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Autore: _f r a n c y_    11/11/2009    7 recensioni
Storia da revisionare. Ergo, se leggete è a vostro rischio e pericolo, ahahah.
La trama è semplice: Tenten riceve la proposta (decisamente allettante) di abbandonare il team Gai per seguire un allenamento più adatto alle sue abilità di maestra d'armi. Come reagiranno i suoi compagni ed il suo sensei? Quale sarà la decisione ultima di Tenten?
Fanfic classificatasi seconda (a parimerito con Storm di Angel Ecate) al .:.Contest sulla delusione.:. indetto da Rinalamisteriosa e Shurei.
Grazie infinite a Shurei per la fanart: non ho capito come, ma finalmente sono riuscita a linkarla!
N.B.: Il contesto è generale/vago nel senso che la fanfic si colloca tra la prima e la seconda serie ;)
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gai Maito, Neji Hyuuga, Rock Lee, Tenten | Coppie: Neji/TenTen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Disclaimer: I personaggi di questa fanfiction non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


Premessa: Ho scritto questa fanfic più di due anni fa, ormai... e si vede!XD Sarò per sempre grata a Rina e Shurei per le critiche fattemi sulla sintassi: quelle "e" a inizio periodo sono davvero intollerabili! Tuttavia, poichè questa storia ha partecipato ad un concorso in questa forma, non sarebbe corretto da parte mia modificarla. Mi dispiace per voi!XD
Secondo appunto. Come ho più approfonditamente spiegato nelle Note dell'Autore, il personaggio di Neji potrebbe essere OOC. Personalmente, non lo so ancora! Ma mi sembrava giusto segnalarlo ;)
Grazie di aver fatto visita a questa pagina e, a chi non disdegnasse trattenersi ancora un po', buona lettura... :)








La delusione più grande

- Seconda classificata (a parimerito con Storm di Mokochan) al .:.Contest sulla delusione.:. indetto da Rinalamisteriosa e Shurei -



A volte le scelte e i comportamenti dei nostri amici ci deludono.
Ma mai quanto la consapevolezza
di esserne stati complici, con la nostra cecità.
Ad ogni modo, la parte più difficile e combattuta
è dover prendere una posizione rispetto ad essi.




Nella piazza principale di Konoha, nei pressi del palazzo dell’Hokage, una consistente folla si era radunata per assistere all’esibizione di alcuni artisti di strada. Il team Gai, che aveva appena fatto rapporto a Tsunade su una missione (conclusa in anticipo, ovvio), non fu stupito della loro presenza, visto che ogni anno la compagnia faceva tappa al villaggio. Solo, era da un po’ che non si attardavano a guardarli, dato che la volta precedente erano tutti fuori Konoha per una spedizione, e quella prima ancora i tre giovani ninja si stavano allenando giorno e notte per gli esami di selezione dei chunnin.
Erano saltimbanchi molto conosciuti nei maggiori villaggi ninja. Non superavano i trent’anni ma si erano guadagnati un’ottima fama sia per il livello artistico dei loro spettacoli sia per quello più squisitamente combattivo: erano tutti dei maestri d’armi di prima categoria. Tenten poteva sentire i propri muscoli tesi dall’eccitazione e dall’invidia insieme nel seguire le tante acrobazie, per lei ancora impensabili, che erano in grado di fare.
Probabilmente fu perché nessuno di loro aveva impegni imminenti che il team Gai si fermò insieme alla gente che continuava a rovesciarsi nella piazza dalle numerose entrate.
O forse, per quelli che attribuiscono profondo significato a questa parola, fu per il destino.
E probabilmente fu sempre per questa forza intangibile ed inconoscibile che quel pomeriggio a Konoha soffiava un freddo vento d’inizio primavera. Gli artisti si stavano esibendo nel classico numero del lancio dei coltelli, con l’eccezionalità di ben quattro kunai alla volta, due per mano. Il lanciatore aveva ormai cominciato a scagliare i colpi quando la polvere della piazza si insinuò nei suoi occhi. Ci fu un’inspirazione collettiva quando fu evidente a tutti che la traiettoria dei coltelli era stata deviata verso il petto del ragazzo legato alla ruota.
La reazione di Tenten fu tanto fulminea che solo dei ninja avrebbero potuto accorgersi di quanto stava accadendo. Constatata l’irrecuperabilità di due dei kunai lanciati, per lo meno dalla posizione in cui lei si trovava, li chiamò velocemente a sé con dei fili di chakra. Nel frattempo, con la mano che le restava libera lanciò due kunai che andarono ad intercettare gli altri. Con una precisione quasi millimetrica tutti e quattro perforano la stoffa nei punti originariamente indicati dal saltimbanco.
“Uaooo! Un applauso!”, esclamò Rock Lee con viva ammirazione, ma anche con una scarsa moderazione nel tono della voce che Tenten gli fece subito notare. “Andiamo, Tenten”, sdrammatizzò lui continuando a battere le mani, “Chi vuoi che sospetti qualcosa? E anche se fosse, te lo meriti, no?”
Tenten stava per mettergli le mani addosso, quando Neji mormorò: “Veramente, credo che qualcuno sospetti. Anzi, a giudicare da come ti guarda,
Tenten, si direbbe che la sua sia una certezza”.
Lei seguì gli occhi di Neji, incerta se doversi aspettare uno sguardo di gratitudine o rimprovero da questo misterioso testimone. Ecco perchè rimase spiazzata quando sul viso del capitano della compagnia, in piedi al centro della piazza, lesse una shockata e sconfinata ammirazione.
Fu proprio lui che alla fine dello spettacolo la prese per un braccio, dopo averla disperatamente cercata tra la folla che si diradava con disordine.
“Ciao”, ansimava, ma sorrideva, “Sono Yamato Yamazaki… il leader della compagnia…”.
Tenten cercò di presentarsi a sua volta, anche perché quel ragazzo era letteralmente senza fiato e parlare per lui doveva essere una sofferenza. Ma quello non volle concedersi una sola pausa e parlò tutto d’un fiato quando le disse: “Ti voglio nel mio gruppo”.
Le reazioni furono molto diverse: Lee scoppiò a ridere, Neji si voltò del tutto verso Yamato, ritenendo che adesso valesse la pena prestargli attenzione, Gai si inorgoglì per la sua allieva. E Tenten… Sembrava emozionata. Ma persino per gli occhi indagatori di Neji risultava difficile capire se fosse semplice pudore oppure celasse qualcos’altro.
“Lei è il suo maestro?”, Yamato ora si rivolgeva a Gai, “I miei complimenti, l’ha allenata in modo eccellente, e…”
“Oh”, lo interruppe Gai, impettito, “Veramente, Tenten ha sempre coltivato il proprio talento da sola”, confessò mettendole una mano sulla spalla. Non sospettava minimamente, preso com’era dall’eccezionalità del momento, che quelle medesime parole più tardi lo avrebbero trafitto.
“Gai sensei è un maestro di arti marziali”, puntualizzò Lee con un grande sorriso.
“Davvero?”, gli occhi di Yamato si allargarono dalla sorpresa. Sembrava impossibile, ma la sua stima nei confronti della kunoichi era persino maggiore adesso. E la sua espressione si fece seria.
“Allora, ascolta”, le disse, e tutti compresero che il tempo delle confidenze era finito. “Dopodomani mattina la mia compagnia ed io partiamo. Immagino che tu sappia come funziona: i quattro mesi più caldi dell’anno siamo itineranti e portiamo in giro i nostri spettacoli; i rimanenti li trascorriamo a nord, sulle montagne, al Villaggio dei Fabbri. Non so se… oh, lo conosci”, sorrise. Tenten aveva perso un battito al sentir nominare il piccolo ma antico villaggio dove venivano forgiate le più ricercate armi ninja. Sinceramente, non credeva che questi saltimbanchi fossero ad un livello simile.
Non lo credeva proprio, accidenti.
Questo cambiava tutto. Tutto.
Gai e Neji avrebbero giurato di poter toccare la trepidazione di Tenten che si stava rapidamente spandendo nell’aria. Lee, invece, era troppo preso a lanciare occhiatacce a Yamato per accorgersene.
“Ci alleniamo con altri maestri d’armi per otto mesi”, proseguì il ragazzo, forte del presentimento che le sue non sarebbero state parole gettate al vento, “Tenten, non mento quando dico che noi siamo i migliori in circolazione. Anzi, sono certo che il tuo maestro è dello stesso avviso”, i suoi occhi si posarono penetranti su Gai, “E sa che con noi può andare sul sicuro”
Il sensei esitò, e Neji, per la prima volta in tre anni, si scoprì ad ammettere a se stesso che quell’uomo non era così stupido come voleva (riuscendo perfettamente nell’intento) far credere.
Alla fine, Gai si distese in un largo e abbagliante sorriso di approvazione.
Yamato tornò a Tenten, che quasi svenne all’idea che ci fosse dell’altro. Quella situazione aveva del fantastico, nel senso che le si era presentata senza che lei nutrisse al riguardo la benché minima aspettativa. Non riusciva a convincersi che stava accadendo veramente. Dall’altro lato, però, la prospettiva che quella conversazione sarebbe durata ancora a lungo, e, soprattutto, che alla fine Yamato avrebbe atteso una sua risposta, le faceva desiderare di scomparire. Sentiva quattro, se non sei occhi puntati su di lei.
“Quasi ognuno di noi proviene da un villaggio diverso. Ogni anno, quando in primavera riprendiamo il tour, ciascuno è libero di fare ritorno al proprio”, concluse con un’alzata di spalle. Neji dovette riconoscergli delle notevoli doti persuasive: quel Yamato sapeva dire le cose giuste al momento giusto.
La sua voce si alzò, vivace, come si fa per chiudere un dialogo, quando fece: “Allora, se il tuo sarà un sì, noi tra due giorni, alle sette del mattino, saremo a due chilometri a sud-est di Konoha. Hai tutto il tempo di pensarci, d’accordo?”.
“Sì”, annuì Tenten, a disagio.
Perché mentiva.
Era una persona fin troppo decisa perché non conoscesse sin da quel momento la risposta.


Il giorno dopo, durante la consueta pausa mattutina delle dieci (non più di cinque minuti, s’intende), Rock Lee si abbandonò, seguito a ruota dal maestro, ad una lunga disquisizione sul tema della vecchiezza spirituale di Yamato Yamazaki. Erano tutti riuniti all’ombra di una grande quercia, e Neji e Tenten si pentirono presto di avere interrotto gli allenamenti per stare a sentire le ennesime cavolate di quei due.
Così Neji si rivolse esclusivamente a lei: “A proposito…”, la guardò, ma solo per scoprirla a tormentare un filo del kimono con le dita sudate freddo.
“In che senso?”, Lee anticipò Tenten, un sorriso sicuro, “Andiamo, che domande fai? Tenten non ha bisogno di loro, anzi, secondo me li supera nettamente! ‘I migliori in circolazione’, tsè… Lei è al primo posto! Inoltre, te l’ho detto, quelli non sanno attingere alla fonte della giovinezza…”
“Lee”, fece Gai. Ma il ragazzo non colse che la voce profonda del sensei non era dovuta alla solita silenziosa commozione.
“Esatto!”, concluse Lee raggiante, parlando sia a Neji sia a Tenten, adesso, “E poi, sarebbe già domani, no? E’…”
Le parole gli morirono in bocca. Quell’ ‘impossibile’ gli restò intrappolato in fondo alla gola, insieme al suo respiro.
Tenten, le braccia conserte, torturava le maniche fino a deformarle. Alla fine,i ragazzi le avevano reso l’annuncio più facile, le erano venuti incontro. Lei non solo non trovava la voce, che non le usciva letteralmente sebbene ci stesse provando (ci stava provando davvero?) da un po’. Non aveva nemmeno il coraggio di sollevare il capo a guardare Lee, Neji o il maestro. Neppure ora che la strada era in discesa.
Provò per sé una delusione che non avrebbe mai pensato di poter avvertire per nessuno.
Studiò i piedi che le stavano intorno. E scelse. In fondo, era lui quello che sarebbe rimasto più ferito dalla sua decisione. Tuttavia, quando incontrò le iridi lucide del sensei, di un nero mai tanto concentrato sotto il peso delle sopracciglia contorte dal dolore, Tenten emise un gemito strozzato che le offuscò la vista.
Fu allora che Neji si rese conto di aver trattenuto il respiro da quando lei aveva evitato di rispondergli.
Fu allora che, chiusi gli occhi, udì la delusione urlata di Rock Lee irrompere nell’aria.


“Non ci credo! Io non posso crederci!”
Lee calpestava l’erba con rabbia mentre camminava avanti e indietro in una piccola radura. Era lì che la sua corsa lo aveva portato, dopo che Neji si era frapposto tra lui e Tenten. Ad ogni esclamazione sollevava le mani come in segno di resa, per poi farle ricadere senza forze, incapace di capire cosa fosse passato per la testa della sua compagna.
“Lee”, lo chiamò il maestro, che subito lo aveva seguito.
Questa volta il ragazzo comprese il significato del suo intervento e si girò verso di lui, nella rispettosa attesa che lo guidasse anche questa volta, indicandogli il sentiero giusto da percorrere.
Ma nessuna parola uscì dalla bocca di Gai, anzi i suoi occhi rifuggirono quelli di Lee. Non aveva risposte alle domande del suo allievo, e questo lo abbatteva.
Rock Lee ebbe così la prova di essere nel giusto.
“Non posso credere che abbia fatto una cosa del genere. Vuole… andarsene” dicendolo, sembrava persino peggio. Più reale.
“Dobbiamo rispettare la sua scelta. Sono certo che l’ha ben ponderata.”
“Ma se ha avuto poco più di un giorno per pensarci!”
Il capo di Gai si chinò con un sussulto: era vero; solo, sperava che Lee non se ne fosse ancora reso conto.
Ad ogni modo, furono le parole che vennero dopo alcuni minuti a coglierlo del tutto alla sprovvista.
Lee era fermo, i pugni chiusi lungo i fianchi. Le labbra serrate. Era ferito dal comportamento di Tenten. Tuttavia, la ferita che lei gli aveva provocato sanguinava già di meno. E lui, contemplandola, aveva recuperato il controllo. E cominciato a riflettere.
“Ci ha traditi”
Gai non potè credere che lo avesse detto.
“L’ho capito, sa, maestro? Tenten sperava in un’occasione del genere da tempo. Il suo malessere non è nato ieri. Nonostante ciò…”, digrignò i denti, “Non ci ha mai detto nulla. Nemmeno a lei, che è il suo maestro e che, a quanto pare, non ritiene più alla sua altezza. Ci ha ingannati per tutto questo tempo”. Ripensò alle tante risate, all’impegno messo in ogni allenamento, a tutto ciò che avevano condiviso.
“Non la potrò mai perdonare. No, è più forte…”
“Non dire queste cose!”, Gai esplose in una voce tanto densa di sentimento che a chiunque si sarebbe stretto il cuore.
Ma cosa stava succedendo? Cosa stava succedendo ai suoi ragazzi? Certo, lo sapeva benissimo che non erano fraternamente legati come gli allievi di Kakashi. Tuttavia…
“Non devi odiarla, Lee”
“Io non la odio, maestro”, gli occhi con cui si voltò a guardarlo erano sinceri, “Lei mi ha deluso. Ed è proprio per questo che non riesco a perdonarla”
Fu allora che Gai si rese conto di quanto lo stato delle cose fosse irrecuperabile. Non poteva crederci, stavano precipitando sempre di più.
E dire che già dallo sguardo affranto di Tenten lui aveva perso il controllo della situazione.
Per la prima volta nella sua vita Gai Maito non aveva risorse. Niente pollice alzato, niente sorriso incoraggiante, niente posa giovanile.
Non sapeva cosa fare.
Poteva essere solo una la domanda che, più di ogni altra, lo faceva sentire impotente e responsabile al tempo stesso. Ci pensava così intensamente che gli uscì dalle labbra senza che se ne accorgesse.
“Come siamo arrivati a questo punto?”
A quelle parole la mente di Lee fu come galvanizzata.
Improvvisamente osservò la realtà da una prospettiva diversa, diametralmente opposta. Quella di Tenten.
Si appoggiò con la schiena al tronco di un albero.


E si lasciò cadere.
Dopo aver separato i due compagni, Neji aveva imitato Rock Lee e il sensei, lasciando Tenten in piedi sotto la quercia. Da sola. Non le aveva detto una sola parola, e lei, incredibile a dirsi, ma prevedibile in quella circostanza, non si era mossa di un centimetro per seguirlo.
Neji aveva camminato per Konoha senza sosta, evitando le strade più affollate. Aveva ancora meno voglia del solito di fermarsi a parlare con qualcuno.
Ma ora, ora che le sue riflessioni avevano drasticamente cambiato punto di riferimento, non poteva non abbandonarsi su quel muretto in pietra intorno a un parco giochi. Vuoto. Già, non se ne era accorto, ma ormai era ora di pranzo.
Come avevano fatto a non capire? E lui più di tutti, come era possibile che non avesse mai notato il disagio di Tenten?
Era lui quello che si allenava insieme a lei, quello che faceva fronte comune con lei quando si trattava di riportare il team entro la soglia della normalità.
Quello per cui lei aveva sempre avuto un occhio di riguardo.
Neji Hyuuga si sentì un ingrato.
Trascorreva con Tenten più tempo di chiunque altro, ma non aveva mai compreso, nemmeno immaginato i suoi tormenti.
Non solo.
Non si era mai fermato un solo istante a chiedersi come Tenten affrontasse la convivenza con il più dotato esponente del clan Hyuuga e con il solo ninja che, dopo Naruto e Sasuke Uchiha, fosse riuscito a mettere in seria difficoltà Gaara della Sabbia.
Se la decisione di Tenten lo aveva deluso, allora la parola delusione non era sufficiente a definire ciò che Tenten doveva provare nei suoi confronti.
Entrambi sapevano che lui era per natura di una discretezza rasente l’egoismo. Ma questa volta Neji aveva toccato il fondo
Non era mai stato tanto deluso da se stesso, dalla propria consapevole cecità.
Per evitare domande scomode nel caso in cui fosse rincasato prima del previsto, Neji tornò al campo. Anche se non era così sicuro che uno dei suoi consueti allenamenti lo avrebbe fatto sentire meglio.
Tenten era ancora lì.
Dopo quasi cinque ore, era ancora lì, sotto lo stesso albero, le gambe rannicchiate contro il petto, il naso che sfiorava le ginocchia.
Neji non sapeva cosa fosse meglio fare. Forse avrebbe dovuto rispettare l’intimità dei suoi pensieri e passare oltre. Non era da escludersi che non l’avesse visto, a quella distanza.
Chissà per quale motivo, però, Tenten levò il capo e lo vide. Rimasero immobili per diversi secondi: lei era di una rigidità imbarazzata e colpevole, lui di una rigidità quasi severa. Ma se fosse veramente stata tale, nel notare gli occhi sconvolti e le labbra schiuse di Tenten, come se non respirasse nemmeno, Neji non sarebbe andato verso di lei.
Lui non ci sapeva molto fare con i sentimenti, non gli interessava nemmeno, a dirla tutta. Ad ogni modo, sapeva decifrare bene il linguaggio del corpo umano, e in quel momento (e probabilmente da alcune ore) ogni fibra di Tenten urlava una disperata richiesta d’aiuto.
Si fermò a pochi passi da lei, appena sotto le fronde della quercia. Inaspettatamente, Tenten rifuggì il suo sguardo, che pure non avrebbe voluto metterla a disagio.
“Neji…”
Non riuscì a dire altro, ma il ragazzo capì che in realtà lei aveva fatto il suo nome come per chiedergli di non andarsene, di aspettare solo un poco; le parole sarebbero arrivate.
Tuttavia, Neji sapeva che tra i due quello che avrebbe dovuto dire qualcosa era lui.
“Tenten”
Lo fissò sgomenta, il fiato sospeso.
Per Neji adesso si trattava di capire se fosse più grande la delusione che provava per Tenten oppure quella che provava per se stesso. Ciò che le avrebbe confidato di lì a poco, trasportatole dal vento che tiepido cullava i rami della quercia, dipendeva solamente da questo.
“Stai facendo la cosa giusta”.
Non comprese.
Davvero, non comprese.
Neji non comprese perché, nonostante lui avesse scelto di sostenerla, Tenten sembrava più confusa, forse persino amareggiata, e il suo sguardo si perdeva nel vuoto.


Ormai non ricordava nemmeno più cosa stava fissando. Dinanzi ai suoi occhi vacui e dentro la sua testa c’erano altre immagini. Le stesse dall’inizio della cena.
“Guarda che si raffredda”, disse Kakashi, seduto al suo fianco.
Gai Maito tornò a vedere la scodella di ramen che gli stava davanti. In effetti, non era più fumante. E neanche appetitosa, se doveva essere sincero. Ma quello non lo era stata fin dal principio. Dopotutto, era stato l’Hatake a trascinarlo all’Hichiraku.
In altre occasioni Gai si sarebbe detto che a stomaco pieno avrebbe ragionato meglio. Adesso, però, mangiare gli sembrava solo una perdita di tempo, considerato quello che sarebbe successo di lì a undici ore.
“Devi lasciarla andare, Gai”, gli confessò Kakashi mentre riponeva le bacchette trasversalmente sul bordo della scodella vuota.
Gai sobbalzò. Sentire quella frase detta da una voce che non fosse quella della sua coscienza lo fece definitivamente sprofondare nella consapevolezza che incarnava la scelta migliore.
“So come ti senti”, proseguì l’altro con quel timbro vellutato e caldo che oscurava completamente l’immagine di un Hatake Kakashi intento a leggere l’ultimo libro del grande Jirayia.
Gai lo guardò. Non ci aveva pensato, ma in effetti anche il suo più stimato avversario aveva fatto quell’esperienza. E più di una volta.
Ciononostante, il fatto che Kakashi conoscesse già tutti i pensieri e i sentimenti che si aggrovigliavano dentro di lui, non indusse Gai a risparmiare fiato per discorsi che sarebbero stati scontati. Bensì a liberare in un flusso quelle parole che gli schiacciavano il cuore e lo stomaco.
“Non credevo che sarei stato di nuovo capace di deludere così tanto me stesso, dopo l’incontro di Lee agli esami di selezione dei Chunnin”
Kakashi corrugò la fronte, interrogativo.
“Sono stato un cattivo maestro per Tenten”, spiegò Gai con trasporto. “ Non sono mai stato capace di valorizzare il suo potenziale. Non l’ho mai seguita come il suo talento avrebbe meritato. Dovevo aspettarmelo che prima o poi avrebbe trovato qualcuno di più adatto a guidarla, ma…”
“…hai sempre avuto occhi solo per Lee”, concluse Kakashi al suo posto, però senza tono accusatorio. Dopotutto, ogni maestro aveva un allievo prediletto. Lui compreso.
“Già”, sospirò pesantemente Gai. “Tenten è una ragazza molto forte e determinata, e mi sembrava che non le pesasse allenarsi senza il suo sensei. Ma è anche così matura…”, sorrise. Un sorriso mesto.
“E’ sempre stata la più ‘grande’ tra tutti noi. Dovevo aspettarmelo che stesse guardando avanti già da un po’. Che avesse realizzato di dover andare oltre il nostro livello di allenamento…”.
La frase svanì in un sussurro. All’improvviso, per la prima volta dai tempi dell’accademia, Gai soffriva per la sua incompleta preparazione di ninja.
Tuttavia, episodio altrettanto straordinario, in questa circostanza Kakashi non riteneva di doverlo colpevolizzare per questo.
“Ascoltami, Gai”, esordì scrutando un punto indefinito, come preso dai ricordi, “Presto o tardi, arriva il giorno in cui non abbiamo più nulla da insegnare ai nostri allievi, e dobbiamo lasciare che scelgano la propria strada secondo le loro attitudini. Malgrado il nostro impegno, non potremo sempre aiutarli in tutto. Troveranno una nuova guida, un nuovo modello da seguire, e noi non abbiamo alcun diritto, soprattutto morale, di fermarli”
Gai gli lanciò un’occhiata senza farsi notare. Sapeva perfettamente a cosa stava pensando adesso. Pensava a Sakura e Tsunade, a Naruto e Jirayia. A Sasuke e Orochimaru.
Probabilmente fu proprio perché lo stava guardando di nascosto che Gai ebbe un colpo al cuore e quasi cadde dallo sgabello quando Kakashi si voltò di scatto verso di lui, radioso.
“Capito?”
Gai rimase stordito per alcuni secondi. Poi recuperò mentalmente il filo del discorso.
E sorrise.
“Sì”


Quando Tenten arrivò alle porte di Konoha, il cielo aveva cominciato appena a schiarirsi.
Non c’era nessuno ad attenderla: l’appuntamento era a circa due chilometri dal villaggio.
Non c’era nessuno.
Non aveva idea di quanto fosse rimasta lì, in piedi fuori dalla cinta muraria, come se avesse dovuto partire per una missione. L’unico dato certo era che non riusciva a fare un solo passo in più. E che i due ninja di guardia le avevano giusto chiesto se stesse aspettando l’arrivo di qualcuno.
“Io…”, esitò. Tenten non sapeva se attardarsi ancora per qualche minuto oppure no. Inoltre, avrebbe mentito ai due shinobi dicendo di dover incontrare qualcuno.
“Resto qui ancora un po’”, disse semplicemente.
Le guardie si allontanarono con un’alzata di spalle e tornarono a chiacchierare.
Era sola.
Nessuno era venuto a salutarla.
Loro non erano venuti.
Non sapeva se esserne felice. In questo modo non avrebbe potuto esserci alcun distacco doloroso, nessuna scena strappalacrime con la straziante atmosfera del ‘questa è l’ultima volta che ci vediamo’.
Però…
Però voleva vederli.
Di nuovo, anche solo per un attimo.
Il maestro che era stato quasi un mentore, per quanto stravagante ed assolutamente incompatibile con lei.
Il compagno che le faceva perdere la pazienza come nessun altro per quei modi di fare assurdi ed inconcepibili, ma la cui energia, sotto sotto, non poteva che metterla di buon umore e darle prova che il mondo girava per il verso giusto anche quel giorno.
E Neji… l’ansia di non poterlo vedere ancora una volta prima della partenza le strizzava il cuore, facendo gocciolare due calde lacrime lungo le guance infreddolite dall’aria del mattino.
Aveva paura che l’immagine del viso di Neji sarebbe sbiadita col tempo, non guardandolo più tutti i giorni.
Dopotutto, era successo tutto così in fretta che Tenten non aveva nemmeno potuto fotografare il ricordo di Neji nella sua mente. Soprattutto, questa era l’ultima delle sue preoccupazioni dopo gli avvenimenti del giorno prima.
E comunque alla fine, anche se aveva rivisto, e del tutto inaspettatamente, Neji al campo, le sue parole l’avevano ferita al punto che dopo si era limitata a salutarlo frettolosamente e correre a casa.
L’aveva delusa. Quando l’aveva sentito pronunciare il suo nome all’improvviso, Tenten aveva fulmineamente dato vita a numerosi scenari nella propria testa. In ognuno di essi Neji Hyuuga era rattristato dalla decisione che lei aveva preso.
Tenten si scosse, mentre cercava di scacciare simili visioni.
Se l’era cercata. Sì, se l’era cercata la delusione che provava da ieri pomeriggio: perché si era illusa dell’attuazione di una realtà che mai si sarebbe concretizzata.
Allo stesso modo in cui si era cercata la delusione di cui si era dipinto il volto di Gai, e quella che aveva scatenato Rock Lee, giunto al punto di non volerla nemmeno più guardare in faccia. Un trattamento che non aveva riservato neppure a Neji in tanti anni di sfide.
Tenten stava precipitando. Il senso di colpa la stava risucchiando dall’interno del suo petto.
Se solo fosse stata sincera con loro… E invece lei li aveva maltrattati, li aveva traditi! Come se le avessero mai mancato di rispetto…
Era per tutti questi pensieri soffocanti che Tenten non riusciva a muoversi. Le gambe le facevano male da quanto che era ferma.
Era per tutti questi pensieri soffocanti che non poteva allontanare da sé il terrore che nel momento esatto in cui fosse andata via, loro sarebbero arrivati.
Però loro non erano mai in ritardo…
Fu allora che capì.
Si girò verso l’entrata del villaggio e puntò lo sguardo determinato e sconvolto insieme sulla foresta che lo circondava -e che ora sembrava volersi chiudere su di esso per non farla più entrare.
“Siete dei vigliacchi!”, gridò ai rami che si intrecciavano di fronte a lei.
La stavano prendendo in giro e questo la faceva infuriare.
Ma il suo corpo ebbe un fremito di gioia immaginando una testolina nero lucente fare capolino per prima.
Rise, quasi. Li aveva smascherati: una bella vittoria prima di andarsene!
E poi… li avrebbe salutati davvero.
Tuttavia, nessuna foglia si mosse. Non un fruscio. Persino il cinguettio degli uccellini si era smorzato.
Tenten incrociò le braccia, risoluta.
“Lo so che siete lì!”. Ma la sua voce era meno sicura.
Silenzio.
Il paesaggio immobile.
Morto.
Tenten ebbe la prova che era finita quando uno dei due ninja di prima si affacciò guardingo dalla porta a domandarle se ci fosse qualcuno.
Le occorsero alcuni secondi pieni per trovare un filo di voce.
“No”, rispose, lo sguardo perso davanti a sé, “Devo essermi sbagliata”.
Aveva solo quindici anni, ma capì subito che quella sarebbe stata la delusione più grande della sua vita.
Adesso sì che le sue gambe si muovevano. Tremavano, come tremava il suo respiro, che non sapeva se scoppiare in un pianto dalla rabbia più ardente o dal dolore più lancinante. Ciò che contava davvero, comunque, era che ad ogni passo la sua camminata si faceva più convinta.
Solamente una piccola parte di lei stimava che i suoi compagni ed il suo maestro non si fossero presentati perché incapaci di perdonarla. Era decisamente plausibile, invece, che lo avessero fatto per lei, per facilitarle la partenza e risparmiarle una separazione sofferta che magari avrebbe potuto farla ricredere sulla sua scelta.
Tenten li avrebbe ringraziati in un futuro. Lo sapeva.
Solo, adesso era troppo presto. Il suo corpo era finalmente pronto per lasciarli, ma dentro di sé Tenten sentiva che mai nessuno l’aveva delusa così tanto.
“Metticela tutta!”
Le ci volle qualche istante perché si rendesse conto di aver udito la voce di Lee. Si bloccò, trattenendo il respiro per timore che coprisse qualunque altro suono.
Non era vero.
Chiuse gli occhi per ricacciare indietro le lacrime quando si ritrovò circondata dal silenzio più immacolato.
Poi un singhiozzo.
Non era stata lei.
Si voltò di scatto verso le porte di Konoha e vide tre figure ondeggiare sulla superficie delle sue lacrime.
Non era vero.
Ma Tenten asciugò ugualmente gli occhi, con una furia e una violenza che le fecero male.
A poco più di dieci metri da lei vide Neji rivolgere uno sguardo sprezzante a Lee, che piangeva a dirotto come un bambino, e vide il maestro guardare tutti e tre i suoi ragazzi, un po’ commosso.
“Hai rovinato tutto, Lee”, disse Neji, superiore.
“Ma come puoi essere sempre così freddo?”, lo rimbeccò l’altro, sputandogli addosso lacrime e saliva.
Poi accadde.
Mossa da un puro istinto, Tenten fece un passo verso di loro.
Gli occhi terrorizzati di Gai e Neji la bloccarono bruscamente.
Non doveva, o avrebbe vanificato gli sforzi di tutti, lei compresa.
Ma anche Neji aveva mosso un passo avanti…
Tenten comprese che c’era una sola, semplice cosa da fare.
Levò il pollice dritto davanti a sé ed esclamò: “Quando tornerò vi farò mangiare la polvere!”
Il suo sorriso caparbio e raggiante sarebbe per sempre rimasto nei ricordi del maestro Gai e di Rock Lee come il più giovanile che si fosse mai allargato sul viso di una donna.
I tre ninja non poterono che imitare fermamente quel gesto, che per loro aveva il valore profondo di una promessa per la vita.
I tre ninja…
Le mandibole di Tenten, Lee ed il sensei toccarono letteralmente terra con un sonoro tonfo mentre i loro sguardi si puntavano su un Neji che diventava sempre più bordeaux.
Nei mesi di lontananza che seguirono, le risate che riempirono l’aria fredda di quella mattina di marzo sarebbero riecheggiate con dolce nostalgia nelle orecchie di tutti loro.



Probabilmente questo finale vi ha lasciato dell’amaro in bocca.
Io stessa, scrivendolo, mi sono incupita: pensare a cosa sarebbe successo se Tenten
fosse tornata sui propri passi, dal team e soprattutto da Neji,
che a quanto pare finalmente comincia a scoprire di essere legato a lei più di quanto si aspettasse…
Tuttavia, credo che se Tenten non fosse partita,
nessuno di loro quattro avrebbe fatto un passo avanti, figurativamente parlando.
Perché penso che, diversamente dall’odio, che sempre logora e distrugge,
la delusione a volte possa portare benefici.
E, come è accaduto a Tenten, Lee, Neji e Gai, aiutare a crescere.


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Ecco il giudizio di Rinalamisteriosa e Shurei.

Grammatica e stile : 8
Originalità
: 9,8
Caratterizzazione dei personaggi
: 9,4
Attinenza al tema
: 5
Gradimento personale
: 5 in totale
+ 1 punto bonus
Totale: 38,2 punti complessivi


Giudizio di Shurei: Il tema è espresso perfettamente: ci si sente delusi quando si prova un forte sentimento per una persona e quest'ultima poi ci tradisce con un'altra persona a cui vogliamo bene: è la più grande delle delusioni. Pensi che certi comportamenti siano da “Stronzi”, invece sono solo per farci andare avanti. Certo, ci si rimane male... ma sono necessari.
Tenten l'ho trova IC nella sua compostezza, dicasi lo stesso per Gai e Lee nelle loro posizioni. Non ti ho dato voto pieno, perché Neji mi è sembrato un po' OOC: non penso che se ne stia tanto a rimuginare se gli si presentasse una situazione simile...
L'originalità è ottima, decisamente ottima. Molto carina l'idea della compagnia Itinerante che per un caso “fortuito” comprende l'enorme talento della ragazza dopo quell'incidente.
Lo stile è buono: chiaro, semplice e coinvolgente. Per quanto riguarda la grammatica, ho visto solo alcune sviste, che con una lettura in più si potevano evitare. Tuttavia, tesoro, la punteggiatura è meglio riguardarla con calma: tendi a mettere la virgola vicino alla e congiunzione o spezzare i periodi vicino ad essa con un punto fermo, togliendo fluidità al testo. Cerca di stare più attenta, va bene?

Giudizio di Rina: A parte qualche parola e delle frasi che non mi convincono, la grammatica è quasi perfetta, così come è molto buono l'uso del lessico.
Lo stile è apprezzabile: non è particolarmente ricercato, però è denso di azione e introspezione. Le descrizioni sono fotografiche.
La fanfic è interessante, davvero! Sono rimasta profondamente colpita da tutta la storia, dalla trama ben organizzata, dall'impeccabile caratterizzazione dei personaggi, dalla tua trattazione della delusione, a mio parere la più dettagliata e completa, proprio quel sentimento di amarezza e aspettativa che lega i quattro membri del Team Gai. Un sentimento che non è distruttivo come l'odio, ma che aiuta a maturare per il bene comune. Complimenti vivissimi! ^_^

Giudizio fan-art: Sei stata bravissima, si vede che sei portata per il disegno: complimenti! ^_^



Commento mio: grazie per i banner creati su misura!^ ^



Grazie mille per le note sulla sintassi! Tendo ad essere molto prolissa, a volte mi perdo in giri di parole che non capisco nemmeno io! In altri termini... la sintesi non è mai stato un mio dono... (sospira)

Un appunto sul titolo. So che può sembrare banale. Ma l'ho scelto per la sua vaghezza: non specifica nè il soggetto nè l'oggetto della delusione. In fondo, in questa fanfic tutti passano attraverso una delusione non indifferente!

Veniamo adesso alla nota dolente... Accaniti critici di NejiTen, radunatevi! Il giudizio di Shurei mi ha dato infatti da riflettere. Vedete, credo di aver rispettato il personaggio di Neji nella lunga sequenza riflessiva, così come nelle poche parole che rivolge a Tenten, nella critica che muove a Rock Lee e nella parte conclusiva della fanfic.

Tuttavia, alle lettura del commento di Shurei un terribile dubbio mi è sovvenuto...! Neji è OOC nel fatto stesso di porsi il problema della partenza di Tenten! Insomma, ho commesso un errore di fondo, fin dal principio! Poi, certo, il filo dei suoi pensieri è logico, lui mantiene la calma, e questo trovo che sia IC... Ma la verità è che certi pensieri non gli passerebbero nemmeno per l'anticamera del cervello!

Prima di conoscere l'opinione di Shurei, non avevo alcun dubbio riguardo alla caratterizzazione di Neji. Dopotutto, non possiamo non ammettere che lo scontro con Naruto gli abbia dato una bella botta in testa, visto che di lì a pochi giorni sorride a Hinata come se avessero sempre giocato a bambole insieme...!

Forse, però, una reazione del genere alla decisione di Tenten è eccessiva? Uff... Vi dirò che non trovo una risposta...

...è per questo che vi chiedo di dire la vostra nelle recensioni che lascerete! Vorrei sapere che posizione prendete al riguardo!^ ^


Ecco, e adesso siamo giunti all'angolo del disegno osceno!! Che vergogna... Piccola e dovuta premessa: non ho mai inchiostrato i chiaro-scuri. Anche perchè evito sempre di farli, dato che non sono capace! Come avevo detto a Rina e Shurei, Gai Maito sembra un orso tutto peoloso, bwahahahah!XD
Però stavolta mi sono detta: beh, proviamo! Peccato non avessi considerato che poi chiunque avrebbe visto il mio orrore...


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Bene. A coloro che sono sopravissuti (XD) confesso che sono impaziente di sentire i vostri consigli anche sulla realizzazione di un buon disegno!^ ^'

Grazie ancora a Rina e a Shurei per lo splendido concorso che hanno indetto!^----^
  
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