Lo dico quasi fosse una preghiera, lo urlo al cielo, così che mi permettano di essere stasera ciò che sono, di dimostrarti che so ancora lasciar illuminare gli occhi.
Hai smesso di fidarti del mio sorriso di plastica tempo fa, hai lasciato che si infilasse tra di noi un enorme telo nero trasparente; possiamo guardare Neni, ma non vediamo.
“Grazie, Nani”.
E’ una voce che trema; stai sperando con me?
Ci siamo ripromesse, nell’esatto istante in cui ci siamo abbandonate al mondo attorno a noi, che mai avremmo ricominciato a sognare oltre che nella notte, quando possiamo affermare la nostra esistenza. Leggo nelle tue espressioni che ancora una volta mi donerai il tuo cuore, di nuovo mi insegnerai ad amare.
Alziamo il sipario, Neni, te ne prego.
E, con lui, un sigillo della nostra amicizia si sarebbe
aperto; racchiudiamo la nostra solitudine con potenti incantesimi che le
permettono di rimanere alla larga, di essere sprigionata soltanto quando
perdiamo il controllo e, ogni volta che qualcosa si distrugge, un piccolo nodo
viene sciolto. Così si libera, pian piano, inondando le nostre stagioni di
polvere e grigio. Diventiamo fantasmi.
Così è evoluto ciò che possedevamo: ci dicevano fosse
speciale, come nient’altro mai; potevamo conquistare il mondo con un solo
balzo, se solo avessimo proseguito a stringerci la mano.
Fui io a lasciarla, Neni. Avevo paura di stringerla troppo, o di ignorarne il
calore.
Avremmo dovuto imparare a vivere, prima.
Non importa che si bagni il pantalone nuovo, o le scarpe
quelle per le occasioni importanti; balla mentre sai che c’è sempre un fine, e
questo è il nostro.
In questo giorno in cui le iridi sono di nuovo a contatto
con l’aria possiamo assaporare la realtà. Anche se ricopre lo stomaco e la
bocca del suo sapore contorto. Non si sa mai se la si vuole possedere…
“In che senso…?”
“Pensaci: io ora
vorrei dirti tante di quelle cose, quanto sei importante, perché ti voglio
bene. Vorrei poter spiegare l’affetto che provo, perché lo so che questo lo è.
Non ci riesco. E me ne dispiaccio, non è giusto. Non riesco a stringerlo, per
quanto lo senta”.
“Ma a volte non c’è
bisogno di spiegare né di stringere”.
Buon compleanno, Arianna.
> I Tokio Hotel, con "The world behind my wall", mi hanno dato un ottimo supporto.
Questo non è altro che un regalo di compleanno. Nemmeno un granché.
Però, boh, è un po' che ci penso. A quanto sia difficile
comprendere appieno i sentimenti, a sentirli e non nasconderli
semplicemente.
Com'è facile dire "ti voglio bene", ma quando si tratta soltanto di semplice affetto?
Ci sono cose che davvero sono impossibili da dire, soprattutto per qualcuno che non ha mai provato a spiegarli.
Io con questo voglio solo augurare un buon sedicesimo compleanno a una
delle persone più importanti della mia vita, che forse, come ho
tentato di dirle in un messaggio che non le ho inviato, è stata
l'unica che si sia stancata per cercare di comprendermi, che non sia
stata sicura di conoscermi anche dopo un anno, ma che ha accettato di
comprendermi minuto dopo minuto.
C'è tanto che vorrei saper dire e spiegare, ma non ci riesco.
Buon compleanno, Arianna.
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La citazione (il titolo) è di Charles Chaplin e l'ho messa
perché quando ho chiesto ad Arianna cosa fosse per lei una
parola o una frase che fosse sinonimo dell'amicizia, che la
identificasse, mi ha detto questo. E credo che, dopotutto, ne sia
l'essenza.
Inoltre, il secondo titolo, anche se non c'è scritto è "Vaffanculo" perché "ho mandato affanculo te più volte nella mia vita che qualsiasi altra persona".