IRENE LA PAZZA
Irene la pazza avanzava danzando,
lungo il viale del centro, ogni giorno, cantando.
Portava addosso una lunga sottana
e stringeva nel pugno un filo di lana.
C’era legato un campanello dorato,
che faceva suonare ad ogni suo fiato.
I suoi occhi vedevano mondi lontani,
fatti di sogni senza domani.
Sorda agli insulti e alle risate,
ballava gioiosa su immaginarie note.
Narrava di elfi e magiche fate,
di unicorni, folletti e di streghe spietate.
Ma nessuno ascoltava le sue fantastiche storie,
presi come erano dalle loro borie.
Un giorno un bambino vicino le andò,
e sorpreso nel suo sguardo i sogni ritrovò.
Si mise ad ascoltare con occhi lucenti,
di quei viaggi lontani in mondi distanti.
Di tempi perduti, di giochi passati,
di mondi fatati e di amori dannati.
Tornando così anche i giorni seguenti,
a cercare la pazza con i suoi vaneggiamenti.
Finché i bambini dell’intero paese,
ascoltare vollero le sue imprese.
Snobbando gli adulti e le loro manie,
preferendo della pazza, le sue follie.
Irene la pazza avanzava danzando,
lungo il viale del centro, ogni giorno, cantando.
Portava addosso una lunga sottana
e stringeva nel pugno un filo di lana.
C’era legato un campanello dorato,
che faceva suonare ad ogni suo fiato.