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Autore: Bella_    16/11/2009    3 recensioni
Una giovane studentessa.La capitale dell'Italia e l'uomo dei suoi sogni.Spinta in una libreria,dalla sua passione per i classici,incontrarà lui,ma la sua più grande paura la farà scappare.Ma lei ha qualcosa di suo,la copia del libro che lei cercava.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Robert Pattinson
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Recensioni:

Sognatricecoipiediperterra: tesoro si,l’ho continuata e ci sn altri capitolo che aspettano di essere pubblicati.. mi dispiace non poter pubblicare spesso però,il tempo mi manca! Cmq grazie,se vuoi altri capitoli significa che ti piacee e questo mi fa tnt piacere =)

 

Saretta_trilly_. Sei la prima ke mi dice k Ada ha fatto bene a scappare. Lei odia perdere,anche quello che non è ancora suo. Lo scoprirai pian piano nella storia! È forte,molto,ma ha dei punti deboli che la fanno crollare. =)

 

Lazzari: ecco a te il nuovo capitolo. Te come Saretta hai capito cosa prova Ada.. bè l’osservazione che ho fatto con lei vale anche per la tua recensione. Odia perdere anche ciò che ancora non ha! =)

 

Per la storia del bruco mi fa piacere che sia piaciuta a tutte! Sono felicissima di tutte le vostre recensioni! Vi prometto che tra domani e dopo dmn pubblicherò ancora!

 

 

Capitolo 5

Sentì due braccia cingermi la vita da dietro e un respiro sul collo. Ero abbracciata a due persone. Aprì lentamente gli occhi e mi trovai faccia a faccia con Francesca. Dormiva serena,con la bocca socchiusa,le gote arrossate e le braccia supine. Era appoggiata a me e il suo respiro mi solleticava il collo. Le braccia che mi cingevano la vita erano quelle di Lucia. Il suo respiro era lento,dormiva anche lei. Non mi mossi per non svegliarle ma cercai di capire perché fossero entrambe nel mio letto. Guardai la sveglia,segnava le 8e13. Era presto. Mi sentì gli occhi pizzicare quando mi accorsi del cuscino bagnato. Ricordavo anche perché avevo pianto,ma non ricordavo niente di cosa fosse successo dopo essere entrata nella stanza. Sentì Francesca sospirare e alzando lo sguardo scontrai i miei occhi con i suoi. Sospirò di nuovo e mi accarezzò una guancia.

“Mi dispiace..” nessuna domanda. Da i suoi occhi nessun cenno di curiosità. Era lì,per me,per starmi vicina. Le lacrime scorrevano senza violenza,con rassegnazione lungo le mie guancie. Sorrisi dolcemente,senza sentimento. Mi alzai e mi avviai verso il bagno per una doccia.

 

“Fra” dissi sussurrando “vado da Monica,mi aspetta. Ci vediamo alle 3 in centro..” continuai guardando a terra. Mi sentivo un insetto,così piccolo da poter essere ucciso con un solo sguardo. Avevo appuntamento con Monica,non ci eravamo mai viste,e non volevo rinunciare a incontrarla.

Uscì udendo la risposta affermativa di Francesca evitando di alzare il volto. L’ascensore era silenziosa,i miei pensieri non mi permettevano di udire nulla,erano chiassosi. Le immagini era migliaia e sempre più nitide,come se il loro scopo fosse continuare a gettare sale sulla ferita aperta. Guardai l’ora,erano le 11e45. velocemente presi la metro,avrei fatto di sicuro tardi. Monica mi aspettava fuori dalla stazione,non voleva che mi avventurassi sola per Roma,così era venuta a prendermi lì.

“Amoreeeee” sentì urlare e davanti a me trovai la ragazza più pazza di Roma. Le saltai addosso e le baciai le guancie. Era così bello poterla abbracciare.

“Ciao,come stai Mò?” le dissi sorridendo.

“Bene bene,come sempre. Te invece,c’hai na faccia malaticcia” e mi scrutò.

Le occhiaie non mi avevano abbandonata. Avevo usato un bel po’ di correttore,senza risultati soddisfacenti.

“Sto bene,tranquilla. Ho fatto tardi ieri sera e ho dormito poco.” Provai a sorridere.

“Ok allora andiamo.. dove mangiamo? Sai non so riuscita a fa colazione e così devo magnà qualcosa.. che dici di un Mc Donald’s? Ne ho tanta voglia..” Monica era così,felice e sorridente anche davanti ai problemi,e lei ne aveva abbastanza. Adoravo chattare con lei e prenderla in giro,ma quel giorno sembrava che nulla mi interessasse,nulla riuscisse ad attirare la mia attenzione. Neanche il panino ricco di grassi del Mc Donald’s riuscì a distrarmi.

“Ada,ma che c’hai? Ti conosco bene e so perfettamente che ora non sei te”

Mi sentivo male in quel momento. La stavo facendo sentire a disagio e stavo rendendo triste anche la sua giornata. Mi guardava come se fossi veramente un'altra persona,io mi sentivo in quel momento un'altra. Neanche davanti alle difficoltà ed hai momenti più tristi ero così. C’era sempre qualcosa che riusciva a distrarmi o che mi facesse sorridere anche per un solo attimo. Monica era una di quelle persone che ogni volta mi portava il sorriso. Bastava prendere il telefono di casa e chiamarla. Il suo accento romano,le sue battute poco eleganti,il suo modo di raccontare le cose più disastrose rendendole buffe e divertenti, mi facevano dimenticare la causa della mia tristezza o del mio dolore e farmi ridere come mai avevo fatto. Quel giorno però non ci riusciva. Durante la passeggiata che ci aveva portate al Mc Donald’s aveva detto le cose più insensate e pazze che avessi mai sentito. Aveva raccontato un sacco di aneddoti sulle serate trascorse a casa di amici,ma queste bastarono solo a farmi sforzare per un sorriso forzato. Mi sentivo cattiva.

“No,veramente tesoro. Tranquilla. Comunque mi stavi raccontando di ieri sera..Che hai fatto a casa sua?!Confessa!”

Stavo cercando di tirarmi su,di non rovinare anche a lei quella giornata. Mi sentivo di tradirla non dicendole nulla di lui,infondo era anche lei una sua fan,ma non era il caso. Avrei tradito lui dicendo a qualcun’altro che lui era lì a Roma. Stavo male per lui,ma ne ero pazzamente cotta e non avrei mai fatto qualcosa che lo avrebbe messo nei guai. Monica forse non avrebbe fatto nulla,non lo avrebbe cercato,ma non potevo rischiare. Glielo dovevo. Mi aveva dato tanto,anche se aveva rubato il mio cuore,ma non potevo. Continuammo a chiacchierare e mangiare fin quando non ci separammo. Raggiunsi le ragazze in centro e iniziò la caccia ai vestiti. Anche in quel momento,davanti all’ilarità delle ragazze,riuscì a distrarmi e a divertirmi. 

Un negozietto piccolino ma molto cario attirò la nostra attenzione. Vendeva soggettisti orientale e quant’altro. Adoravo questo genere di cose. Mi catapulta lì dentro e iniziai a prendere tutto ciò che potesse andare bene nella mia cameretta. Non avevo notato però che Maria era uscita fuori dal negozio per parlare al telefono. Mi voltai verso l’ingresso e la vidi immobilizzarsi e voltarsi di scatto. Cattive notizie. I occhi erano pieni di lacrime e il suo sguardo pieno di dolore. Il mio cuore si fermò. Non poteva essere. Doveva andare tutto bene. Era immobile,pietrificata dal terrore. Cosa poteva mai essere successo? Vidi Francesca correre ad abbracciare sua sorella e chiederle cosa fosse successo. Mi accorsi in fine di essermi avvicinata con le altre e quando sentì il debole sussurrò pronunciato da Maria tornai al mondo reale. I miei problemi dovevano scomparire,da quel momento. Federico aveva avuto un incidente. Era ricoverato al San Leonardo di Salerno in condizioni gravi. Solo questo sapevamo. Solo questo bastò per farci scappare da Roma,per farmi scappare dalla causa del mio dolore. Lui ora doveva uscire dai miei pensieri. Non c’era spazio per lui,doveva bastargli aver occupato tutto il mio cuore.

Le valigie sembravano non essere più capienti,la nostra ansia sembrava aumentare ad ogni minuti che passava e i nostri cellulari, che non smettevano di squillare, sembravano chiedere una pace che non avrebbero mai trovato. Avevamo poco più di mezz’ora per raggiungere la stazione,ritirare i biglietti e prendere il treno. La corsa fu stressante e senza fine. Sembrava non corressimo abbastanza.

 

Robert

Sembravo uno squilibrato. Sdraiato sul letto con le gambe e le braccia aperte cercando di respirare senza affannarmi. Le finestre aperte,il sole caldo,le lenzuola stropicciate a causa della notte insonne e il soffitto bianco mi distraevano dai miei pensieri. Pensieri ingarbugliati,piedi di domande senza risposte e di azioni senza senso. Non riuscivo a pentirmene. Non riuscivo a trovare una motivazione per quell’azione insensata. Volevo farlo,lo avrei rifatto se fossi potuto tornare indietro,ma lei mi aveva respinto e lo avrebbe fatto di nuovo,ne ero sicuro. Ma nno sapevo darmi una spiegazione. Non sapevo perché ero desideroso di sfiorarle le labbra,di sentirla accarezzarmi. Il suono del mio telefono mi fece alzare e mi condusse verso i pantaloni poggiati sulla poltrona. Era il mio manager.

“Pronto?”

“Rob,preparati passo a prenderti fra un ora. Passeremo per la porta secondaria,quella di emergenza. Quindi tranquillo,niente pericoli.  A dopo.”

“Ok..” sussurrai al ricordo di quando ero uscito da quella porta. Sembrava essere passato tanto tempo.

Feci una doccia e velocemente mi vestì. Prima di andare dovevo fare un’altra cosa. Mi affacciai alla porta e controllai che sul piano non ci fosse nessuno. Velocemente mi avvicinai e mi fermai davanti alla porta. Numero 208. quel numero mi metteva paura.

Bussai. Una volta. Nessuna risposta.

Bussai una seconda volta. Nessuna risposta.

Bussai incessantemente. Doveva sentirmi,ma niente. Per la terza volta il silenzio il silenzio inondò la mia mente,per la prima volta il nulla inondò il mio cuore.

 

  
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