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Autore: FuoriTarget    08/11/2009    5 recensioni
[Andre con un sorriso malefico si fece ambasciatore per tutti: -Non siamo mica idioti: Manu è cotto come una bistecca alla griglia- ...
-Non gli abbiamo detto nulla perchè lo conosciamo, sappiamo che manderebbe tutti al diavolo- ...
-La sera della tua festa, quando lei è salita sul tavolo a ballare, credevo che gli sarebbe esplosa la testa- tutti risero in coro con lui.
-Sei mesi... e non hanno mai detto nulla!?- ... ]
Manuel e Alice, due universi che si scontrano in una Verona ricca e piena di pregiudizi. Un rapporto clandestino nascosto a tutto il resto del mondo che si consuma lentamente, una passione ardente che diventerà dipendenza vera e propria.
E forse, se il Fato lo permetterà...Amore.
Ebbene si postato il capitolo 18!! Gelosia portami via...
In corso revisione "formale" dei primi capitoli.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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9



-Relazione Clandestina-






8







Non sempre i nostri piani si realizzano, lavoriamo, lavoriamo per attuarli, ci spremiamo le meningi per calcolare tutti i possibili contrattempi..ma il Fato è così labile! Una sola decisione diversa, un passo, un respiro una parola, e tutto può cambiare e i piani di noi poveri piccoli umani saltano inevitabilmente.
Alice aveva cercato di prevedere ogni particolare e c'era quasi riuscita, aveva solo sottovalutato il soggetto.
Fino alla mezzanotte la serata era andata come previsto, il BM si era riempito e il dj si stava sbizzarrendo con i sound più in voga, Manuel aveva bevuto un paio di drink con Filo e poi si erano allontanati dalla folla per chiacchierare.
Se ne stava sui divanetti da una decina di minuti da solo. Una ragazza fin troppo piccola per la minigonna che indossava si era portata via Filo e lui era rimasto solo ad annoiarsi. Non aveva voglia di ballare ne di sballarsi, l'unica cosa che là dentro poteva accendere il suo interesse l'aveva persa tra la folla.
In quel momento il piano di Alice cominciò.
Ma quando Manuel capì cosa stesse succedendo il bicchiere rischiò di esplodere tra le sue dita.
Alice ballava, non faceva nulla di chè, a volte agitava i fianchi a ritmo, o si spostava solo da un piede all'altro mentre muoveva le braccia in aria leggere come ali di libellula.
Ma ballava con Carlo, idiota che pretendeva di giocare come guardia nel ruolo che era stato suo.
E prima di lui aveva ballato con: Filo, il Vigna, Andre, Paolo, Charlie, un cameriere, un tizio biondo con piercing al labbro, un mezzo emo che pareva capitato là per caso, un amico di Cheru che Manuel aveva fulminato immediatamente e che se l'era svignata alla svelta e poi persino con Laura.
E l'aveva guardato.
Incatenato al divanetto dai suoi brillanti occhioni azzurri, costretto a guardarla muoversi tra le braccia d'altri. Non l'aveva mollato un secondo, ogni volta che aveva alzato lo sguardo dal suo cavaliere era finito su di lui. Senza sorridere o ammiccare, senza una vera espressione ma con un'intensità che lo aveva incollato al suo posto per tutta la sera.
Manuel la odiò profondamente per qualche istante. Ne seguì il profilo dal braccio che ondeggiava sulla testa, poi i capelli sciolti sulle spalle che saltavano come lingue di fuoco illuminate a tratti, il collo bianco e gli occhi, quei maledetti occhi color del cielo d'estate che non si decidevano a lasciarlo in pace.
Scattò in piedi senza nemmeno pensarci quando vide un cameriere passare vicino al suo tavolo. Il suo corpo reclamava una pausa, aveva le gambe indolenzite a forza di star seduto mentre qualcos'altro era fin troppo sveglio. E la vodka fu un valido richiamo.
Lò bloccò ordinandogli due vodka-lemon (meglio abbondare per non rischiare di rimanere senza), poi si voltò per tornare al suo posto e incontrò di nuovo quelle due pozze azzurre che seguivano i suoi movimenti. Non capiva che cavolo volesse dirgli con quello sguardo totalizzante.
Attorno a loro intanto la situazione era precipitata all'inverosimile.
Andre giaceva semisvenuto su un divano, le ragazze intorno a Filo erano triplicate e dalla sua espressione era sul punto di svenire anche lui, Jack avvinghiato a Chiara e persino il Vigna si era lascito irretire da Martina e giaceva tra le sue gambe inerme soggiogato dai baci impetuosi della ragazza. Tutti troppo impegnati o troppo poco coscienti per aiutarlo a distrarsi. Gli era rimasta solo la vodka.
Tornò al fidato giaciglio nell'angolo più nascosto del privè schivando le richieste di unirsi alle danze con un paio di grugniti malevoli, raggiunto dopo pochi secondi dal cameriere con i suoi due bicchieri li afferrò entrambi con una foga che normalmente non gli apparteneva.
La gente ballava attorno a lui, i vetri della balaustra brillavano iridescenti sotto le luci strobo e il resto del mondo pareva in quel momento una massa unica di individui inutili.
Alice intanto era spartita dal suo campo visivo.
Esattamente 75 minuti dopo la mezzanotte avvenne la catastrofe.
Manuel non aveva mosso il culo dal divanetto -se non per rifornire il bicchiere- per tutta la sera, da lì aveva spiato i movimenti della sua rossa tortura in pista sempre inchiodato dal suo sguardo.
Quando riapparve alle spalle di Laura un po' scompigliata e con la camicia sbottonata fino al reggiseno un moto di gelosia lo attraversò fino al centro del petto, ma lei sembrava tranquillissima: aveva abbandonato l'ennesimo cavaliere e se la rideva con la sua amica. Probabilmente alticcia quanto lui. A quel punto il primo vodka-lemon era già finito tutto nel suo stomaco.
Nell'attimo esatto in cui entrambi riconobbero le prime note di quella canzone librarsi nell'aria, successe qualcosa: Alice si voltò di scatto nella sua direzione subito dopo il primo giro di basso poi si mosse troppo svelta e Manuel la perse di vista confuso dalla gente che aveva invaso il privè.
Poi improvvisamente apparve sopra tutti. Sola in piedi su un tavolino esattamente di fronte a lui. Era la canzone giusta, il momento giusto nessun testimone pericoloso (..ovvero cosciente) in vista e una massa di altri intrusi a coprirla. Il basso dei Muse rimbombò come un tuono in tutta la sala.
I think I'm drowning
asphyxiating...
Asfissiando.
Si, quella era la sensazione corretta. Quello stava provando Manuel.
Guardò le braccia di Alice muoversi sensuali. Per lui. E intanto asfissiava.
Guardò le gambe piegarsi e risalire lente e morbide. E asfissiava.
Le dita percorrere delicate le cosce scoperte e risalire fino alla vita prima di affondare nei capelli. E l'aria sfuggiva sempre più veloce dai polmoni.
you're something beautiful
a contradiction
Oh si, lei lo era eccome, una bellissima contraddizione. Incostante e impalpabile. Ne seguì i movimenti a tempo di musica, conscio che ogni mossa era solo per lui. Maledicendosi per tutto ciò che aveva perso: era stato lui a mandarla via, l'aveva presa in giro, allontanata a forza.
you will be
the death of me
Ne era certo, al 100% che lei sarebbe stata la sua morte.
L'aveva capito subito, dalla prima volta che era andato a letto con lei. Era un po' brillo si, ma ricordava bene cosa aveva provato quando l'aveva vista nuda nella penombra, quando l'aveva sentita ridere, gemere e sussurrare il suo nome. E quei ricordi parevano vivissimi in quel momento.
Our time is running out..
Davvero voleva questo, davvero voleva che il loro tempo finisse? che tutto ciò che era successo..svanisse?
Forse non l'avrebbe mai dimenticata, ma sentiva di non potersi legare a lei. Erano troppo forti le sensazioni che gli faceva provare, gli facevano paura. Si ricordò cosa l'aveva spinto ad allontanarsi, a non chiamarla più, il perchè aveva litigato con Jack due giorni prima e perchè quella sera non aveva nessuna voglia di schiodarsi dal divano.
Intanto Alice ballava. Morbida davanti a lui.
E lo fissava.
Muoveva i fianchi ondeggiando, scivolava con le dita sulle braccia sulle cosce sui fianchi, esattamente dove avrebbe voluto sfiorarla lui.
I wanted freedom
but I'm restricted
I tried to give you up
but I'm addicted
No, non poteva essere. Però la canzone aveva ragione: era dipendenza. Nessuna parola sarebbe stata più calzante per descrivere quella sensazione; la voleva assolutamente, era lì a portata di mano, innegabile che anche lei lo volesse, prenderla per mano e condurla fino a casa sua sarebbe stato facile.
Eppure..
Continuava a guardarlo e colpire l'aria con i fianchi ad ogni accento della musica. Alzò le mani nella sua direzione portandosele poi al collo, come per chiamarlo a lei. Un brivido caldo e pulsante attraversò lo stomaco a Manuel, mentre si ostinava a ripetersi nella mente un mantra che inneggiava alla sua libertà.
La mano pallida e piccola di lei scese dal collo scivolando nel solco in mezzo al seno fino ad appoggiarsi sull'anca, e stringere la stoffa della camicia tra le dita.
how did it come to this..
Già...come?
La musica cambiò e in quello stesso momento Alice si bloccò. Immobile con le braccia lungo i fianchi e lo sguardo fisso su Manuel.
In quell'istante successero troppe cose che lei non aveva previsto, e che andarono ad intaccare irrimediabilmente i suoi piani. Laura la raggiunse saltellando per evitare le persone che le giravano attorno, con il volto distorto dalla preoccupazione: il Vigna non riusciva più a trovare Martina e l'ultima volta che l'avevano vista era ubriaca fradicia, inevitabilmente il legame visivo con Manuel si interruppe. Quando Alice rialzò  lo sguardo verso in divano dopo aver rassicurato la sua migliore amica e spedita a controllare i bagni, lui non c'era più.
Il dolore la investì. Dov'era finito? Si guardò attorno ancora in piedi sul tavolino e quello che vide purtroppo non la incoraggiò. Il BM era pieno, pieno davvero, la pista si muoveva come un unico blocco di gelatina tante erano le persone stipate in mezzo, e di ragazzi mori alti e con le spalle larghe ce n'erano a bizzeffe.

Ci volle tutta la sua forza per attraversare la folla.
Spintonò e sgomitò senza cortesia, normalmente odiava farlo. Anzi finiva sempre per incagliarsi e rimanere bloccata tra la gente finchè Jack o Edo non andavano a ripescarla; questa volta invece non si fece scrupoli. Usò le braccia, sottili e poco muscolose per farsi spazio, sfruttando la sua figura esile sgusciò tra i ragazzi e le ragazze che ballavano a gruppetti.
Alzò la testa e per un attimo sprofondò nel panico: fino ad un secondo prima stava seguendo un potenziale Manuel in mezzo alla pista ma ora l'aveva perso, e là in mezzo nel suo misero metro e settanta (con i tacchi) attorniata da ragazzi mori e carini nella semi oscurità delle luci strobo temette davvero non poterlo più ritrovare.
-Manuel!- puntò un ragazzo, indossava un gilet nero come lui e camminava senza guardare in faccia nessuno. Bracollò alla cieca tra quei corpi sudaticci, continuò a chiamare il suo nome senza ottenere risposta, attorno a lei nessuno pareva darle ascolto.
Era sull'orlo delle lacrime.
Manuel doveva sapere. Non poteva lasciarlo andare senza giustificare ciò che era successo: i suoi tentativi di farlo ingelosire con tutti quei ragazzi, il bisogno che sentiva ogni volta che lo incontrava di fiondarsi tra le sue braccia, farsi abbracciare e rimanere con lui tutta la notte e quella stupida idea che le era venuta sentendo la canzone dei Muse. Voleva dirgli che in nessun modo sarebbe riuscita a dimenticarlo. Che avrebbe pensato di lei se non fosse riuscita a raggiungerlo? Dopo quella penosa esibizione sul tavolino avrebbe avuto ancora il coraggio di guardarlo in faccia?
Il panico, puro e incontrollato, si fece largo nella sua mente.
E prese quasi a correre.
Spintonava corpi di lato, si faceva spazio piantando i gomiti ossuti nelle costole di poveri malcapitati. Non chiese scusa ne permesso, non tenette la testa bassa ne urlò il suo nome in preda alle lacrime, incredibilmente nel panico rimase lucida. Attraversò mezza pista fino a trovarsi quasi al centro, e cominciò a guardarsi attorno in ogni direzione, poteva essere ovunque. A farsi un drink al bar. Al bagno degli uomini. A fumarsi una sigaretta. Quest'ultima ipotesi risvegliò la sensazione che aveva provato quando si era voltata trovando il divano vuoto: inconsciamente sapeva già che se ne sarebbe andato.
Si girò di scatto verso l'uscita, c'era una gran ressa anche lì e da quella distanza non riusciva nemmeno a distinguere i mori dai biondi.
Poi improvvisamente lo vide.
Non era ancora all'uscita ma solo ad una decina di metri da lei, come gli altri avanzava a fatica e si toccava continuamente i capelli, indice che fosse davvero spazientito.
-levatevi!!- brontolò contro tre ragazze che ballavano in cerchio sulla sua traiettoria, non aveva un minuto da perdere, le scansò e riprese a farsi largo con tutta la forza (poca) che aveva. Gli occhi ben puntati sull'obiettivo.
Era lì. A cinque metri.
Superò due coppiette e un gruppo di sgallettate che ridevano con un paio di cretini messi peggio di loro, il tanfo d'alcool che emanavano le fece rivoltare lo stomaco. Ma non aveva tempo neppure per stare male.
E i metri divennero tre.
Separò a forza due amiche che ballavano tenendosi per mano, senza scusarsi. Scivolò con una gamba seguita poi dal resto del corpo tra altri individui imprecando contro tutti tra i denti.
E i metri divennero due.
A quel punto potè scorgere le spalle larghe il gilet nero e la maglietta grigia con lo stemma della Burton su una manica. Era proprio lui. Decisamente non sembrava di buon umore, si faceva largo senza bisogno di sgomitare, era abbastanza imponente da non averne bisogno.
Un passo e dimezzò la distanza.
Ora gli era dietro, eppure stava già scomparendo di nuovo dietro un altro turbine di persone. Non poteva permettersi di perderlo di nuovo, l'uscita non era poi così lontana e fuori avrebbero dato nell'occhio, la in mezzo invece nessuno li avrebbe notati. Vide la figura scivolare tra due ragazzi alti almeno quanto lui e senza pensarci gli afferrò il polso prima che svanisse.
Manuel si voltò di scatto preso alla sprovvista. Mai si sarebbe aspettato di ritrovarsi davanti quel volto pallido decorato da piccole lentiggini e quegli occhi azzurro cielo che l'avevano seguito per tutta la sera.
Il mondo continuò a girare, la gente ballava saltava urlava intorno a loro, il sound di Laurent Wolf  rimbombava in tutta la sala dagli amplificatori. No stress.
Istintivamente abbassò lo sguardo sulle dita di Alice che, ghiacciate come sempre, stringevano il suo polso e non parevano intenzionate a mollarlo. Si divertì a pensare che forse quella era la sua massima forza.
-Manu- fu un sussurro, non sentì nemmeno il suono colse solo il suo nome dal movimento delle labbra, e forse senza volerlo davvero, si concentrò su di lei.
Ci fu un istante di silenzio in cui davvero credette di cedere. Di mandare a farsi fottere tutto e tutti baciandola lì in quel punto esatto del BM. Invece no. Non lo fece, si limitò a ricambiare il suo sguardo in attesa.
Alice prese fiato, poi radunò il coraggio in un unico punto al centro del petto e allungò una gamba. Solo mezzo passo e si spinse sulla punta per alzarsi un po' fino alla sua spalla. Ignara di ciò che la mente di Manuel stava elaborando: temeva che l'avrebbe baciato, ma contemporaneamente stava già valutando come fare a tornare a prendere la moto se fossero fuggiti con la Micra di Alice come facevano una volta.
Raggiunse la guancia poi l'orecchio con un unico movimento, senza esitazioni.
-non ci riesco a dimenticarti...-
Nonostante la folla fosse esplosa al suono di un nuovo successo dei Black Eyed Peas, quella parole non si dispersero. Arrivarono là esattamente dove Alice avrebbe voluto. Miliardi di endorfine si liberarono nel sangue di Manuel, da ogni punto del suo corpo le cellule urlavano all'unisono: "coglione baciala!! è lei che vuoi! è Alice...è la donna per te"
Il suono di quella voce squillante nella sua mente si confuse con quella soave di Alice. Non credeva che avrebbe più sentito quel suono. L'ultima volta che si erano parlati l'aveva quasi investita e derisa in mezzo alla strada, dopo non si erano più salutati, ne erano rimasti soli.
In effetti non sentiva nemmeno quelle dita fredde da quasi due settimane, eppure lì sul suo polso sembravano stare così bene.
Gli lasciò un bacio, morbido e umido, sotto l'orecchio dove lui adorava morderla.
E fu un attimo riconoscere l'odore dei suoi capelli, il tocco delle sue labbra, il colore delle lentiggini, la sua presenza così vicina. Troppo per un istante solo, si ritrovò perso. Perchè era successo tutto? Come mai da due settimane il suo letto era così vuoto?
Cos'era successo per ridurli così? Lei che lo teneva per il polso e gli sussurrava che non riusciva a dimenticarlo, e lui che combatteva contro se stesso per non trascinarla a casa sua. Perchè si stavano inseguendo come due ragazzini alla prima cotta?
Finì tutto in un secondo. Alice non vedendo risposta abbassò lo sguardo dai suoi occhi alla cucitura della spalla della maglietta e si ritrasse allentando la presa sul polso.
In fondo aveva fatto ciò che si era prefissata di fare, gliel'aveva detto, si era esposta e ora lui sapeva che lei era ancora lì. A non riuscire a dimenticare. Tutto era durato si e no un minuto, eppure persa in quegli occhi scuri le era parso di esser là da ore.
Di nuovo in quel momento il Fato si intromise a cambiare il corso degli eventi.
Un ragazzo, un certo Francesco Rizzi, passò dietro Alice. Non conosceva ne Manuel Bressan ne Alice Aroldi, non frequentava le Stimate, anzi le snobbava apertamente e non era nemmeno mai stato al BM prima di quella sera. Non era un granchè come ragazzo, gli piacevano i computer la birra e le ragazze bionde, nessuna particolare aspirazione nessun segno di distinzione. Un individuo anonimo come tanti, uno di quelli che non ti volti a guardare in autobus o accanto a cui non ti sederesti mai a lezione. Però quella notte cambiò la vita a due perfetti sconosciuti.
Superò Alice senza notare nulla e inavvertitamente, nel tentativo di salvare il suo bicchiere dai colpi di una ragazzina particolarmente esagitata, colpì un omone grassoccio che stava ballando proprio accanto alla coppia.
Fu un domino assurdo: la ragazzina, Francesco, l'omone grassoccio e poi Alice.
Troppo concentrata sull'assoluto mutismo di Manuel e su quello sguardo che ardeva come nero carbone non si accorse della montagna che le si abbatté contro. Sentì solo un colpo sulla parte destra i tacchi ondeggiare e l'equilibrio scivolare via.
Manuel invece si accorse di tutto, e agì d'istinto: quando la vide barcollare era certo che sarebbe caduta, per questo le afferrò la vita tirandola su contro il suo petto, e si ritrovarono abbracciati per caso l'una schiacciata contro l'altro.
Il bacio fu inevitabile.
Come se improvvisamente il vetro che li separava fosse sparito al solo contatto dei loro corpi, anche le labbra si unirono senza controllo. Alice completamente sostenuta da Manuel con le mani strette alla maglietta a cui si era aggrappata e la razionalità relegata in un angolo buio del cervello. Frastornati risposero entrambi subito al contatto approfondendolo.
Sei secondi. E tutto finì.
Come se la bolla d'aria in cui erano finita fosse scoppiata con un gran botto, Manuel si staccò boccheggiando mentre le lasciava delicatamente la vita e Alice riprese possesso della sua stabilità sui tacchi abbassando lo sguardo sul pavimento. Non era previsto, quel bacio aveva sconvolto tutti i piani: le cellule del corpo di Manuel gridavano tutte insieme che volevano di più mentre un altra voce nella sua testa tentava di portare avanti altre argomentazioni. La libertà, la sua libertà..quella che prima il basket poi l'infortunio gli avevano tolto, quella che gli aveva riempito la rubrica del Blackberry di numeri di ragazze di cui non ricordava nulla, quella che si era guadagnato a causa e grazie a suo padre.
Cercò quegli occhi blu, quelli che lo inseguivano e gli facevano male. Quelli che sorridevano a dispetto di tutto, quelli che gli ricordavano tanto il cielo d'estate.
-Alice..- pronunciare quel nome non fu affatto piacevole -..lasciami stare-
E senza guardarla o darle il tempo di replicare si dileguò nella folla il più velocemente possibile. In una mano le sigarette, le chiavi della moto nell'altra.

Alice rimase immobile, incerta se essere felice o disperarsi.
Quella sera avrebbe dovuto chiarire la situazione, nei suoi piani Manuel avrebbe dovuto scoprire che lei ancora teneva a lui, stramazzare davanti alla sua minigonna e fiondarsi tra le sue braccia. Eppure qualcosa non era andata come avrebbe dovuto.
Restò lì a fissare il punto in cui era scomparso finchè Laura e Martina non la trovarono, in evidente stato confusionale.
La sua controparte invece non si era fatto scrupoli a lasciarla là in balia di se stessa, se n'era andato perchè non ce la faceva più. Come uomo non avrebbe resistito molto alla gambe nude e alla sguardo languido di Alice, come Manuel aveva già mandato a farsi benedire le sue resistenze da parecchio.
Quando si trovò fuori dal BM con l'accendino già davanti alla bocca si rese improvvisamente conto che non erano più tutte le sue cellule a gridare la sua voglia di lei, ma alcune in particolare, localizzate in un punto ben preciso alla fine dell'addome. Non si era nemmeno accorto dei jeans che tiravano mentre Alice ballava sul tavolo, troppo concentrato a scacciare l'idea di quello che avrebbe voluto fare su quel tavolo...
-ma non avevi smesso?-
La voce di Filo lo fece quasi saltare sul posto, si trattenne solo grazie alla gente che aveva intorno, non poteva fare la figura del cretino.
-fatti i cazzi tuoi..- brontolò in risposta soffiando fuori la prima magica boccata di fumo.
Gli arrivò accanto con la sua Lucky Strike tra le labbra, gli avevano detto mille volte di cambiare sigarette, che quelle erano le più puzzolenti e piene di nicotina, ma lui era fissato, gli piacevano solo quelle, e certe abitudini sono dure a morire.
-aah hai ragione..ognuno ha i suoi vizi, che vuoi farci! senti è confermato il poker da te mercoledì?-
Non lo sentì nemmeno. Alcune delle sue parole avevano portato alla luce una serata particolare. Ognuno ha i suoi vizi...gliel'aveva detto Alice la sera che erano andati a bere in centro e lui non era riuscito a trattenersi e l'aveva baciata sul marciapiedi. Ricordava bene quella sera, Alice gli aveva fatto guidare la sua Micra verso Chievo, fin su per i colli, aveva sempre avuto il terrore dei maniaci e quindi finivano sempre per imbucarsi in posti assurdi.
-alle 10 e di a Edo che deve portarmi i soldi. Io me ne vado- gettò la sigaretta appena accesa mollando lì il suo amico senza parole.
Filo era abituato a quella scontrosità, alle sue rispostacce e alle frasi smozzicate, non a vederlo buttare una sigaretta e andare a casa così presto.
-ehi dove cavolo vai?- ma l'altro era già lontano.

Ognuno nel proprio letto, a decine e decine di metri di distanza, entrambi non riuscirono a prendere sonno.
Manuel solo, in quel grande appartamento, nel letto bianco e stranamente vuoto, pensava a lei. Aveva cercato di scacciarla, ma i suoi pensieri vorticavano involontariamente attorno a lei; gli tornavano alla mente troppe cose. Frasi, discorsi, oggetti, momenti, sensazioni. Tutti troppo reali.
Quella volta che ruppe le calze nel pedale della moto e lo maledisse per tutta la sera.
Sorrise tra sè contro il cuscino ripensando alla sua faccia indispettita e a come sbuffando si era sfilata i collant da sotto alla gonna e li aveva lasciati nel primo bidone.
Una borsetta verde dimenticata sul suo divano, rimasta lì dopo la nottata movimentata in cui avevano testato il tavolo della cucina.
O quando lei la prima volta, imbarazzata, gli disse che non aveva mai fatto "certe cose". E Manuel non era riuscito a non sorridere.
O quando gli chiedeva di spegnere la luce perchè si vergognava di farsi vedere nuda da lui. Lui che l'aveva spogliata decine di volte.
Ripensò a cos'era successo al BM: quella canzone dei Muse non l'avrebbe più dimenticata.
Nonostante tutto si costrinse a riconoscere che in realtà non sapeva poi molto di lei, avevano sempre parlato di cose più o meno serie insieme e così si era perso le banalità. Il suo colore preferito. Il numero di scarpe. La sua canzone preferita. Non era nemmeno certo della data del suo compleanno. Cavolate che in quel momento avrebbe tanto voluto sapere...
A poco più di un chilometro nemmeno Alice riusciva a dormire.
Per quasi mezzora era rimasta con gli occhi semichiusi davanti allo schermo del cellulare indecisa se mandargli un messaggio o no. Aveva scritto e cancellato decine di volte, mille tipi di scuse altrettante accuse. La verità era che non sapeva cosa dirgli. In un momento di follia aveva provato a scrivergli semplicemente 'mi manchi', poi codarda aveva cancellato in fretta, prima che la tentazione di premere il tasto invia fosse troppo forte.
Alla fine si rassegnò a non scrivergli nulla, spense addirittura il cellulare -cosa che non faceva mai- per allontanare la tentazione il più possibile. Tanto sapeva che lui non l'avrebbe mai cercata e di chiunque altro in quel momento non poteva importargliene meno.

Nella notte, nel buio della propria stanza, ognuno dei due pensava all'altro, entrambi si voltarono dal lato vuoto del letto cercando qualcosa che non c'era, qualcosa che avrebbero voluto accanto a sè, qualcuno che credevano perduto ma che dopo quel bacio sembrava un po' più vicino.
Entrambi si sentirono persi.








Spazio Autrice:
et voilà!!
siamo finalmente giunti al capitolo 8!!
Spero che dopo questo capitolo abbiate capito un po' di più il povero Bressan
Intrappolato in bilico tra i suoi istinti le sue paure, e chissà forse anche l'amore.

un paio di link utili per la lettura:
Muse - Time is running out (nel caso non conosceste la canzone)
il testo tradotto (in italiano per fare un po' di chiarezza)

Spero di aver reso un po' l'idea della parte maschile,
ammetto che scriverla è stato difficilissimo!!
Chiaramente non sono un uomo e fatico a pensare come tale quindi mi ci è voluto un bel po' di impegno
ho tentato di mettermi nei 'loro' panni, di aggiungere una buona componente fisica ai suoi pensieri
semplicemente immaginando e interpretando i comportamenti di amici e moroso.
Mi auguro che mi facciate sapere se vi è piaciuto!!

So di aver tardato la pubblicazione
ma ci sono stati GRAVI E INCOMBENTI motivazioni
1- taglio+ 3 punti+ fasciatura ad una mano
2- mamy ricoverata per operazioncina
3- grave depressione dovuta alla scarsità di recensioni!!!!

Ora mi congedo
spero di non avervi annoiati!

1bacio. Vale



















   
 
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