Buon giorno e buon sabato a tutti.
Vi scrivo dall’alloggio universitario, da martedì mi
sono ufficialmente trasferita qui. E anche da qui vi penso e posto, non lascio
a metà le mie storie…
Non ho moltissimo tempo, perché ora sono immersa
nello studio, nel seguire i corsi, è tutto frenetico, ma mi piace tanto.
Emmajane:
grazie
per aver letto e recensito, mi auguro di saper mantenere viva la tua curiosità.
Farò del mio meglio…ah la fantasia fa danni, ormai sono intrappolata nelle mie
fan fiction uff…spero che questo capitolo possa piacerti ^^
Fracullen:
grazie
mille, mi auguro resti interessante fino alla fine :), ci tengo molto alla
buona riuscita di questa storia…
Synie:
mi
invidi??? E come mai?!? Forse le sensazioni mi son venute bene perché le ho
vissute, non so…mmm…c’è tanto di me in Meredith. Non posso farci niente, in
ogni storia che scrivo, ci lascio qualcosa di mio, non riesco a discostarmi. Scusa
la smetto di blaterare. Ti lascio alla lettura del capitolo, spero di piaccia…
Lady
jadis: leggere la tua recensione mi ha commossa…le tue parole sanno sempre
arrivarmi dritte al cuore, si depositano lì e mi fanno stare bene. È così bella
questa sensazione, sai? Grazie per quello che fai, per quello che mi dici, per
il tuo credere così tanto in me…non so come fai, ma è bello…grazie, grazie,
grazie…!!!
Un saluto speciale alla mia amica meravigliosa,
Jenny…grazie per tutto!!! e grazie a chi ha inserito la storia tra preferite/seguite!!! siete meravigliose!!!
Ora vi lascio al capitolo…alla prossima…
Capitolo
1 “Dentro un sogno”
Un albero,
due alberi,
tre alberi.
Possibile che attorno a me tutto fosse così…verde?
Ovunque mi voltassi, ogni cosa sapeva di pioggia, di viscido e per camminare
dovevo ben guardare dove mettessi i piedi. Quel posto mi incuteva paura,
sentivo ogni sorta di rumore alle mie spalle, ma avevo il terrore di voltarmi;
spesso mi sembrava di udire un ringhio, ma non permettevo a quest’informazione
di giungere al cervello per essere effettivamente elaborata, la scacciavo via
prima che il danno fosse irreparabile. Però ad un certo punto, quel ringhio
giunse troppo vicino al mio orecchio: paralizzata mi fermai, chiusi gli occhi
terrorizzata. Sentivo qualcuno soffiarmi sul collo, un soffio glaciale, ma non
provai ribrezzo, bensì piacere…un immenso
e inspiegabile piacere. Ansimai quasi, riaprendo di scatto gli occhi, ma
sentii che la figura alle mie spalle si era irrigidita. “Chi sei?” chiesi senza
alcuna paura, scossa ancora da quella strana sensazione “Il tuo peggiore
incubo” al suono di quella voce tanto roca e calda tremai, ma non di paura e il
mio cuore tamburello talmente forte che il suo suono rimbombò nell’aria
circostante. Mi stavo per voltare quando, un rumore fastidioso mi costrinse a
chiudere gli occhi. Quando li riaprii, notai un comodino beige con su una
strana sveglia rossa, mi strofinai gli occhi con un braccio, poi mi resi conto
di trovarmi in una stanza, di scatto mi misi seduta sul letto, mi guardai
intorno stupefatta. Quella non era la mia camera e quello in cui ero stesa, non
era il mio letto. Provai a chiudere e a riaprire gli occhi numerose volte, ma
nulla, tutto restava com’era. Sconvolta fissavo le pareti, erano azzurre, il
soffitto a punta, sulla sinistra ai piedi del letto c’era una vecchia sedia a
dondolo, illuminata dalla fioca luce che proveniva dalla finestra, racchiusa da
tendine ingiallite probabilmente dal tempo. Sul lato destro una scrivania, su
di esso un pila di libri e un computer vecchiotto, di seguito un piccolo
armadio di legno e uno specchio. Per terra, il pavimento era di legno, sembrava
abbastanza pulito, notai un sottile filo nero: ne seguii il percorso e vidi che
era collegato al cavo del telefono, con gli occhi tracciai il percorso al
contrario e capii: si trattava di un vecchio modem per computer. Stranamente
non mi sentii a disagio, sorrisi “E’ un bel sogno!” dissi “Ma credo sia giunto
il momento di tornare alla realtà” e mi diedi un pizzico, ma non accadde niente
“Se è uno scherzo è di cattivo gusto” riprovai ancora, ma nulla. Un senso di
agitazione cominciò a scalpitare dentro di me “Andrew, Andrew, Andrew!!!”
gridai in preda al panico, quando la maniglia della porta s’abbassò, sorrisi,
ma dovetti ricredermi quando la figura che m’apparve dinanzi non era quella che
mi aspettavo: al suo posto un signore di media altezza, capelli e baffo castani
che mi guardava impaurito “Figliola tutto apposto?” mi accigliai “E’ uno
scherzo, vero?” chiesi squadrandolo “Dov’è Andrew? Cosa ci faccio qui!” urlai
indicando la stanza, il signore mi scrutò confuso “Hai deciso tu di trasferirti
qui, non lo ricordi?” mi portai le mani alle tempie, cercando di calmarmi, ma
come potevo? Mi trovavo in una casa che non era mia e quel signore mi aveva
chiamata “figliola”, ma non lo conoscevo affatto. Si avvicinò e mogio si
sedette sul letto, quasi temesse la mia reazione “Se vuoi tornare a Phoenix da
Renée, io lo capisco…” disse guardando a terra.
Un attimo. Aveva detto Renée? Questo nome mi era
familiare, mi portai una mano sotto il mento e cominciai a vagliare i luoghi
dove avevo potuto conoscere una persona con questo nome. A scuola non di certo,
non era una compagna di mio fratello, né una ex…Poi d’improvviso, m’illuminai.
Cominciai a ridere “Non è possibile!” mormorai più a me stessa, l’uomo ora mi
fissava sconvolto “No, ditemi che è un sogno. Tu sei Charlie per caso?” chiesi
ancora ridendo, tenendomi la pancia con la mano “Signorina Swan, siamo ironiche
a prima mattina? Chi altro potrei essere secondo te?” mi asciugai le lacrime,
fuoriuscite per le troppe risate “E io sarai Isabella Swan?” Charlie ridacchiò
“Ora vuoi essere chiamata col tuo secondo nome? Se hai sempre detto che è
orribile” mi bloccai. Dunque non mi chiamavo Bella? “Signorina Meredith
Isabella Swan” pronunciò il mio nome completo, come se mi avesse letto nel
pensiero “Se abbiamo finito con le battutine, io dovrei andare a lavoro e tu a
scuola. È il tuo primo giorno. Giù troverai il Chevy di cui ti ho parlato ieri”
sobbalzai. Stavo sognano, non poteva essere reale. “Quello che hai acquistato
da Billy?” domandai speranzosa “Esatto, sempre quello. Non è cambiato nulla da
ieri, Meredith. Ora sbrigati o farai tardi” si alzò e si avviò verso la porta,
prima di uscire disse:”Ah poi dovrai spiegarmi chi è questo Andrew che tanto
reclamavi prima…” e senza voltarsi scese le scale, lasciandomi sbigottita.
Perfetto e ora come gli spiegavo che era mio fratello e che io non ero sua
figlia? Mi sarei dovuta inventare quanto prima qualcosa, ma sbagliavo o nel
libro Bella diceva che il padre era discreto…bah…
Balzai in piedi, mi guardai ancora attorno e risi.
Assurdo. Mio fratello aveva ragione, infondo non mi dispiaceva. Risi ancora, ma
mi fermai non appena ricordai cosa mi aspettava quel giorno: avrei incontrato
lui, il mio vampiro. Il cuore cominciò freneticamente a battere “Oh cavoli e
ora che mi metto?!?” corsi all’armadio e dopo varie indecisioni, optai per un
jeans e un maglione lilla, mi affacciai alla finestra e ovviamente, come descritto
nel libro, il cielo era plumbeo e pioveva. Sorrisi. Sogno o no avevo deciso che
mi sarei divertita, volevo sfruttare questa possibilità. Poi non era detto che
Edward ci fosse realmente e con lui tutta la storia dei vampiri.
Mi feci una rapida doccia, mi vestii, soffermandomi
a lungo allo specchio: ero pur sempre io, anche se con secondo nome e
cognome
diversi. Non ero bella, ero nella media, né troppo alta,
né troppo bassa,
formosa, anche troppo a mio parere. Carnagione chiara, occhi castani,
tendenti
al verde alla luce del sole, li avevo ereditati da mamma e i miei
capelli
castano chiari, mossi scendevano ribelli sulle spalle. Gli sarei
piaciuta?
Sarei stata in grado di attirarlo? Lo desideravo, sentivo e pretendevo
di
essere stretta dalle sue braccia possenti, sentire il suo fiato sul
collo, la
sua voce nelle mie orecchie. Ma che razza di pensieri stavo facendo?
Neanche lo
conoscevo, anzi non sapevo neanche se esistesse realmente. Stupida,
idiota! Imbarazzata,
mi sistemai una ciocca dietro l’orecchio e di corsa scesi
giù a fare colazione,
Charlie era lì che mi aspettava, prima di parlare mi
fissò a lungo “Ti sei
ripresa?” domandò curioso “Si, scusa per prima, ma
avevo fatto un incubo!” “Sei
proprio stramba, stare con tuo madre ti ha reso come lei” sentire
il nome
“madre” mi fece sussultare e mi rabbuiai “Ho detto
qualcosa che non va?” negai
con la testa “Vado a scuola. A dopo” “In bocca al
lupo, Mery” mi girai
sconvolta, solo mia madre mi chiamava così e non volevo che
qualcun altro lo
facesse, nessuno poteva prendere il suo posto “Non chiamarmi in
quel modo, non
mi piace” dissi scura in volto “Ok…sei tanto
cresciuta, figlia mia” “Già…” chinai
il capo e corsi fuori al pick up, pronta per questa nuova avventura.