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Autore: Andy Grim    07/11/2009    6 recensioni
E se i personaggi di Candy Candy fossero vissuti 30 anni più tardi? E se la guerra che incombeva sullo sfondo non fosse stata la Prima ma la Seconda Guerra Mondiale?
E se la collega di Candy - Flanny Hamilton - avesse incontrato una persona speciale mentre faceva la crocerossina?
E se questo capitolo incontrasse il vostro favore e ne seguissero altri, cronologicamente successivi?
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9: Chi non muore si rivede

Capitolo 17: La notizia   

 

UCPFH 17

 

 

I

l rumore dell’acqua scrosciante interruppe il sonno leggero di Flanny. La donna, dopo essersi passata la mano sul volto, l’allungò nel letto per sentire il calore del marito, che stava abbandonando lentamente il lenzuolo stropicciato.

Diede allora un’occhiata fugace al quadrante della sveglia, dove le lancette fosforescenti indicavano le quattro e quarantasette.

Si alzò, s’infilò rapidamente la vestaglia e si avvicinò al lettino di suo figlio, che dormiva beatamente col sorriso sulle labbra. Dopo avergli dato un leggerissimo bacio sulla guancia, si diresse verso il cucinotto, infilò due fette nel tostapane e accese il fornello sotto l’alambicco del caffè.

Mentre l’acqua stava bollendo comparve il marito, avvolto nell’accappatoio, mentre si asciugava i capelli: “Come mai già in piedi? Non sei di riposo, stamattina?”

“Ma tu no.” rispose lei, semplicemente, riempiendogli la tazza.

Andy sorrise, assaporando il calore che avvertiva in mezzo al petto, per poi avvicinarsi alla compagna e abbracciarla affettuosamente da dietro: “Flanny Hamilton: infermiera per professione e moglie per vocazione” disse, col mento appoggiato sulla sua spalla “o è il contrario?”

Lei si girò, schioccandogli un bacio ardente: “Se non l’hai capito in più di due anni di matrimonio, dovrai tenerti la curiosità!” gli rispose, con una punta di malizia.

“E perché no?” replicò lui, mettendosi a sedere “Non è forse la curiosità che alimenta i legami coniugali?”

“Sì… e anche la pazienza.”

Andy credette di notare una lievissima punta di sarcasmo.

“Dica la verità, signora Greason: è forse pentita di non essersi scelta il suo partito fra qualche dottorino promettente?”

“Serve a poco pentirsi, quand’è troppo tardi” rispose lei, lanciandogli uno sguardo obliquo “bevi, piuttosto, che ti si fredda il caffè.”

“Agli ordini” rispose lui, strizzando l’occhio “mmm… eccellente, come al solito!”

“Goditelo: non ce n’è rimasto molto.”

“Ah, sì? Dirò a Master d’accennarne a Patroni.”

“Speriamo che i tuoi superiori non lo vengano a sapere che utilizzate gli aerei da carico per portare il caffè da New York!”

“Che c’è di male? Qualche cassa di miscela non aumenta certo il consumo di carburante. Se a Washington pensano che potremmo mantenere il nostro standard con quella broda di the inglese, sono del tutto rimbambiti! Fortuna che il cugino di Patroni gestisce proprio il Caffè Reggio di McDougal Street, così può garantirci un rifornimento costante.”

“Sempre fortunati, voi!” commentò ironica la moglie, spalmandosi del burro di arachidi sul toast.

“In guerra direi che non guasta!”

“No di certo… a patto che finisca prima della buona sorte!”

“Già…!” commentò lui, addentando un toast a sua volta.

Terminata in silenzio la colazione, il generale si alzò: “Bene, vado a vestirmi.”

“Andy…”

Lui guardò la moglie, che, pensierosa, seguiva il bordo della tazza con il dito: “Dimmi, cara…”

“Quando… quando pensi che terminerà, il conflitto?”

Il marito le rivolse uno sguardo dolce: “Quando i tedeschi e i giapponesi si arrenderanno, tesoro… non certo prima!”

Lei annuì, per poi insistere: “E… a tuo giudizio, quanto pensi ci vorrà?”

Andy corrugò la fronte, meditabondo. La sua consorte non era solita rivolgergli domande di quel tipo; se ora lo faceva, un motivo doveva esserci per forza.       

“Mah… quando saremo sbarcati sul continente, i crauti non dureranno a lungo. Forse sei mesi o poco più. Entro Natale, la guerra in Europa potrebbe anche essere finita. Quanto ai giapponesi… non saprei proprio dirtelo.”

“Capisco” rispose Flanny, massaggiandosi delicatamente il ventre “e immagino che, se per allora il Giappone non si sarà ancora arreso, di sicuro ti rimanderanno da quelle parti!”

“Beh, non è detto…”

“Dai, vatti a preparare: qui metto a posto io.”

“Va bene.”

Poco dopo, Andy stava indossando l’uniforme in camera da letto, quando sentì i passi frettolosi della moglie dirigersi verso il bagno. Impensierito, si avvicinò alla porta: “Ehi, cara” bussò “tutto ok…?!”

Finalmente lo scroscio dell’acqua cessò, seguito dalla serratura che si apriva. Subito dopo ricomparve Flanny, asciugandosi la bocca col fazzoletto.

“Che ti succede?” chiese lui, allarmato.

“Niente di che… solo un pochino di nausea!”

“Nausea?”

“Mm, mm… scusa, vado a vestirmi anch’io.”

“Ma perché non te ne torni a letto, invece?”

“Tranquillo, sto bene. T’accompagno all’aeroporto.”

“Cosa? E Paul…?”

“Lo portiamo con noi. Oggi è una bellissima giornata e non prenderà freddo.”

“Flanny, è successo qualcosa?” chiese il marito, incapace di nascondere la sua perplessità.

La moglie scosse la testa, sorridendogli affettuosamente: “Tu pensa solo a tornare, stasera. Come sempre, ok?”

Andy sospirò, ma non insistette. Se Flanny aveva qualcosa da dirgli, lo avrebbe fatto soltanto quando lo avesse ritenuto opportuno. Non un secondo prima.[1]

“Ok, amore… messaggio ricevuto.”

“Bravo!” gli rispose lei, baciandolo ancora.

***

Quando la Buick varcò il posto di controllo della base di Grant Field, il caporalmaggiore Oliver Thorton sbarrò tanto d’occhi nello scorgere la moglie del generale, sedutagli accanto sul sedile posteriore, col suo frugoletto di sette mesi, placidamente addormentato tra le braccia. Dopo aver restituito il lasciapassare all’autista, sergente Travis, l’MP salutò impeccabilmente il comandante dell’intera Forza Aerea, che gli rispose con un gesto bonario.

Appena l’auto di servizio s’arrestò davanti all’edificio del comando, i Greason si affrettarono ad entrare, per dirigersi poi verso la Sala Operazioni. Qui giunti furono accolti dal maggior-generale Stone, vice-comandante della Decima FA, a colloquio col brigadier-generale Sanders, comandante del 1° Stormo Strategico e il maggiore Roy Master, comandante del 99° Gruppo Caccia. I tre interruppero la loro conversazione per salutare correttamente il comandante in capo.

“Benarrivato, signore!” disse Sanders, non troppo stupito dalla presenza di Flanny, che portava il suo pargoletto, intento a guardarsi intorno con la più viva curiosità.

“Grazie, Vic” rispose Andy “qualche intoppo sul ruolino di marcia?”

“Nessuno: le nostre  tre Squadriglie sono pronte a decollare per le 0800[2] precise.” notificò Master.

“Quand’è previsto il rende-vu coi bombardieri del 22°?”

“Alle 0955, sulla verticale di Maastricht.” rispose James.

“Notizie da Richardson?” chiese ancora il comandante, osservando il suo cronografo.

“È arrivato il suo radiomessaggio tre minuti fa: la loro formazione sta già per sorvolare Great Yarmouth.” rispose il comandante del 1° Stormo.

“Allora sarà il caso di prepararsi. Roy, fatemi posto sulla vostra jeep: dico a Travis di riaccompagnare mia moglie.”

“Tua moglie rientrerà quando avrai decollato” rimpallò subito l’interessata “il pupo qui presente ha una gran voglia d’ammirare il suo paparino in tenuta di volo. Non è vero, Paul?”

“Ghiii…!!” rispose convinto l’erede dell’asso.

Andy sbuffò, rassegnato. Nel suo cranio ronzava sempre quella maledetta massima di Shakespeare…[3] 

“D’accordo, potete andare” rispose allora ai subordinati, intenti a lisciarsi discretamente la bocca “voi due, invece, aspettatemi in macchina.”

“Agli ordini, signore!” lo salutò scherzosamente la compagna.

***

Entrato nello spogliatoio mentre già si slacciava la cravatta dopo essersi sbottonato la giacca dell’uniforme, Greason l’appese insieme al cappello nell’armadietto personale, da dove estrasse la combinazione di volo termoriscaldata, che indossò dopo aver sfilato i pantaloni. Dopo essersi seduto sulla panca al centro del locale, infilò ai piedi le doppie calze di lana sopra i calzini di cotone, dando uno strappo nervoso alle cerniere di chiusura degli stivaletti.

“Nervoso, Andy?”

Senza neppure voltarsi, l’interpellato si mise al collo il suo prezioso foulard, confezionatogli in Cina dalla moglie, per poi vestire il pesante giubbotto di pelle foderato di lana: “Che me lo chiedi a fare, se lo hai già capito?”

James alzò le spalle: “Una volta mi dicesti che, quando i giochi sono fatti, tanto vale giocare senza pensarci più.”

“Davvero?” il compagno, richiuse rumorosamente lo sportello “Ne ho dette di cazzate, quand’ero signorino!”

Stone ebbe un guizzo, ma rispose pacatamente: “Ero sempre rimasto convinto che il tuo nuovo status non avesse per nulla intaccato la tua fibra di pilota.”

“Allora sei proprio un ingenuo!” rimpallò il superiore, passandogli accanto per uscire.

“E se invece sputassi il rospo senza tanti giri di parole?”

Il comandante si bloccò, per poi rivoltarsi, squadrando decisamente il compagno di tante avventure: “Cosa ti fa credere che abbia un rospo da sputare?”

“Andiamo, Andy: è la prima volta che ti vedo così nero prima d’una missione. E sono quasi due anni e mezzo che sei sposato!”

L’asso appoggiò la schiena allo stipite della porta, sbuffando sonoramente: “Beh… il fatto di scortare una formazione da bombardamento fin sulla città del mio migliore amico, non mi rende particolarmente allegro. Ti basta?”

“No. Perché non è quello il motivo!”

Il tenente-generale grugnì leggermente, prima di lasciarsi sfuggire la frase successiva: “Perché ha voluto venire all’aeroporto proprio stamattina? E col bambino, per di più… non riesco a capire cosa cavolo ci sia sotto!”

“E perché non glielo chiedi?”

Andy scosse il capo: “Perché so già che me lo dirà soltanto al mio ritorno. Se ritorno…!”

“E finiscila di sparare fregnacce” s’alterò decisamente James “lo sai bene che non esiste nessun nemico che possa abbattere te!”

“Vorrei averla io, questa sicurezza!” concluse il superiore, mentre infilava la porta.

***

Non appena l’auto si fermò presso la piazzola di stazionamento della sezione di Andy, il sergente George Travis scese per aprire lo sportello alla First Lady della Decima, come la signora Greason era scherzosamente (ma rispettosamente) chiamata in tutta l’USAAF. Lei ringraziò con un sorriso, sempre tenendosi stretta il bambino. Subito dopo seguì il marito verso il massiccio P-47, che attendeva il suo pilota col motore già acceso e la carlinga spalancata. Al di sotto dei piloni subalari, come pure sotto il ventre del velivolo, spiccavano tre voluminosi serbatoi sganciabili, contenenti non meno di 108 galloni di carburante. Con tale riserva lo Yankee Eagle avrebbe potuto raggiungere il cuore della Germania e fare poi ritorno in Inghilterra.[4]

Prima di salire, Andy Greason si voltò per salutare la sua famiglia.

“Ciao, bello di papà!” disse, baciando in fronte il figlioletto.

“Gaoo…!” rispose il pargolo.

Poi fissò la compagna, che lo accarezzò in viso: “Buona fortuna, tesoro…!” e lo baciò, passandogli un braccio intorno alle spalle.

“Non devi dirmi proprio niente?” tentò ancora lui.

Lei scosse la testa sorridendo, anche se i suoi occhi erano lucidi: “Per ora no. Bada solo a fare del tuo meglio! Ricevuto?”

“Forte e chiaro... a stasera!”

Ciò detto mise piede sul piano dell’ala, per poi scavalcare il bordo dell’abitacolo, col fido Nat Carling che gli porgeva il casco. Mentre gli altri due avieri dell’equipaggio di terra gli fissavano le cinghie del paracadute, l’asso alzò il pollice verso i suoi cari, strizzandogli l’occhiolino…

“Dai, Paul: fa’ ciao a papà!” lo incitò la madre, muovendogli il braccino con la mano destra, mentre lo teneva al petto col braccio sinistro.

“Aoo… baaa…!!” gridò lui.

Sorridendo a denti stretti, il padre sorrise e afferrò la maniglia superiore del tettuccio, tirandolo in avanti fino a sentire lo scatto della chiusura. Dopo aver collegato tubi e spinotti vari, si premette il laringofono sotto il mento: “Bravo 761 a torre: chiedo conferma per il decollo!”

“Torre a Bravo 761: decollo confermato. Procedere su pista 2. Buona missione, signore!”

“E buona permanenza a voi” rispose di rimando il generale, commutando la frequenza di trasmissione “Bravo 761 a India 218: Victor, mi senti? Decollo immediato. Rende-vu a 4000 piedi sopra il circuito.”

“Wilco, comandante. Siamo pronti!” rispose la voce del brigadier-generale Sanders.

“Roger… andiamo!”

Dopo aver mandato un ultimo cenno di saluto ai congiunti, Andy controllò rapidamente passo e miscela prima di dare manetta, permettendo alla possente Hamilton-Standard di trascinare le 19400 libbre[5] di metallo dello Juggy lungo il raccordo d’imbocco della pista designata dalla torre di controllo.

Quando il P-47 D-22 4K-B 275761 si trovò in posizione di partenza, il pilota abbassò completamente gli estesi flaps, bloccò lo sterzaggio del ruotino posteriore e spinse a fondo la manetta del gas: il ruggito del poderoso radiale Pratt & Whitney R2800-59 Double Wasp riempì completamente il confortevole abitacolo del caccia, che iniziò a scorrere sopra l’asfalto, mentre la coda assumeva la posizione orizzontale.

Le lancette del cronografo di Andy segnavano le 8 e 2 minuti del mattino. Un radioso mattino di fine Aprile del 1944.

Ma, più che all’orologio, gli occhi dell’asso erano puntati sull’anemometro e sul contagiri: quando la lancetta del primo strumento ebbe superato le 92 miglia orarie,[6] con un leggero richiamo della cloche, Andrew Steve Greason affidò per l’ennesima volta il suo amato velivolo alla portanza del vento di corsa.

“Sono nelle tue mani anche oggi, amico mio…!”

Mentre i 2000 cavalli abbondanti del poderoso stellare lo trascinavano verso l’azzurro del cielo con una media di 1384 piedi al minuto,[7] il nostre eroe si voltò all’indietro, scorgendo così la sua donna mentre continuava a salutarlo, tenendosi sempre stretto il loro primogenito…

“Cristo… non ho mai desiderato così tanto essere un semplice mezzemaniche del Dipartimento!” si sfogò, rammentando il tentativo di Flanny nel coprire la sua professione, quando l’aveva presentato alla bionda collega di Lakewood.

Ora capiva perché la consorte l’aveva voluto accompagnare alla partenza di quella difficile missione. Anche se c’era un particolare che ancora non riusciva a spiegarsi.

“Non piangere, piccolino mio” diceva Flanny nel frattempo al suo bambino, che aveva cominciato a lamentarsi “il tuo papà tornerà anche stasera… e forse gli faremo una bella sorpresa, d’accordo?”

Dopo averlo baciato di nuovo, la signora Greason tornò sui suoi passi per rientrare nella berlina di servizio del marito: “All’ospedale St.Mary, per favore, George.”

“Bene, signora.” rispose il sergente Travis.

***

“Cosa ci fai, qui?” chiese una stupita Candy vedendo l’amica entrare nella saletta del personale col suo frugoletto tra le braccia “Perché non sei a casa a riposare?”

“Ho un appuntamento col dottor Waxman.”

La bionda emise uno sbuffò sonoro: “Ah, Flanny…! È mai possibile che nemmeno una famiglia sul collo ti permetta di dare un calcio a questo tuo stakanovismo?!”

“Non è per lavoro” spiegò la mora, stancamente, mentre faceva sedere il bambino sul tavolo “devo farmi visitare.”

La collega ebbe un lieve sussulto: “Cosa c’è, non stai bene?”

“Niente di serio, non preoccuparti” ribatté Flanny, con un vago gesto della mano “piuttosto, nel frattempo, mi daresti un’occhiata a Paul?”

“Ma certo” rispose l’altra, con un tenerissimo sorriso “vieni qua, bambolotto della zia!”

“Gheee…!” rispose felice il pargolo, agitando le braccine.

Felice di godersi per un po’ il suo “figlioccio” preferito, la dolce Candy non rimase più di tanto a riflettere sul motivo che portava la sua amica dal dottore. Inoltre, durante la sua assenza, arrivarono Natalie ed Eleanore, che subito iniziarono anche loro a coccolare il primogenito dei Greason.

Dopo venti minuti circa, la loro mentrice ricomparve con un’espressione piuttosto assorta, tenendo per mano un referto medico. Senza nemmeno rispondere al saluto delle compagne, si sedette di peso su una sedia, poggiando la mano sulla fronte.

“Flanny” l’apostrofò subito Candy, combattendo con la propria ansietà “allora, com’è andata?”

L’interpellata si voltò verso di lei, guardandola un po’ senza vederla.

“A meraviglia” rispose, asciuttamente “non avreste un po’ di caffè?”

A un cenno di Candy, Natalie s’affrettò a prepararlo, mentre la bionda s’avvicinava all’ex condiscepola, mettendole una mano sulla spalla: “Ti prego, cara, non tenerci sulle spine. Che ti ha detto il dottor Waxman? Che cos’hai…?”

La collega alzò le spalle: “Niente di anomalo, dopotutto” mostrò un malinconico sorriso “sono solo un po’ incinta...!”

“Cosa…?” sussurrò Candy, stupefatta.

“Ma davvero??” saltò su anche Natalie, spalancando gli occhi.

“No, per finta” ironizzò la moglie di Andy, accarezzandosi la pancia. Poi appoggiò la testa all’indietro, chiudendo gli occhi “ci mancava pure questa, adesso! Eppure c’eravamo stati attenti…!”

“Flanny…” disse Candy.

“Ma perché, non sei contenta?!” chiese invece Eleanor, intenta a giocare col piccolo Paul.

“Contenta??” saltò su la signora Greason, in tono piccato, verso quella signorina di buona famiglia “Ma si capisce: fra la casa e l’ospedale, stento a reggere per miracolo con un marmocchio solo! Sono strafelice…!!”

“Non angosciarti” s’affrettò a rassicurarla Candy, sempre accarezzandole la spalla “ci siamo noi, con te. Vi aiuteremo!”

La mora le circondò la vita con un braccio, stringendosela con affetto: “Ah, Candy… non è questo il problema!”

“E allora che altro c’è…?” chiese lei, stupita e commossa da quell’inusuale gesto d’affetto da parte della non più tanto fredda compagna.

Flanny si versò una tazza di caffè dal bricco che Natalie le aveva appena porto e assaporò la calda bevanda: “C’è che stavolta il mio maritino sarà inflessibile!” disse poi.

“In che senso?” chiese Candy.

“Pretenderà che io torni a casa, lo so! E io non posso… non voglio!!” ribadì con veemenza, sbattendo la tazza sul tavolo.

“Waaa…!!!” sbottò il povero Paul, spaventato. Per evitare che si mettesse a frignare per la gioia di tutta la vicina corsia, la madre s’affrettò ad alzarsi e a prenderlo in braccio.

“Accidenti” imprecò, mentre lo cullava, dopo che Natalie gli aveva infilato il succhiotto in bocca “ma è mai possibile che, dopo quindici anni d’inferno e cinque di purgatorio, le cose più belle della mia vita debbano capitarmi tutte nei momenti peggiori?!”

Non riuscendo a non domandarsi se pure lei avesse fatto parte di quel purgatorio, la buona Candy tornò ad avvicinarsi all’amica: “Stai tranquilla, Flanny: Andy non ti rimanderà in America. Ci parlo io con lui!”

La collega fece una smorfia divertita: “Tempo sprecato, tesoro: per certe cose, il mio dolcissimo pilota è cocciuto come un mulo!”

*Dio li fa e poi li accoppia!* commentò Natalie, fra sé e sé.

“Mai quanto me” rispose invece la bionda, punta sul vivo “dov’è, adesso, quell’irresponsabile seduttore?”

“Su a 30000 piedi, sparato verso la Germania a 400 miglia all’ora...!” rispose la donna, in tono cupo, stringendosi il bambino, che già s’era addormentato.

Candy prese un po’ di fiato per smaltire l’improvvisa fitta in mezzo al petto… quanto somigliava lo sguardo di Flanny a quello di Patty, in quei maledettissimi momenti!

*Altro che non tornare a casa* pensò, incollerita *aspetta solo che mi senta, quello scriteriato: ce li rimando tutti e due, a calci nel didietro!*[8]

“Okay, aspetteremo che ritorni. Non temere, si aggiusterà tutto!” le disse quindi, facendo una carezza al piccolo Paul.

“Speriamo” rispose lei, mettendolo sulle braccia di Natalie per potersi infilare il soprabito “e speriamo anche che questo sia femmina…!” concluse, battendosi una mano sull’addome.[9]



[1] E certamente non prima di una missione, per evitare che il compagno si deconcentrasse (cosa che, durante il combattimento, poteva facilmente riuscire fatale).

[2] Leggasi Zero-Ottocento: cioè alle 8 in punto del mattino.

[3] Vedi capitolo 9.

[4] 324 galloni equivalgono a 1226 litri; per avere più o meno lo stesso rateo d’autonomia, al P-51 Mustang bastava una riserva di 150 galloni (568 litri), trasportati dentro due serbatoi da 75.

[5] 8800 chilogrammi. Come gli appassionati di storia aerea (fra i quali il nostro moderatore) ben sanno, il Republic Thunderbolt è stato il più grosso e pesante monomotore monoposto a popolare i cieli della Seconda Guerra Mondiale.

[6] 154 Km/h: la velocità di sostentamento a pieno carico del P-47.

[7] 422 metri.

[8] Anni dopo, venuto a conoscenza di questi particolari, l’oberstleutnant Schultz von Heindrich commentò divertito che, a seguito di un’eventualità di quel genere, Candice White Andrew sarebbe sicuramente diventata, nell’intera Luftwaffe, molto più popolare della stessa Hanna Reitsch!

[9] Sicuramente alludeva al fatto che, come donna, la sua secondogenita non avrebbe mai fatto il soldato. Di guerre, comunque, Lucy Greason ne vide almeno una, giacché, vent’anni più tardi, giovane e intraprendente giornalista, venne inviata come corrispondente proprio in Vietnam!

  
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