Il cantante
uscì per pochi minuti dalla grande stanza, giusto per avere
un po’ di privacy.
E mentre
calò
il silenzio, con sua mamma che le faceva gli occhi alla a
casa facciamo i conti, Minerva pensava.
Pensava che
era assurdo, impensabile, incredibile che tutto quello le stesse
capitando a
lei.
Proprio a lei!
Cercò
di
tenere a freno tutte le seghe mentali che prepotentemente affliggevano
la sua
testa, di non farsi insensati film in testa.
Lei e Bill
Kaulitz che si baciavano.
Lei e Bill
Kaulitz che si guardavano negli occhi.
Lei e Bill
Kaulitz che si sposavano.
Scosse
impercettibilmente la testa.
Si doveva
convincere
che questo Bill Kaulitz era una
star,
con tutti i suoi capricci e richieste impossibili.
Infondo quello
del sorteggio per aiutare il suo
relazionarsi, faceva parte delle idee irragionevoli di un
ragazzo abituato
ad avere tutto e subito.
Appena si
sarà
stancato o non gli sarà andato a genio qualche suo
comportamento o lato del
carattere, l’avrebbe cacciata via.
Bella
prospettiva.
E allora
perché moriva dalla voglia di andarci? Perché
avrebbe fatto di tutto affinché
sua mamma dicesse si?
Perché si
sentiva la ragazza più fortunata su quella terra, quando
già sapeva che prima o
poi sarebbe ritornata a casa in lacrime e costretta a sentire un sonoro
te l’avevo detto?!
Bah.
Il punto era,
che il suo cuore le stava urlando la vita
è una sola, sei giovane, divertiti!; ed era
difficile non dare ascolto al
cuore.
Anche
perché
il cuore, ti suggeriva sempre l’alternativa che ti sembrava
perfetta e senza
rischi.
Niente di
più sbagliato.
Bill
rientrò
con il cellulare in mano e presumibilmente ancora in linea con quel
produttore.
Aveva uno
strano sorrisino soddisfatto.
Il cuore di
Mimi fece un triplo salto carpiato e i suoi neuroni un suicidio di
massa.
Che bello che
era quel ragazzo.
Lui
avvicinò a
sua madre lentamente, porgendole poi il telefono “Vuole
parlare con lei”
sibilò.
“Non
mi
lascerò convincere da lei e dai suoi sporchi
soldi” attaccò appena
l’apparecchio arrivò vicino al suo orecchio.
Minerva
sarebbe voluta scomparire all’istante.
Che figura.
“Le
sembro una
persona disposta ad assecondare i capricci di un ananas? Di un bambino
viziato?” urlò di rimando.
Tom le
mostrò
il dito medio in difesa del fratello.
Mimi poteva
semplicemente iniziare a scavarsi una fossa, non avrebbe avuto
più il coraggio
di guardare Bill Kaulitz in faccia.
“Cosa
cambia?”
continuò a discorrere gesticolando animatamente
“Vabbene, mi chiamo Genevieve Hoffmann
e...” si bloccò.
“Come
scusi?”
il suo viso era improvvisamente sbiancato, tanto che la figlia temette
che da
un momento all’altro sarebbe svenuta.
Come scusi, furono le
ultime parole che i ragazzi udirono della conversazione.
Dopo ci furono
soltanto un volto pallido, occhi lucidi e vaghi cenni di imposto
assenso.
Altri due
minuti e la chiamata terminò.
Come un automa
sua mamma porse il cellulare a Bill, anche lui un po’ confuso.
“Potete
lasciarci sole?” chiese gentile.
I gemelli Kaulitz non obiettarono, lasciando la
stanza nel silenzio e nello sbalordimento più totale.
La donna poi
si
rivolse all’ altra piccola donna,
prendendole tremante le mani.
“Minni,
ora
qualcuno ti accompagnerà a casa e tu farai le
valigie” informò evitando il suo
sguardo “E’ meglio che non saluti Lala,
perché entrambe sappiamo che ci
rimarrebbe doppiamente male”
“Mamma
ma che
stai dicendo?” barcollò l’altra
indietreggiando “Io non posso partire! Come
farai con Ursula? Tu lavori e non puoi...”
contestò.
“Non
preoccuparti per noi” assicurò “ Per
favore, fa come ti dico” implorò scossa.
“Ma
perché?
Cosa ti ha detto quello li?” stava iniziando seriamente a
preoccuparsi.
Cosa stava
succedendo?
“Ascolta,
cerca
di essere sempre gentile con tutti e fa la brava”
raccomandò con una
lacrima che l’ accompagnava “Sono sicura che starai
benissimo e che ti
tratteranno come una regina” si asciugò con il
polso il viso.
“Perché
continui a dire così?” non l’aveva mai
vista così turbata “Io non ho intenzione
di muovermi da qui!” giurai.
Al diavolo
Bill Kaulitz!
“Minerva,
basta
così” riprese con tono duro “mi spiace
metterla su questi termini, ma è un
ordine” era ferma nella sua decisione.
“Mi
stai
ordinando di andarmene di casa? Mi stai cacciando?” la mora
sbarrò gli occhi,
non poteva crederci.
Ok, non era
così, e sapeva benissimo che attimi prima aveva
letteralmente agognato quelle
parole, ma lì per lì non le andava più
tanto di partire.
Le sembrava
solo
profondamente sbagliato quello che stava succedendo.
Quel signore
le doveva aver detto qualcosa di così convincente, da farle
cambiare
radicalmente idea; E questo, la spaventava a morte.
Perché
nessuno aveva un potere tanto grande in
grado di far cambiare idea a sua madre.
Era come
quando desideravi tanto una caramella e poi, quando te la davano,
sapevi che
non avresti dovuto assolutamente prenderla.
“Mi
raccomando, ormai sei una signorinella...” il suo tono si era
addolcito “Tieni
alto l’onore delle Hoffmann” un'altra lacrima le
solcò il viso.
Questa volta
toccò a lei asciugargliela.
L’abbracciò.
Tutte quelle
parole avevano sapore di addio o comunque, di un lungo arrivederci.
E lei non
capiva.
Non riusciva a
capire, per quanto si sforzasse, per quanto cercasse di mettere in
piedi teorie
plausibili, il perché di tutto quello.
All’improvviso.
Di solito
quelle cose se le sentiva.
Giorni prima
percepiva che stava per accadere qualcosa di brutto.
Invece no,
quello era stato un fulmine a ciel sereno.
“Ti
prego
mamma, dimmi cosa sta succedendo” nascose gli occhi
nell’incavo della sua
spalla “Giuro che non voglio partire più. Ho
paura”
La signora
chiuse stanca gli occhi.
Un ultima
lacrima percorse il suo viso.
Nessuno la
raccolse.
“Te
ne prego
io, non farmi domande” la sentì sospirare
stancamente.
Aveva fatto in
fretta e in furia le valigie e deciso, di portare con se ogni cosa che
le
potesse ricordare casa.
Nel suo cuore,
aveva sempre sperato di andarsene un giorno, di partire e viaggiare, di
scappare in caso estremo.
E ora che il
suo sogno di avverava, era semplicemente un fascio di nervi.
Avrebbe voluto
urlare, spaccare tutto, prendere a pugni qualcuno e invece stava in
aeroporto,
aspettando l’arrivo dei Tokio Hotel, apparentemente calma.
Sua madre non
era venuta.
Le rimanevano
soltanto le sue raccomandazioni, che si sovrapponevano confusionarie in
testa.
Cerca di
essere sempre gentile con tutti e fa la
brava, mi raccomando fa vedere come si comporta una Hoffmann, non fare
capricci
o cose del genere, Ti prego di non rispondere al solito con le tue
battutine
sarcastiche e comportati educatamente.
Tutto troppo
strano.
Chi avrebbe
dovuto incontrare? La regina Elisabetta?
Sicuramente
tutte quelle premure non erano nei confronti dei quattro ragazzi.
Proprio per
questo, c’era qualcosa sotto.
Ne era certa.
Bill Kaulitz
d’altra parte era realmente convinto di essersi
irrimediabilmente incasinato.
Il suo ho problemi a relazionarmi, si rese
amaramente conto, non era stata una genialata.
Per niente.
Grazie al suo
istinto alla Madre Teresa di Calcutta,
si sarebbe dovuto sorbire, fino a tempo indeterminato, la faccia scura
di suo
fratello, giustamente incazzato
perché non avrebbe potuto uscire la sera e scopare, avrebbe
dovuto convincerlo inoltre,
che era necessario che si sedesse
accanto a Mimi e stesse con lei in presenza di David, perché
si, lei era la sua
Groupie, e ormai non si potevano
tirare indietro.
E alla fine,
ci
sarebbe dovuto stare lui con la ragazza, per dimostrarle che doveva
realmente
sperimentare quel nuovo esperimento del terapista.
Che cazzo di
casino.
Aveva a due
centimetri, li aveva contati, il gomito di Tom.
Tom Kaulitz.
Decise di
ripeterselo fino alla nausea, tanto per non pensare che erano in aereo
e che
lei odiava l’aereo.
“Ehi,
il Sex Gott ha deciso di diventare
monogamo?” dietro erano seduti Georg e Gustav.
Ancora non si
era presentata, ma loro non sembravano poi così tanto
ansiosi di conoscerla.
“Cerca
di non
rompere il cazzo ora” rispose brusco il chitarrista.
“E questo vale per tutti”
come al solito urlò, rivolgendosi ad ogni male intenzionato.
“E’
vero
Georg!” riconobbe Bill, un sedile avanti a loro “Mi
spiace se non ve l’abbiamo
detto, ma è stata una decisione improvvisa, non essere
arrabbiato”
“Ma
che cazzo!
Ho fatto solo una battuta!” il suo volto si
adombrò, accompagnato dal silenzio
pesante che iniziò ad aleggiare su di loro.
La ragazza
appoggiò stanca la testa sul finestrino.
Si era
spettata un clima gioioso, pieno di scherzi e risate.
Infondo erano
solo quattro amici e lei, erroneamente, pensava
di conoscerne il carattere.
Era
così imbarazzante e
frustrante quella totale assenza di rumori!
“Io
sono
Minerva, Mimi per gli amici, piacere!” si voltò
amichevole sfoggiando il suo
miglior sorriso.
“Ciao
Minerva”
biascicò il bassista non volgendole neanche mezzo sguardo.
Bill gli
lanciò una delle sue occhiatacce.
Tom si
limitò
a ghignare.
“Ehi
Mimi” il
batterista salutò incerto “Vedrai che ti troverai
bene con noi” assicurò
gentile.
La bruna si
sentì molto meglio.
In qualche
modo, le sembrava che ognuno avrebbe preferito di gran lunga che lei
non fosse
li.
Tranne Bill
ovvio.
Anche se non
ne era più tanto sicura.
“Grazie
Gustav”
Grazie
mille.
“Niente”
alzò
noncurante le spalle “Non mi sembri una fan
scatenata...questo mi
tranquillizza”
“Ovvio
che non
lo è!” si intromise Georg sempre di umore pessimo
“Ti ricordo che è una
Groupie”
L’amico
lo
ignorò deliberatamente.
“Lascialo
parlare a quest’asociale” si scusò
“Oggi ha le sue cose” scherzò su.
Minerva rise
di gusto, quasi con le lacrime agli occhi.
“Era
da tanto
che nessuno più rideva a questa battuta”
osservò il biondino “E’ vecchia, ma a
quanto pare da ora in poi possiamo rispolverare il nostro
repertorio” sorrise.
Un
altoparlante annunciò che tra poco sarebbero arrivati.
Spagna.
“Una
curiosità:
ora noi inizieremo a spostarci in tour bus, tu che farai?”
chiese interessato.
“Beh,
penso
che vi seguirò in aereo, o almeno, così mi hanno
detto” Bill confermò con lo
sguardo.
“Sbagliato
ragazzina” David.
Cazzo quanto
lo odiava.
Quando ebbe
tutti
gli occhi puntati su se stesso, il manager illuminò tutti.
“Mi
ha da poco
chiamato Peter, dicendomi che lei starà con voi...in tour
bus” svelò nonostante
anche lui fosse perplesso.
Ci fu un
cumulo di occhi sgranati.
“Ma..non
può
essere..io..” cercò di obiettare confusa Mimi.
“Può
essere ragazzina.”
Contraddì “A quanto pare i
nostri ragazzi hanno bisogno di una figura femminile, della loro
età, accanto”
ipotizzò.
“Ok,
però
forse..”
“Non
si
discute sugli ordini del produttore.” Scandì
“Dovresti iniziare ad impararlo
anche tu, ragazzina”
“Dave?”
utilizzò il tono più dolce che trovò
nel suo repertorio. “Ficcatelo su per il
culo il tuo ragazzina”
Ah! Ora si,
che si sentiva meglio.
Decise che non
le importava perché e come fosse entrata nelle grazie di quel
produttore.
Decise che non
le importava come mai sua mamma si
fosse comportata in quel modo.
Aveva quasi
diciassettenne e si voleva comportare da tale, soprattutto in quel
momento che
la fortuna, inspiegabilmente, stava
dalla sua parte.
Niente
più
seghe mentali.
Ora, era in
tour con i Tokio Hotel.
Inizio con il dire che questa è la mia prima fanfiction che riesco a cocludere e, non posso che esserne super emozionata.
E perchè no, anche orgogliosa.
Anche se in dei capitoli avrò deluso le vostre aspettative o il finale avrà deluso le vostre aspettative, io non posso che sentirmi...felice.
Anche perchè voi, 18 o più persone, mi avete accompagnato e seguito fino al The end.
Qualcuno ha parlato di un continuo.
Sta a voi dirmi se volete realmente un sequel.
Volete lasciato tutto all'immaginazione o volete andare il tour con loro?
Il legame di Tom e Mimi si sarà realmente spezzato? Saranno indifferenti lun l'altra?
Lo scopo dei sogni era solo quello di unire per poco tempo i Tokio Hotel e Minerva?
Oppure..
Beh, l'ho detto. Sta a voi.
Fatemi sapere.
Tutte questa volta.
GRAZIE.