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Autore: beat    06/11/2009    4 recensioni
Appena fuori dalla porta, Temari si concesse di sospirare profondamente.
Eppure era sicura di avere visto Kankuro in giardino, due sere prima.
Solo che quando la mattina dopo l'aveva cercato, non ne trovò la minima traccia in tutta Suna.
Bah, forse la stanchezza le aveva giocato un brutto scherzo.

Prima classificata al "Ghost" Contest indetto da XxLirin chanxX
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kankuro, Sabaku no Gaara , Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi non mi appartengono e questa fiction non è stata scritta a scopo di lucro.

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Autore: beat
Titolo: Stupide pozzanghere e marionette parlanti
Personaggi: Kankuro, Temari, Gaara
Genere: Commedia
Rating: Giallo
Avvertimenti: One-shot
Introduzione:  Appena fuori dalla porta, Temari si concesse di sospirare profondamente.
Eppure era sicura di avere visto Kankuro in giardino, due sere prima.
Solo che quando la mattina dopo l'aveva cercato, non ne trovò la minima traccia in tutta Suna.
Bah, forse la stanchezza le aveva giocato un brutto scherzo.
Note dell'Autore (facoltativo): Non credo di dover dire nulla a riguardo se non: buona lettura!
Beta-reader (se presente): Me stessa! XD


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Stupide pozzanghere e marionette parlanti



“Ehi Gaara, hai per caso visto Kankuro?”

Il Kazekage alzò gli occhi dal documento che stava leggendo per rivolgere l'attenzione alla sorella. Meditò un attimo prima di rispondere.

“È in missione.”

Anche Temari ci pensò un attimo prima di porre la domanda seguente.

“Ne sei sicuro?!”

Gaara affilò automaticamente lo sguardo.
E Temari si affrettò a rettificare la sua domanda.

“No, certo, lo so che ne sei sicuro. Quello che intendevo era se per caso sapevi se poteva essere già tornato...”

“Non credo. A meno di contrattempi, non dovrebbe essere di ritorno prima di tre giorni. Ma come mai queste domande?” chiese infine, interessato all'insistenza della sorella riguardo la questione.

“So che è strano, ma mi era sembrato di vederlo in giro per casa l'altra sera..! Ma forse mi sono sbagliata io!”

Gaara annuì impercettibilmente, per poi rimanere in attesa nel caso la sorella avesse avuto altro da aggiungere. Ma visto che non parlava e non accennava nemmeno a volersene andare, fu costretto lui stesso a prendere di nuovo la parola.

“C'è altro?”

“No, nient'altro. Scusa se ti ho fatto perdere tempo!”

Gaara annuì di nuovo, salutando poi la sorella che immediatamente uscì dallo studio di suo fratello.
Appena fuori dalla porta, Temari si concesse di sospirare profondamente.
Eppure era sicura di avere visto Kankuro in giardino, due sere prima.
Solo che quando la mattina dopo l'aveva cercato, non ne trovò la minima traccia in tutta Suna.
Bah, forse la stanchezza le aveva giocato un brutto scherzo.

“Stupido Kankuro!” esclamò, esternando a voce alta i suoi pensieri “Sempre a farmi perdere tempo!” e con passo svelto si diresse verso l'esterno, per andare ad allenarsi.

“Chi sarebbe lo stupido fratello?! Eh? Ehi, maledetta, non ignorarmi! Non ignorarmi!” Kankuro le urlò dietro, ma Temari non lo sentì. Il povero ragazzo sospirò per l'ennesima volta.

Erano due giorni che provava in qualunque modo ad apparire ad almeno uno dei suoi fratelli, ma fino a quel momento non era riuscito che a farsi intravedere nella nebbia della sera da sua sorella.
Che a quel punto si era anche convinta di avere preso un abbaglio.
Cavolo!
Odiava quella stramaledetta situazione!
La sua di sicuro temporanea condizione di entità incorporea lo stava facendo diventare matto. Sebbene in un primo momento avesse trovato fantastica la sua nuova capacità di levitare a qualche spanna da terra e di poter passare attraverso porte e muri, a ben analizzare la questione, si era reso conto che la sua inconsistenza lo costringeva anche a non poter in alcun modo afferrare gli oggetti, né a farsi sentire da alcuno, né – naturalmente – a farsi vedere da anima viva.

Fluttuando attraverso la porta dello studio di Gaara, Kankuro vi entrò, deciso a riprovare a farsi sentire dal fratellino.
Braccia conserte e cipiglio sicuro, si concentrò con tutto il suo essere.

“Gaara...Gaara...Gaara...Gaara...Gaara...”

Continuò così finché non sentì la gola bruciargli. Beh, metaforicamente parlando.
Provò tutte le varianti possibili delle locuzioni atte a richiamare l'attenzione di qualcuno, ma nessuna sembrava avere effetto. Nemmeno gli insulti.
E anche se era pur vero che spesso e volentieri Gaara lo ignorava di proposito, dopo tre ore di cantilene infinite anche l'impassibile Kazekage avrebbe dovuto cedere.

Per cui la situazione era inequivocabilmente una sola.
Era davvero diventato un fantas...

“No! Io non sono un fantasma! Mi rifiuto!”

In contrasto con i suoi stessi pensieri, il ragazzo scivolò via.
Si era stufato della faccia monotona del fratello.
Cercando di non pensare a quelle cose decisamente spiacevoli e di sicuro poco plausibili, Kankuro tornò dalla sorella.
Ma anche con lei non ebbe miglior fortuna che non Gaara.
E così calò una nuova sera. Il cielo si fece di un intenso color rosso.

Scoraggiato per una nuova giornata di insuccessi, Kankuro fluttuò mesto dietro Temari, che stava rientrando a casa per la cena.
Per tutta la durata del pasto provò a rovesciare bicchieri e altri oggetti, ma anche questo tentativo andò a vuoto.
Si stava davvero stancando di tutta quella storia.
E oltre all'irritazione si stava facendo avanti anche uno spiacevole sentore di delusione.
Sebbene la sua testa si rifiutava tenacemente di formulare in modo chiaro ed inequivocabile il pensiero, il suo cuore sentiva ormai con chiarezza l'evidenza della sua situazione.

Era un fantasma.
Era un fantasma e quindi doveva essere morto.

Kankuro imprecò di nuovo ripensando a quella stramaledettissima pozzanghera. Sabbie mobili di merda!
Fosse stato vivo, sarebbe diventato scarlatto dalla vergogna a ripensare a quello che gli era capitato.
Un errore che nemmeno un principiante...anzi no! Nemmeno un idiota avrebbe potuto essere così idiota da non accorgersi di quelle infidissime sabbie mobili.
Ok che era sovrappensiero, magari era stato anche un po' imprudente...ma cavolo!
Finire dritto dritto dentro quella schifosissima pozzanghera era stata la cosa più umiliante di tutta la sua vita!
Non voleva nemmeno ripensare a tutti i suoi – vani – sforzi per tirarsene fuori. Non era riuscito a fare nulla.
Non si era mai sentito così inutile ed umiliato in tutta la sua vita!
Lo faceva infuriare pensare che era morto in uno schifo di pozzanghera, in quello schifo di villaggio. L'avevano anche pagato schifosamente poco per quella missione!
Niente, tutto quello che gli veniva in mente riguardo la sua morte era: che schifo!

Quando i due fratelli ebbero finito di mangiare, Kankuro sbuffò dall'impazienza.
Finalmente presto sarebbero andati a dormire, e lui non vedeva l'ora di tentare di mettere in pratica un'idea che aveva avuto quella mattina.
Si era ricordato di alcune antiche leggende che aveva letto da qualche parte riguardo i fantasmi, e anche se ora non rammentava tutti i dettagli, si ricordava perfettamente del fatto che solitamente i fantasmi riescono a comunicare meglio la notte, e in particolar modo quando le persone a cui si stanno rivolgendo sono addormentate.
Non che la cosa avesse molto senso ma, vista la sua situazione, Kankuro era deciso a tentare di tutto.

Per cui, attese pazientemente che Temari si mettesse a letto – con Gaara non ci avrebbe nemmeno provato: il ragazzo aveva ancora parecchie difficoltà a lasciarsi andare ad un sonno come si deve.
Kankuro fissò rimuginando la sorella, un piede, se fosse stato corporeo, che batteva impaziente per terra. Ma quanto ci metteva ad andare a dormire?!
Era rimasta chiusa in bagno almeno venti minuti, e ce ne erano voluti altri trenta perché la ragazza fosse definitivamente soddisfatta dei suoi capelli. Cavolo! Non si può passare mezz'ora a pettinarsi una chioma che in ogni caso non sta a posto!
Kankuro esultò quando la sorella si decise infine ad infilarsi sotto le coperte.
E da lì fu con animo più leggero che attese che Temari cadesse infine nel mondo dei sogni.
Quando vide che aveva smesso di agitarsi, girandosi e rigirandosi sotto le coperte, Kankuro si avvicinò a lei.
Dubitava profondamente del metodo che stava per utilizzare, ma davvero non sapeva più che pesci pigliare.
Per cui, si sedette a gambe incrociate sul petto della sorella – ricordava un'inquietante illustrazione a riguardo – e cominciò a mormorare il suo nome come una tetra cantilena.
Esultò quasi quando vide la sorella agitarsi nel sonno, le sopracciglia corrugate e il suo nome sulle labbra.

“Kan..Kankuro...”

“Sì! Per Shukaku, sì! Sono io! Sono qui!”

“Kankuro, idiota! Non provare a toccare i miei trucchi!”

Fosse stato corporeo, sarebbe caduto a terra con un tonfo sonoro.

“Dannata sorella! Stai solo sognando!”

Masticando tra i denti un'imprecazione si rimise in piedi.
Niente, nemmeno quello sembrava aver funzionato.
Cavolo!
Scoraggiato oltre ogni dire, Kankuro lasciò la stanza della sorella.
A parte che la ragazza doveva aver cominciato a sognare Nara – e lui non voleva in alcun modo stare lì ad ascoltare – ormai aveva capito che non c'era più molto da fare. Evidentemente quelle sciocchezze sul comunicare con i vivi erano davvero solo delle leggende e nulla di più.

Fluttuò ondeggiando fino alla sua camera. Si rincuorò un poco immergendosi di nuovo in quell'ambiente così familiare: il letto, gli attrezzi, il tavolo da lavoro su cui aveva poggiato Kuroari, per ricordarsi che doveva ripararlo al suo ritorno. Cosa che non avrebbe più potuto fare.
Se ne dispiacque, come pure si sentì triste oltre ogni dire ripensando a Karasu, sepolto in quel fango infido insieme al suo povero corpo.
Che vita ingiusta!
Che fine disdicevole!
Kankuro si sedette sullo sgabello di fronte al tavolo. Quante ore aveva passato chiuso lì, chino su una qualche marionetta da aggiustare!
Provò una forte nostalgia.
Accarezzò la testa di Kuroari.
Gli sarebbe mancato non poter più farla muovere, darle vita.
E fu in quel momento che accadde.

Kankuro fece un tale balzo all'indietro che se avesse ancora avuto il corpo avrebbe, con quello scatto improvviso, di sicuro buttato a terra metà delle cose che aveva in stanza.
Kuroari si era voltato verso di lui.
Deglutendo più per abitudine che per necessità, si avvicinò alla marionetta.
Era immobile, ferma e senza vita come prima.
Con la mano che tremava leggermente, Kankuro provò ad accarezzare di nuovo la testa della marionetta.
Non accadde nulla.
Sbatté la palpebre confuso, e provò di nuovo. Questa volta però si concentrò sul serio, e in effetti vide di nuovo la marionetta spostarsi un poco.
Cercando di contenere l'euforia che lo stava velocemente invadendo, Kankuro si accorse che dalle punte delle sue dita si irradiava un fioco bagliore.
Guardando meglio, riuscì addirittura a intravedere un sottile filo di chakra.
Esiguo, quasi inesistente, ma era pur sempre del chakra. E con quello era riuscito a muovere la sua marionetta!
Rise a gran voce.
Tutte quelle energie sprecate per cercare di parlare con i suoi fratelli quando sarebbe bastato fare quello che sapeva fare meglio.
Soffocando le risate che gli scuotevano il petto, il ragazzo si concentrò sul suo nuovo obiettivo.
Voleva riuscire a fare muovere Kuroari quel tanto che bastava per riuscire a comunicare con Gaara e Temari.
Dovette fare degli enormi sforzi, e i risultati comunque non furono granché soddisfacenti.
Ma in fondo non sperava di ottenere di più. Se era vero che il chakra era l'unione di energia fisica e mentale, lui che ora del suo corpo aveva mantenuto solo un pallido eco non poteva certo sperare in risultati migliori.
Ma quel poco che era riuscito ad ottenere forse sarebbe bastato.
Gli ci vollero tre giorni prima di riuscire ad essere in grado di far alzare Kuroari.
Doveva sbrigarsi, non voleva certo far preoccupare più del dovuto i suoi fratelli.
Già si era accorto che Temari era più nervosa del solito, essendo lui in ritardo e non avendo mandato notizie di alcun genere.

“Come se fosse semplice..!” borbottava tra sé e sé, anche se in cuor suo sperava di riuscire a migliorare il più in fretta possibile.

All'alba del quarto giorno, quando ormai anche Gaara poteva dirsi preoccupato per la prolungata assenza del fratello, Kankuro decise di mettersi all'opera.
Aveva capito bene o male quali erano i suoi limiti, per cui attese che uno dei due fratelli passasse davanti alla sua stanza: invece che portare da loro Kuroari, avrebbe condotto loro da lui.
Quando vide Temari passare baldanzosa lungo il corridoio, si affrettò a rientrare in stanza. Concentrandosi al massimo, fece afferrare a Kuroari un martello, che la marionetta lasciò cadere a terra proprio mentre la ragazza sorpassava la porta della stanza del fratello.
Kankuro pregò che l'avesse sentito, e in effetti quasi immediatamente non udì più i passi di Temari risuonare sul pavimento.

“Kankuro?”

“Si, sono qui!” rispose di riflesso lui, anche se lei non poteva sentirlo.

Vide la porta socchiudersi e comparve la figura di sua sorella.

“Kankuro?!” chiese di nuovo.

Quello che vide Temari nella penombra della stanza era Kuroari in piedi di fronte al tavolo di lavoro del fratello.

“Kankuro!” chiamò di nuovo, a voce alta.

Kuroari fece un cenno con un braccio, ma nulla di più.
Temari fissò perplessa la marionetta, per poi cominciare a frugare nella stanza.

“Kankuro!” esclamò per l'ennesima volta, indispettita “Non fare il cretino ed esci fuori! Ci hai fatti preoccupare, idiota!”

Ma non ottenne risposta di sorta.
Inviperita, la ragazza si diresse a larghe falcate verso Kuroari. Afferrò la marionetta per il collo e, come avrebbe fatto se avesse avuto per le mani il fratello, prese a scuoterla violentemente.

“Allora? Mi sembra che tu abbia scherzato abbastanza!”

Purtroppo il movimento brusco di Temari aveva fatto in modo che la connessione dei fili di chakra si interrompesse. Kuroari si accasciò senza vita per terra, e per un attimo Temari non seppe che cosa pensare. Stava di nuovo per inveire contro il fratello quando si accorse che, lentamente e con grande difficoltà, Kuroari si stava rialzando.
Traballava, come se fosse stata davvero molto instabile. Cozzò contro il tavolo, e per un attimo vacillò pericolosamente.
Solo dopo alcuni tentativi riuscì a rimettersi in posizione eretta.
Sempre lentamente, la marionetta indicò a Temari un foglio che era stata poggiato sul tavolo.
Kankuro ci aveva messo circa due giorni – complici anche le zampe senza vere e proprie dita di Kuroari – ma alla fine era riuscito a scrivere un biglietto dove spiegava sommariamente quello che gli era successo. Certo, la scrittura era un po' tremolante, ma nel complesso si riusciva a leggere tutto.

Temari rimase a scrutare quella misteriosa missiva per cinque minuti buoni.
La lesse e rilesse non so quante volte, ogni passata la lasciava sempre più attonita.
Alla fine, con una lentezza quasi esasperante, alzò gli occhi dal foglio, per fissarli su Kuroari.
La marionetta era in piedi di fronte a lei, immobile, silenziosa.

“Se è uno scherzo, sappi che non mi sto divertendo, Kankuro!” esclamò, la voce che tremava appena.

Il ragazzo, a quel commento, rispose facendo in modo che Kuroari si esprimesse in un gesto invero poco fine, da dal significato palesemente indiscutibile.
Nemmeno lui si stava divertente, dannazione!
Temari cercò di ricacciare il profondo senso di inquietudine che l'aveva assalita.
Sforzandosi quanto più poteva, si concentrò sul vuoto intorno a Kuroari. Dopo qualche minuto di attenta analisi, poté effettivamente notare, proprio di fianco alla marionetta, una zona dove l'aria sembrava quasi densa. Le sembrava anche di poter intravedere la forma delle mani del fratello, avvolte in un debolissimo bagliore azzurrino.
Trattenne a stento un singulto.

“Oh no...”



*****


Temari, Gaara e Kuroari erano nell'ufficio del Kazekage.

Non appena la ragazza si era pienamente resa conto di quello che era accaduto al fratello, era scoppiata in un pianto irrefrenabile. Era stato difficile farla smettere, e per Kankuro fu ancor più difficile dover assistere al profondo dolore della sorella senza poter fare nulla per poterlo anche solo alleviare.
Alla fine però, facendosi un gran forza d'animo, Temari si era asciugata le lacrime e aveva di nuovo indossato la sua maschera di ragazza forte e autoritaria.
Sentendosi un po' stupida, aveva provato a rivolgere qualche domanda al fratello e lui, in qualche modo, era riuscito a risponderle attraverso Kuroari.

La situazione era irreale!

Solo dopo parecchie ore, Temari si era resa conto che doveva avvisare anche Gaara di quella...situazione.
Prese in braccio Kuroari – Kankuro non ce l'avrebbe fatta a trasportarlo fin da Gaara – e i due si diressero verso l'ufficio del Kazekage.
Temari aveva spiegato la questione al fratellino, cercando di avere tatto, ma al contempo di risultare anche il più possibile convincente.
Gaara aveva ascoltato tutto per filo e per segno, rimanendo per tutta la durata del racconto immobile e in completo silenzio.
Solo alla fine, quando Kankuro diede un dimostrazione riprendendo il controllo di Kuroari, sul viso di Gaara si poté leggero un moto di sconcerto e anche di profondo dolore.
Non l'avrebbe mai esternato come aveva fatto la sorella, ma quella notizia, quell'assurdità l'aveva colpito in maniera terribile.

“Quindi...sei un fantasma...”

Kuroari annuì.
Gaara lo imitò, tornando poi al suo meditabondo silenzio.

“E che cosa succederà, adesso?”

Kankuro non lo sapeva.
In realtà dubitava che ci fosse qualcuno che poteva saperne qualcosa di utile a riguardo.

“Beh...” intervenne Temari “Per ora direi che non c'è molto da fare...”

“Si, hai ragione.” convenne il fratellino.

“Però...” continuò lei, arrossendo appena “Sono felice che tu ci sia ancora, Kankuro. In un modo o nell'altro...”

Avesse avuto il corpo, Kankuro sarebbe arrossito.
Sua sorella non era mai gentile con lui. Sapeva che gli voleva bene, ma non lo dimostrava quasi mai. E quelle poche volte in cui lo faceva, Kankuro ne era segretamente molto felice.

“Si, però, una morte così...” puntualizzò Temari, subito dopo “...è davvero terribile! Nemmeno volendo un idiota sarebbe riuscito a trovare una fine così stupida!”

Ed erano commenti come questi che rammentavano a Kankuro perché, nel profondo del proprio cuore, odiasse visceralmente la sua stessa sorella.
Kuroari tremò, quasi ad imitare il corpo scosso di stizza del suo padrone.
Vedendo ciò, Temari non resistette e si lasciò andare ad una risata liberatoria.
Kankuro invece prese ad inveire pesantemente all'indirizzo dell'amata sorella, anche se non lo poteva sentire, minacciandola del peggio che gli veniva in mente, mentre sotto i movimenti involontari delle sue dita, Kuroari sembrava stesse eseguendo una buffa danza esotica.

Gaara fissò la scena senza dire nulla, limitandosi a sorridere non visto.



*****


Kankuro, sempre nella sua stanza, si stava esercitando di nuovo a controllare Kuroari.
I progressi effettivi non erano molti, ma pur nella limitatezza di quello che sapeva fare, ora, dopo un paio di settimane di allenamento, era quanto meno diventato più resistente. Riusciva a manovrare la marionetta anche per un'ora di seguito e non doveva più riposarsi mezza giornata dopo uno sforzo del genere.
Ghignando per i soddisfacenti risultati raggiunti, il ragazzo staccò i fili di chakra. Ormai era notte fonda, e anche li aveva bisogno di riposare.
Purtroppo però aveva reciso i fili con un po' troppa energia, e Kuroari era caduto malamente a terra, portandosi appresso anche un paio di cose che c'erano sul tavolo. Naturalmente il tonfo fu abbastanza rumoroso da attirare l'attenzione di Temari che, dalla stanza affianco, non perse un secondo di tempo per battere contro la parete che divideva le loro due camere.

“Silenzio! C'è gente che vuole dormire qui! Vai a far casino da un'altra parte!”

“Arpia!” ribatté Kankuro, anche se Temari non poteva sentirla.

“E guai a te se mi hai appena insultato!” urlò ancora la ragazza.

Kankuro sbuffò.
Poi però un sorriso storto gli si disegnò sul volto.
Era un fantasma, giusto?
E non è forse compito dei fantasmi di far rumore la notte, impedendo agli ospiti inopportuni di chiudere occhio?

Ridacchiando, il ragazzo prese Kuroari e lo fece sbatacchiare contro tutti i mobili e le pareti della sua stanza.
Naturalmente Temari non apprezzò, e per una mezz'ora buona i due continuarono a darsi addosso, lei con le urla, lui con il fracasso.

Era un fantasma, dopotutto.
Anche lui aveva la sua dignità da difendere!





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Angolo dell'Autrice:


Grammatica e lessico: 9.6/10 punti
Stile: 9.3/10 punti
Aderenza alla traccia: 14.5/15 punti
Originalità: 14.6/15 punti
Opinione personale dei giudici: 4.1/5 punti
Totale: 52.1/55 punti


Questa fiction ha partecipato al 'Ghost' Contest
indetto da XxLirin chanxX, classificandosi orogliosamente prima! *__*
Sono davvero molto felice di ciò!
E non solo per la posizione, ma anche e soprattutto perché ho vinto una scommessa con me stessa: letto il bando, nonostante per il tema sembrasse strano, ho deciso di fare una fiction comica e vedere che cosa ne sarebbe uscito. E devo dire che sono molto felice di questa storia, e sono anche contenta che la mia idea di farla comica abbia influito positivamente sulla votazione dell'originalità. ^__^

Per cui, ringrazio le tre giudici, Lirin, Bimba_Chic_Aiko, e Rota23 (grazie di nuovo per il "premio Rota" <3) e tutte le partecipanti.
Non riporto qui i commenti perché sono un pò lunghini (cosa in ogni caso graditissima), ma li potete trovare nel link di qui sopra.



Fatemi sapere i vostri commenti, pareri o critiche!

Grazie a chi vorrà lasciare una recensione e a quanti leggeranno e basta.

Beat








   
 
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