrebbe più avuto i capelli stropicciati, dove la sua pelle nivea sarebbe stata macchiata da pesanti macchie violacee –segno di notti insonni ed eterne- e il sangue non avrebbe più corso per coprire di rossore le sue emozioni. Tremai, ancora.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Chiara e Giulia, prima di tutto: perché ho pensato a loro quando iniziai a scriverla, a come si sarebbero potute emozionare, di quale Edward avrebbero potuto innamorarsi ed, infine, ho pensato a me e per quale motivo potrei cascare eventualmente dalle braccia solide di Jacob, a quelle del declamato vampiro.
E poi a coloro che la leggeranno, perché spero che sia per loro solo un piacere.
Buona lettura.


Disclaimer: Questa storia non lede alcun diritto di copyright, dato che i personaggi rimangono della carissima donnina Meyer. D’altra parte –come mi disse qualcuno di mia conoscenza- la trama è totalmente mia.



Why?

[..] Se fossi capace di sognare, sognerei te.
 E non me ne vergogno.[..]
Twilight, Stephenie Meyer
Chap. 14, Ragione e Istinto


“Edward, dove stai andando, di nuovo?” la voce di Alice arrivò soffusa e dolce al mio orecchio, bloccandomi il passo veloce che avevo tentato di adottare per non destare troppi sospetti.
“Come se tu non lo sapessi, vero?” le risposi ironico.
La sentii sospirare e mi voltai.
Era lì, sorridente.
“Va bene. Non dirò nulla, come al solito.” soggiunse, alzandosi sulle punte e posandomi un bacio sulla guancia.

Stai attento, Edward.
Annuii distrattamente, mentre aprivo l’uscio e lo chiudevo silenziosamente.

**

Isabella.
Saggiavo il nome come se non l’avessi mai udito.
Cosa piuttosto improbabile se si considerava la mia età: un secolo di morte e vita.

Non sapevo cosa mi spingesse ad entrare in quella stanza, a sedermi e ad ascoltarla nel sonno.
Curiosità?
Semplice voglia di essere al centro di una persona, di cui non conoscevo i pensieri?

Non che questo fosse veritiero, in realtà.
Era frustante non riuscire a capirla, ma il viso sembrava totalmente incapace d’impassibilità.
Eppure ci sono idee, immagini, frammenti di ricordi che non possono essere compresi da un’espressione, il che rendeva la questione ancora più sconcertante.
Mugugnò qualcosa, contorcendosi nelle coperte. La pioggia continuava a ticchettare: lei non l’amava particolarmente; sembrava che cercasse in tutti i modi di evitarla, come se fosse una tragedia a cui era impossibile sfuggire.
Lei odiava il freddo.
Per me era invece l’unico evento che mi facesse sentire in qualche modo parte di qualcosa, ancora.

Si girò, nuovamente.
Ancora ed ancora.

“Freddo” sospirò affranta nel sonno, mentre cercava di coprirsi ancora di più.
Fui colpito dal pensiero che una persona potesse essere così sensibile, una palese, forse patetica dimostrazione di quanto io fossi ormai lontano dall'essere umano. Un predatore perfetto.

Osservavo il paesaggio fuori dalla finestra, quando lei mi parlò.
“Edward?” il mormorio divenne una chiara domanda, nel timbro della sua voce calda, stupore e umana bellezza di una mente ancora annebbiata per il recente sonno.
Spostai il mio sguardo dalla finestra a lei.
“Sì, Bella?” scuse accettabili mi percuotevano la mente.
Cosa dire della mia presenza intrusa?
Abbozzai un sorriso.
“Edward?” un’altra domanda, angosciata “Edward?” respiro accelerato.
Rimasi in silenzio, forse sperando che avesse un’altra espressione dipinta sul viso: tutto, ma non quel tratto angoscioso.
Probabilmente, speravo che arrossisse, il che era impossibile.
Io ero un mostro, dovevo cercare di ricordarlo, sarebbe stato ingiusto che i miei desideri si avverassero.

La vidi muoversi goffamente, e mi trattenni dal ridacchiare quando le coperte, attorcigliate intorno alle sue gambe magre, la fecero inclinare verso destra, al suo tentativo di scostarle con più violenza possibile.
Fui tentato di aiutarla, ma rimasi immobile: una buona parte di me voleva preservare quel momento, senza la mia interferenza. Volevo che rimanesse un perfetto istante, un istante di vita umana.
Quando si accorse che la seguivo con lo sguardo, avvampò.
Ingiusto ed egoistico; di certo non ero venuto a casa dell’ispettore Swan per vedere se erano state apportate modifiche alla sistemazione del mobilio.
 
“Ciao, Bella.” soffiai, fingendomi tranquillo.
Lei mi osservava, indagando. Evitai i suoi occhi, indugiando invece sulla linea delle labbra, sulla carnagione nivea e sui capelli stropicciati. E ancora sulle labbra. Non riuscii a comprendere perché il mio sguardo cadesse insistentemente solo lì, e mi convinsi che fosse perché erano di un colore rosso carminio che mi ricordava il sangue.
 
“Ciao Edward.“ replicò dolcemente, sorridendomi ancora.
 Se avessi avuto un cuore, avrebbe smesso di battere, credetti al momento, ma dovetti ripetermi che ero venuto là per curiosità.
La mia sembrava sempre più una curiosità morbosa, dettata dall’istinto e mi conduceva, infatti, ad agire istintivamente come mai –neppure la bestia lo richiedeva- e a cui non riuscivo a dare né definizione, né –soprattutto- origine.


Cos’era quel mostro di dolore, feroce più di quello della sete, che mi assaliva quando non la vedevo?




Silenzio, interrotto a tratti dal battito del suo cuore: melodia nell’aria notturna.
“Come mai sei qui?” chiese noncurante, sebbene la sua voce sembrasse voler testimoniare un leggero imbarazzo.
“Oh, volevo solo augurarti la buonanotte” sussurrai. Non so da quale parte del mio inconscio arrivò quella battuta, e non so neanche da dove provenisse il coraggio di risponderle in quel modo.
Anche perché, con me, non lo sarebbe mai stata.
“Alle tre di notte?” non avevo mai sentito Bella utilizzare quel sarcasmo contro di me, o almeno non in quel modo.
Sembrava rimproverarmi qualcosa, ma non sapevo bene che cosa ne fosse l’oggetto.
Si stropicciò ulteriormente i capelli, mentre le labbra si piegavano in una smorfia di puro capriccio, di pura incomprensione
 “Che cosa vuoi da me?”

Il suo tono era talmente.. sfinito, che non seppi cosa rispondere.

Rimasi ancora in silenzio, e per la prima volta compresi quanto mi stessi affezionando a quell’umana.
Anche troppo.
Sebbene la mia famiglia me lo stesse facendo notare con veemenza, io non avevo assolutamente voluto ascoltare.

Tremai, quando neppure il freddo mi toccava, ma sentii la febbre, la smania di toccarla e mi accorsi che in quel momento, mentre mi osservava senza parole, mentre mi squadrava, mentre cercava di comprendermi, avrei potuto trascinarla nell’inferno. Un inferno dove non avrebbe più avuto i capelli stropicciati, dove la sua pelle nivea sarebbe stata macchiata da pesanti macchie violacee –segno di notti insonni ed eterne- e il sangue non avrebbe più corso per coprire di rossore le sue emozioni.
Tremai, ancora.
Mi accostai al suo letto –tremavo dentro e mi chiedevo che cosa ci fosse davvero dentro di me: “E tu, Isabella, che cosa vuoi da me?” le soffiai la domanda direttamente sul viso stupefatto; la sibilai come se mai l’avessi vista prima d’ora, con la giusta dose di rancore –perché un’umana?- e di tristezza. E l’istinto ancora una volta mi accolse tra le sue braccia e mi strinse più forte di quanto volessi: involontariamente la mia mano si spinse sulla sua guancia.
Fuggire.
Due passi, veloci, invisibili; raggiunsi la finestra con un sospiro.
Codardo.
Quando mai un predatore scappa e non attacca?

Un balzo e corsi via.

**

Bella si rifugiò tra le coperte, mentre si chiedeva per quale motivo avesse mai sognato così vividamente Edward Cullen.
Mugugnò, le parole che lui aveva pronunciato scorrevano nelle sue vene, si attorcigliavano tra i suoi capelli e rimanevano intrappolate tra le pieghe della sua bocca.

“Buonanotte, Bella. Spero che il tuo prossimo sogno non sia un incubo.”


Angolino intimo:

Volevo ringraziare chiunque fosse capitato per questi lidi e avesse avuto la grandissima cortesia di commentare questo.
E naturalmente anche a chi non commentò, ma lesse e –spero- si emozionò.


EmilY_Cullen: Sono davvero lieta che ti sia piaciuta così tanto. L’ho scritta senza pensare davvero a pubblicarla, quindi sapere che possa piacere mi rende soddisfatta. Un saluto!

Exentia_dream: Oh, sono felice! Mi spiace davvero, ma questa rimarrà una one-shot :p Voleva essere uno scorcio di vita e di emozioni, e forse lo è stato davvero. Grazie ancora!

Glance: Ti ringrazio per i tuoi complimenti: arrivano decisamente come una buona novella.

Seven: La tua recensione mi giunge e mi rallegra infinitamente: come già dissi, questa rimarrà una one-shot, anche perché ho lavorato a questa storia per circa un anno e mezzo, tentando di ripescare in me tracce d’ispirazione. Ho sempre immaginato così un sogno di Bella, ma l’ho reso reale ed umano: lei che si lascia andare –come tu hai sottolineato- e che esprime così chiaramente le sue emozioni, senza lasciarsi intimidire. Ed Edward, che si dimostra l’umano che è e che sempre sarà, grazie a Carlisle.

Kialan: Donna, sono davvero felice che ti sia piaciuta, anche perchè tu sei una delle destinatarie. Di certo Edward ha un aplomb che Jacob mai avrà, ma grazie al cielo, oserei dire.
Come già sai, io l’amai davvero in Twilight ed è qui che ho voluto ritrarlo.
Nessuno sforzo, per voi questo ed altro.

Lupus: Omino, ricordo di averti stressato come non ho mai fatto con nessun altro, a causa di questa storia. Volevo che fosse perfetta, e grazie a te un po’ lo è divenuta. O almeno, perfetta per ciò che potrò mai produrre io o potrò mai sentire.
Ti ringrazio ancora.

Grazie ancora a chi aggiunse la mia storia tra le preferite: annatfl, bulma4ever, Glance e PATRIZIA70.
Mi avete resa una diciassettenne felice.
  
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