Luci soffuse e musica alta, melodie vellutate.
Ballare insieme, abbandonarsi al flusso delle note.
Illusioni, solo illusioni.
Fa freddo, fuori. Il cielo scuro e stellato, le stelle danzanti sembrano quasi
farsi beffe di lei, adolescente alla sua prima delusione d’amore. No, non è la
prima. E’ la prima per cui sa che soffrirà davvero.
Si stringe nel cappotto, si appoggia al muro. Laura non ha voglia di rientrare.
Ha già capito che in realtà a lui piace un’altra, non vuole vederli ancora
insieme.
Il dolore sembra insopportabile, la delusione bruciante. Non smette di fissare
l’edera che si arrampica sul muretto del locale, soffocandolo, le foglie che
ondeggiano debolmente al passare del vento.
La ghiaia scricchiola poco lontano, qualcun altro deve aver avuto la sua stessa
idea. Laura si volta a guardarlo. E’ quel tipo che è rimasto seduto in disparte
per tutta la durata della festa. Si sta accendendo una sigaretta. Aspira una
boccata, poi si volta e la vede.
Laura arrossisce, colta in flagrante. Distoglie lo sguardo velocemente.
La ghiaia rumoreggia ancora. Si avvicina.
“Ciao” la saluta.
“Ciao” ricambia Laura. Spera che se ne vada. Vuole restare da sola con le sue
delusioni.
“Fa freddo stasera, eh?”
Laura resta in silenzio.
“Ne vuoi una?” chiede poco dopo. Laura si volta, fissa il suo pacco di
sigarette, distoglie di nuovo lo sguardo.
“No, grazie, non fumo.”
Conserva il pacchetto in silenzio. Laura non sa come si chiama.
“E’ successo qualcosa? Non sembri così tranquilla” nota lo sconosciuto.
“Delusioni amorose” sintetizza Laura.
“Quanti anni hai?” chiede.
“Quindici” risponde lei, chiedendosi perché sta rispondendo alle sue domande.
Deve averne cinque o sei in più di Laura, lui.
“E’ una bella serata, nonostante sia fredda” commenta, guardando anche lui le
stelle.
“Niente a che vedere con come mi sento” obietta Laura, incrociando le gambe.
“Neanche con come mi sento io, se è per questo. Leopardi diceva che la natura è
il nemico comune contro cui gli uomini devono allearsi, dato che è completamente
indifferente alla loro sofferenza” dice lui.
Laura resta in silenzio. L’ultima cosa di cui ha voglia è una lezione di
letteratura.
“Mi dispiace. Puoi piangere, se vuoi” la invita.
“No.”
“Scusami, forse ti sto disturbando” si scusa.
“No, affatto” si affretta a rispondere Laura, che non vuole più restare sola.
“Il fatto è... Non avrei nessun diritto di piangere.”
Silenzio. Non per indifferenza. Significa che lo sconosciuto la sta ascoltando.
“Le mie lacrime, contro quelle di una madre che piange perché non può dar da
mangiare a suo figlio, contro quelle di un uomo che piange perché suo padre sta
per morire di una malattia incurabile. La mia è solo la banale delusione d’amore
di una quindicenne. Quindi, non posso piangere” spiega Laura. Qualcosa che non
aveva mai confidato a nessuno, una paura di cui non aveva mai parlato forse
neanche con se stessa. Perché lo sta confidando proprio ad una persona di cui
non conosce il nome?
Non risponde. Laura lo guarda pensare, poi prendere parola.
“Si tratta sempre di amore, in vari gradi di intensità, forse. O forse, solo
rivolto a persone diverse” comincia lui. “Non è la stessa cosa di un bambino che
piange perché non può avere il giocattolo nuovo. Ti senti tradita, delusa,
ingannata. Essere ingannata. Ti pare un motivo poco valido per piangere?”
Laura fissa le scarpe, la vista annebbiata.
“Non dovrei spingerti a piangere, in effetti” si scusa. “Ad ogni modo, si piange
ad ogni età, per motivi diversi. Penso che in fondo non sia importante il motivo
che ci spinge a farlo, ma l’entità del sentimento che proviamo.”
Laura chiude gli occhi, lascia che le lacrime le bagnino le guance. Le asciuga
in fretta col dorso della mano. Non le importa se il trucco si scioglie, ormai.
Non deve più essere bella per nessuno. Vuole solo restare lì, scossa da qualche
occasionale brivido di freddo, a fissare le luci delle città e dei paesi
dormienti che si inerpicano sulla collina formando disegni sconosciuti.
“E tu?” chiede Laura, sentendosi improvvisamente egoista. “Neanche tu sembri
tanto allegro, stasera.”
“Non conoscevo quasi nessuno. E poi non sopporto la confusione. Mi piace
starmene per i fatti miei, di tanto in tanto.”
“Ah.”
Silenzio imbarazzante. Laura non sa cosa dire, ma non vuole nemmeno smettere di
parlare.
“Anche io ho subito una delusione, di recente. Stavo con la mia ragazza da due
anni e mezzo, sembrava anche una cosa seria... Poi è rimasta incinta, e ha
abortito.”
“Mi dispiace” dice Laura, d’istinto.
“Non era mio figlio” spiega lui, voltandosi a guardarla. “E non è stato un
aborto volontario. Nonostante tutto, non sono riuscito a perdonarle il
tradimento.”
Laura torna a fissare le scarpe, come fa sempre quando si sente in imbarazzo.
“Così lei ha deciso di andarsene all’estero.”
Silenzio.
“Ma questo non vuol dire che tu abbia meno diritto di me di piangere, non ti
pare?” le fa notare. Laura alza di nuovo lo sguardo verso di lui, sorride.
“Hai dei rimpianti?” chiede Laura, sperando di non risultare invadente.
“Ho paura di averla persa.”
“Non è mai tardi per rimediare” gli fa notare Laura. “Perché non le chiami?”
“Ormai è tardi. Forse non mi perdonerà...”
“Non è detto. Chiamale, domani. Non hai niente da perdere, giusto?”
“Giusto” risponde lui. Ha finito la sigaretta. Quasi meccanicamente, ne prende
un’altra e riprende a fumare.
“Cosa vuoi fare, da grande?” le chiede.
Laura resta in silenzio. Ci ha pensato più volte, ma non ha ancora trovato la
risposta.
“Non lo so” rivela, alla fine.
“Hai ancora tempo” la tranquillizza.
“Se lo dici tu... A volte, il futuro mi spaventa. Il tempo mi spaventa. E’ come
se fosse tutto troppo veloce.”
“Hai ancora tempo, credimi” ripete. “Credo che il tempo spaventi tutti, bene o
male. La vita è una continua corsa contro il tempo, contro la paura di perdere
ciò che hai, contro la consapevolezza che prima o poi tutto finirà.”
“Più che altro, ho paura di ritrovarmi a provare rimorsi per qualcosa che non ho
fatto. Per essermi lasciata sfuggire un’occasione, o per aver agito
diversamente. Mi servirebbe tempo per pensare a tutto, ma è un tempo che nessuno
ha” dice Laura.
“Ma siamo ancora giovani” le fa notare lui. “Di tempo ne abbiamo, almeno così
dicono. Credo che quel poeta latino, Orazio, aveva ragione quando invitava a
cogliere l’attimo e a vivere alla giornata, come se fosse l’ultima della propria
vita. Carpe diem. Forse spesso ci lasciamo trascinare troppo da mille altre
cose, e perdiamo di vista ciò che per noi è veramente importante. Ciò per cui
vale davvero la pena vivere.”
Si riferisce anche alla sua ex, probabilmente, pensa Laura.
Guarda l’orologio, è tardi.
“Devo entrare a salutare, tra poco viene mia madre a prendermi” si congeda
Laura.
“Io ho già salutato” spiega lui. “Vado anche io, adesso” dice, spegnendo la
sigaretta contro gli scalini.
Laura alza lo sguardo verso le stelle. Ridono ancora, quelle bastarde. Sono così
ridicoli due ragazzi che parlano delle loro paure? si chiede Laura. Sono così
ridicole le paure degli uomini?
“Cosa stai guardando?” chiede lui, alzando lo sguardo. “Ah, le stelle. Sembra
che ridano di te, splendendo così spavalde. Ma è solo la tua impressione...
Forse sono perfino tristi, costrette sempre a splendere.”
Laura sorride di nuovo.
“Coraggio, non buttarti troppo giù.”
“Grazie di tutto. Ah, buona fortuna per la tua telefonata!”
Lui sorride. “Grazie.”
Cerca le chiavi della macchina, scompare nel buio del vialetto.
E’ l’ultima volta che lo vede. Laura non saprà mai come si chiama.
“Cosa è successo?”
La strada è bloccata. Le luci delle ambulanze illuminano di lampi blu due
automobili ridotte a due indistinguibili ammassi di ferraglia, come spettrali
luci della ribalta. Ci sono anche i carabinieri, segno che deve essere
addirittura morto qualcuno.
La madre di Laura ferma la macchina.
“Mio Dio...” riesce solo a mormorare.
Un corpo senza vita viene estratto da una delle due automobili. Laura sgrana gli
occhi. No, non può essere lui. Riconosce il suo giubbotto, i suoi capelli, il
suo anello.
Non conosceva neanche il suo nome.
Si copre il viso con le mani, stringe i denti.
Quella ragazza aspetterà per sempre invano la sua telefonata.
Piange. Non ha più paura di non averne il diritto.
“Che c’è?” chiede sua madre. “Lo conoscevi?”
Laura non riesce a rispondere. Si asciuga le lacrime.
Le stelle non ridono più.