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Autore: Nihal    15/11/2009    3 recensioni
L’ultima alba di Konoha. In quel momento, non si premurò più di trattenere le lacrime che ormai scendevano copiose sul suo volto; non avrebbe potuto. Un senso di impotenza la invase completamente facendola tremare. Dovette coprire la bocca con una mano, per soffocare i singhiozzi che, prepotenti, chiedevano di uscire.
[Quinta classificata al 'Flash Contest' indetto da Addison89]
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Hinata Hyuuga
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Il sole era sorto da poco e una timida luce attraversava le tende dell’unica finestra dell’enorme stanza in cui riposava la giovane Hyuga. Quello era il momento del mattino che preferiva, l’ora che separava il giorno dalla notte, la luce dal buio. La differenza era così sottile. La luna era ancora alta in cielo, sebbene ormai il tempo in cui avrebbe dovuto trovarsi lì fosse passato.
Hinata scostò lentamente le coperte dal letto a baldacchino, alzandosi in punta di piedi, per ammirare quello spettacolo che era l’alba. Non trovava pesante il fatto di doversi alzare tutte le mattine, per l’unico motivo che, ultimamente, la notte per lei non era più periodo di ristoro, bensì periodo di veglia prolungata, causata dall’ansia che non riusciva ad eliminare. Si avvicinò al davanzale e, con deliberata lentezza, vi appoggiò i gomiti sopra, per godersi quella manifestazione mattutina.
“Ah...”
Un sospiro uscì dalle sue labbra, alla consapevolezza che quella sarebbe stata l’ultima alba di Konoha che avrebbe ammirato. Da qualche settimana, ormai, era segregata in camera sua con l’ordine tassativo di non uscire.
“Questa volta mi hai davvero deluso.”
Quelle erano state le uniche parole di suo padre che aveva poi lasciato al maggiordomo – o, per meglio dire, il servo – di Villa Hyuga, l’ingrato compito di spiegarle per filo e per segno la punizione che avrebbe meritato per quel suo orribile atto d'insubordinazione.
Per prima cosa, le era stato vietato di mettere piede fuori casa e, in seguito, le era stato riferito che sarebbe stata trasferita nel Paese della Neve, luogo in cui si trovava una casata derivata dagli Hyuga, la cosiddetta ‘casata sporca’ di cui facevano parte coloro che avevano deciso di dividere il resto della loro vita con infimi ninja non appartenenti al loro nobile clan. Si erano trasferiti in quel posto, perché obbligati dai consiglieri del Villaggio della Foglia che, messi sotto pressione da alcune delle persone più influenti del Paese del Fuoco, non avevano potuto opporsi.
“Loro sono la vergogna del nostro clan.” Aveva detto una volta l’uomo che, per motivi biologici, doveva chiamare padre. Ed era la stessa cosa che aveva detto a lei poco dopo, adducendo questo motivo come causa del suo imminente trasferimento.
Da quel momento, aveva iniziato a contare i giorni che la separavano la partenza e ad ogni alba, a malincuore, tracciava una nuova croce sul calendario appeso alla parete, consapevole che il momento si avvicinava e che lei non avrebbe più rivisto le persone a cui tanto teneva.
Una lacrima scese fugace, tracciando il contorno del suo viso e lei la asciugò velocemente. Cercava di non piangere, perché le era stato insegnato che quello non era un comportamento da Hyuga. Con mano tremante, afferrò la penna appoggiata sul davanzale e si avvicinò al calendario, dove spuntò l’ultimo giorno della sua lista.
L’ultima alba di Konoha. In quel momento, non si premurò più di trattenere le lacrime che ormai scendevano copiose sul suo volto; non avrebbe potuto. Un senso di impotenza la invase completamente, facendola sussultare. Dovette coprirsi la bocca per soffocare i singhiozzi che, prepotenti, chiedevano di uscire.
“Naruto...” Pronunciò il suo nome con la voce velata di pianto.
Non gli aveva mai dichiarato il suo amore e non avrebbe potuto più farlo. Non lo avrebbe più rivisto in vita sua. Il suo esilio prevedeva anche quello; anzi, prevedeva soprattutto quello. Allontanarla dalle persone che amava. Hanabi, Naruto, Kiba e anche Shino; non avrebbe neanche potuto salutarli prima della sua partenza. Era stato un altro dei divieti che gli erano stati imposti dopo il suo atto di insubordinazione.
“Signorina Hyuga, potrei entrare?”
La voce del maggiordomo fu accompagnata da un sonoro bussare alla porta, che Hinata non poté ignorare. Si asciugò velocemente le lacrime e si cambiò.
“S-sì.”
Alla risposta seguì un giro di chiave – Hiashi non si fidava di sua figlia e aveva ritenuto opportuno rinchiuderla letteralmente in camera – e l’entrata rispettosa di Heiji, il loro maggiordomo.
“Sono venuta a riferirle che Hyuga-sama vuole vederla in soggiorno tra un’ora, per la sua partenza. Quando sarà pronta mi chiami, io sarò davanti alla porta e gliela aprirò.”
Dopo aver detto ciò che gli era stato ordinato, uscì, chiudendo a chiave la porta, senza nemmeno attendere il timido ‘grazie’ che Hinata biascicò poco dopo.
Persino lui le sembrava ostile.
Aveva compiuto un atto tanto grave? A lei in quel momento era sembrata la cosa più giusta da fare e, se fosse potuta tornare indietro, a discapito delle sofferenze che questa sua azione le aveva portato, lo avrebbe rifatto.
Prese una piccola borsa, dove depositò tutti i suoi effetti personali. Non le era permesso di portare via molte cose, così da non trasferire oggetti di valore in una casata sporca. Quelle erano state le esatte parole di Hiashi, esposte per bocca di Heiji. Così prese soltanto il suo coprifronte, ricordo dei giorni passati insieme ai suoi amici e un kunai rovinato, appartenuto ad Hanabi, per ricordarsi di lei. Oggetti che sarebbero stati definiti spazzatura da suo padre, ma, secondo lei, erano le cose più importanti che avesse. Poi, rassegnata, dopo un’ultima occhiata alla stanza che non aveva mai considerato sua, bisbigliò un ‘s-sono pronta!’ all’indirizzo del maggiordomo che la attendeva paziente.

Poco dopo si trovava di fronte suo padre e sua sorella, ormai l’effettiva erede del clan Hyuga, che la fissavano. Il primo con disprezzo, la seconda con un infinita tristezza.
“Hinata, perché lo hai fatto?” mormorò sua sorella, scura in volto. Non riusciva ancora a capacitarsi del fatto che, a causa sua, Hinata fosse stata cacciata dal clan.
“Taci, Hanabi.”
Hiashi, come sempre, non permetteva certi tipi di sentimentalismi, soprattutto se rivolti alla ragazza che si trovava di fronte. Colei che portava il suo nobile cognome immeritatamente.
Aveva cercato di renderla migliore, un po’ più adatta al ruolo di primogenita della casata principale, ma la sua debolezza era sempre riuscita ad avere la meglio, facendola risultare una vergogna non solo per lui, ma per l’intero clan.
Poi aveva anche deciso di ribellarsi. L’aveva messo in ridicolo davanti a tutti i membri anziani della famiglia Hyuga, bloccando l’ormai centenario rituale di marcare i membri della casata cadetta, rendendoli fedeli alla principale.
“V-voi non potete farlo.”
Erano state quelle le sue parole, mentre tentava di allontanarlo da Hanabi che, da brava Hyuga, aveva accettato il suo destino senza fiatare. Quando le aveva intimato di togliersi di mezzo, lei, dopo qualche tentennamento, aveva dichiarato la sua volontà di non essere più considerata un membro della loro famiglia, così da concedere alla sorella l’eredità.
Quel suo atto, aveva in poco tempo fatto il giro del villaggio, mettendolo in una posizione, sociale e politica, di inferiorità. Chi mai avrebbe dato ascolto ad una persona che non riusciva neanche a risolvere le sue questioni famigliari? Il loro onore era stato infangato e lui aveva dovuto fare la cosa più giusta per tutti: coprire quella faccenda, mandando Hinata in un posto molto lontano. Il Paese della Neve era il luogo più adatto. Presto tutti si sarebbero dimenticati dell’esistenza di Hinata Hyuga e lui avrebbe riottenuto tutto il suo prestigio. Nessuno avrebbe potuto biasimarlo.
“Aiko ti sta aspettando fuori.” In quel nome, Hiashi concentrò tutto il suo disprezzo.
Un’esponente della casata sporca era stata mandata a Konoha per incontrare Hinata ed accompagnarla nel suo viaggio. Loro si erano dimostrati disponibili ad accoglierla e si erano attivati in modo che non avesse dovuto compiere il viaggio in solitudine. Aiko non era stata invitata ad entrare per il semplice motivo che, a causa della sua discendenza non pura, era giudicata indegna di mettere piede nella loro antica dimora.
“Addio.” Quella parola, detta con freddezza, fece male ad Hinata. Hiashi non sembrava dispiaciuto; piuttosto, invece, era soddisfatto. Si era liberato del suo più grande problema.
“A-addio.” Mormorò lei, cercando di trattenere le lacrime.
Si avviò verso la porta, nel tentativo di non girarsi a guardare sua sorella. L’aveva fatto per lei, non poteva cedere proprio in quel momento.
“Hanabi, cosa fai? Torna qui.” Il rimprovero di Hiashi la fece voltare e si trovò di fronte Hanabi, che la scrutava con il suo sguardo serio. Ignorando il richiamo di suo padre, non tornò indietro, bensì mormorò qualcosa all’orecchio di Hinata.
“Grazie.”
Hinata sorrise e lasciò il palazzo.
Forse avrebbe sofferto, all’inizio, ma ne sarebbe valsa la pena.
L'aveva fatto per sua sorella.


Ecco, non chiedetemi come mi sia venuta fuori. Avevo già iniziato una raccolta con questo titolo, però, poi, mi sono resa conto che la storia che avevo scritto non mi ispirava molto, quindi l’ho cancellata (tra l’altro, ringrazio Cleo92 per averla recensita e Lilla95 che l’aveva masse tra i preferiti). Credevo di fare una raccolta, invece ho deciso che sarà una oneshot a sé stante. Sì, sono una persona molto decisa._.
Beh, che altro dire... spero che vi piaccia!^^
Ja ne,

Nihal
  
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