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Autore: Mei_chan    14/06/2005    1 recensioni
L’ennesimo viaggio. L’ennesimo taxi, l’ennesimo treno, l’ennesimo aereo, l’ennesimo viaggio. Lontano. Lontano da qui. Fuggire di notte come un ladro di galline. Senza salutare, senza farsi vedere. L’ennesimo colore di capelli fatto in un bagno in una stazione di servizio. L’ennesimo cambio di stile, di accento, di modo di vivere. L’ennesimo nome falso. L’ennesimo colore di occhi. Blu. Blu come il cielo senza stelle delle tre di notte alla periferia di questa città. Blu come la terra, le colline in lontananza, la gente sul ciglio della strada. Blu come la paura densa e appiccicosa di questa notte d’estate in un taxi bianco che sfreccia sull’autostrada verso l’aeroporto mentre fuori la gente dorme ignara. Blu. E la luna se ne sta dietro il guard rail.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi! dopo una vita e mezzo..riappare Luna!!!
Scusate è un capitolo un po' cortino ma spero che vi piaccia..
Intanto mando un bacione a quella santa di Maja che mi corregge i capitoli con errori del cavolo...ma cosa ci posso fare se
mi riduco a scrivere alle 11 di sera?
Va beh basta scuse..un bacione Mei ^____^



Non appena Oliver aprì le ante del suo appartamento in centro città, la luce di un sole appena sorto trafisse l’aria pesante
che si era creata nei mesi di chiusura.
L’aria stagnante se ne fuggì veloce attraverso la finestra per lasciare posto alla brezza mattutina.
Avevano viaggiato tutta la notte e non vedevano l’ora di potersi concedere un po’ di riposo.
Patricia si guardò intorno spaesata.
Ma non era il luogo a renderla tale.
Non le importava in quel momento ne’ dell’arredamento asettico ne’ dell’ordine imperante.
Aveva altro a cui pensare.
Una paura profonda le attanagliava lo stomaco, il respiro le mancava, un senso di nausea misto a vertigine la faceva sentire
impotente e completamente persa nei confronti dell’ambiente che la circondava.
Come sbattuta da una corrente alla quale non si può evadere.
Cercò riparo tra le braccia di Oliver e le sue rassicurazioni le alleviarono un po’ quella sensazione, senza però attenuare
il terrore che la pervadeva.
Sapeva ciò che l’aspettava e il fatto di dover affrontare di nuovo l’umiliazione, le domande tendenziose, le illazioni sul
suo conto e sapere che non c’è via di scampo la tormentava.
Si strinse forte a Oliver e cercò di non pensare.
Forse per un po’ sarebbe riuscita a dimenticare.

Entrando in casa Oliver si era sentito subito a disagio.
Come era possibile che fossero cambiate così tante cose da sentirsi così estraneo entrando in quella che avrebbe dovuto
essere casa sua?
Ora avvertiva il cambiamento, ora che il contrasto con la vita di prima si stagliava nel suo minaccioso essere.
Come aveva fatto quella donna a cambiarlo così radicalmente?
Ma soprattutto come poteva fare a meno di lei?
Era entrata nella sua vita e gli aveva aperto una finestra sulla vita.
Cos’era prima se non un uomo rassegnato ad esistere osservando la vita scorrere?
Lei gli aveva insegnato a essere, a vivere.
Tutto quello che lei gli aveva regalato, adesso sembrava così semplice, così naturale, così indispensabile.
Lei era indispensabile.
E vederla in quello stato e non poter far niente lo mandava in bestia.

Erano le nove del mattino ma già nel parcheggio dell’ottantasettesimo distretto della 5th Avenue era l’ora di punta.
L’auto di Oliver si fermò, non senza fatica, in un angolo piuttosto lontano dall’entrata principale, giusto per dilungare il
tormento.
Patricia scese quasi di corsa dall’auto, sbatté la portiera e s’incamminò subito.
Voleva liberarsi di quel peso al più presto.
Il primo passo è sempre il peggiore.
Dopo la strada sarebbe stata più facile.
Oliver la raggiunse e le mise un braccio sulle spalle, per darle coraggio.
Sapeva che Patricia stava affrontando una prova terribile e avrebbe voluto esserle accanto nel corpo e nell’anima.
Eppure non riusciva a togliersi dalla testa il colloquio avuto lungo il tragitto.
“ Non voglio che tu tiri fuori un soldo per me” gli aveva detto, quasi con rabbia.
“ Ho abbastanza soldi per tirarmi fuori da sola”.
Da un lato sapeva di che pasta era fatta.
Negli ultimi anni aveva dovuto cavarsela da sola, senza l’aiuto di nessuno.
Aveva dovuto superare una situazione assurda, il dolore, la rabbia, l’umiliazione e ci era riuscita con le sue sole forze.
Non poteva certo biasimarla.
Senza contare che, se aveva imparato qualcosa su di lei, non era il tipo da far pesare la propria presenza sugli altri, anche
quando questa non pesava affatto.
E lui avrebbe voluto così tanto aiutarla perché in fondo era per lui che lei si esponeva, era per lui che tornava allo
scoperto.
E lui non poteva far altro che lasciarla fare e continuare ad assistere a lei che combatteva per resistere alla realtà dei
fatti e, dentro di sé, alla lotta tra la sua coscienza e il suo amore.
Si chiedeva se potesse risparmiarle tutto quello.
Non poteva quindi fare a meno di sentirsi in colpa nei suoi confronti, avrebbe voluto esserle utile.
E il suo rifiuto categorico lo lasciava con un vago senso d’amaro in bocca, come di qualcosa che stonasse.
Un vago senso di insoddisfazione.
Ma forse era solo uno strascico di quel mondo che aveva abbandonato.


Gli uffici dell’ottantasettesimo distretto brulicavano di gente.
Telefoni che squillavano, persone che parlavano, addirittura bambini che piangevano. Patty era stordita da tutto quel rumore.
Non era cambiato nulla.
Le facce erano diverse, ma il clima era lo stesso.
“ O forse sono io che ho la stessa paura di allora” pensò amaramente.
Si tenne stretta ad Oliver mentre si avvicinavano al bancone della reception e lasciò che fosse lui a fare tutto.
Lei non ci sarebbe riuscita.
Tremava.
Cosa avrebbe fatto senza di lui?
Cosa?

“Vorremmo parlare con l’ispettore Nicolai” disse con voce ferma e impostata.
Patricia lo guardò per un lungo, lunghissimo istante e non poté fare a meno di sorridere nonostante fosse terrorizzata.
Quando l’aveva visto per la prima volta, sulla porta di casa, quella stoica fermezza che ostentava gli era sembrata così
rigida.
Non avrebbe mai immaginato che si sarebbe aggrappata a quella fermezza, tutt’altro che rigida ma solida, come chi in mezzo
alla tempesta si aggrappa ad uno scoglio.
“Di chi devo dire?” la figura minuta seduta al bancone rivelò una voce decisamente troppo acuta e troppo stridente rispetto
alla sua persona.
“ L’avvocato Hutton.”
Patricia sbatté un paio di volte le palpebre.
Aspettò che la segretaria si alzasse e poi si voltò verso Oliver.
“Avvocato?” disse ironica “Hai qualcos’altro da nascondermi? Che ne so… una moglie e due bambini…”
Oliver sorrise mestamente.
Scherzava, la sua piccola, scherzava ma le tremava la voce e aveva gli occhi spauriti.
In quel momento avrebbe voluto solo prenderla in braccio e fuggire lontano, lontanissimo.
Ma non si poteva, non di nuovo.
L’unica cosa buona che gli aveva insegnato suo padre era che i problemi si affrontano, non si scansano.
Anche perché prima o poi tornano sempre ad assillarti.
“Pensavo lo sapessi.” disse soltanto.
Ora avevano altro a cui pensare.



L’ispettore Nicolai si ravvivò un ciuffo di capelli.
Non riusciva a capire che cosa volesse l’avvocato Hutton da lui.
Lo aveva visto in tribunale, era bravo dannatamente bravo.
A volte quasi aggressivo.
Come se lì potesse scaricare tutte le frustrazioni che lo affliggevano.
In realtà era un po’ che non lo vedeva in giro.
Saranno stati più o meno sei mesi.
Vide la sua ombra apparire dietro la porta a vetri, seguita da un’altra molto vicina.
Una donna.
Qualcosa gli diceva che era qualcosa di grosso.
Entrarono silenziosamente, tesi come corde di violino.
Lei l’aveva già vista.
Aveva l’impressione che fosse importante ricordarsi a chi appartenesse quel volto, ma proprio non riusciva a collegare.
Chi era?


Patricia si sedette di fronte alla scrivania piena di carte.
Alzò lo sguardo lentamente ed andò a trovare quello perplesso dell’ispettore.
Non si ricordava.
Si percepiva che era una persona nota ma non gli sovveniva il momento, il luogo, il nome.
Tesa, abbozzò un sorriso.
“ Come ispettore? Pensavo che si sarebbe ricordato di me almeno lei?”
La voce collocò i suoi ricordi al posto giusto.
Non poteva essere…
Non ora… e poi perché?
Si portò una mano alla bocca e mormorò.
“ Patricia. Patricia Gatsby.”


CIAO!!!!! Passiamo ai RINGRAZIAMENTI!!!!!


EVA: 1) devi raccontarmi dove siete andate ieri sera? 2) Jhonny Depp per adesso non rientra nel mio programma * Mei sfoglia
il calendario di Luna e decide che forse potrebbe aggiungere Jhonny ma è indecisa se invitare al suo posto Orlando...*
Mah..Cmq un bacione !

Pè: Altro capitolo cortino...ultimamente manco un po' di inventiva.. mah... cmq grazie per l'aiuto! 6 il mio angelo custode!
Un bacione..

Ailin: mmmhh grazie mi hai fatto commuovere... cmq anche tu sei molto brava e sai che mi piace moltissimo come
scrivi...^__^!!

Asuki: mmmmhhhhh grazie! * mei gongola... troppo contenta..* mi fate piangere...

Solarial: BUUUUUAAAAAAHHHH! basta adesso piango siete troppo carine!!!!! sniff un beso...

un bacione a tutti anche a chi non recensisce..
Mei_chan

  
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