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Autore: LuNie    10/11/2009    2 recensioni
“Tu chi sei?” chiesi, sottovoce
“Vuoi sapere l’intera storia o ti accontenti di sapere il mio nome?”
“Quello che vuoi dirmi, sono qui per ascoltarti”
“Mi chiamo Frederic. Sono nato nel 1593 a Vienna....."

Una ragazza ed un vampiro, un incontro in una notte sfortunata... O fortunata?
Genere: Romantico, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è nata da un sogno...
L'ho voluta dunque condividere con voi utenti di EFP ^^
Spero vivamente che vi piaccia...


Il sole era già calato, l’aria fredda mi sferzava il volto dal finestrino.
Odiavo quel tratto della ferrovia, con i treni sporchi e malandati. Inoltre ero sola, i miei amici erano scesi alla fermata precedente.
Cosa che non augurerei mai a nessuna.
Avendo un po’ di fortuna avrei incontrato la mia amica Valeria, venuta in autobus dalla città vicina.
Sentii il treno rallentare così chiusi il mio giubbotto e raccolsi la borsa, pronta per scendere.
Rimasi qualche minuto in attesa, quando sentii il cellulare vibrare nella tasca dei jeans. Risposi:
<< Ciao Crì, sono Vale. Mi dispiace ma ho perso l‘autobus, non posso venire da te. Sarà per un’altra volta, ok? >>
Non mi diede neanche il tempo di risponderle, aveva già riattaccato.
Fissai immobile il cellulare, poi lo misi in borsa.
Mi guardai attorno, per niente sicura. Avevo voglia di stringere un qualsiasi oggetto contundente con cui difendermi, pur di tornare a casa sana e salva.
Il vento era freddo, vedevo le ciocche di capelli piastrate volare in aria e cadermi dinanzi al volto.
Vidi dunque un uomo, che si era girato a fissarmi. Aveva la pelle leggermente scura, i capelli lunghi e ricci.
Mi sentii imbarazzata, volevo solo che il pavimento sotto i miei piedi si aprisse e mi lasciasse sprofondare.
Così strinsi a me la borsa e incominciai a camminare a passo svelto, cercando di mettere distanza tra me e lui.
Ma più camminavo velocemente, più lo sentivo avvicinarsi. Sentivo l’odore forte di alcol e di fumo.
Ad un certo punto sentii le sue dita serrarsi sulla mia spalla e rimasi pietrificata, mentre lui parlava:
“Hey, bella ragazza, dove stai andando tutta sola?”
Sentivo un nodo alla gola, che mi impediva di parlare. Avrei voluto urlare, ma non ci riuscivo…
“Ti hanno morso la lingua, non riesci a parlare!!” sghignazzò.
Tolse la mano dalla mia spalla e cercò di avvicinarsi ancora di più, ma si bloccò come paralizzato. Mi girai a guardare.

Dinanzi a me c’era un ragazzo alto, con i capelli molto lunghi. Non sapevo definire se i suoi capelli fossero neri o biondi.
Indossava una camicia rossa e dei pantaloni neri molto stretti.
Sembrava sbucato fuori dal nulla.
“Tu!!! Cosa ci fai qui, dovresti essere morto!!” urlò l’uomo che mi stava inseguendo.
Il ragazzo non rispose, si limitò a dargli un pugno, facendolo finire in terra, privo di sensi.
Il fato volle che cadde sulle rotaie, e, senza neanche il tempo di riprendersi completamente, venne schiacciato dal treno in corsa.
Potei vedere chiaramente gli schizzi di sangue propagarsi al di sotto della vettura, mi dava un senso di nausea.
“Tsk, essere schifoso…” gli sentii dire, prima che si girasse a guardarmi.
Rimasi a fissarlo nei suoi occhi, scuri come la notte ma striati di rosso. Sembrava un demone maledetto dell’inferno.
La sua camicia rossa era sbottonata ed elegantemente infilata nei pantaloni di pelle.
Era una visione paradisiaca. Non gli staccavo gli occhi di dosso.
Vidi il vento alzare i suoi capelli, fino a raggiungermi.
Chiusi gli occhi per la paura, ma quando li riaprii mi ritrovai tra le sue braccia, mentre lui aveva spiccato un salto altissimo.
Sentivo le sue mani fredde stringermi a lui, per ripararmi dall’aria cercai rifiugio nella sua camicia.

Mi ritrovai dunque seduta sul terrazzo di un palazzo. Era molto alto e cercai in tutti i modi di non guardare giù.
Così mi voltai a guardare quel mio “salvatore” e lo trovai a fissare malinconico la luna. Sembrava volesse piangere e lo avrebbe fatto da un momento all’altro…
“Tu chi sei?” chiesi, sottovoce
Si volto a guardarmi, sorrise ed abbassò la testa. Sospirò prima di rispondermi:
“Vuoi sapere l’intera storia o ti accontenti di sapere il mio nome?”
Aveva una voce calma e decisa. Era molto musicale ed era molto bella da sentire.
Dava l’impressione di star ascoltando una canzone il cui testo era talmente bello da dover essere seguito alla lettera.
“Quello che vuoi dirmi, sono qui per ascoltarti”
“Mi chiamo Frederic. Sono nato nel 1593 a Vienna.
Nacqui in una famiglia povera, i miei genitori mi vendettero ad un uomo molto ricco e influente
che mi avrebbe permesso di fare un debutto in società in grande stile, facendomi così dimenticare le mie umili origini.
Perciò passai la mia infanzia e la mia adolescenza nel castello di quest’uomo, senza mai sapere chi fossero i miei veri genitori.
Solo all’età di 13 anni mi fu concesso di vederli.
Era il giorno del loro funerale, erano morti per un incendio che distrusse la mia vecchia casa.
Rimasi molto scosso da quel fatto, tanto che meditai più volte di scappare da quell’uomo.
Eppure lui si dimostrava sempre gentile nei miei confronti, ricordandomi che era per merito suo se io ero in vita e godevo del diritto di essere considerato figlio di un nobile.
Venne dunque il giorno del mio debutto in società, il giorno da me tanto atteso.
Era giunto finalmente il giorno in cui avrei cercato una bella donna con cui convolare a nozze e procreare, per portare avanti un nome che non era il mio.
Il giorno del mio primo “party” incontrai dunque Isabel.
Era una bella donna, molto più bella di molte sue coetanee.”
A quelle parole arrossii… Non pensavo si sarebbe messo a parlare delle donne da lui avute.
Che in realtà mi aveva salvato da una morte per propinarmene un’altra?
Eppure, nonostante continuavo a pensare alla sua data di nascita, nulla di lui mi incuteva timore, anzi…
Era così dannatamente perfetto…
“Mi innamorai da subito di lei, ed inziai a corteggiarla.
Quello che non sapevo era che però lei apparteneva ad un’altra casata di nobili, con cui la mia famiglia adottiva era in pessimi rapporti.
Io ero veramente innamorato di lei, e lei ricambiava il mio sentimento, con la stessa intensità… Però questo a mio “padre” non andava bene…
Perciò venne presa e seppellita viva, permettendomi di assistere impotente a quella scena.
Avrei preferito mille volte morire per lei, piuttosto che andare a dormire con quelle immagini impresse nella mente…”
Sentivo gli occhi umidi, era inevitabile…
Sono sempre stata molto emotiva, e le storie tristi mi facevano piangere…
Doveva aver amato veramente Isabel, se ora riusciva a parlarne con quella calma.
Nonostante la perdita, aveva capito che il passato era passato, non poteva più salvarla…
“E approfittando del mio momento di debolezza e sofferenza, quell’uomo di confessò cos’era veramente.
Lui e la sua famiglia erano in realtà vampiri, nati e cresciuti verso l’anno 1000.
Sconvolto da quella rivelazione, tentai per l’ennesima volta la fuga. Ma fu proprio la fuga ad essermi fatale.
Venni rintracciato in uno squallido albergo di periferia e trasformato in vampiro.
Fui così ricondotto al palazzo, agonizzante.
La febbre era altissima, nel giro di pochi giorni mi consumai e morii, per poi rinascere.
Costretto alla schiavitù per la loro trasformazione, in breve tempo dimenticai completamente cosa significasse l’essere degli umani liberi.
Vissi per ben duecento anni tra quelle mura, ben sapendo la fine che facevano i dissidenti che osavano opporsi a noi.
Chiunque fosse una minaccia per il nostro segreto…”
“Veniva eliminato…” proseguii io con un filo di voce.
“Un giorno, stanco di quel mondo, riuscii finalmente a scappare. Fuggii e trovai rifugio in una piccola cittadina della Grecia.
Venni trattato molto bene, la gente del posto era allegra e disponibile, mi trattarono molto bene.
E lì riscoprii tutti i sentimenti che, dopo anni di schiavitù e lontananza dalla vostra razza, avevo ormai dimenticato”
“È per questo che mi hai salvato la vita?”
“No, l’ho fatto perché l’odore del tuo sangue era troppo buono, non potevo permettere a nessun altro, al di fuori del sottoscritto, di berlo…”
“Hai riscoperto anche l’egoismo?” gli chiesi titubante
“No, quello è intrinseco nella mia natura!” mi rispose sorridendo. “E poi… tu mi ricordi la mia Isabel…”
Lo fissai sgomenta, rossa in volto.
Non so quanto tempo rimanemmo lì a parlare. Vedevo solo la luna salire nel cielo, il freddo pungente pizzicarmi le guance.
Lui mi vide e capì che ero comunque umana e temevo il freddo.

Mi prese di nuovo tra le sue braccia e con pochi balzi mi ritrovai sul terrazzo della mia casa.
Attraversò magicamente la finestra e me la aprì, invitandomi ad entrare come fosse casa sua, e non mi lascio finché non mi sedetti sul letto.
Lo vidi allontanarsi e mi sentii presa dallo sconforto. La sua presenza mi dava un non so che di sicurezza…
"Ci rivedremo, vero?" gli chiesi di getto
Si voltò a guardarmi, prima di sparire nella notte e mi disse: “Tornerò da te, quando sarà il momento, mia Isabel. Non ti lascerò mai andar via…”
Chiusi gli occhi, sentendo il dolce soffio del vento su di me, abbandonandomi nella sua voce che mi sussurrava il nome “Isabel”…



Il saluto è alquanto triste, vero? Ma si reincontreranno, sisi ^^
Spero vi sia piaciuto! Perciò, se vi è piaciuto RECENSITE e se NON vi è piaciuto, RECENSITE COMUNQUE, almeno posso migliorare!!
  
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