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Autore: Luna95    05/11/2009    8 recensioni
Un pettirosso. Renata Volturi. Cosa c'entrano l'uno con l'altro? Un bel niente, direte voi. Forse. Di Renata si sa poco, mi sono divertita a formulare il suo passato, che ruota sulle ultime frasi: un concetto astratto difficile, lo so. Non pretendo di aver fatto Renata IC, né di aver scritto una buona ff. Spero solo che vi piaccia.
Genere: Generale, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aro, Renata, Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Pettirosso.

Renata cuciva, seduta su una sedia a dondolo in legno chiaro.

Sì, cuciva. Lentamente, senza fretta.

Un passatempo che la faceva sentire più umana, e non le era mai stato negato quel piccolo piacere.

L’aveva visto fare migliaia di volte. Sua nonna amava cucire, sedendosi sempre su una sedia a dondolo vicino al caminetto e ascoltando la piccola Renata leggere le sue favole preferite, con placida soddisfazione.

 

In quel momento la vampira portava al collo una sottile sciarpa, tessuta con abilità dalla nonna per la sua adorata nipotina.

Renata la teneva con attenzione quasi maniacale; quella sciarpetta rossa era tutto ciò che le rimaneva della donna che l’aveva cresciuta.

 

In quel momento vestiva con una semplice camicetta bianca, una lunga gonna nera e la sciarpa rossa vicina al cuore.

Portarla al collo candido faceva contrasto con la sua delicata figura, che sembrava uscita da una fotografia in bianco e nero.

La lunga mantella scura era posata sul sofà, pronta a essere indossata in caso la venissero a chiamare.

 

Alla morte di sua nonna, accaduta quando Renata era ancora in tenera età, la bambina era stata affidata alla madre, poiché del padre non si sapeva nulla.

Bruciata con l’accusa di stregoneria dopo atroci torture pochi anni dopo.

In quel tempo Renata iniziava a fiorire nella sua gentile bellezza, ancora troppo timida da permetterle di schiudere le ali e levarsi in volo, libera nel tiepido sole della fanciullezza.

 

Aro l’aveva accolta, strappandola dalla sua cieca disperazione quand’era poco più che adolescente.

Diciassette anni, forse.
A quindici aveva visto bruciare la madre su una pira nera per le fiamme, nella piazza pubblica. I due anni successivi li ricordava a stento.

Si era portata nella nuova vita solo il filo rosso dell’infanzia, tessuto nell’adorata sciarpa, e fuoco. Un fuoco maledetto, che aveva consumato in sé il suo unico punto di riferimento. L’ultimo che le era rimasto.

 

La sua riconoscenza verso Aro traspariva in un inspiegabile bisogno della protezione della sua nuova famiglia, i Volturi.

Un bisogno morboso di essere protetta e dare a sua volta protezione, come se qualcosa avesse legato la sua anima a quelle mura, che ormai riconosceva come casa.

Non aspirava più alla libertà adulta, o al girare il mondo.

No, Volterra le bastava. Non sarebbe riuscita a uscire dalla sua boccia di vetro, perimetrata dai confini della città. Neanche voleva, a dirla tutta.

 

Aro socchiuse piano la porta, chiamando Renata con un sussurro melodioso. Lei era la sua guardia personale, senza la quale non si muoveva dal palazzo.

Lei trasalì, mise via il lavoro, indossò la mantella e lo seguì nervosamente: quasi messa in soggezione dalla sua figura cordiale e influente.

Aro a sua volta sogghignò, senza sentirsi minimamente colpevole. No, affatto.

Dopo secoli era solo gongolante per aver raggiunto il suo scopo.

 

Un pettirosso rinchiuso in gabbia non muore. Semplicemente diventa incapace di usare le ali.

La gabbia gli basterebbe, la libertà sarebbe un concetto troppo astratto per lui.

No, il piccolo pettirosso non vorrebbe mai volare via.

È il mondo esterno che lo ucciderebbe.

---

Angolo Autrice. 

Ehilà gente. Sì, mi sto dedicando con passione alla guardia dei Volturi. 

Oh yes. Per vostra sfortuna.

Questa One shot mi piace abbastanza, se devo essere sincera (evviva la modestia). 

Non credo sia semplicissima da spiegare come quella di Demetri, purtroppo. 

Non si sa nulla del passato di Renata, solo che è caratterialmente molto ansiosa. 

Mi è capitata tra le mani una sciarpa che non vedevo da tempo e... e lì la fantasia è volata. 

Immagino Renata cresciuta dalla nonna, poi affidata all'incostante madre senza un marito. Siamo verso i primi anni del settecento, quando ancora si praticava la caccia alle streghe. Renata vaga per due anni, con la sola protezione di sé stessa (scudo fisico). Aro la trova e la prende con sé, proteggendola. O come preferisco, rinchiudendola nella boccia di vetro, ovvero Volterra. 

La similitudine col pettirosso non è casuale: ricorda, infatti, la sciarpa rossa a cui è affezionatissima. 

Mi piace troppo la parte in corsivo alla fine. Non so, è venuta da sé, non ci ho pensato né mi sono sforzata. Come se fosse sempre stata lì, e aspettassi che io la decifrassi da tutto quel casino (alias la mia mente). 

Ho finito di annoiarvi. Spero vi piaccia!

   
 
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