Recensioni:
Sognatricecoipiediperterra:
tesoro si,l’ho continuata e ci sn altri capitolo che
aspettano di essere
pubblicati.. mi dispiace non poter pubblicare spesso però,il
tempo mi manca! Cmq
grazie,se vuoi altri capitoli significa che ti piacee e questo mi fa
tnt
piacere =)
Saretta_trilly_.
Sei la prima ke mi dice k Ada ha fatto bene a scappare. Lei odia
perdere,anche
quello che non è ancora suo. Lo scoprirai pian piano nella
storia! È forte,molto,ma
ha dei punti deboli che la fanno crollare. =)
Lazzari: ecco
a
te il nuovo capitolo. Te come Saretta hai capito cosa prova Ada..
bè l’osservazione
che ho fatto con lei vale anche per la tua recensione. Odia perdere
anche ciò
che ancora non ha! =)
Per la storia
del bruco mi fa piacere che sia piaciuta a tutte! Sono felicissima di
tutte le
vostre recensioni! Vi prometto che tra domani e dopo dmn
pubblicherò ancora!
Capitolo 5
Sentì
due
braccia cingermi la vita da dietro e un respiro sul collo. Ero
abbracciata a
due persone. Aprì lentamente gli occhi e mi trovai faccia a
faccia con
Francesca. Dormiva serena,con la bocca socchiusa,le gote arrossate e le
braccia
supine. Era appoggiata a me e il suo respiro mi solleticava il collo.
Le
braccia che mi cingevano la vita erano quelle di Lucia. Il suo respiro
era
lento,dormiva anche lei. Non mi mossi per non svegliarle ma cercai di
capire
perché fossero entrambe nel mio letto. Guardai la
sveglia,segnava le 8e13. Era
presto. Mi sentì gli occhi pizzicare quando mi accorsi del
cuscino bagnato.
Ricordavo anche perché avevo pianto,ma non ricordavo niente
di cosa fosse successo
dopo essere entrata nella stanza. Sentì Francesca sospirare
e alzando lo
sguardo scontrai i miei occhi con i suoi. Sospirò di nuovo e
mi accarezzò una
guancia.
“Mi
dispiace..”
nessuna domanda. Da i suoi occhi nessun cenno di curiosità.
Era lì,per me,per starmi
vicina. Le lacrime scorrevano senza violenza,con rassegnazione lungo le
mie
guancie. Sorrisi dolcemente,senza sentimento. Mi alzai e mi avviai
verso il
bagno per una doccia.
“Fra”
dissi
sussurrando “vado da Monica,mi aspetta. Ci vediamo alle
Uscì
udendo la
risposta affermativa di Francesca evitando di alzare il volto.
L’ascensore era
silenziosa,i miei pensieri non mi permettevano di udire nulla,erano
chiassosi.
Le immagini era migliaia e sempre più nitide,come se il loro
scopo fosse
continuare a gettare sale sulla ferita aperta. Guardai
l’ora,erano le 11e45.
velocemente presi la metro,avrei fatto di sicuro tardi. Monica mi
aspettava
fuori dalla stazione,non voleva che mi avventurassi sola per
Roma,così era
venuta a prendermi lì.
“Amoreeeee”
sentì urlare e davanti a me trovai la ragazza più
pazza di Roma. Le saltai
addosso e le baciai le guancie. Era così bello poterla
abbracciare.
“Ciao,come
stai
Mò?” le dissi sorridendo.
“Bene
bene,come
sempre. Te invece,c’hai na faccia malaticcia” e mi
scrutò.
Le occhiaie
non
mi avevano abbandonata. Avevo usato un bel po’ di
correttore,senza risultati
soddisfacenti.
“Sto
bene,tranquilla. Ho fatto tardi ieri sera e ho dormito poco.”
Provai a
sorridere.
“Ok
allora
andiamo.. dove mangiamo? Sai non so riuscita a fa colazione e
così devo magnà
qualcosa.. che dici di un Mc Donald’s? Ne ho tanta
voglia..” Monica era
così,felice e sorridente anche davanti ai problemi,e lei ne
aveva abbastanza.
Adoravo chattare con lei e prenderla in giro,ma quel giorno sembrava
che nulla
mi interessasse,nulla riuscisse ad attirare la mia attenzione. Neanche
il
panino ricco di grassi del Mc Donald’s riuscì a
distrarmi.
“Ada,ma
che
c’hai? Ti conosco bene e so perfettamente che ora non sei
te”
Mi sentivo
male
in quel momento. La stavo facendo sentire a disagio e stavo rendendo
triste
anche la sua giornata. Mi guardava come se fossi veramente un'altra
persona,io
mi sentivo in quel momento un'altra. Neanche davanti alle
difficoltà ed hai
momenti più tristi ero così. C’era
sempre qualcosa che riusciva a distrarmi o
che mi facesse sorridere anche per un solo attimo. Monica era una di
quelle
persone che ogni volta mi portava il sorriso. Bastava prendere il
telefono di
casa e chiamarla. Il suo accento romano,le sue battute poco eleganti,il
suo
modo di raccontare le cose più disastrose rendendole buffe e
divertenti, mi
facevano dimenticare la causa della mia tristezza o del mio dolore e
farmi
ridere come mai avevo fatto. Quel giorno però non ci
riusciva. Durante la
passeggiata che ci aveva portate al Mc Donald’s aveva detto
le cose più insensate
e pazze che avessi mai sentito. Aveva raccontato un sacco di aneddoti
sulle
serate trascorse a casa di amici,ma queste bastarono solo a farmi
sforzare per
un sorriso forzato. Mi sentivo cattiva.
“No,veramente
tesoro. Tranquilla. Comunque mi stavi raccontando di ieri sera..Che hai
fatto a
casa sua?!Confessa!”
Stavo
cercando
di tirarmi su,di non rovinare anche a lei quella giornata. Mi sentivo
di
tradirla non dicendole nulla di lui,infondo era anche lei una sua
fan,ma non
era il caso. Avrei tradito lui dicendo a qualcun’altro che
lui era lì a Roma.
Stavo male per lui,ma ne ero pazzamente cotta e non avrei mai fatto
qualcosa
che lo avrebbe messo nei guai. Monica forse non avrebbe fatto nulla,non
lo
avrebbe cercato,ma non potevo rischiare. Glielo dovevo. Mi aveva dato
tanto,anche se aveva rubato il mio cuore,ma non potevo. Continuammo a
chiacchierare e mangiare fin quando non ci separammo. Raggiunsi le
ragazze in
centro e iniziò la caccia ai vestiti. Anche in quel
momento,davanti all’ilarità
delle ragazze,riuscì a distrarmi e a divertirmi.
Un negozietto
piccolino ma molto cario attirò la nostra attenzione.
Vendeva soggettisti
orientale e quant’altro. Adoravo questo genere di cose. Mi
catapulta lì dentro
e iniziai a prendere tutto ciò che potesse andare bene nella
mia cameretta. Non
avevo notato però che Maria era uscita fuori dal negozio per
parlare al
telefono. Mi voltai verso l’ingresso e la vidi immobilizzarsi
e voltarsi di
scatto. Cattive notizie. I occhi erano pieni di lacrime e il suo
sguardo pieno
di dolore. Il mio cuore si fermò. Non poteva essere. Doveva
andare tutto bene.
Era immobile,pietrificata dal terrore. Cosa poteva mai essere successo?
Vidi
Francesca correre ad abbracciare sua sorella e chiederle cosa fosse
successo.
Mi accorsi in fine di essermi avvicinata con le altre e quando
sentì il debole
sussurrò pronunciato da Maria tornai al mondo reale. I miei
problemi dovevano
scomparire,da quel momento. Federico aveva avuto un incidente. Era
ricoverato
al San Leonardo di Salerno in condizioni gravi. Solo questo sapevamo.
Solo
questo bastò per farci scappare da Roma,per farmi scappare
dalla causa del mio
dolore. Lui ora doveva uscire dai miei pensieri. Non c’era
spazio per
lui,doveva bastargli aver occupato tutto il mio cuore.
Le valigie
sembravano non essere più capienti,la nostra ansia sembrava
aumentare ad ogni
minuti che passava e i nostri cellulari, che non smettevano di
squillare,
sembravano chiedere una pace che non avrebbero mai trovato. Avevamo
poco più di
mezz’ora per raggiungere la stazione,ritirare i biglietti e
prendere il treno.
La corsa fu stressante e senza fine. Sembrava non corressimo
abbastanza.
Robert
Sembravo uno
squilibrato. Sdraiato sul letto con le gambe e le braccia aperte
cercando di
respirare senza affannarmi. Le finestre aperte,il sole caldo,le
lenzuola
stropicciate a causa della notte insonne e il soffitto bianco mi
distraevano
dai miei pensieri. Pensieri ingarbugliati,piedi di domande senza
risposte e di
azioni senza senso. Non riuscivo a pentirmene. Non riuscivo a trovare
una
motivazione per quell’azione insensata. Volevo farlo,lo avrei
rifatto se fossi
potuto tornare indietro,ma lei mi aveva respinto e lo avrebbe fatto di
nuovo,ne
ero sicuro. Ma nno sapevo darmi una spiegazione. Non sapevo
perché ero
desideroso di sfiorarle le labbra,di sentirla accarezzarmi. Il suono
del mio
telefono mi fece alzare e mi condusse verso i pantaloni poggiati sulla
poltrona. Era il mio manager.
“Pronto?”
“Rob,preparati
passo a prenderti fra un ora. Passeremo per la porta secondaria,quella
di
emergenza. Quindi tranquillo,niente pericoli.
A dopo.”
“Ok..”
sussurrai al ricordo di quando ero uscito da quella porta. Sembrava
essere
passato tanto tempo.
Feci una
doccia
e velocemente mi vestì. Prima di andare dovevo fare
un’altra cosa. Mi affacciai
alla porta e controllai che sul piano non ci fosse nessuno. Velocemente
mi
avvicinai e mi fermai davanti alla porta. Numero 208. quel numero mi
metteva
paura.
Bussai. Una
volta. Nessuna risposta.
Bussai una
seconda volta. Nessuna risposta.
Bussai
incessantemente.
Doveva sentirmi,ma niente. Per la terza volta il silenzio il silenzio
inondò la
mia mente,per la prima volta il nulla inondò il mio cuore.