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Autore: Xecestel    15/11/2009    1 recensioni
Cross-over tra Prince of Persia e Assassin's Creed. Altair si trova costretto ad andare a Babilonia per prendere un Frutto dell'Eden.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
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Blocco di memoria finale

 

Altair camminava lentamente per le strade di Babilonia, con un sacco in spalla, dentro il quale aveva messo il Frutto dell’Eden. Le sue intenzioni iniziali erano di tornare a Masyaf, ma qualcosa di profondo gliel’aveva impedito. Si era sentito in dovere di aiutare il Principe nella battaglia, ma era già stato seminato. Per questo ora si trovava lì, nelle strade della capitale dell’Impero Persiano, a cercare indizi sul nascondiglio di Shahraman.

“Perché?” si chiedeva “Perché lo sto facendo? Di solito non lo farei per nessun altro. Nessun uomo si merita che io lo cerchi per aiutarlo e rinuncia a tornare a casa con il bottino. Eppure sta accadendo… Possibile? Possibile che quest’avventura, nata a causa di un nemico comune tra me e il Principe, abbia fatto nascere un’amicizia? Ne abbiamo passate tante insieme. Forse ormai è davvero un mio amico… Però… Non ho mai provato veramente amicizia verso qualcuno. E’ una sensazione… strana…”.

Questo pensava, mentre si guardava intorno alla ricerca di qualche aiuto. Poi sentì due uomini parlare tra di loro e si sedette su una panchina per mimetizzarsi e ascoltare. Il primo uomo era una guardia, il secondo una donna.

«No» disse la guardia «Non si può entrare a fare i turisti nella Caverna del pipistrello giallo. L’imperatore l’ha recentemente vietato». «Ok, ma perché? Perché vietarlo?» chiese la donna. La guardia era perplessa e rimase tale per un po’, poi disse: «Ehm… A noi guardie non è acconsentito chiedere o dubitare delle parole dell’imperatore. Quindi non lo so, so solo che è vietato l’accesso ai civili e le guardie». La donna allora si rassegnò e si congedò dalla guardia, che tornò a pattugliare la zona. “Questa ‘Caverna del pipistrello giallo’ dev’essere il nascondiglio dell’imperatore. Ma chissà dove si trova…” pensò Altair. Poi si alzò e s’incamminò alla ricerca di altri indizi.

Dopo un po’ vide un uomo, circondato da guardie, che parlava, decantando l’opera di Shahraman e decise di ascoltare.

«Ascoltate, cittadini! So che il nostro imperatore non si mostra al pubblico da molto tempo, ormai, ma la colpa di questo è del visir, non sua! Aveva tradito l’Impero! Ma adesso è morto e non dobbiamo odiare l’imperatore, perché è stato lui ad ucciderlo e a porre fine alla guerra! So che l’ha anche fatta scoppiare, ma pensate per un secondo alle sue mirabolanti opere! I giardini pensili, unici in tutto il mondo; il palazzo reale, altissimo e possente; la leggendaria Torre di Babele, destinata a durare in eterno! Rifletteteci per un attimo! Ha anche fatto delle leggi per i poveri, che ora sono solo un ricordo, perché ricchi! E anche il divieto di accesso alla Caverna del pipistrello giallo, per il quale molti di voi sono arrabbiati, dato che era un’importante meta turistica, ha sicuramente un altro fine, volto alla nostra felicità! Forse dentro quella gocciolante e umida caverna ci sono dei mostri mangia - uomini!». Poi smise di parlare e iniziò ad incamminarsi per prendere fiato e riposare, ma fu fermato da Altair che gli parò la strada. «Cosa vuoi, monaco?» gli chiese l’uomo, ma l’Assassino non rispose e gli diede un pugno in faccia. Così partì uno scontro, in cui Altair ebbe evidentemente la meglio fin dal primo istante. Quando l’uomo non ebbe più energie si fermò e chiese pietà: «Basta! Basta per favore! Cosa vuoi da me?». Altair gli si avvicinò e rispose: «Ho sentito che conosci bene Shahraman e la Caverna del pipistrello giallo». L’uomo strabuzzò gli occhi dalla paura e cercò di giustificarsi: «No! Mi… Mi pagano per dire questo… Io… Io non penso realmente quello che dico!». Altair allora disse pacatamente: «Allora non avrai problemi a darmi qualche informazione circa la caverna e il suo uso». L’uomo si rassicurò un po’ e rispose: «Be’… Non ne so molto, ma posso dirti con certezza che dentro non vi sono mostri. C’è solo l’imperatore che lo usa quasi come rifugio. Si trova vicino alla spiaggia ed è leggermente sotto il livello dell’acqua. L’entrata però è protetta dalle guardie e non può entrare nessuno, ma credo ci sia un passaggio segreto, nel palazzo». Altair rifletté su quanto appreso, poi chiese: «Tutto qui?». «Sì, tutto qui» fu la risposta «Cos’altro vuoi da me?». Altair allora disse in fretta e sottovoce: «La tua vita» e lo trafisse con la lama nascosta. Sfortunatamente le guardie lo videro e iniziarono ad inseguirlo, così lui dovette fuggire. Si destreggiò tra la folla e per le piccole vie della città, fin quando non arrivò ad un vicolo cieco. «Si sta infilando in un vicolo cieco, non ha scampo!» urlò una delle guardie. Ma per Altair non esistevano vicoli ciechi, infatti riuscì a correre sul muro, aggrapparsi su una finestra e scalare il muro fino al tetto. Le guardie non sapevano come seguirlo e restarono lì a guardarlo stupiti.

L’Assassino scese dalla parte opposta del tetto e qui vide due persone che stavano incontrandosi con fare circospetto e decise di origliarlo.

Uno dei due uomini disse: «L’hai recuperata?». «Sì» rispose l’altro «Finalmente sì». «Già: sottolineo il tuo “finalmente”, amico mio. Maledetta burocrazia» replicò il primo. «Già» disse il secondo «Ora non mi resta che consegnarla. E’ molto importante questa lettera: contiene una mappa in cui è segnata la locazione del passaggio segreto per raggiungere la Caverna del pipistrello giallo! L’imperatore deve vederla per bruciarla e sistemare così le cose!». L’amico, visibilmente adirato, fece cenno di stare zitto: «Shhh! Non urlarlo ai quattro venti! Non si sa mai!». Il secondo allora si tappò la bocca un attimo, poi rispose: «Ops, è vero, scusa! Spero solo che non mi abbiano sentito! In ogni caso per il futuro starò più attento». Poi guardò l’orologio e concluse: «Meglio che vada, prima faccio la consegna, meglio è». L’amico annuì e lo salutò, poi se ne andò. L’altro rispose al saluto e s’incamminò verso la spiaggia, seguito da un furtivo Altair.

L’Assassino camminava di nascosto dietro di lui, con la mano tesa per raggiungere la tasca dell’uomo. Quando ci riuscì, estrasse la lettera e la nascose, poi si voltò e se ne andò, mentre l’uomo si accorgeva della mancanza del messaggio e si guardava intorno imprecando.

Altair si nascose in un vicolo buio e nascosto, dove poté fare il punto della situazione.

Nella spiaggia si trovava una caverna chiamata ‘Caverna del pipistrello giallo’, importante meta turistica recentemente chiusa al pubblico. Essa era protetta dalle guardie, perché nascondiglio dell’imperatore, che la raggiungeva da un passaggio segreto, di cui Altair ora possedeva la mappa. Tutto per il meglio, quindi.

L’Assassino si alzò e s’incamminò verso il palazzo reale. Quando lo raggiunse notò di come era ormai ridotto, con cadaveri tutto intorno e con varie parti distrutte. Entrò nell’atrio del piano terra e da lì nelle segrete. Con la mappa raggiunse la cella dell’imperatore e si avvicinò a una parete.

“Quindi Shahraman non era realmente imprigionato! Volendo sarebbe potuto fuggire tranquillamente, forse in caso di crollo del palazzo. Ora però nel punto in cui nella mappa è segnata la porta per il passaggio segreto si trova un muro. Che l’abbiano chiuso?” pensò Altair.

Poi vide una candela, la sollevò e come lo fece la parete davanti a lui si alzò, rivelando un lungo corridoio. “Bingo” pensò l’Assassino.

Altair percorse il corridoio umido con la candela in mano, sperando che non si spegnesse a causa dell’umidità. Camminò a lungo per questi corridoio, notando come per terra c’erano frecce e macchie di sangue. Probabilmente l’imperatore aveva tentato di allontanare o uccidere il Principe col suo arco, durante la fuga. Ad un certo punto si trovò davanti un muro, sopra il quale si trovava una porta dalla quale proveniva una forte luce: era arrivato alla fine. Corse sul muro e si aggrappò su, poi osservò e ascoltò di nascosto.

«Caro figlio mio, ormai il momento è arrivato: finalmente sono riuscito a predisporre tutto. Non avresti dovuto uccidere il mostro di sabbia dal quale volevo prendere l’ultima parte che mi serviva! Ora sono costretto a ferirti, infettarti con le sabbie e assorbirti. Mi dispiace» diceva Shahraman.

Il Principe era disteso su un letto, svenuto e legato. L’imperatore era invece in piedi accanto a lui, con un pugnale in mano, pronto a colpire.

Quando si accinse a colpire, un urlo riecheggiò nella caverna: «No!».

Era Altair che era salito su e stava correndo contro l’imperatore, con la spada sguainata. Raggiunto il nemico lo colpì facendogli cadere il pugnale dalle mani e lo buttò per terra.

Shahraman era stupito da ciò che stava accadendo, probabilmente perché non rientrava nei suoi piani. Non sapendo cosa fare urlò: «Adesso basta!». Poi prese il Pugnale del Tempo e se lo conficcò nel petto. Una luce abbagliante investì le pareti della grotta, mentre le Sabbie entravano nel corpo dell’imperatore, trasformandolo in una creatura di sabbia, enorme e potente.

Al mostro spuntarono delle ali, che usò per uscire in fretta dalla caverna e fuggire, lasciando però il Pugnale del Tempo lì. «Ahahahahah! Adesso nessuno potrà fermarmi! Sono un dio! Sono immortale!».

Altair raccolse il Pugnale e corse fuori a vedere la scena. Shahraman volava alto sul mare, davanti allo sguardo di migliaia di persone attonite. Di colpo il cielo divenne color sabbia e dal corpo del dio uscirono le Sabbie del Tempo che andarono a cospargersi sul corpo dei cittadini. Uno ad uno tutti stavano diventando di sabbia e anche nella caverna aleggiavano le Sabbie.

Solo Altair restava umano, grazie al Pugnale del Tempo nelle sue mani. Voleva correre e combattere, ma sfortunatamente non sapeva nuotare. Era impotente di fronte a tale spettacolo, peggiore anche di quello visto dalla finestra del palazzo.

Non sapendo cosa fare decise di restare nascosto alla vista dei mostri di sabbia, ma anche il Principe stava per essere infettato e questo lo portò a cambiare idea: doveva sbrigarsi.

Così corse verso il mare e nuotò con alcune difficoltà verso il suo nemico, che lo notò e ordino ai suoi uomini di attaccarlo. I mostri cercavano di raggiungerlo, ma l’acqua li scioglieva e dopo i primi morti decisero di fermarsi. «Cosa fate, idioti? Sbrigatevi! Ha il Pugnale del Tempo, unica arma capace di uccidermi!» urlò Shahraman in preda al panico. Quando, però, si accorse che i mostri non eseguivano gli ordini disse: «Oh, al diavolo! Se volo abbastanza alto da non farmi raggiungere non può uccidermi» e si alzò in volo.

Altair lo guardava dal basso, di nuovo impotente. “Accidenti” pensò “Cosa posso fare per raggiungerlo?”.

Poi si guardò intorno in cerca di una soluzione, fin quando non vide l’arco del nemico dentro la caverna, così tornò indietro a prenderlo. Il Principe era ormai un mostro di sabbia, ma il terreno bagnato lo costringeva a restare bloccato nel letto. «Finisco questa faccenda e torno» disse l’Assassino. Poi prese l’arco, la faretra e uscì fuori.

Puntò l’arco in direzione del nemico e scoccò una freccia, che lo colpì in un ala, costringendolo a scendere di quota. Un’altra freccia volò nella direzione del dio di sabbia, che dovette scendere ulteriormente. A quel punto Altair si accorse che il nemico era abbastanza basso, gettò a terra le armi e nuotò fino a lui. Quando lo ebbe raggiunto cercò di pugnalarlo, ma Shahraman schivò il colpo.

A quel punto l’Assassino saltò, fece uscire la lama nascosta e la conficcò sulla gola nemica. Questo non uccise il dio, ma lo fece cadere un acqua. «No!» urlò il mostro «Non può essere!». L’acqua iniziò a dissolvere la sabbia, distruggendo le ali e facendo prendere al corpo sembianze più umane, ma non riusciva ad ucciderlo. «E adesso il colpo di grazia» disse piano Altair. Prese il Pugnale, lo alzò e lo piantò con forza nel petto del dio di sabbia, che iniziò a urlare e dimenarsi inutilmente. Alla fine, quando si fu dissolto, le Sabbie del Tempo tornarono tutte dentro il Pugnale e i mostri sopravvissuti tornarono umani.

Altair raggiunse la riva e qui fu accolto dagli applausi della folla dei cittadini babilonesi. Era un eroe e questo fu per lui una sensazione nuova: di solito combatteva nascosto. D’un tratto la sua mente tornò al Principe e l’Assassino corse dentro la caverna, ma non lo trovò. «Oh, no!» esclamò «Che alla fine si sia buttato in acqua e sia morto?». A quel punto una mano gli toccò la spalla, facendolo voltare. «Ottimo lavoro, Altair» disse il Principe da dietro l’altro «Hai vinto». Altair si lasciò scappare delle lacrime di gioia e abbraccio il Principe. «Grazie» disse. Il Principe, stupito da tale gesto, restò interdetto per un istante, poi rispose: «Sapevo che non mi avresti abbandonato, amico mio».

Adesso fu Altair a restare interdetto per un po’. «Certo che no,» disse poi «amico mio». Poi lasciò l’abbraccio, gli diede il Pugnale del Tempo e i due s’incamminarono verso le porte della città.

Raggiunte queste ultime Altair si voltò verso il suo nuovo amico. «Bene» disse «Pare che questo è un addio». «No,» rispose il Principe «non lo è. Le nostre città sono vicine in fondo, potremo vederci in futuro».

Come la frase finì, tutto l’ambiente circostante fu inondato di una forte e accecante luce bianca e una barriera azzurra cinse Babilonia. «Cosa succede?» urlò il Principe.

La città iniziò a dissolversi, lentamente, mentre Altair cominciava a comprendere. «Non so a cosa sia stato dovuto» disse «Ma sono sicuro che la tua città non avrebbe dovuto trovarsi qui in Terra Santa. Ora sta solo tornando indietro, nell’Impero Persiano. Io credo proprio che sia un addio, amico mio». Il Principe abbassò lo sguardo: anche lui aveva capito. «Bene» disse poi «Allora addio, Altaïr Ibn-La’Ahad, Assassino di Masyaf. Stammi bene e non scordarti di me». Altair sorrise, annuì e rispose: «Addio, Principe di Persia, non ti scorderò, ma tu fa’ lo stesso». L’amico annuì. «Prendi questo, come regalo di addio» disse Altair, prendendo il Frutto dell’Eden dal sacco che aveva ancora con sé e lanciandolo al Principe che lo afferrò. Quest’ultimo volle rispondere, sapendo quanto era importante quel manufatto per l’Assassino, ma non ne ebbe il tempo. Una luce intensa investì velocemente Babilonia, del quale in pochi istanti non restò che il ricordo.

Il Principe e l’Assassino si divisero.

 

 

Desmond si svegliò sull’Animus. Erano stati i Templari a svegliarlo.

«Se lei sapeva far funzionare l’Animus» disse uno di loro «Perché non ce l’ha detto subito? Avremmo evitato un inutile dispiegamento di forze!». Desmond abbassò lo sguardo. Aveva di fronte a sé i Templari, i suoi più acerrimi nemici! Avrebbe potuto ucciderli, ponendo fine alla loro follia e vendicando il professore e Lucy! Ma non lo fece.

«Non ero sicuro di come farlo funzionare» si giustificò poi «Però adesso so dove si trova il Frutto: a Babilonia. Altair l’ha dato al Principe di Persia come regalo di addio».

Il Templare strabuzzò gli occhi e disse: «Cosa? Ma allora forse è irrecuperabile! E chissà cosa ne ha fatto quel principe! E non possiamo neanche controllare! Allora non ci servi più». Poi estrasse la pistola e la puntò su Desmond, che cercò di rimettere le cose apposto: «Aspettate! Magari potete trovare il Frutto dell’Eden tra i resti del palazzo dell’imperatore!».

L’uomo rifletté un momento, poi abbassò la pistola. «Uhm…» disse «Forse hai ragione… Ma in ogni caso non ci servi più!» e alzò di nuovo la pistola.

«Fermi!» urlò un uomo che era appena entrato dalla porta.

Desmond si voltò e vide il professor Warren Vidic sulla soglia. «Cosa? Professore?» chiese. «Ne riparliamo dopo, signor Miles» rispose Vidic e si rivolse ai Templari «Non scordiamoci che Desmond è anche il pronipote di Ezio Auditore, un altro Assassino. Sto facendo delle ricerche e risulta che quest’ultimo entrò in possesso di un Frutto dell’Eden. Se voi non trovaste quello del Principe, potrete ripiegare su questo! Quindi il soggetto 17 ci serve!».

Il Templare esitò, poi abbassò la pistola e la rinfoderò. «E va bene» disse, poi se ne andò.

«Professore» disse Desmond «Cosa ci fa qui?». «Quando fuggii» cominciò Vidic «loro non mi uccisero. Dissero che avrebbero dovuto farlo, ma la mia tecnologia gli serviva». Desmond chiese: «E allora come mai non gli è stato permesso tornare?». «Per creare del terrorismo mediatico, signor Miles. In questo modo hanno messo paura a te e Lucy, facendo sì che tutto si velocizzasse».

A quel punto l’Assassino si ricordò di Lucy. «Ma Lucy è morta!» esclamò. «Sono stato io a sparare» rispose Warren «Ma ho usato un proiettile particolare, capace di creare uno stato di morte apparente. L’abbiamo fatta entrare nei nostri piani, era consapevole che dovesse fingersi morta. Serviva a spaventare te».

Desmond ci rifletté, poi chiese: «E come facciamo a svegliarla?». A quel punto il professore si fece seguire fino alla camera da letto e prese una boccetta dalla tasca. «Ecco l’antidoto» disse.

Lo versò in una siringa, con la quale punse la donna, che si svegliò dalla morte apparente.

«Cos… Cos’è successo? Desmond c’è riuscito?» chiese la donna, visibilmente in stato confusionale.

«Sì» rispose Warren «Ha scoperto che il Frutto dell’Eden si trova a Babilonia. La missione è finita».

Lucy sembrò più sollevata, ma continuava a toccarsi la testa dolorante. «Bene» disse sorridendo.

Poi il trio si spostò nella sala dell’Animus.

«Signor Miles» cominciò il professore «Adesso dobbiamo salutarci, ma non si rilassi troppo: torneremo». Poi si voltò verso la porta e s’incamminò. Lucy salutò Desmond con un cenno della mano e seguì il professore.

L’Assassino li osservò mentre la porta si chiudeva alle loro spalle.

 

FINE

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di Katou Kaito

Ecco che così finisce la storia, con la morte dell’imperatore trasformato in dio dalle Sabbie.

E qui ho anche voluto sottolineare di come Altair fosse stato cambiato dall’aver conosciuto il Principe e dall’aver provato amicizia forse per la prima volta nella sua vita.

Poi ho anche dovuto cercare di sistemare l’anacronismo che si era causato con la morte di Warren e Lucy: in Assassin’s Creed 2 sono ancora vivi, in fondo.

I miei più sentiti ringraziamenti per aver letto fino a questo punto. Grazie, grazie davvero.^^

Ciao!

   
 
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