Capitolo 17: La notizia
I |
l
rumore dell’acqua scrosciante interruppe il sonno leggero di Flanny. La donna,
dopo essersi passata la mano sul volto, l’allungò nel letto per sentire il
calore del marito, che stava abbandonando lentamente il lenzuolo stropicciato.
Diede
allora un’occhiata fugace al quadrante della sveglia, dove le lancette
fosforescenti indicavano le quattro e quarantasette.
Si
alzò, s’infilò rapidamente la vestaglia e si avvicinò al lettino di suo figlio,
che dormiva beatamente col sorriso sulle labbra. Dopo avergli dato un
leggerissimo bacio sulla guancia, si diresse verso il cucinotto, infilò due fette
nel tostapane e accese il fornello sotto l’alambicco del caffè.
Mentre
l’acqua stava bollendo comparve il marito, avvolto nell’accappatoio, mentre si
asciugava i capelli: “Come mai già in piedi? Non sei di riposo, stamattina?”
“Ma
tu no.” rispose lei, semplicemente, riempiendogli la tazza.
Andy
sorrise, assaporando il calore che avvertiva in mezzo al petto, per poi avvicinarsi
alla compagna e abbracciarla affettuosamente da dietro: “Flanny Hamilton:
infermiera per professione e moglie per vocazione” disse, col mento appoggiato
sulla sua spalla “o è il contrario?”
Lei
si girò, schioccandogli un bacio ardente: “Se non l’hai capito in più di due
anni di matrimonio, dovrai tenerti la curiosità!” gli rispose, con una punta di
malizia.
“E
perché no?” replicò lui, mettendosi a sedere “Non è forse la curiosità che
alimenta i legami coniugali?”
“Sì…
e anche la pazienza.”
Andy
credette di notare una lievissima punta di sarcasmo.
“Dica
la verità, signora Greason: è forse pentita di non essersi scelta il suo
partito fra qualche dottorino promettente?”
“Serve
a poco pentirsi, quand’è troppo tardi” rispose lei, lanciandogli uno sguardo
obliquo “bevi, piuttosto, che ti si fredda il caffè.”
“Agli
ordini” rispose lui, strizzando l’occhio “mmm… eccellente, come al solito!”
“Goditelo:
non ce n’è rimasto molto.”
“Ah,
sì? Dirò a Master d’accennarne a Patroni.”
“Speriamo
che i tuoi superiori non lo vengano a sapere che utilizzate gli aerei da carico
per portare il caffè da New York!”
“Che
c’è di male? Qualche cassa di miscela non aumenta certo il consumo di
carburante. Se a Washington pensano che potremmo mantenere il nostro standard con
quella broda di the inglese, sono del tutto rimbambiti! Fortuna che il cugino
di Patroni gestisce proprio il Caffè
Reggio di McDougal Street, così può garantirci un rifornimento costante.”
“Sempre
fortunati, voi!” commentò ironica la moglie, spalmandosi del burro di arachidi
sul toast.
“In
guerra direi che non guasta!”
“No
di certo… a patto che finisca prima della buona sorte!”
“Già…!”
commentò lui, addentando un toast a sua volta.
Terminata
in silenzio la colazione, il generale si alzò: “Bene, vado a vestirmi.”
“Andy…”
Lui
guardò la moglie, che, pensierosa, seguiva il bordo della tazza con il dito: “Dimmi,
cara…”
“Quando…
quando pensi che terminerà, il conflitto?”
Il marito le rivolse uno sguardo dolce: “Quando i
tedeschi e i giapponesi si arrenderanno, tesoro… non certo prima!”
Lei annuì, per poi insistere: “E… a tuo giudizio,
quanto pensi ci vorrà?”
Andy corrugò la fronte, meditabondo. La sua consorte
non era solita rivolgergli domande di quel tipo; se ora lo faceva, un motivo doveva
esserci per forza.
“Mah… quando saremo sbarcati sul continente, i crauti
non dureranno a lungo. Forse sei mesi o poco più. Entro Natale, la guerra in
Europa potrebbe anche essere finita. Quanto ai giapponesi… non saprei proprio
dirtelo.”
“Capisco” rispose Flanny, massaggiandosi delicatamente
il ventre “e immagino che, se per allora il Giappone non si sarà ancora arreso,
di sicuro ti rimanderanno da quelle parti!”
“Beh, non è detto…”
“Dai, vatti a preparare: qui metto a posto io.”
“Va bene.”
Poco dopo, Andy stava indossando l’uniforme in camera
da letto, quando sentì i passi frettolosi della moglie dirigersi verso il
bagno. Impensierito, si avvicinò alla porta: “Ehi, cara” bussò “tutto ok…?!”
Finalmente lo scroscio dell’acqua cessò, seguito dalla
serratura che si apriva. Subito dopo ricomparve Flanny, asciugandosi la bocca
col fazzoletto.
“Che ti succede?” chiese lui, allarmato.
“Niente di che… solo un pochino di nausea!”
“Nausea?”
“Mm, mm… scusa, vado a vestirmi anch’io.”
“Ma perché non te ne torni a letto, invece?”
“Tranquillo, sto bene. T’accompagno all’aeroporto.”
“Cosa? E Paul…?”
“Lo portiamo con noi. Oggi è una bellissima giornata e
non prenderà freddo.”
“Flanny, è successo qualcosa?” chiese il marito,
incapace di nascondere la sua perplessità.
La moglie scosse la testa, sorridendogli
affettuosamente: “Tu pensa solo a tornare, stasera. Come sempre, ok?”
Andy sospirò, ma non insistette. Se Flanny aveva
qualcosa da dirgli, lo avrebbe fatto soltanto quando lo avesse ritenuto
opportuno. Non un secondo prima.[1]
“Ok, amore… messaggio ricevuto.”
“Bravo!” gli rispose lei, baciandolo ancora.
***
Quando
la Buick varcò il posto di controllo
della base di Grant Field, il
caporalmaggiore Oliver Thorton sbarrò tanto d’occhi nello scorgere la moglie
del generale, sedutagli accanto sul sedile posteriore, col suo frugoletto di sette
mesi, placidamente addormentato tra le braccia. Dopo aver restituito il
lasciapassare all’autista, sergente Travis, l’MP salutò impeccabilmente il
comandante dell’intera Forza Aerea, che gli rispose con un gesto bonario.
Appena
l’auto di servizio s’arrestò davanti all’edificio del comando, i Greason si
affrettarono ad entrare, per dirigersi poi verso
“Benarrivato,
signore!” disse Sanders, non troppo stupito dalla presenza di Flanny, che
portava il suo pargoletto, intento a guardarsi intorno con la più viva
curiosità.
“Grazie,
Vic” rispose Andy “qualche intoppo sul ruolino di marcia?”
“Nessuno:
le nostre tre Squadriglie sono pronte a
decollare per le 0800[2]
precise.” notificò Master.
“Quand’è
previsto il rende-vu coi bombardieri
del 22°?”
“Alle
0955, sulla verticale di Maastricht.” rispose James.
“Notizie
da Richardson?” chiese ancora il comandante, osservando il suo cronografo.
“È
arrivato il suo radiomessaggio tre minuti fa: la loro formazione sta già per
sorvolare Great Yarmouth.” rispose il comandante del 1° Stormo.
“Allora
sarà il caso di prepararsi. Roy, fatemi posto sulla vostra jeep: dico a Travis
di riaccompagnare mia moglie.”
“Tua
moglie rientrerà quando avrai decollato” rimpallò subito l’interessata “il pupo
qui presente ha una gran voglia d’ammirare il suo paparino in tenuta di volo.
Non è vero, Paul?”
“Ghiii…!!”
rispose convinto l’erede dell’asso.
Andy
sbuffò, rassegnato. Nel suo cranio ronzava sempre quella maledetta massima di Shakespeare…[3]
“D’accordo,
potete andare” rispose allora ai subordinati, intenti a lisciarsi discretamente
la bocca “voi due, invece, aspettatemi in macchina.”
“Agli
ordini, signore!” lo salutò scherzosamente la compagna.
Entrato
nello spogliatoio mentre già si slacciava la cravatta dopo essersi sbottonato
la giacca dell’uniforme, Greason l’appese insieme al cappello nell’armadietto
personale, da dove estrasse la combinazione di volo termoriscaldata, che
indossò dopo aver sfilato i pantaloni. Dopo essersi seduto sulla panca al
centro del locale, infilò ai piedi le doppie calze di lana sopra i calzini di
cotone, dando uno strappo nervoso alle cerniere di chiusura degli stivaletti.
“Nervoso,
Andy?”
Senza
neppure voltarsi, l’interpellato si mise al collo il suo prezioso foulard,
confezionatogli in Cina dalla moglie, per poi vestire il pesante giubbotto di
pelle foderato di lana: “Che me lo chiedi a fare, se lo hai già capito?”
James
alzò le spalle: “Una volta mi dicesti che, quando i giochi sono fatti, tanto
vale giocare senza pensarci più.”
“Davvero?”
il compagno, richiuse rumorosamente lo sportello “Ne ho dette di cazzate,
quand’ero signorino!”
Stone
ebbe un guizzo, ma rispose pacatamente: “Ero sempre rimasto convinto che il tuo
nuovo status non avesse per nulla intaccato la tua fibra di pilota.”
“Allora
sei proprio un ingenuo!” rimpallò il superiore, passandogli accanto per uscire.
“E
se invece sputassi il rospo senza tanti giri di parole?”
Il
comandante si bloccò, per poi rivoltarsi, squadrando decisamente il compagno di
tante avventure: “Cosa ti fa credere che abbia un rospo da sputare?”
“Andiamo,
Andy: è la prima volta che ti vedo così nero prima d’una missione. E sono quasi
due anni e mezzo che sei sposato!”
L’asso
appoggiò la schiena allo stipite della porta, sbuffando sonoramente: “Beh… il
fatto di scortare una formazione da bombardamento fin sulla città del mio
migliore amico, non mi rende particolarmente allegro. Ti basta?”
“No.
Perché non è quello il motivo!”
Il
tenente-generale grugnì leggermente, prima di lasciarsi sfuggire la frase successiva:
“Perché ha voluto venire all’aeroporto proprio stamattina? E col bambino, per
di più… non riesco a capire cosa cavolo ci sia sotto!”
“E
perché non glielo chiedi?”
Andy
scosse il capo: “Perché so già che me lo dirà soltanto al mio ritorno. Se ritorno…!”
“E
finiscila di sparare fregnacce” s’alterò decisamente James “lo sai bene che non
esiste nessun nemico che possa abbattere te!”
“Vorrei
averla io, questa sicurezza!” concluse il superiore, mentre infilava la porta.
***
Non
appena l’auto si fermò presso la piazzola di stazionamento della sezione di
Andy, il sergente George Travis scese per aprire lo sportello alla First Lady della Decima, come la signora
Greason era scherzosamente (ma rispettosamente) chiamata in tutta l’USAAF. Lei ringraziò con un sorriso,
sempre tenendosi stretta il bambino. Subito dopo seguì il marito verso il
massiccio P-47, che attendeva il suo
pilota col motore già acceso e la carlinga spalancata. Al di sotto dei piloni
subalari, come pure sotto il ventre del velivolo, spiccavano tre voluminosi
serbatoi sganciabili, contenenti non meno di
Prima
di salire, Andy Greason si voltò per salutare la sua famiglia.
“Ciao,
bello di papà!” disse, baciando in fronte il figlioletto.
“Gaoo…!”
rispose il pargolo.
Poi
fissò la compagna, che lo accarezzò in viso: “Buona fortuna, tesoro…!” e lo
baciò, passandogli un braccio intorno alle spalle.
“Non
devi dirmi proprio niente?” tentò ancora lui.
Lei
scosse la testa sorridendo, anche se i suoi occhi erano lucidi: “Per ora no.
Bada solo a fare del tuo meglio! Ricevuto?”
“Forte
e chiaro... a stasera!”
Ciò
detto mise piede sul piano dell’ala, per poi scavalcare il bordo
dell’abitacolo, col fido Nat Carling che gli porgeva il casco. Mentre gli altri
due avieri dell’equipaggio di terra gli fissavano le cinghie del paracadute,
l’asso alzò il pollice verso i suoi cari, strizzandogli l’occhiolino…
“Dai,
Paul: fa’ ciao a papà!” lo incitò la madre, muovendogli il braccino con la mano
destra, mentre lo teneva al petto col braccio sinistro.
“Aoo…
baaa…!!” gridò lui.
Sorridendo
a denti stretti, il padre sorrise e afferrò la maniglia superiore del
tettuccio, tirandolo in avanti fino a sentire lo scatto della chiusura. Dopo
aver collegato tubi e spinotti vari, si premette il laringofono sotto il mento:
“Bravo
“Torre
a Bravo 761: decollo confermato. Procedere
su pista 2. Buona missione, signore!”
“E
buona permanenza a voi” rispose di rimando il generale, commutando la frequenza
di trasmissione “Bravo
“Wilco,
comandante. Siamo pronti!” rispose la voce del brigadier-generale Sanders.
“Roger…
andiamo!”
Dopo
aver mandato un ultimo cenno di saluto ai congiunti, Andy controllò rapidamente
passo e miscela prima di dare manetta, permettendo alla possente Hamilton-Standard di trascinare le
Quando
il P-47 D-22 4K-B 275761 si trovò in
posizione di partenza, il pilota abbassò completamente gli estesi flaps, bloccò
lo sterzaggio del ruotino posteriore e spinse a fondo la manetta del gas: il
ruggito del poderoso radiale Pratt &
Whitney R2800-59 Double Wasp riempì completamente il confortevole abitacolo
del caccia, che iniziò a scorrere sopra l’asfalto, mentre la coda assumeva la
posizione orizzontale.
Le
lancette del cronografo di Andy segnavano le 8 e 2 minuti del mattino. Un
radioso mattino di fine Aprile del 1944.
Ma,
più che all’orologio, gli occhi dell’asso erano puntati sull’anemometro e sul
contagiri: quando la lancetta del primo strumento ebbe superato le
“Sono
nelle tue mani anche oggi, amico mio…!”
Mentre
i 2000 cavalli abbondanti del poderoso stellare lo trascinavano verso l’azzurro
del cielo con una media di
“Cristo…
non ho mai desiderato così tanto essere un semplice mezzemaniche del Dipartimento!”
si sfogò, rammentando il tentativo di Flanny nel coprire la sua professione,
quando l’aveva presentato alla bionda collega di Lakewood.
Ora
capiva perché la consorte l’aveva voluto accompagnare alla partenza di quella
difficile missione. Anche se c’era un particolare che ancora non riusciva a
spiegarsi.
“Non
piangere, piccolino mio” diceva Flanny nel frattempo al suo bambino, che aveva
cominciato a lamentarsi “il tuo papà tornerà anche stasera… e forse gli faremo
una bella sorpresa, d’accordo?”
Dopo
averlo baciato di nuovo, la signora Greason tornò sui suoi passi per rientrare
nella berlina di servizio del marito: “All’ospedale St.Mary, per favore, George.”
“Bene,
signora.” rispose il sergente Travis.
***
“Cosa
ci fai, qui?” chiese una stupita Candy vedendo l’amica entrare nella saletta
del personale col suo frugoletto tra le braccia “Perché non sei a casa a
riposare?”
“Ho
un appuntamento col dottor Waxman.”
La
bionda emise uno sbuffò sonoro: “Ah, Flanny…! È mai possibile che nemmeno una
famiglia sul collo ti permetta di dare un calcio a questo tuo stakanovismo?!”
“Non
è per lavoro” spiegò la mora, stancamente, mentre faceva sedere il bambino sul
tavolo “devo farmi visitare.”
La
collega ebbe un lieve sussulto: “Cosa c’è, non stai bene?”
“Niente
di serio, non preoccuparti” ribatté Flanny, con un vago gesto della mano
“piuttosto, nel frattempo, mi daresti un’occhiata a Paul?”
“Ma
certo” rispose l’altra, con un tenerissimo sorriso “vieni qua, bambolotto della
zia!”
“Gheee…!”
rispose felice il pargolo, agitando le braccine.
Felice
di godersi per un po’ il suo “figlioccio” preferito, la dolce Candy non rimase
più di tanto a riflettere sul motivo che portava la sua amica dal dottore. Inoltre,
durante la sua assenza, arrivarono Natalie ed Eleanore, che subito iniziarono
anche loro a coccolare il primogenito dei Greason.
Dopo
venti minuti circa, la loro mentrice ricomparve con un’espressione piuttosto
assorta, tenendo per mano un referto medico. Senza nemmeno rispondere al saluto
delle compagne, si sedette di peso su una sedia, poggiando la mano sulla
fronte.
“Flanny”
l’apostrofò subito Candy, combattendo con la propria ansietà “allora, com’è
andata?”
L’interpellata
si voltò verso di lei, guardandola un po’ senza vederla.
“A
meraviglia” rispose, asciuttamente “non avreste un po’ di caffè?”
A
un cenno di Candy, Natalie s’affrettò a prepararlo, mentre la bionda s’avvicinava
all’ex condiscepola, mettendole una mano sulla spalla: “Ti prego, cara, non
tenerci sulle spine. Che ti ha detto il dottor Waxman? Che cos’hai…?”
La
collega alzò le spalle: “Niente di anomalo, dopotutto” mostrò un malinconico
sorriso “sono solo un po’ incinta...!”
“Cosa…?”
sussurrò Candy, stupefatta.
“Ma
davvero??” saltò su anche Natalie, spalancando gli occhi.
“No,
per finta” ironizzò la moglie di Andy, accarezzandosi la pancia. Poi appoggiò
la testa all’indietro, chiudendo gli occhi “ci mancava pure questa, adesso! Eppure
c’eravamo stati attenti…!”
“Flanny…”
disse Candy.
“Ma
perché, non sei contenta?!” chiese invece Eleanor, intenta a giocare col
piccolo Paul.
“Contenta??”
saltò su la signora Greason, in tono piccato, verso quella signorina di buona famiglia
“Ma si capisce: fra la casa e l’ospedale, stento a reggere per miracolo con un
marmocchio solo! Sono strafelice…!!”
“Non
angosciarti” s’affrettò a rassicurarla Candy, sempre accarezzandole la spalla “ci
siamo noi, con te. Vi aiuteremo!”
La
mora le circondò la vita con un braccio, stringendosela con affetto: “Ah,
Candy… non è questo il problema!”
“E
allora che altro c’è…?” chiese lei, stupita e commossa da quell’inusuale gesto
d’affetto da parte della non più tanto fredda compagna.
Flanny
si versò una tazza di caffè dal bricco che Natalie le aveva appena porto e assaporò
la calda bevanda: “C’è che stavolta il mio maritino sarà inflessibile!” disse
poi.
“In
che senso?” chiese Candy.
“Pretenderà
che io torni a casa, lo so! E io non posso… non
voglio!!” ribadì con veemenza, sbattendo la tazza sul tavolo.
“Waaa…!!!”
sbottò il povero Paul, spaventato. Per evitare che si mettesse a frignare per
la gioia di tutta la vicina corsia, la madre s’affrettò ad alzarsi e a
prenderlo in braccio.
“Accidenti”
imprecò, mentre lo cullava, dopo che Natalie gli aveva infilato il succhiotto
in bocca “ma è mai possibile che, dopo quindici anni d’inferno e cinque di
purgatorio, le cose più belle della mia vita debbano capitarmi tutte nei momenti peggiori?!”
Non
riuscendo a non domandarsi se pure lei avesse fatto parte di quel purgatorio, la buona Candy tornò ad
avvicinarsi all’amica: “Stai tranquilla, Flanny: Andy non ti rimanderà in
America. Ci parlo io con lui!”
La
collega fece una smorfia divertita: “Tempo sprecato, tesoro: per certe cose, il
mio dolcissimo pilota è cocciuto come un mulo!”
*Dio
li fa e poi li accoppia!* commentò Natalie, fra sé e sé.
“Mai
quanto me” rispose invece la bionda, punta sul vivo “dov’è, adesso,
quell’irresponsabile seduttore?”
“Su
a 30000 piedi, sparato verso la Germania a 400 miglia all’ora...!” rispose la
donna, in tono cupo, stringendosi il bambino, che già s’era addormentato.
Candy
prese un po’ di fiato per smaltire l’improvvisa fitta in mezzo al petto… quanto
somigliava lo sguardo di Flanny a quello di Patty, in quei maledettissimi
momenti!
*Altro
che non tornare a casa* pensò, incollerita *aspetta solo che mi senta, quello
scriteriato: ce li rimando tutti e due, a calci nel didietro!*[8]
“Okay,
aspetteremo che ritorni. Non temere, si aggiusterà tutto!” le disse quindi,
facendo una carezza al piccolo Paul.
“Speriamo”
rispose lei, mettendolo sulle braccia di Natalie per potersi infilare il
soprabito “e speriamo anche che questo sia femmina…!” concluse, battendosi una
mano sull’addome.[9]
[1] E certamente non prima di una missione, per evitare che il compagno si deconcentrasse (cosa che, durante il combattimento, poteva facilmente riuscire fatale).
[2] Leggasi Zero-Ottocento: cioè
alle
[3] Vedi capitolo 9.
[4]
[5]
[6] 154 Km/h: la velocità di sostentamento a pieno carico del P-47.
[7]
[8] Anni dopo, venuto a conoscenza di questi particolari, l’oberstleutnant Schultz von Heindrich commentò divertito che, a seguito di un’eventualità di quel genere, Candice White Andrew sarebbe sicuramente diventata, nell’intera Luftwaffe, molto più popolare della stessa Hanna Reitsch!
[9] Sicuramente alludeva al fatto che, come donna, la sua secondogenita non avrebbe mai fatto il soldato. Di guerre, comunque, Lucy Greason ne vide almeno una, giacché, vent’anni più tardi, giovane e intraprendente giornalista, venne inviata come corrispondente proprio in Vietnam!