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Autore: Utopy    12/11/2009    6 recensioni
"In un mese me la scopo."
"Chi? Quella? Figurati... Non te la darà mai!"
"Scommettiamo?"
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Questo dovrebbe essere il PENULTIMO capitolo.. Poi ci sarà l’epilogo.. A meno che non mi venga un lampo improvviso.. Ma vi confesso che “Scommettiamo” per me è stata una grande delusione.

Era partita bene, lo ammetto, ma andando avanti ho capito che non era per niente la storia che avevo in mente fin dall’inizio. Non era la storia che volevo io.
E vabbè, capitano a tutti i piccoli incidenti di percorso.
Una storia che invece mi sta dando tantissimo e mi rende fiera di averla cominciata.. E’ quella che sto scrivendo con la mia Ary *.* ( _Pulse_ )
S’intitola “Incastrate” e l’abbiamo cominciata a postare da poco.. Vi consiglio di andarla a leggere! XD

Per ora vi auguro una buona lettura! Vostra, Ale **

 

 

 

DICIASSETTESIMO CAPITOLO

 

Una settimana dopo.

 

Tom se ne stava sdraiato a letto a guardare il soffitto, fermo come era ormai da troppi giorni. Mangiava poco, dormire neanche se ne parlava.. Si alzava solo per andare in bagno quando il bisogno si faceva davvero insostenibile. Per il resto era diventato un automa, niente di più.

Non era più tornato a trovare Viky.. L’idea di rivederla in quel letto d’ospedale, con gli occhi chiusi e il viso bianco come la morte, gli apriva una voragine nel petto, facendogli male da morire.
Bill, Gustav e Georg invece, ci erano andati tutti i giorni.. Parlavano con lei, le raccontavano le ultime novità.. Le dicevano di Tom. Erano convinti che lei potesse sentirli e forse in fondo, avevano ragione.

 

Prese la sua borsa a tracolla e la appoggiò sul tavolo, ficcandoci dentro il portafogli, il cellulare, le chiavi di casa e le chiavi della macchina.

Aveva deciso che quel giorno avrebbe trascinato il gemello con lui all’ospedale, con le buone o con le cattive maniere.
Doveva dargli una scrollata, non poteva continuare così, la situazione era diventata ingestibile, persino per lui.

Tom doveva rivedere Viktoria, e chissà che quell’incontro non risvegliasse qualche cosa in lei. Era un ipotesi da non sottovalutare quella.

 

“Tom?” Bussò alla porta senza riceve risposta, come al solito. Sbuffò, tirando la maniglia verso il basso ed entrando nella stanza del gemello. Era semibuia, le persiane erano abbassate quasi del tutto e si respirava una pesante aria di chiuso.

“Bill..” sussurrò a voce bassa, accorgendosi di una presenza nella camera.

“Tom, vestiti..” Sussurrò, aprendo di poco le persiane alle finestre. Quel tanto che bastava per far passare un po’ di luce solare.

“Perché?”

“Ora, non me ne frega di quello che dici, andiamo a trovare Vik. Andiamo.” Rimarcò l’ultima parola, lasciandogli intendere che quella non era una semplice richiesta. Era un ordine.

“Non me la sento, Bill..” Mormorò l’altro, sentendo le lacrime  premergli sugli occhi.

Sospirando, il moro si sedette sul letto di fianco al fratello, sfiorandogli il braccio.

“Tom, devi venire.. Lei vorrebbe così..”

Seguirono parecchi minuti di silenzio, in cui Bill trattenne il respiro, soffocato da quell’ansia che gli metteva vedere il fratello ridotto in quello stato.

“Bill.. Non..” Tentennò il rasta, portandosi una mano alle tempie, massaggiandole.

“Basta Tom!” Gridò esasperato Bill. “Credi di risolvere qualcosa rimanendo barricato nella tua camera da letto? Mentre la tua ragazza è su un letto d’ospedale a cavallo tra la vita e la morte! Dovresti essere li con lei, e non qui a piangerti addosso!” Concluse il suo discorso con un leggero fiatone, gli occhi sbarrati e il corpo rigido. Forse non avrebbe dovuto dire quelle brutte cose a Tom, ma quel ragazzo aveva seriamente bisogno di una scrollata!

“Lasciami dieci minuti.. Mi preparo e poi scendo.” Mormorò il chitarrista, tirandosi a sedere.

“Bravo fratello.” Sorrise Bill, poggiandogli una mano sulla spalla. “Sapevo che ti saresti deciso!” Uscì dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle.

 

Ancora poco e avrebbe rivisto la sua piccola, ancora in quel letto, ancora addormentata.  L’immagine di lei in quelle condizioni non si lavava via dalla sua mente da una settimana a quella parte, era un’immagine inchiodata fissa davanti ai suoi occhi.

Persino quando li chiudeva, per cercare di dormire un po’, lei era sempre li a ricordargli quello che era successo. Senza lasciargli tregue. Senza lasciargli un minuto di pace.


Molto lentamente si trascinò davanti all’armadio, prendendo un paio di jeans e una maglietta a casa, infilandoseli. Non mise nemmeno il cappellino e la fascia, non ne aveva voglia.
Quando arrivò al piano di sotto Bill era già seduto al tavolo con davanti a sé una tazza di caffèlatte. Ne aveva preparata un’altra per Tom, che aveva lasciato sui fornelli.

Bevvero in silenzio, un sorso dopo l’altro, con gli occhi persi nel vuoto.
Il campanello interruppe i loro pensieri.. Tom non diede nemmeno cenno di averlo sentito, così Bill sospirando, si alzò e andò ad aprire la porta.

“Ehi.” Salutarono Georg e Gustav “Allora? Tom?” Chiese poi il biondino, entrando in casa seguito dal bassista.

“E’ una specie di robot automatico.. Ma verrà..” Rispose Bill, richiudendo la porta dopo aver fatto entrare i due amici.

“Ciao Tom!” Gustav e Georg gli andarono incontro, battendogli amichevoli pacche sulla schiena e sulle spalle.

“Ciao ragazzi” Mormorò il chitarrista, riponendo la sua tazza vuota nel lavandino.
Sparì in salotto, recuperando il cellulare che aveva lasciato li da chissà quanti giorni, e se lo infilò in tasca. “Possiamo andare” decretò poi, uscendo in cortile senza nemmeno guardarli.

 

Erano in macchina di Georg, non un fiato nell’abitacolo, nessuno fiatava. La strada per arrivare all’ospedale sembrava più corta del previsto.. Ormai erano vicinissimi.

Tom era nervoso, lo si poteva benissimo notare, dal modo frenetico con cui si stava torturando le mani.. Sembrava volesse staccarsi le dita una ad una!

Ed eccolo li.. L’immenso palazzo bianco che si stagliava di fronte a loro..
Mai avrebbe pensato di odiare così tanto un edificio. Ma lui, quell’ospedale, lo detestava con tutte le sue forze.

 

Scesero dalla macchina in assoluto silenzio, varcando le grandi porte che li fecero sbucare in un corridoio lungo e candido. Lo percorsero, camminando fianco a fianco.
L’ascensore sembrava troppo stretta per i pensieri di tutti e quattro.. In un secondo li porto al terzo piano, dove c’era un altro infinito corridoio da attraversare, prima di arrivare davanti alla porta maledetta, che Tom faticava anche solo a guardare.

 

“Vai..” Sussurrò Bill, dando una lieve spinta al fratello.

“No dai, venite anche voi..” Li guardò implorante, con gli occhi lucidi, ma i suoi amici non sembravano voler cedere, nemmeno davanti a quello sguardo carico di emozioni.

“Tocca a te adesso..” Gli sorrise Georg, appoggiato da Gustav, che gli mostrò entrambi i pollici alzati.

Mortificato aprì la porta, richiudendosela alle spalle.. Senza girarsi a guardare il letto marciò davanti alla finestra, appoggiandosi al davanzale con i palmi, guardando in basso.

“Tu non sai Viky.. Quanto mi sia costato venire qui a trovarti, sapendo le tue condizioni.. Non te lo puoi nemmeno immaginare” sibilò.. Non ce la faceva a girarsi, non riusciva a guardarla. “Piccola, se tu ti svegliassi adesso.. Se tu aprissi gli occhi.. Ce la farei a dirti tutto quello che provo per te. So per certo che sarei in gradi di farlo in questo momento!” Guardò fuori dalla finestra.. Il sole era coperto dalle nuvole, creando un’ atmosfera tetra e spenta. “E’ proprio vero, ti accorgi di..amare una persona, solo quando ti rendi conto che ti sta scivolando via..” Sorrise amaro.. Poi, con una lentezza inesorabile si girò, verso quel letto che sapeva lo avrebbe ferito più di una scarica di pugni in pieno stomaco.

Lei era li.. Meravigliosa come sempre.. I capelli corvini le ricadevano ribelli sul viso bianco borotalco.. Era pallida come la morte, persino il suo tipico rossore alle guance era sparito.

E i suoi occhi.. I suoi occhi blu erano chiusi, serrati.. Non li vedeva.

E Dio solo sapeva quanto sarebbe stato disposto a pagare pur di rivedere l’immenso di quegli occhi, avrebbe dato qualsiasi cosa..
Perché, non l’aveva mai ammesso apertamente, ma a quella nanetta mora ci teneva più di quanto avesse mai immaginato.. Senza di lei, adesso, sarebbe stato un inferno.

Si sedette sulla sedia che era stata abbandonata di fianco al suo letto, magari da Bill o dagli altri, e le prese la piccola mano tra le sue grandi e callose.

Un groppo gli serrava la gola, impedendogli di deglutire.. Aveva voglia di piangere, ma non l’avrebbe fatto. Per lei.

“Viky.. Svegliati” Sussurrò per poi appoggiare la testa sul braccio di lei. Istintivamente la ragazza si mosse, ma quando Tom alzò la testa di scatto i suoi occhi erano ancora chiusi. Era stato un semplice riflesso involontario. Succedeva spesso alle persone in coma..

“So che non sei cattiva piccola.. Svegliati. Apri gli occhi.. Ti prego..” Mormorò. La voce strozzata dal pianto che gli stava salendo agli occhi, seppur contro la sua volontà.

Passarono infiniti minuti, che lui passò con la testa appoggiata al suo seno che si alzava e abbassava regolarmente.. Grazie ad un respiratore che la teneva in vita.

Il petto ad un certo punto si arrestò, bloccandosi di colpo.

Tom, terrorizzato, alzò fulmineamente il capo per guardarla: aveva gli occhi spalancati e impauriti.

“Viky.. Piccola mia.. Sei sveglia..” Sussurrò tra le lacrime.

“Tom?”

“Si sono io, sono qui!” Le prese il viso tra le mani, asciugandole due lacrime ribelli che erano sfuggite dai suoi occhi. La baciò sulle labbra, ma fu come baciare una lastra di vetro.. Viktoria era ancora sotto shok.

“Che è successo.. Che cosa è successo!” Si agitò, prendendogli le mani e stringendogliele forte. La voce roca e bassa, dopo una settimana di silenzio totale.

“Ne parliamo dopo, ora torna giù che chiamo il dottore. Piccola stai calma” Vederla così inquieta non gli piaceva per niente. Ma d'altronde doveva mettersi nei sui panni: risvegliarsi dopo una settimana in un letto d’ospedale senza sapere assolutamente che cosa fosse successo.

 

 

“Signorina Lein, la informo che è in ottima forma, assolutamente. Dovrà seguire un corso di riabilitazione quando toglierà il gesso, ovviamente. Ma la sua frattura alla gamba destra non è così grave.” Le strizzò l’occhio. “La terremo sotto osservazione ancora per una notte, domani potrà tornare a casa non si preoccupi.” Guardò i ragazzi, accennando loro un saluto con un cenno del capo e poi uscì dalla stanza, sparendo nel corridoio.

 

Bill, Georg e Gustav erano entrati nella camera con Tom, appena saputo che Viky si era svegliata. Per poco Bill non sveniva in sala d’attesa!

“Che spavento ci hai fatto prendere Vik..” Sussurrò il moro, vicino a lei.

“Mi dispiace ragazzi..”

“L’importante ora è solo che tu ti senta bene!” Esclamò Gustav, con uno dei suoi sorrisi concilianti.

“Sto molto bene, non vi preoccupate. Mi sento solo tanto stanca e debole.”

“E questo è comprensibile.” Dissi Georg, che se ne stava in piedi davanti al letto della ragazza.

I ragazzi si scambiarono una lunga occhiata d’intesa, vedendo l’improvviso scambio di sguardi che si stavano passando Tom e Viktoria. Così, silenziosamente, uscirono dalla stanza lasciandoli soli.

 

“Tom, mi dispiace così tanto.. Io, dovevo perdonarti solo.. Ero così arrabbiata” Mormorò a bassa voce una volta che i ragazzi se ne furono andati.

“Shhh non dire niente, è colpa mia.” Le passò una mano sulla fronte, per poi baciarle dolcemente una tempia. “L’unica cosa che importa adesso è che tu ti riprenda.”

Seguì un silenzio imbarazzante, mentre i due continuavano a guardarsi negli occhi, scambiandosi sorrisi affettuosi e carezze.

“Sai.. Al dottore ho detto di essere il tuo fidanzato.” Sussurrò, quasi senza pensarci, mentre le passava una mano fra i capelli neri spettinati.

“E.. lo pensi sul serio?”

“Si..” Le sorrise, baciandole il labbro inferiore e lasciandola senza fiato.

“Io.. Io ti amo Tom..” Arrossì imbarazzatissima.. Non era una delle circostanza migliori per confessare una cosa di quella importanza, decisamente no. Ma in amore non si segue mai una logica, in amore ci si lancia senza pensare a cause o conseguenze. Amore è spontaneità.

Tom si bloccò, guardandola come se avesse detto la cosa più bella del mondo. E forse per lui era proprio così.
Le prese la nuca, avvicinandola a se e la baciò come prima non aveva mai fatto.

“Lo prendo come un anche io?” Sorrise lei, accarezzandogli lo zigomo con il dorso della mano.

“Decisamente..” Sussurrò sulle sue labbra. “Forse è stata proprio la tua lontananza a farmelo capire. Non lo so. So solo che ti amo, ed è bellissimo..”
Le passò una mano sul viso, riprendendo a baciarla.. Consapevole che quella nana dai capelli neri gli avrebbe cambiato la vita.

 

 

Ringrazio tutte quelle che hanno recensito lo scorso capitolo e quelle che invece hanno solo letto. Vi adoro tutte quante, davvero!
Solo non ho molto tempo! La prossima volta vi ringrazierò due volte! XD
Grazie di cuore! Vostra, Ale *.*

 

 

  
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