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Autore: Elizabeth9    09/11/2009    5 recensioni
Quando il signor Bennet lasciò definitivamente la casa,sapeva con certezza che avrebbe posto fine a qualsiasi speranza delle sue figlie di avere una vita felice e di poter essere sposate. Elizabeth, una delle sorelle maggiori perciò decide di lasciare la propria famiglia e stabilirsi presso il temuto e facoltoso Signor Darcy che le avrebbe offerto un guadagno. Una nuova storia di uno dei classici più intramontabili di tutti i tempi, dove forse non sempre l'apparenza è vermante l'unica realtà. Regole e pregiudizi verranno superati ed infranti per dichiarare un amore, per molti impossibile.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Nuovo capitolo! Per l’esattezza credo proprio il penultimo! Quindi vi prego non mi abbandonate!!!!!siete stati così tanto carini da seguirmi fino ad ora, non mi lascerete proprio sul finale vero???speriamo che le vostre speranze siano soddisfatte…fatemi sapere che ne pensate!!!Vi prego lasciate tanti commentini! Non vedo l’ora che vi gustiate l’ultimo capitolo ci sto lavorando sopra, ma anche questo capitolo è uno snodo fondamentale! Quindi buona lettura e a presto. Come sempre un saluto a tutti voi!Grazie

Non sarei restata in quel luogo non un secondo di più. Non con il timore e la profonda quanto disperata delusione, di dover ancora una volta incrociare gli occhi del Signor Darcy, così impassibili, così sfiduciati da me. Ancora non riuscivo a dare una ragionevole spiegazione a ciò che Caroline aveva fatto, ma soprattutto alla lettera del Signor Wickham. Lascio alle spalle le parole dell’uomo che amo, con la crudele certezza di averlo perduto per sempre. La sola idea di essere considerata da lui come una traditrice irrompeva nel mio cuore, straziando ogni sua fonte di felicità. Per non parlare di Georgiana. Quei suoi occhi tanto sconvolti, tanto increduli a quelle parole che hanno reso semplice mutare con tanta velocità la nostra amicizia in odio. Continuo a correre per le varie stanze della casa, senza avere la minima coscienza di ciò che sto facendo. Nulla avrebbe potuto fermare le mie lacrime, nulla avrebbe colmato il vuoto che sarebbe dimorato nella mia mente per il resto della mia vita. Asciugo con il lembo della manica le lacrime che si ostinano a scendere. Entro in quella che sarebbe stata per l’ultima volta la mia stanza, e con più fretta di quanto avrei dovuto avere, ripongo ogni mio misero ed insignificante avere nel baule. Rassegnata all’idea di poter in un qualunque modo porre fine alla mia disperazione, imbevo  del mio pianto ogni abito che nel contempo rinchiudo. I singhiozzi non cedevano a ribellarsi alla ragione e al contegno, impotenti quanto me. Osservo per l’ultima volta, quel letto dalle candide lenzuola, quella finestra, quella sedia accanto alla quale Darcy aveva per la prima volta dato adito ai suoi sentimenti per me, ma era troppo doloroso. Le mie labbra non ostentano ad incurvarsi, mentre le mie mani tentano invano di estorcere ogni gemito dalla mia bocca. Non avrei potuto sopportare oltre tutto questo. Indosso il mio scialle velocemente e mi dirigo verso la porta. Mi fermo per qualche istante. I battiti del cuore sembrano soffocare con lentezza. Stringo i pugni e appoggio la mano per l’ultima volta a quella porta che tanto aveva cambiato la mia vita. Fredda, immobile, come lo ero io. Era insensato pensare fino a qualche mese prima di dover soffrire tanto, di dover mettere a tacere la ragione per affermare un sentimento ormai sin troppo radicato, impossibile da divellere. Varco quella soglia, e corro via fuori dal palazzo. Il profumo di quelle sontuose stanze non riempiva i miei polmoni. L’aria questa volta pareva irrespirabile, contrita, quasi pungente. Non avrei mai più rivisto tutto questo. Mi rifiuto di andare avanti, di continuare ad allontanarmi, tanto era il mio attaccamento a quella casa, seppure non mi sia mai appartenuta. Mi sovvengono al ricordo le parole del Signor Darcy, ma non riesco, nonostante tutti i miei sforzi, a trovarvi un barlume di speranza, di redenzione che mi convincano repentinamente a considerare tutto questo solo un orribile equivoco. Le miei labbra tremano al pensiero di non essere più toccate dalle sue, il mio respiro si mozza sapendo di non godere più del suo respiro. Nel contempo il mio cuore inaridisce sotto la vittoriosa rivincita della ragione, che più di una volta mi aveva sconsigliato di perpetrare una tale follia. Ritengo stupido indugiare oltre: devo abbandonare questo luogo prima che il suo ricordo mi uccida completamente. Percorro i gradini e mi accingo ad incamminarmi verso il sentiero che porta al di fuori del cancello. Non avrei avuto alcuna compassione da mia madre, sarebbe stata solo l’ennesima occasione per rendermi infelice. Coscienziosa della mia solitudine, decido di avviarmi verso l’unica persona che avrebbe potuto darmi un qualche sentito sostegno, la mia amica Charlotte. Il lungo tragitto per dirigermi alla sua dimora non fa altro che darmi altro tempo indesiderato per pensare. Quell’espressione, quegl’occhi erano a dir poco sufficienti per comprendere quanto ormai la speranza di amarlo sia irrimediabilmente persa, e con sé la mia contentezza. Dopo diverse ore, giungo all’entrata della casa, così familiare e raccolta da ricordarmi quanto modesta e semplice fosse la mia vita. Avevo dimenticato il profumo della umiltà, e della sua impareggiabile accoglienza.  Apro il cancello e mi avvio a bussare alla porta quando Charlotte mi precede di mia grande sorpresa.

“Mia carissima Elizabeth!!!!Tu qui!” mi avvolge in un abbraccio che non avrei mai sperato di ritrovare in nessun altro da tempo. “ Sono immensamente felice di vederti. N’è passato di tempo dall’ultima volta che ci siamo incontrate!” non potevo che ricambiare il suo affetto sincero con un grande sorriso. “Ma ti prego non farti pregare, entra!” accetto l’invito molto caldamente, del resto non avrei potuto chiedere di meglio. Mi invita nella sua piccola sala a prendere una calda tazza di tè,nel contempo appoggio il mio baule che non aveva modo di non notare. “ Dimmi Lizzie, cosa hai fatto per così lungo tempo da non degnarti di venirmi a salutare nemmeno una volta! Oppure una lettera sarebbe bastata…” non posso biasimarla per il suo disapprovo, erano mesi che non mi degnavo di scriverle.

“ Sono accadute molte cose dalla morte di mio padre, molte delle quali spiacevoli da raccontare e ancor più da ricordare…ma questo non mi dà il diritto di non dedicare la giusta attenzione che deve essere riservata ad una vecchia amica!Perdonami…

“ Oh Lizzie!Nelle tue parole risuona non poco rancore e rammarico, è veramente così grave ciò che ti è accaduto?” mi stringe la mano cercando di limitare la mia preoccupazione.

“ Cara Charlotte, chiedo ammenda per quello che starò per dirti, ma…vedi, sono successe troppe cose e tutte in pochissimi istanti che non riuscirei davvero a rendere giustizia ad ogni cosa in questo momento, in cui sono ancora scossa e fragile” cerco di evitare il suo sguardo dolce e impensierito dalle mie parole, nascondendo qualche lacrima che tenta con violenza di uscire. “ Non c’è ragione che ti angusti tanto con le mie preoccupazioni, anzi sarebbe molto gradito se non ne parlassimo per molto tempo, fin quando non avrò convito il mio cuore a dimenticare…” sbarra gli occhi in segno di apprensione, ritraendosi allo schienale della sedia.

“ Ma certo, Lizzie! Perdona la mia curiosità,non sei in alcun modo obbligata a darmi spiegazione, se questo ti turba. Sappi che io sono disposta in ogni momento a venirti incontro, non una parola e potrai confidarmi in qualsiasi momento ciò che ti affligge!” le sue labbra sorridenti mi commuovono, come le sue parole, sempre aggraziate e degne di una vera amica. “ Se posso aggiungere, so che la mia dimora è modesta e di poche pretese, ma ti prego, non rifiutare l’invito che ti porgo a restare qui fin quando tu vorrai. Non potrei sopportare di vedere così affranta e sola una delle persone a cui tengo di più!” il tepore del tè riscalda le mie gote, non meno della sua cortesia.

“ Non so che dire…in verità non avrei potuto desiderare altro in questo momento che il sostegno di una grande amica. Grazie Charlotte” l’abbraccio e riesco finalmente a sorridere con meno amarezza. Dopo qualche ora passata assieme, Charlotte mi mostra quella che sarebbe stata la mia stanza. Per un attimo decido di sopprimere il ricordo, ed andare avanti. Così piccola, così curata in ogni dettaglio. Quei pochi mobili che l’arredavano erano molto più gradevoli di quanto avrei mai pensato. Una piccola finestra fa penetrare la luce al suo interno, mettendo in mostra le lenzuola impolverate. Reco le mie poche cose al loro posto. Charlotte, data l’evidente stanchezza che il mio volto non indugiava a trapelare, mi lascia assopire tra le lenzuola ruvide del letto.

A notte inoltrata vengo bruscamente svegliata da un sospetto rumore. Era arrivato qualcun altro in quella casa. Non comprendo con precisione quale ora fosse, ma la luna splendeva candida tra le nubi minacciose. Per quanto lucida potessi essere, il mio cuore sperava in suo ritorno, ma il Signor Darcy come tutti gli altri, non sapevano della mia destinazione, e non se ne sarebbero di certo preoccupati. Il cuore comincia inspiegabilmente a battere. Forse di notte, quegli stretti corridoi e quelle finestre tenebrose incutevano ben poca accoglienza. Prendo la prima candela che trovo sul tavolino accanto al letto e mi dirigo a passo svelto verso la porta principale. Sento Charlotte avere una conversazione, ma il suo tono di voce era fin troppo perplesso e tremolante. Non ho la capacità di immaginare oltre, chi potesse essere a quest’ora di notte ad irrompere in questa casa. Intravedo il viso spigoloso di Charlotte contornato dalla fievole luce di una candela.

“Charlotte!” mi affretto a raggiungerla. “ cosa succede? Chi è, per l’amor del cielo?Chi richiede la tua attenzione a tale ora della notte?” mi avvicino a lei, fissando solo il suo volto spaurito, senza notare chi avessi di fronte.

“Credo proprio Elizabeth che non stiano cercando me…” non si volta neppure a guardarmi, il suo sguardo resta fisso, su di una donna. I suoi abiti precedevano la sua nobiltà indiscussa. I capelli biancastri e perfettamente adagiati sullo scialle dorato si accalorano della lieve luce della candela. Quegli occhi. Per quanto invecchiati e stanchi, mi ricordavano qualcuno a me noto, e le sue labbra grinzose e irrigidite non avrebbero pronunciato parole di cortesia.

“ Finalmente! Ho atteso sin troppo a lungo!” si avvicina il soprabito per coprirsi dalla crescente brezza. “ siete voi la Signorina Bennet?” con mia grande sorpresa annuisco, quasi intimorita da questa sua domanda. “Meglio così allora, avremmo di cui parlare, in privato, ora!” scandiva quelle parole con troppa sicurezza, lasciando ben poca permissione di negazione. Charlotte mi guarda, con l’intento di persuadermi a seguirla in un luogo appartato dove avremmo potuto conversare più liberamente. La donna, infastidita dall’attesa non indugia a seguirci, mostrando la preziosità di quel suo abito dai fili dorati. Non una parola. Solo silenzio per quei brevi istanti.

“Abbiate la cortesia di lasciarci sole, Signorina Lucas. Non ritengo necessaria la vostra presenza, inadeguata ad un genere di conversazione personale come questa…  Charlotte senza ribattere ci lascia nella sua piccola sala, schiarita solo da qualche lume di cero. Con quanta grazia non avrei mai potuto sperare di vedere, si sedie di fronte a me.

“Così voi sareste Elizabeth Bennet!”

“Ben lieta di conoscervi!V-Voi, mi conoscete?! perché vedete io non posso dire altrettanto!”

“Non personalmente, ma per mia sfortuna, numerose sono state le circostanze in cui siete stata nominata. Vi basti sapere che io sono Lady Catherine. La mia reputazione dovrebbe precedermi, ma non mi aspetto che una del vostro rango mi conosca…” sbarro gli occhi a quel nome. Non che veramente mi sentissi tanto doverosa nei suoi confronti, ma perché mi sovviene ben in mente il fatto che più di una volta fosse stata citata dalla Signorina Georgiana.

“Vi avviso che esigo una risposta sincera! Voi, provate disprezzo per le vostre insulse origini?” rimango ferita da tanta sgarbata schiettezza.

“ NON SIA MAI! NE SONO SEMPRE ANDATA FIERA!NON VI PERMETTO DI INSINUARE TALI SCEMPIAGGINI!”

“Ebbene! Dovrete darmi delle spiegazioni, allora!”

“A COSA VI STATE RIFERENDO? Perché volete parlarmi?” comincio ad infastidirmi per la sua mancanza di rispetto, non che di ritegno.

“Sarò chiara ed immediata, Signorina Bennet! Desidero che voi smentiate una notizia se pur indubbiamente inveritiera!E NON TOLLERO CHE VI PRENDIATE ANCORA GIOCO DI ME!”

“E quale sarebbe di grazia, una tale menzogna che vi dà il diritto di maltrattarmi!”

“Che voi abbiate avuto solo la volontà di fidanzarvi con mio nipote Darcy!” scoloro a tali parole. Darcy è il nipote di una donna di tale rango! Rimango scioccata a tal proposito. Per qualche istante mi ammutolisco, colpita nel cuore da questa insinuazione ben accetta dal mio cuore, ma incomprensibile alla ragione.

“Non capisco che cosa ve lo faccia supporre!Comunque, non ritengo che vi sia concesso saperlo!”

VI PERMETTETE DI MENTIRMI CON TANTA SPENSIERATEZZA!Avevo sentito parlare della vostra presunzione ,ma non avrei pensato che si spingesse a tal punto!  Dopo tutto quello che mio nipote, rendendosi ridicolo, ha voluto fare per voi!” il mio volto si irrigidisce e contrae a tale affermazione. “ Non lo sapevate?Oh santo cielo, che cosa debbo vedere! Tutta Pemberly ne parla, scagliando non poco disonore su di me e soprattutto su mio nipote Darcy!”

“PARLATE, SUBITO!” le urlo in faccia. Con non poco disgusto e disapprovazione continua a conversare. Le mie ferite riprendono immancabilmente a sanguinare nell’anima. Avrei voluto lasciare quella stanza, o forse non avrei desiderato altro nella vita che restare.

“Voi! Voi che mi dovete tanto rispetto e gratitudine, osate ordinarmi ciò che fare. Volevate forse mandare in rovina tutta la mia famiglia? Se non fossi intervenuta, ogni cosa sarebbe andata per il peggio!Voi, Signorina Bennet, non siete stata da me inviata in casa Bingley per invaghirvi di mio nipote! Ero semplicemente volenterosa di garantire una istruzione a Georgiana, anche in queste misere cittadine di campagna!” continuo ad essere sempre più addolorata ed esterrefatta.

“NON VI PERMETTO DI INSULTARMI IN TALE MANIERA!”

“ TACETE, E VENITE A CONOSCNEZA DELLE VOSTRE TURPITUDINI! Siete riuscita a tal punto ad ingraziarvi mio nipote, per non parlare di quell’ingenua di Georgiana, da convincerlo ad osare tanto! Eppure Darcy è sempre stato un uomo assennato e di grandi precetti regali. Non mi capacito della sua scelta ignobile di aiutarvi!”

“Precetti che spero dimentichi presto. Sarebbe indecoroso vedere persa la sua nobiltà d’animo per tali scempiaggini, che lo renderebbero conforme solo a persone ipocrite!”

“ Quanta indecenza debbo sopportare! E pensare che Darcy si è reso un folle per voi! Si è spinto a chiedermi di prolungare il vostro soggiorno in quella dimora, ma non solo. Si è preso la briga di ostacolarmi, non facendovi maritare, come sarebbe stato più che opportuno, da vostro cugino Collins, più interessato a voi che a vostra sorella Jane! Sarebbe stato molto più semplice per vostro cugino ereditare ogni cosa sposando una di voi. Ma Darcy, ha voluto scongiurare ogni possibilità che il Signor Collins reclamasse voi, dopo vostra sorella, pagando un’ ingente somma di denaro!” rimango ammutolita, incredula. Non avrei mai supposto che Darcy avesse fatto tutto questo. “ Come se tutto questo non fosse più che indecoroso, vengo a sapere che mio nipote si è preso il non dovuto disturbo, di inviare uno dei migliori dottori presso la vostra misera ed indecente casa, per curare una certa Kitty…

“RIVOLGETELE IL DOVUTO RISPETTO!” comincio lentamente e dolorosamente a lacrimare. Le mie parole, seppure decise e perentorie tremano dall’incredulità. Non sapevo se ero più scossa e al contempo felice per il fatto che mia sorella Kitty stava dunque meglio, oppure affranta e ferita nel comprendere che l’uomo che per me ha fatto tutto questo ora mi odia ingiustamente.

“ … e in ultimo, ma non per questo meno grave, vengo a conoscenza da Caroline Bingley che la follia di mio nipote ha talmente passato il limite da intendere di maritarvi!” stringo una mano al petto. Sento che il mio cuore potrebbe scoppiare. Ogni capacità di ribattere ormai era venuta meno. Rimango con lo sguardo perso nel vuoto per qualche secondo. Impallidisco e le mie mani cominciano a tremare. Sposarmi? Avrei manifestato tutta la mia gioia, se la ragione non mi rammentasse che l’uomo che mi amava ora prova solo un profondo ed insopportabile odio verso me. Porto le mani al viso tentando di riprendermi.

“ Così, ho ritenuto necessario scrivere una lettera, dove il Signor Wickham dichiarava il vostro amore per voi. Non sarebbe stato difficile da credere, date le sue attenzioni per voi, che Caroline non ha esitato a riportarmi in delle lettere. In verità, quell’uomo ha abbandonato la casa, non appena è venuto a conoscenza che non avrebbe ereditato un solo penny da mia nipote, ma non per questo i suoi sentimenti erano sinceri. Mi sarei liberata al tempo stesso di lui, uomo ignobile, desideroso di dilapidare ogni avere della povera Georgiana, e di voi, sciocca ed impertinente istitutrice.”

“SIETE ARRIVATA A TANTO!SIETE GIUNTA A MENTIRE, PUR DI ALLONTANARMI DA LUI?” sembrava indifferente alla mia disperazione.

“ Ora,Signorina Elizabeth, intendo sincerarmi che voi non rivediate mai più mio nipote, né tanto meno vi riserviate speranze in futuro a tale proposito. Ma mi auguro che voi stessa converrete al fatto che le vostre umili ed insignificanti origini non potrebbero chiedere altro che la mia gratitudine e il mio perdono per l’affronto che avete tentato di fare.” Il suo sguardo era fiero, altezzoso, sin troppo riluttante per me in quel momento. L’idea che una sola donna avesse escogitato per suo volere tutto questo, accresceva solo il mio ribrezzo.

“Sono profondamente desolata Lady Catherine. Sappiate che io non ho intenzione né di promettere, né tanto meno di giurare di non rivedere vostro nipote. E per quanto riguarda i sentimenti che vossignoria non ritiene sufficientemente degni, solo perché troppo umili, sappiate che sono stati i più sinceri, i più veritieri che una donna avrebbe mai potuto dargli.” Mi alzo in piedi e nonostante le lacrime mi impedivano di rimanere fiera e sicura delle mie parole, i miei occhi non potevano che  provare un profondo rancore.

“Siete soltanto una povera sciocca …ve ne pentirete amaramente!”

“ Forse lo sono, ma …per quanto risulti irragionevole non potrò mai obbligare me stessa a non amare quell’uomo. Per quanto voi possiate impedirlo, niente potrà negarmi tale illusione, che la mia ragione combatte da sempre, con la speranza di non vincerla mai…” i nostri sguardi si incontrano. Nessuno dei due avrebbe ceduto ad affermare ciò che riteneva più giusto. Le mie labbra ancora tremano. Il pianto si fa strada tra le gote rosse dalla rabbia. I suoi occhi erano impietriti e al contempo sdegnosi delle mie parole.

“VOI NON…

“ED ORA ANDATEVENE!NON HO ALTRO DA DIRVI NE’ ORA, NE’ MAI…AVETE DISTRUTTO LA MIA VITA!LA MIA UNICA POSSIBILITA’ DI ESSERE FELICE! SUPPONGO CHE NON DEBBA ESSERVI DEBITRICE ANCHE DI QUESTO! VI E’ BASTATO GUARDARMI UNA SOLA VOLTA, PER CONDANNARMI AI VOSTRI ORRIBILI GIUDIZI, SENZA COMPRENDERE COSA PROVI VERAMENTE…Vedete, ai vostri occhi rimarrò un’insulsa istitutrice che ha tentato di provare ciò che le era proibito, ai miei una donna che ha la sola colpa di aver amato troppo l’uomo sbagliato…” i lineamenti del suo viso si distorcono in una smorfia di ulteriore disprezzo. Impugna il suo ventaglio e a passi veloci si allontana da quella stanza, sbattendo la porta.

Abbandono il peso del mio corpo sul tavolo, appoggiandomi con un braccio al disopra di esso. Scoppio in un silenzioso pianto, cercando conforto in quelle lacrime che continuano ad inumidire le maniche della mia veste, in cui tento di nascondermi.  Soffoco il barlume della candela con il mio respiro straziato, quando invece avrei tanto bisogno di luce.

 

  
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