N.B. Questa fan fiction non è stata creata a scopo di lucro. I personaggi appartengono a Shoji Gatou.
Buio.
I miei
occhi sono aperti ma non riesco più a vedere.
Fisso un
punto impreciso davanti a me ignorando tutto il resto.
Riesco
solo a vedere il tuo viso sorridente dentro la mia testa ed in
quell’immagine
vorrei annegare fino a non provare alcun dolore, fino a perdere me
stesso.
Vuoto.
Non
riesco a percepire nient’altro se non questo. E dentro me
riecheggia una frase
agghiacciante:
“È
morta.”
Non
rivedrò mai più il tuo sorriso, i tuoi lunghi
capelli scompigliati dal vento, i
tuoi dolci occhi cioccolato, il viso fiero e l’espressione
testarda, il tuo
incedere altero e intraprendente.
Non ti sentirò
mai più sussurrarmi dolcemente all’orecchio che ti
fidi solo di me.
Fiducia
che io ho tradito. Fiducia che non meritavo.
Ti ho
lasciata sola. Contro la mia volontà, certo, ma
l’ho fatto e nessuno potrà mai
sapere quanto dolore mi ha provocato.
Dolore.
Straziante,
acuto, che si diffonde dentro me come veleno e mi toglie il respiro.
Non
riesco più a respirare perché la mia aria
è stata bruscamente strappata.
Perché non ho custodito la sola cosa al mondo a cui tenessi
più della mia
stessa vita.
Una
scheggia di vetro mi taglia il viso.
Una
goccia di sangue scorre sul mio volto di pietra, facendo le veci di una
lacrima
che non riesco a versare.
Non ho
mai desiderato più ardentemente di morire. Lasciate che
sanguini, lasciate che
mi distrugga nel vuoto straziante che ha preso il posto di me stesso.
Che
senso ha la mia esistenza adesso?
Ora che
ho perso la mia orgogliosa e testarda ragione di vita, cosa
motiverà il mio
sopravvivere?
Sembra
che la vita si diverta a giocare sadicamente con me.
Prima mi
toglie tutto. Madre, padre, famiglia, gioia, fanciullezza, compassione
… la mia
anima.
E quando
il mio destino sembra già deciso e la mia strada
già designata da battaglie,
morte, sofferenza e inumanità, lei mi ridà la
speranza di cambiare, di divenire
più umano.
Mi fa
incontrare lei, lei che ben presto mi farà provare emozioni
a me del tutto
sconosciute o dimenticate in un oscuro cassetto chiuso a chiave nella
mia anima.
Tutto
viene rimesso in discussione. Cerco d’imparare ad essere un
nuovo Sousuke, per
lei naturalmente, ma anche per me stesso.
E queste
sensazioni mi fanno divenire più debole, vulnerabile.
Poi si
riprende tutto, lasciandomi solo e vuoto come non mi era mai capitato.
Forse
Gauron aveva ragione. Avrei dovuto rimanere come un tempo per evitare
tutto il
dolore di adesso.
Ma il
prezzo per non provarlo sarebbe stato forse non conoscerla mai?
Preferisco
impazzire adesso piuttosto che non averla mai incontrata prima.
Voglio
morire così, con il ricordo della sua dolcezza, con il suo
viso impresso nei
miei occhi.
La
sofferenza mi attanaglia la gola soffocandomi. Forse dovrei piangere.
Forse
voglio veramente piangere.
Versando
lacrime forse potrei far uscire buona parte dello strazio che provo
adesso,
potrei avere un po’ di sollievo, uno sfogo umano.
Ma non
ci riesco, ed è esasperante. Probabilmente fa parte della
mia punizione, non
lasciare alcuna via d’uscita al dolore, farmelo provare
tutto, nel profondo, in
modo da non poterlo ignorare, in modo che ogni singola cellula del mio
essere
ne sia impregnata fino scoppiare.
Non
sarebbe dovuta andare così.
Tu,
creatura perfetta, semplice liceale istintiva, giocosa, vulnerabile,
orgogliosa, dolce e coraggiosa come non mai … sei morta per
colpa mia.
Io
invece sono ancora qui, lurido mercenario, assassino e doppiogiochista,
che si
è macchiato innumerevoli volte le mani di sangue senza
provarne alcun rimorso.
“Sousuke, mi dispiace ma siamo stati
costretti
a seguirti. Mao e gli altri stanno combattendo contro il Venom anche se
non
abbiamo mezzi alla sua altezza. Abbiamo appena comunicato al De Danaan
le
nostre coordinate.
Battaglia,
Arbalest, vita e morte. Non mi importa più nulla.
“E’ una follia! Sai meglio
di tutti noi che
in questo modo non avremmo alcuna speranza di vincere”continua
la voce.
“E’ morta”dico
impassibile. Una freddezza che fa a pugni con quello che provo dentro.
“È la sua maledizione. Ha
fatto morire
Chidori e poi si è lasciato uccidere”
continuo piano.
“Ma adesso cosa mi
rimane?”
Nel mio
cuore martoriato conosco già la risposta. Nulla.
“Kaname Chidori è…”
sussurra la voce
sconvolta.
“Dall’inizio non ho mai avuto un futuro su cui contare”.
Do sfogo ai miei
pensieri sperando di trovarne sollievo. Ma da quando la vita
è stata buona con
me?
Non mi
importa nulla. La vita non ha alcun significato ormai per me. Le
persone
muoiono lasciandoti solo e impotente. Ne ho viste morire
così tante, ne ho
fatte morire così tante.
Sono solo dei
piccoli e fragili pezzi di cristallo. Li
puoi rompere così facilmente, basta esercitare una piccola
pressione e poi…
si frantumano in mille pezzi. Perché a questo punto dovrei
trovare un senso
nella vita degli altri se non lo trovo più nella mia?
“Lasciate che si ammazzino tra loro,
lasciateli morire! Gli esseri umani non sono che un insieme di pezzi di
carne”soffio
cinico e spietato.
“Stai parlando seriamente? Tu stai
dicendo le
stesse cose che dicono quei bastardi dei terroristi! Possibile che non
te ne
renda conto?”dice la voce sconvolta.
Non
trovo la forza per rispondergli. Loro non capiscono, loro non sanno
niente, non
stanno provando quello che provo io adesso, non hanno visto tutte le
atrocità a
cui ho assistito io…
Il
dolore mi squarcia il petto, inarrestabile. A quel punto capisco che il
sollievo non arriverà.
Mai.
Il mio
animo ormai è troppo corrotto e malato per sopportare anche
questo. Colei che
era riuscita a farmi sentire un uomo migliore, ad affievolire il peso
del mio
passato se n’è andata per causa mia.
Avrei
dovuto rimanerle accanto per sempre… avrei voluto rimanerle
accanto per
sempre.
“E va bene, se la pensi in questo
modo
significa che non sei più uno dei nostri”.
L’uomo
estrae una pistola.
Coraggio,
sparami. È quello che bramo.
“Caporale!” urla
un’altra voce spaventata.
“Un
soldato che ha perso l’anima
non è altro che un assassino! Non possiamo lasciarlo
andare”
Quel
che
ne restava della mia anima è morta con lei.
“La verità è
che tu non capisci” dico
basso e monocorde.
“Invece capisco eccome!”
urla di rimando.
Già,
certo. Tutti ormai hanno l’arroganza di affermare di capire
gli altri. Anche
chi non ne ha il diritto.
“Ho i miei dubbi”
ribatto glaciale.
D’un
tratto un orribile suono di metallo che sfrega sull’asfalto
squarcia il cielo.
I due
uomini si riparano dall’Arbalest che strisciando
fragorosamente sull’asfalto si
avvicina pericolosamente a me. Rimango lì, non mi importa di
essere travolto.
Tuttavia
la macchina infernale mi sorpassa fino a fermarsi fumante qualche metro
più in
là.
La
guardo sottecchi.
“Che triste visione. È
inutile che adesso mi
spediscano quel rottame. In questo momento non potrei farci niente. E
nemmeno
lo vorrei” aggiungo sprezzante.
Fisso
quell’odioso macchinario che semina morte e distruzione. Se
lei fosse stata
ancora al mio fianco avrei trovato la forza per salirci. Avrei
combattuto, solo
per lei.
“Ecco
bravo, resta pure lì ad
arrugginire”.
Gli
do
le spalle e mi incammino senza meta dalla parte opposta con il dolore
che
sembra non smettere mai di crescere e rafforzarsi, consumandomi
nell’odio verso
tutti e verso me stesso.
“Dove credi di andare?”.
Una
voce, una sinfonia di soavi suoni alle mie orecchie. Il mio cuore perde
un
battito.
La sua
voce.
“Ti
ho chiesto: dove credi di
andare?”.
“Ma…” il mio cuore
galoppa impazzito, non
è possibile.
“'Ma'? Cosa vuol dire
'ma'?”chiede stizzita.
Poi la
vedo e in un attimo vengo assalito da un lieve calore che si propaga
veloce in
tutto il corpo.
Come un
bagno caldo dopo essere stati molto tempo sotto la fredda pioggia e
sferzati
dal vento.
“Chido-Chidori!”esclamo
sbigottito.
Il vuoto
nel mio petto si riempie della sua altera figura. Tutti i pezzi del mio
essere
si ricompongono velocemente, man mano che ne scorgo il viso, gli occhi,
i
capelli, l’andatura decisa. È lei.
“Si
può sapere che cosa stai
balbettando?”.
Mi
nutro
della sua voce calda. La speranza divampa allegra nel mio corpo.
“Ma allora sei viva!”
dico sbigottito.
Stringe
gli occhi e un attimo dopo mi colpisce con una ginocchiata in pieno
viso.
Mi
ritrovo atterra con un dolore acuto al naso. Ma è il
benvenuto. Questo vuol
dire che non sto impazzendo, che lei è qui ed è
reale.
Ora mi
sento completo, la mia anima viene velocemente ricucita.
E
paradossalmente, mentre mi picchia, sono … estatico.
Lei è
tornata. Ora tutto ritrova la sua giusta posizione nel mio mondo.
È tornata. La mia vita può ricominciare
a ritrovare il suo corso, con lei.
Nota dell'autrice: Salve a tutti!
Questa è la mia prima fic.
Full Metal Panic è uno dei miei anime preferiti e volevo
lasciare un piccolo tributo a Sousuke, che a parer mio è uno
dei personaggi più riusciti.
Sinceramente questa parte di The Second Raid mi ha profondamente
emozionata, per questo ho messo per iscritto quelli che, a parer mio,
potrebbero essere i pensieri del dolce Sergente. Spero di non avervi
annoiati e di non essermi dilungata troppo, ma, quando si tratta di
descrivere le sensazioni di un ragazzo complesso come Sousuke non
è facile essere brevi.
Si accettano consigli e critiche perciò non siate timidi,
non vi mangio mica!! ;)