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Autore: Bardunfula    15/11/2009    0 recensioni
Devo parte dell’ispirazione per questa fanfiction a ‘The Portrait of the Unknown One’, una fanfiction che l’utente Lemondropseverus ha pubblicato sul sito www.fanfiction.net .
Il resto è opera mia.
La fiction è ambientata nell'Inghilterra di Enrico VII, ma non segue necessariamente il corso 'veritiero' degli avvenimenti storici che tutti noi conosciamo.
Caterina d'Aragona ed Enrico Tudor sono sposati da cinque anni. Hanno già una primogenita, Maria, e sono in attesa del loro secondogenito.
Sarà, finalmente, un maschio?
I personaggi della fic, alcuni sono realmente esistiti, altri no.
Buona lettura, e commentate :)
Genere: Generale, Storico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Tudor/Inghilterra
Capitoli:
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A Queen's Daughter - Liaison Dangereuses...

Windsor Castle, Estate 1529 – Liaisons dangereuses.....

 

“Ottimo Vostra Altezza.” Nicholas Hilliard sorrise alla sua pupilla e poi le presentò un foglio.
“Sì!! Ci siete riuscito!!” Esclamò con estrema gioia la principessa leggendo ciò che vi era scritto sopra e le prime note del pezzo. “Siete un eroe!!”
L’anziano maestro di musica arrossì leggermente e poi scosse la testa. Da quando aveva cominciato le lezioni a Isabel, la Principessa si era mostrata interessata e motivata; sempre puntuale, non rifiutava mai consigli, suggerimenti e correzioni ed era infaticabile. Inoltre aveva un enorme talento per la musica. In realtà Mastro Hilliard la apprezzava anche come persona. Era disciplinata, attenta e volenterosa, doti indispensabili per un alunno; tuttavia sapeva anche prendere alcune cose con leggerezza e spensieratezza, il che era giusto per la sua età e per il suo spirito giovane.
“Vi rendete conto che dovete impararla in poco meno di due settimane, vero?” La provocò lui, chiamando in causa il suo orgoglio. “Senza contare in che occasione.”
“Non vi farò sfigurare, Mastro Hilliard, ve lo prometto!” Rispose lei, fissandolo, ed i suoi occhi fiammeggiarono.
“Bene, Euterpe, cominciamo dunque!” La incoraggiò . “Dovete imparare una montagna di roba e poi dobbiamo aggiungere gli altri..”

 

Mamà!!”
Caterina abbracciò Maria, baciandole la tempia e tenendola stretta a sé. Era da sei mesi che non la vedeva e in quel periodo le era mancata da morire.
“Tesoro. Come stai?” Chiese la Regina, prendendola per mano e facendo sedere entrambe su un piccolo divanetto a due posti.
“Bene, mamà, grazie.” Rispose la Principessa. “E voi? Quella sgualdrina e la sua famiglia vi danno ancora problemi?”
Caterina sospirò, e valse più di mille risposte.
“So che ha avvicinato Isabel.” Proseguì Maria. “La piccola ha usato il buon senso oppure sciocca come è si è fatta abbindolare pensando che sarebbe stato bello avere una nuova amica?” Caterina la guardò severa.
“Maria!” La apostrofò. “Perché pensi che tua sorella sia una sciocca?”
“Perché lo è, mamà.” Rispose la principessa, come se stesse rispondendo alla domanda di un bambino un po’ petulante. “Solo una sciocca scappa dal luogo della sua istruzione a meno di un anno dal ritorno a casa.” Sentenziò Maria, con la certezza granitica di chi, pur non conoscendo i fatti, si sente pronto ad esprimere la propria opinione.
“Maria, le cose a volte sono diverse da come appaiono, sai? Non giudicare tua sorella e le sue azioni senza prima conoscere i fatti. Rischi di dire sciocchezze e di perdere di vista molte cose che invece contano..” Ribatté dolcemente, ma con decisione Caterina. Maria alzò le spalle.
“Con Isabel non mi metto questi problemi e questi scrupoli, mamà..” Disse con un cinismo che la madre faticava a capire ed a vederle addosso.
“Fai male, hija.” Ribatté Caterina, alzandosi dalla poltrona e chiudendo la questione, anche perché cominciava a sentire un certo fastidio nel continuare a portarla avanti. “Tu non sai, Maria.”
“Io invece non vorrei che foste voi quella che non sa, madre..” La servì la figlia, lasciando intendere qualcosa di nascosto.

 

“Sì, lo so! Sono in ritardo, Vostra Grazia!”
Sir Anthony guardò la sua allieva arrivare trafelata alla lezione e rise di gusto. Si girò verso la cavalla di lei e le disse qualcosa. L’animale alzò il capo e nitrì sonoramente.
“Non ditemi che le state parlando male di me!” Si immusonì Isabel, mettendo su un improvviso e grazioso broncio.
“La vostra Estrellita vi adora. Non riuscirei a farle cambiare idea nemmeno se volessi!” Rispose divertito il nobiluomo. La Principessa lo guardò e subito ritrovò il sorriso.
“Oggi dovete insegnarmelo, sir Knivert!” Attaccò lei, come per ricordargli una promessa. Lui la guardò e fece una leggera smorfia. “Avete promesso!! Ora non vi vorrete rimangiare tutto!!” Rincarò.

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“Scendono ora in campo, per il grande Torneo dell’Incoronazione, Sir James Norringhton, signore di Norwich e…” La voce dello ‘speaker’ si interrupe e l’uomo si guardò alla sua destra ed alla sua sinistra alla ricerca disperata di qualcuno che gli dicesse il nome del secondo cavaliere. “Scendono in campo Sir James Norringhton e … ehm.. il cavaliere senza nome..” Si risolse a dire alla fine. Sir Norringhton, un uomo ormai più verso i cinquanta che i quaranta alzò la visiera ed appena vide il proprio avversario rise di gusto, e in modo sguaiato. Il suo avversario, ben più magro di lui e apparentemente senza troppe speranze data l’esperienza del nobiluomo in tornei e giostre, indossava un’armatura lucentissima e cavalcava uno splendido Shire grigio a macchie bianche. La gualdrappa dell’animale era bianca e nera, così come lo stemma che nel tabellone identificava il cavaliere, e aveva sopra un enorme giogo rosso, ripreso anche nel tabellone, pur in forma fortemente stilizzata.
Al vedere stemma e gualdrappa, tutti gli occhi del pubblico, fra cui quelli non poco stupiti di Enrico, si posarono sulla Regina, che guardò stupefatta il cavaliere ed i suoi stemmi.
“Avete un ammiratore, a quanto pare, mia signora..” Le disse Enrico, scherzando ma non troppo. L’idea che Caterina, così devota e pia, all’improvviso potesse avere un devoto cavalier servente da una parte lo faceva sorridere, dall’altra decisamente no. Chi osava guardare la sua Regina? Chi era così impudente da usare in un torneo uno stemma con i colori del Regno di Castiglia ed il simbolo della madre di Caterina? Era evidente infatti che quel richiamo altro non volesse essere che un implicito omaggio alla Regina. E un omaggio così evidente a lei, era una chiarissima sfida a lui. Seduto sul suo scranno, Enrico contrasse nervosamente la mascella, mentre i due cavalieri, ai lati opposti della lizza, finivano di prepararsi. Il Sovrano alzò una mano, poi si alzò in piedi e salutò con troppa enfasi sir Norringhton. Il messaggio era chiarissimo. Il cavaliere senza nome non solo aveva destato l’attenzione dei presenti al torneo estivo e della Regina, ma anche quella del Re, e in quell’ultimo caso non era affatto un buon segno.
La Regina, più confusa che lusingata da quella novità e da quell’ammiratore, non reagì al gesto del Sovrano, salutando a sua volta lo sfidante di sir Norringhton, ma rimase seduta in trepida attesa. Se quest’ultimo avesse battuto il proprio avversario almeno si sarebbe capito chi egli fosse. Mentre era assorta in questi pensieri, la tromba diede il via alla sfida. John, il valletto, abbassò lo stendardo e i due cavalieri partirono l’uno contro l’altro. Primo a partire fu sir James, dopo aver spronato il cavallo ed aver lanciato un grido altissimo, come suo solito. Il suo avversario invece, più composto e silenzioso, soppesò la lancia, come se se la stesse aggiustando e poi partì anche lui.
Arrivati più o meno a metà percorso, il ‘Cavaliere del Giogo’, come già venne ribattezzato sulle tribune, compì un leggero scarto sulla propria destra, mandando miseramente a monte l’attacco avversario, poi, in modo straordinariamente veloce, contando anche sulla sorpresa di lui per il proprio colpo andato a vuoto, con un colpo secco gli diresse contro la propria lancia, colpendolo sullo scudo e facendolo finire senza pietà a terra, dopo avergli fatto perdere l’equilibrio sulla sella.
Il tonfo con cui l’ormai anziano nobiluomo cadde fu secco e deciso, nonostante un volo del tutto normale. Le sue grida di dolore risultarono perciò esagerate, anche tenuto conto della veneranda età, e ben presto risultarono quasi ridicole. Il vincitore, terminato il proprio percorso fino alla fine, si girò verso di lui e, smontato da cavallo, gli si fece incontro per prestargli cavallerescamente soccorso. Questo gesto venne applaudito dalla folla e suscitò l’entusiasmo generale. Sentimento che ben presto si trasformò in ululati di enorme disapprovazione e fischi assordanti quando sir James, evidentemente non molto portato alla sportività, rifilò un energico spintone al vincitore, rifiutando quindi la mano che gli veniva porta.  
Senza scomporsi il vincitore girò sui tacchi e si diresse deciso verso la tribuna degli spettatori. Tutti puntarono gli occhi sulla coppia reale. Enrico, dopo la sconfitta del suo ‘favorito’, non appariva più così contento e spavaldo e quando il cavaliere arrivò di fronte a lui e lo salutò in segno di rispetto, il gesto apparve ancor più beffardo e ironico di quanto quest’ultimo non avesse voluto. Il Sovrano non riuscì a fare buon viso a cattivo gioco e rispose con un’espressione torva e per niente serena. Poi il vincitore si spostò leggermente alla propria sinistra per omaggiare la Sovrana, e qui la cosa si fece strana. Il cavaliere si avvicinò alla tribuna, fino allo scranno di Caterina e si chinò di fronte a lei, in modo più plateale di quanto fece con Enrico. La Regina si avvicinò al cavaliere porgendogli la mano perché la baciasse, ma egli non tolse l’elmo, né sollevò la visiera. Prese la mano della Sovrana e vi posò la fronte, quasi le stesse chiedendo la benedizione.
A quel gesto Enrico, che credeva il cavaliere un emissario di Carlo V o uno dei tanti amici e sostenitori della sola Caterina, se ne andò furente. La Regina, che ben conosceva il marito e sapeva che la sua ira poteva essere molto pericolosa, si chinò sul cavaliere.
“Non è stato molto prudente per voi presentarvi. Chiunque voi siate, desistete e pensate a voi. Indignatio principis mors est.” Raccomandò con la sua consueta premura, sentendosi stranamente preoccupata per quello sconosciuto. Il cavaliere non rispose nulla, ma alzò gli occhi ed incontrò per qualche istante quelli blu della sovrana, poi lasciò con delicatezza la mano della Regina e camminando, leggermente chinato, all’indietro in segno di ulteriore rispetto, raggiunse fine del campo e poi andò via, mentre sulle tribune si scatenò un delirio di commenti, gomitate e occhiate interessate a quanto era appena avvenuto. Sentendosi oltremodo sotto esame, Caterina se ne andò abbastanza in fretta, seguita dalle sue dame e da Maria.

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Enrico e Caterina avevano preso posto assieme nella enorme sala del trono. Alla sinistra dell’uno sedeva Maria, alla destra dell’altra Isabel. Quella sera ci sarebbe stato il culmine della settimana di festeggiamenti per il ventennale dell’Incoronazione dei due sovrani. L’evento avrebbe compreso un masque celebrativo dell’amore dei due sovrani, due poemi in loro onore e varie danze e musiche per allietare la serata.
Certo, i due sovrani erano in crisi negli ultimi tempi per via della presenza della famiglia Bolena a corte. Padre e figlio erano consiglieri del Re, da lui ascoltati e tenuti in grande considerazione, soprattutto il padre. La figlia minore era al momento l’amante prediletta di Enrico. Quando il Sovrano la vedeva a corte, in compagnia o meno della Regina, non mancava di farle una battuta, di cercarla con lo sguardo o di essere gentile con lei. Caterina come suo solito aveva fatto buon viso a cattivo gioco e tollerava il meglio possibile, ma questi festeggiamenti non le davano la stessa gioia che i suoi sudditi pensavano avrebbe avuto. La Sovrana inoltre, mentre con Maria si era confidata ed aveva parlato un po’ della situazione, almeno per sommi capi e sempre cercando di non dipingere la situazione più nera di quanto non fosse in realtà, con Isabel non aveva fatto mai parola di quanto stava avvenendo, più per proteggerla che per altro. Ignorava che la figlia minore invece sapeva tutto, e ci era arrivata da diversi mesi. Vedeva solo il comportamento leale e onesto di lei che, nonostante i continui e reiterati tentativi di Anna di portarla dalla propria parte, teneva duro e rispediva puntualmente al mittente ogni regalo, messaggio o modo per fare di lei un’alleata. Proprio in quel momento Caterina si girò verso la Principessa che le sedeva accanto, mentre cominciava il poema dedicato a lei, ‘la Regina, figlia di Spagna, e splendor dell’Inghilterra’. Anche Isabel si girò a sua volta verso di lei, e le sorrise teneramente. Poi, con un gesto spontaneo e fuori programma, allungò una mano verso quelle che la madre teneva intrecciate in grembo, insinuando la propria fra quelle di lei. La Regina accolse la mano della figlia e la strinse. Alzando lo sguardo, Caterina vide Anna Bolena stringere gli occhi per guardare meglio cosa facesse Isabel e poi diventare ancora più rossa sulle guance. Era evidente che il gesto della figlia non era passato inosservato, e che agli occhi di quella sgualdrina assumesse un significato ben preciso.
Istintivamente, la Regina strinse ancora di più la mano di Isabel e ne accarezzò il dorso con il pollice. Una volta di più, mentre il poema descriveva ‘la dolcezza e la nobiltà d’animo della Regina, la salda torre nata in Castiglia e fiorita in Inghilterra’, Caterina si commosse al pensiero che in un modo o nell’altro la sua creatura più amata non solo le confermava la sua fedeltà ed il suo amore, ma con i suoi gesti spontanei rafforzava agli occhi della Corte la sua posizione e la sua importanza.

 
Dopo il masque celebrativo, cui parteciparono anche Isabel e Maria, oltre che sir Knivert e sir Brandon, in silenzio sei ballerini si disposero a coppie nella sala. Appena Caterina vide i loro abiti di seta colorata, alla spagnola, il suo cuore si riempì di gioia e di nostalgia. Il silenzio fu interrotto da un suono ritmico di sonagli. La Regina sentì gli occhi pizzicarle immediatamente: quella era una Folia, una delle musiche della sua infanzia e della sua primissima giovinezza; subito dopo una viella presentò il tema musicale ed i primi due ballerini si mossero a tempo, poi entrò un’arpa che coinvolse una seconda coppia, infine una viola da gamba soprano che trascinò con sé gli ultimi due danzatori rimasti. La danza, com’era sua caratteristica, si fece ora lenta e posata, ora più veloce e trascinante e tutti e tre gli strumenti principali salirono di volta in volta alla ribalta, presentando le loro variazioni sul tema, a seconda dell’ispirazione e della creatività degli esecutori. Erano soprattutto viella e viola da gamba a sfidarsi per una sorta di supremazia musicale, intervallata ogni tanto da un inserimento arpistico. Una specie di triangolo che per certi versi poteva essere applicato ai tre personaggi principali della Corte.
La Regina nel frattempo, con gli occhi chiusi, si gustava la bellezza del brano. Ad un certo punto sentì una mano posarsi sulla propria. Per un attimo pensò fosse Isabel, così aprì gli occhi e guardò subito alla propria destra. Lo scranno però risultò vuoto e lei un istante dopo si rese conto che la mano che aveva sentito era quella di Enrico, che le sorrideva, felice di vederla così contenta per quella sorpresa.
Le ultime note solitarie dell’arpa, con il tempo sempre scandito dai sonagli, volteggiarono nell’immensa sala e poi alla fine questi ultimi chiusero il pezzo. Gli applausi della corte e dei due sovrani scrosciarono immediati per i ballerini, che a differenza degli esecutori non erano nascosti. I danzatori, stanchi per la performance, si inchinarono ai sovrani e poi si aprirono a tenda sui cinque esecutori, che uscirono allo scoperto. Grande fu la sorpresa di tutti nel vedere Isabel reggere la viola da gamba. La piccola della corte sembrava in quella serata aver trovato un suo modo grazioso e conveniente per emergere e omaggiare gli augusti genitori.

 
“Perché non mi hai detto nulla?”
Isabel ripose la viola nella custodia e poi si alzò andando di fronte alla madre, ancora felice ed emozionata per la meravigliosa sorpresa.
“Dovreste guardarvi, mamà.” Mormorò la Principessa, sorridente. “Stasera siete un ritratto di pura gioia..”
Caterina corrugò leggermente le sopracciglia.
“Stasera?” Chiese. Isabel la fissò e poi le accarezzò il viso, il gesto che era solita fare da bambina.
Mamà, io vi vedo..” Rispose soltanto, facendole capire che sapeva tutto, anche se non le aveva mai detto nulla, né aveva mai chiesto.

L’abbraccio stretto che regalò a quella figlia così attenta e discreta, fu l’unica risposta che Caterina riuscì a dare, prima che la commozione avesse il sopravvento su di lei.

  
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