Nota
del 10/06/06 – Di questa fic, grazie alle tantissime recensioni
che hanno preteso un continuo, è nato un sequel. Lo
trovate sotto il titolo ‘Flores Amissi’! ^^
Eccomi qui, con una nuova, lunghissima one-shot!!! ^__^
Lo so, continuo a sfornare nuove fic ma... che cosa ci posso fare???
La mia prima fic dai toni
dark... mi piace troppo mettermi alla prova!!!!
^^ Se nn siete amanti del genere: presto ci sarà una
nuova fic anche per voi!!!
^^’’ (Ora bocca chiusa agli spoiler!!!)
La dedico a tutti/e coloro che mi hanno seguito e
commentato (come avevo anticipato nel UNDICESIMO CAP di 'RAGGI
DI SPERANZA')
L'avevo promessa ad un'amica (nn faccio il tuo nome, per il semplice fatto che tu sai
perfettamente) ed eccomi qui...!! Inoltre mi era stato chiesto di
approfondire il pov di Harry in 'Heaven Out of Hell' e allora prendetela come un piccolo capitolo
parallelo ma che si stacca completamente dalla storia di 'Heaven
Out of Hell'.
Commentate mi raccomando!!
COME NASCE UN PRINCIPE OSCURO
Leggersi anche come: i poteri dell'Oblivion
Sentiva un grande odio scorrergli nelle vene.
Perchè
non poteva essere come tutte le persone normali? Perchè
non poter essere come Ron o 'Mione?
Perchè invece dover portare quella stramaledetta
cicatrice sulla fronte?
Quella fottutissima
cicatrice che gli aveva rovinato completamente la
vita, simbolo dell'assassinio dei suoi genitori, lo stendardo della corruzione
che aveva dentro di sè, la fetida firma di Voldemort, l'emblema del Ragazzo- che- è- miracolosamente -
soprovvissuto- per- quattro - volte- all'- Oscuro-
Signore- designato - come- salvatore - di - tutti.
Bè,
era stanco di essere solamente reputato il 'portatore
della cicatrice e della luce'.
Grazie alla sua fama non poteva fare quasi nulla di
normale: era seguito per ogni suo passo da almeno due uomini messi alle sue
calcagna da Silente, ogni passo compiuto seguito da altri passi, ogni cosa
compiuta sotto lo sguardo di altri due occhi,
indagatori... la situazione a Hogwarts era identica:
i professori lo controllavano a vista, Ron e 'Mione erano le sue guardie personali e non poteva muovere
passo senza che non avesse i due alle calcagna.
Era controllato a vista, seguito ad ogni passo,
scrutato con lo sguardo e ignaro di ogni altra cosa.
Dopo la rivelazione della profezia, Harry aveva sperato che Silente la smettesse di
nascondergli ogni cosa e iniziasse a tenderlo partecipe dei movimenti
dell'Ordine della Fenice ma invece di era
limitato a blandirlo ogni tanto e continuare ad ignorarlo e fuggirlo come il
diavolo con l'acqua santa.
Aveva appena cominciato il suo sesto anno e già non
ne poteva più di essere assillato, seguito, ignorato.
Per sua fortuna Voldemort
non si era fatto più sentire e la cicatrice gli aveva dato un po' di pace anche
se continuava a sentire le emozioni e gli stati d'animo dell'Oscuro Signore.
Sotto richiesta pressante del preside Silente il
professor Piton aveva incominciato a dare lezioni di occlumanzia ad Harry alla sera ma i risultati erano sempre gli stessi: frecciatine e continue umiliazioni e nulla di nuovo, nessun
miglioramento e soprattutto quella poco dolore che sentiva alla cicatrice
quando 'sentiva' gli stati d'animo di Voldemort era
tornato a farsi vivo, più forte e doloroso che mai.
Incubi continuavano a manifestarsi nella sua mente,
voci si intersecavano a risate invasate e grida di
torturati, odio e rabbia si mescolavano e Harry non
sapeva come fronteggiarli.
Si era distanziato anche da Ron
e Hermione e li fuggiva sempre, rifugiandosi nella
Torre di Astronomia o in aule in disuso in qualche desolata ala
del castello controllando continuamente con la Mappa del Malandrino possibili
scocciatori in vista a turbare la quiete così faticosamente ricercata.
Non parlava quasi con nessuno ormai, i pasti li consumava solitario, pasti che gli venivano portati da Dobby, unico a sapere dove trovarlo. Aveva dato le
dimissioni persino dalla squadra di Quidditch e aveva
smesso anche di uscire a Hogsmeade per i week- end.
In quell'atmosfera di
totale solitudine nella quale si era volontariamente rinchiuso, senza contatti
con l'esterno, gli unici sentimenti che ormai provava era l'odio e la rabbia
che gli scorrevano nelle vene come un veleno che gli infettava tutto il suo
essere.
Perchè
non poteva tornare ad essere quello di una volta?
Harry
si rispondeva da solo: ormai era troppo tardi per tornare indietro.
Era giunto in un punto di non ritorno.
Sentiva le dita intorpidite dal freddo invernale e
non riusciva quasi più a muoverle, strette attorno alla pergamena scolorita
della Mappa del Malandrino mentre era seduto sul davanzale della finestra e
osservava le gocce di pioggia scendere sinuose come serpenti
per il vetro della finestra che dava sulla Foresta Proibita, scura mentre nubi
cariche di pioggia riversavano su di essa e su Hogwarts
una scarica di proiettili liquidi.
Era novembre da poco e il tempo si era stabilizzato
in continue e violente piogge, anzi, adesso che ci pensava
era da quell'estate che continuava a piovere.
I pochi giorni in cui non pioveva erano giorni di
splendente sole estivo e Harry si sentiva sereno.
Ma
ora, ad osservare le gocce di pioggia scivolare nel vetro, era come se tutto
fosse come quell'oscuro paesaggio che gli si
stagliava davanti: buio, cupo, avvolto dell'oscurità, freddo.
Come la sua vita ora.
Premette un dito contro il freddo vetro, tracciando
una linea verticale mentre il cielo dava un lampo seguito da un tuono
colossale.
- Lontano dal tuo caldo lettino eh, Sfregiato? -
Una voce fredda si alzò, proveniente dalla porta e Harry si voltò repentino.
Draco
Lucius Malfoy era in piedi
sulla soglia della porta, sorriso strafottente e tracotante come sempre aveva.
- Sai che non dovresti essere qui? -
Harry
tornò a fissare fuori della finestra, apparentemente disinteressato che il suo
nascondiglio segreto fosse scoperto da Malfoy e che, in pratica, rischiava non solo di perdere un
mucchio di punti ma anche una bella punizione e una ramanzina da parte di
Silente.
Draco
Malfoy si sentì invadere dalla rabbia. Una cosa che
odiava era essere ignorato.
Strinse forte i pugni e avanzò attraverso l'oscura
stanza, con la sua solita aria tracotante.
- Che c'è Potter,
impegnato in una illuminante conversazione con
l'Oscuro Signore? -
Harry
non rispose, sembrava che non lo avesse sentito.
In realtà stava pensando.
Stava cercando di capire cos'era quella strana
sensazione che sentiva. Come un flusso di emozioni
diverse dalle sue ma che, poco per volta, si stavano comparando a quello che
sentiva lui.
Pensò fosse Voldemort.
Ma
perchè?
Draco
Malfoy, contrariato da quella situazione, si avvicinò
ancora di più, arrivando a giungere a pochi centimetri dal moro rannicchiato
sul davanzale della finestra che fissava l'esterno tenebroso.
Guardò quel ragazzo odiato.
Non aveva mai preso nota di come i suoi scombinati
capelli neri cadessero in maniera così singolare ai lati deòlle
orecchie o di come i suoi occhi verde brillante fossero...
opachi, come persi in una fantasticheria interiore.
Rimpianse di doverlo uccidere.
Non in quel momento ma presto lo avrebbe dovuto
uccidere o vedere uccidere, a seconda del volere
dell'Oscuro Signore.
Non c'era futuro per quel moro. Nessun futuro.
Nessuna vita davanti. Nessuna volta in cui sarebbe
miracolosamente sopravvissuto. Nessuna pietà.
Solo dolore. E morte.
La sua morte. Il suo ultimo
porto.
Ma
la sua morte non sarebbe stata istantanea nè
indolore. Avrebbe sofferto immensamente. Così tanto da perdere il senno.
Lo aveva detto l'Oscuro Signore.
Per lui Harry Potter era solo l'ostacolo al suo piano, solo un sgradevole moccioso, solo una molesta mosca che
doveva e voleva schiacciare con tutta la sua forza e farla morire
lentamente, tra mille sofferenze.
Senza preavviso Harry si
alzò in piedi, mise qualcosa in tasca, strinse fra
le dita un fazzoletto voluminoso di strana stoffa e s'incamminò verso
l'uscita.
- Dove diavolo vai? -
gridò Draco.
Harry
non si volse nemmeno ma rispose, con voce quieta: - Va' all'inferno, Malfoy - rabbia trattenuta come segregata nel profondo del cuore ma Draco la
sentì.
Rabbia forte e potente come un fiume in piena.
Potere sconosciuto...
Che
fosse quello il potere sconosciuto all'Oscuro Signore? Che
fosse quello il potere in grado di sconfiggerlo?
- Ci andrai presto anche tu, Sfregiato - ribattè il serpeverde ghignando.
- Io ci sono già - disse Harry
volgendo lo sguardo a lui, una silenziosa e potente fiamma verde che guizzava
come un serpente sopito ma pericolosamente mortale, che attendeva un'ultima
scintilla per riversare la rabbia e l'odio che covava.
E
che forse avrebbe spazzato via tutto ciò che avrebbe trovato sul suo cammino.
Non disse altro, Harry Potter, e uscì silenziosamente mentre un lampo illuminava
la stanza in un bagliore sinistro e metteva in luce la sorpresa sul volto di Draco Malfoy.
Si riprese in fretta e si passò un dito sulle
labbra, adesso atteggiate in un inconfondibile ghigno soddisfatto.
- Tu porti l'inferno - ma un tuono coprì le sue
parole tanto che nemmeno Draco si rese conto di averle pronunciate.
Si voltò per uscire e inaspettatamente desiderò che
Potter fosse dal lato oscuro.
Un simile alleato sarebbe stato utile.
Un'immensa carica di odio
e rabbia.
Ecco cosa aveva sentito.
Un serpente mortale sopito e pronto a scattare per
dare il bacio finale della morte a chiunque abbia la sventura di incrociare.
Cos'era?
Voldemort
lo sapeva.
Era l'ultimo Potter.
Una bomba a orologeria
vicina al punto di non ritorno.
Lo sentiva, lo avvertiva: aveva potere, un potere
speciale accumulato e sopperito nel profondo del suo cuore, come per
intrappolarlo e distruggerlo ma non cel'avrebbe mai
fatta.
Desiderò conoscere meglio quella rabbia. Vederla.
Possederla.
Era quello il potere di Potter?
Era quello il potere sconosciuto che lui, Voldemort,
avrebbe dovuto temere?
Sì, lui lo temeva.
Ma
lo voleva.
Lo desiderava.
Era come il miele per un'ape.
Il quell'attimo
bussarono alla spessa porta di quercia.
Voldemort
si sedette comodamente sulla poltroncina dando il permesso per entrare.
- Signore... -
- Avanza pure, Lucius -
Lucius
Malfoy avanzò per la grande stanza mentre gocce di
pioggia continuavano a fustigare con furia i vetri delle grandi finestre
disposte alla sua sinistra.
Lord Voldemort, il suo
signore e padrone, era seduto su una poltroncina, comodo, la pelle candida era
illuminata fiocamente dalle candele accese accanto a sè
mentre gli occhi di vivace colore scarlatto, sembravano trapassare da parte a
parte l'uomo che aveva di fronte a sè e ogni cosa
sulla quale posava lo sguardo.
Il suo viso, squadrato con i caratteri come uno dei
serpenti che tanto amava, era scarno e scheletrico
mentre le mani erano appoggiate elegantemente ai braccioli della poltrona
mentre le dita tamburellavano distrattamente, dita scheletriche e smunte di un
sospetto colore pallido.
Voldemort
sapeva che il suo aspetto stava deperendo.
Sapeva che ben presto gli effetti della
pozione ringiovanente si sarebbero presto spenti. Sapeva che il suo
aspetto aveva i giorni contati e che se non avesse
bevuto altra pozione avrebbe perso quel corpo.
Pensò a Harry Potter, alla firma che aveva lasciato in lui, alla sua
'parte' che aveva imbrattato il suo sangue e la sua mente.
- Cosa vuoi dirmi, Lucius? -
Lucius
Malfoy si tolse il cappuccio dalla testa, mettendo in
mostra i lunghi capelli biondo- argentati, occhi di
metallo duri e freddi divennero umili di fronte a Voldemort,
colui che serviva e che avrebbe sempre servito.
Accanto a lui avrebbe ripulito la sporcizia
che stava imbrattando il Mondo Magico. Accanto a lui la morte non sarebbe stata
temuta. Accanto a lui il Potere sarebbe cresciuto di giorno in giorno.
Lucius
lo sapeva.
Era uscito quell'estate
stessa dalla prigione di Azkaban, prosciolto
da tutte le accuse e aveva riacquistato tutto il prestigio e il
potere che aveva precedentemente occupato.
Era tornato colui che era
stato, temuto, rispettato, un temibile avversario, un potente alleato.
Tutto per merito di Silente.
Lucius ghignava
ogni volta che ci pensava.
Quello sciocco e sentimentale Silente non aveva permesso che Harry Potter, l'innocente piccolo Potter,
salvatore del Mondo Magico, potesse testimoniare nel processo per il suo
rilascio.
No, il piccolo Potter era
troppo scombussolato per poter testimoniare.
E
così a testimoniare c'era andato un branco di mocciosi incapaci e balbettanti:
gli ultimi Weasley, un tremante Paciock,
la so- tutto- io Mezzosangue e la strampalata Lovegood.
Nessuno della giuria aveva creduto a una sola parola di quei ragazzi, anche se i giudici erano
andati vicino a credere alla Mezzosangue.
Ma
pochissimi votarono contro il rilascio di Malfoy e
altri come Goyle, Tiger, Mulciber, McNair, Avery e Nott, tutti scagionati
con il ripristino del loro precedente prestigio.
Silente si era di nuovo
comportato da vecchio sentimentale, come l'Oscuro Signore aveva
predetto.
Ad ogni errore di Silente loro guadagnavano punti
preziosi.
Più prestigio, più potere, più influenza.
Più potere.
E gli undici Mangiamorte
ancora ad Azkaban fuggirono una seconda volta dalla
prigione di massima sicurezza, aiutati dall'esterno dai mangiamorte
liberi e dall'Oscuro Signore, dall'interno, da una vasta rete di spie che riuscì ad introdurre nel carcere i Dissennatori,
loro alleati, e distrarre gli auror che sorvegliavano
il carcere mentre i Mangiamorte fuggivano da Azkaban per l'ennesima volta.
Nessuna spia fu riconosciuta.
Lucius
ghignò interiormente al pensiero di quello sciocco di Silente.
Se solo avesse fatto testimoniare Harry Potter...
Era influente e una sua parola valeva quasi quanto
quella di Silente stesso.
Ma no, Harry Potter non fu chiamato a testimoniare, non fu nemmeno
avvertito, l'abbonamento alla 'Gazzetta del Profeta'
disdetto, nessuna risposta ai suoi gufi concitati, nessuna
lettere recapitata dalla bianca Edvige, anzi, il suo sequestro.
- Sì, Lucius, dobbiamo la
tua liberazione a Silente - disse Voldemort.
Lucius
alzò lo sguardo da dove era inchinato. Sapeva che Voldemort
era un ottimo Legilimens e sapeva entrare nelle menti
delle persone anche senza un contatto visivo diretto agli occhi della sua
vittima.
- Sì, mio signore -
- Cosa volevi dirmi, Lucius? - chiese impaziente Voldemort.
- Il clan dei giganti è completamente alla nostra mercè, mio signore. Rodolphus e Mulciber sono riusciti a soggiogare tutti i clan dei
giganti -
- Ottimo - commentò Voldemort.
Non disse altro e in quel momento occhi gialli di
rettile scintillarono nell'oscurità.
Nagini
sibilò e si avvicinò con sinuosa eleganza al suo padrone, imponente e
bellissima come mortale e doloroso era il suo veleno fatale.
- Nagini... - la chiamò Voldemort. Il serpente si sollevò per cercare il tocco del
suo padrone.
- Nagini... - ripetè.
Nagini
sibilò di soddisfazione al freddo tocco della mano destra di Voldemort e si accocolò ai suoi
piedi come un qualsiasi animaletto di compagnia anche se i suoi occhi
rimanevano vigili e sospettosi.
- Anch'io stavo pensando a
Potter - disse Voldemort.
Lucius
annuì.
- Draco mi ha riferito
che Potter è cambiato molto. Disdegna ogni contatto
con i suoi amici, disdegna Silente, cerca la quiete della solitudine, cova
odio, rancore e rabbia dentro di sè... -
- Lo so, Lucius - replicò
Voldemort con un accento secco nella voce divenuta
raspante - So che ormai l'odio e la rabbia che prova stanno
crescendo a dismisura. So che sono così forti dentro di lui che lui stesso sta
cominciando a perdere potere sulle sue emozioni. So perfettamente che il suo
lato oscuro sta prendendo il sopravvento -
- Lato oscuro, signore? -
- Sì. Potter è un'arma
potente che può ancora essere plasmata - ribattè Voldemort ghignando malvagio - E forse tocca proprio a noi
dargli i principi dell'educazione -
Lucius
spalancò gli occhi grigi con sorpresa: - Signore... non capisco
-
Voldemort
si alzò, cominciando a camminare lentamente verso la finestra. Giunto davanti a
quella, ghignò come preso da un'idea particolarmente malvagia ma che gli
avrebbe dato molta soddisfazione.
- Vedi Lucius, tu non sai
quanto sia profondo il marchio che ho posto in Potter. Nè tu nè
nessun altro lo sa. Lui è un piccolo Principe
Oscuro -
Lucius
era ancora sorpreso.
- La cicatrice che porta non è
solamente un vincolo che ci unisce ma anche il marchio che lui mi APPARTIENE.
Lui ha dentro di sè un 'pezzo'
di me. Lui è il MIO Principe Oscuro. Capisci cosa intendo, Lucius? -
Lucius
capì.
- Sì, signore. Potter sa
parlare come voi il serpentese, una lingua antica e
venerabile parlata dallo stesso Salazar Serpeverde e ha dimostrato più volte di avere dentro di sè una rabbia incontenibile che, una volta scatenata,
nessuno mai potrà contenerla -
Voldemort
rise freddamente, soddisfatto della perspicacia del suo servitore: - Esatto, Lucius. Lui è potente. Più potente di
Silente. È l'Erede di Salazar Serpeverde,
è il MIO erede -
Silenzio.
Lucius
era sorpreso.
Potter,
l'erede di Voldemort? Potter
il Principe Oscuro?
- Avverto la tua sorpresa, Lucius
-
- Io... signore, io sono molto sorpreso -
- Potter è una creatura
oscura. Io l'ho designato e in sè, nonostante tutto,
ha me. È l'arma della distruzione, è puro potere, un potere oscuro e molto
difficile da governare. Nemmeno Silente ne è in grado.
E cerca di guadagnare tempo. Ma
non può riuscirci, solo Potter può -
Strinse i pugni forte,
furioso.
- Ora è giunto il momento di reclamarLO -
- In che modo, mio Signore? -
- Avrò bisogno di tuo figlio, Lucius.
Avrò bisogno di Draco - e una risata fredda gorgogliò nella sua gola.
La palesò e Nagini sibilò
come se sentisse il grande calore del padrone.
- Potter è NOSTRO. Con
lui saremo invincibili -
Harry
si sentiva continuamente in ansia in quei giorni come se aspettasse da un
momento all'altro che accadesse qualcosa.
Qualcosa di buono per lui.
Si toccò la cicatrice. Che
fosse una sensazione non sua? Che fosse Voldemort?
Cercò di non pensarci e si concentrarsi sul volume
polveroso di trasfigurazione che stava leggendo per una ricerca per la McGranitt in una parte deserta della biblioteca, lontano da
sguardi indiscreti e impiccioni ma soprattutto lontano da Hermione
e Ron che occupavano un tavolo
accanto alla finestra immersi in una fitta conversazione con altro di Grifondoro.
Fuori il tempo era uguale a
quello del giorno prima: pioveva senza interruzione sul terreno bagnato
già dalla pioggia del giorno prima anche se il cielo non era scosso da lampi o
tuoni, ma più che altro di diverso c'erano le nubi.
Scure, oppressive.
Come se presagissero qualcosa di inaspettato
che si stava formando da poco.
Cercò di non pensarci e concentrarsi sulla lettura
del capitolo.
No, non ci riusciva.
Questo perchè alcuni
bimbetti dei primi anni stavano sghignazzando senza ritegno nel tavolo poco
lontano dal suo, come se fossero soli in biblioteca.
Detestava la mancanza di silenzio.
Si era appostato in biblioteca proprio per la
quiete che vantava di esserci, non per dover udire ancora quelle patetiche
risatine da menomati mentali.
Cercò con lo sguardo Madama Prince,
la severa bibliotecaria, ma in quel momento non c'era oltre il bancone.
Sbuffò.
Tentò di tornare alla lettura del libro ma
nulla da fare.
Sentì la rabbia che credeva sopita cominciare
a scorrergli nelle vene come un potente veleno e un fulmine si abbattè sulla Foresta Proibita.
Se solamente Malfoy non
lo avesse trovato nel suo nascondiglio ora
avrebbe potuto essere solo nella stanza a pensare e leggere quel benedetto
libro in santa pace.
Altri lampi lampeggiarono.
Con grande sollievo
di Harry, Madama Prince entrò
nella biblioteca e, individuati subito i molestatori ridarelli,
si diresse verso di loro, il collo pulsante in vene di rabbia.
Harry
sorrise, soddisfatto, mentre i bambinetti uscivano di
corsa dalla biblioteca mentre i loro libri, stregati dalla bibliotecaria, li
inseguivano battendo sulle loro teste.
Si accocolò soddisfatto
sulla sedia per potersi dedicare finalmente al libro.
Ma
fu interrotto nuovamente.
Draco
Malfoy fece il suo ingresso in biblioteca,
accompagnato come al suo solito, dalle sue guardie del corpo, entrando con aria
tracotante e perfetto ghigno sul volto.
Fece scorrere il suo sguardo, come
alla ricerca di qualcuno ben preciso e, soffermatosi su Harry
Potter, ghignò ancora più
lascivamente.
Fece un cenno a Tiger e Goyle, che si diressero verso il tavolo dei Grifondoro mentre lui avanzava elegantemente per la
biblioteca verso Harry, sededoglisi
davanti.
- Ciao Potter -
Harry
alzò lo sguardo dal tomo polveroso e fissò gli occhi metallici del suo nemico al di là del tavolo. Non rispose al saluto e tornò con noncuranza
a leggere.
- Come avrai notato non ho
detto a nessuno del tuo nascondiglio nè ti ho tolto
punti - continuò imperterrito Draco. Riuscì ad
ottenere l'attenzione dell'altro ragazzo.
- Perché? - chiese senza
riflettere Harry.
Draco
ghignò: - Perchè no? -
Harry
lo fissò qualche attimo negli occhi, come per sondargli la mente o per
aspettarsi altre delucidazioni che non vennero.
Tornò a leggere il capitolo con apparente
tranquillità ma con in realtà l'animo in subbuglio.
Perchè
non aveva fatto niente? Perchè nessuna sottrazione di
punti, nessuna punizione, nessuna soffiata ai professori o al preside?
- Ma voglio qualcosa in
cambio -
Harry
alzò lo sguardo dalle pagine ingiallite e dai bordi ammuffiti. Non se lo
aspettava.
- Cosa, sentiamo -
Draco
ghignò lascivamente, come un gatto quando gioca con il
topo: - Voglio che ti trovi nella Torre di Astronomia alle 22, solo -
Harry
rimase basito.
Cos'era, una proposta?
Sentì una strana sensazione di potere. Cos'era?
Guardò gli occhi metallici di Draco
Malfoy.
C'era qualcosa dietro quelle iridi calcolatrici,
qualcosa che non percepiva ma sapeva di inganno, di
segreto, di corrotto.
Che
lo volesse consegnare a Voldemort? Possibile. Che poi lo volesse torturare e poi uccidere? Possibile. Che lo volessero imprigionare e divertirsi con il suo corpo?
Probabile. Che fosse tutto un piano per adescarlo? Una
certezza.
Qualcosa lo spinse a ghignare.
Lo fece.
- Va bene - e fuori, smise di piovere.
Draco
rimase un attimo interdetto da quel ghigno e da quella consapevolezza nascosta,
come se Potter SAPESSE ma volesse
farlo lo stesso.
Perchè?
Non disse altro, perse il suo ghigno, si alzò in
piedi e si diresse al tavolo degli amici Grifondoro,
occupati in quel momento in un'accesa discussione con Tiger
e Goyle.
Aggiunse una battuta, facendo scattare in piedi Ron, pronto a scagliarglisi
contro ma l'intervento di Madama Prince fu
proverbiale e, mentre i Grifondoro subirono una bella
lavata di capo per il baccano che aveva fatto, i tre serpeverde,
nel frattempo, uscirono dalla biblioteca.
Un attimo prima
di uscire, Draco lanciò uno sguardo a Harry Potter.
Si accorse che lo stava osservando.
Gli occhi smeraldo erano
consapevoli, erano freddi, erano fuoco.
Uscì dalla biblioteca, sperando che tutto andasse
come progettato.
Un piano perfetto. E lui
aveva fatto la sua parte.
- Signore, Potter ha
abboccato -
Voldemort sorrise malignamente una volta che la voce fredda
di Bellatrix Lestrade
irruppe nella quiete della stanza oscura.
- Draco ha fatto quanto
richiesto, quindi -
Lucius
annuì compiaciuto.
Bellatrix
sorrise: - Signore, passiamo alla seconda parte del piano? -
Voldemort
accarezzò con lenti movimenti la testa squamosa di Nagini:
- Procedete -
Una pozione gli fu porta.
Harry
camminava speditamente per i corridoi osservando e imprimendo nella sua mente
ogni particolare, ogni ubicazione di oggetti, ogni
disposizione come se fosse l'ultima volta che li vedesse.
E
forse era così.
Forse Voldemort lo voleva
uccidere.
E Harry ancora era
stupito di aver dato la sua approvazione a quell' 'appuntamento notturno',
in fondo sapeva che era tutta una trappola e allora perchè?
Pensò che fosse parte della costrizione di Voldemort, un oscuro manipolazione
delle sue decisioni. Voleva che lui accettasse, aveva capito che lui aveva
collegamenti mentali, che avvertiva i suoi stati
d'animo. E lo aveva preso in giro per l'ennesima
volta.
E Harry di nuovo ci era cascato.
Si bloccò in mezzo al corridoio buio nell'oscurità
della notte nera, tempestosa, cupa.
Ripensò a quando si sentiva spensierato, a quando
poteva ridere, a quando chiacchierava spensieratamente con Ron
o Hermione, a quando sapeva di essere solamente Harry Potter e non un ragazzo
contaminato.
Erano così lontani quei tempi quando la sua vita,
bene o male, poteva dirsi tipica di un adolescente. Poteva
ridere, poteva parlare con i suoi amici di sempre, confidarsi, fidarsi,
poteva ridere, sorridere, abbandonarsi ai piccoli problemi quotidiani come
l'interrogazione incombente di pozioni, poteva ancora sfrecciare nel cielo in
sella alla sua Firebolt, sentire la fredda aria
lambirgli la pelle, l'euforia di volare, l'eccitazione di stringere le sue dita
attorno alla piccola pallina dorata.
Ora era tutto diverso. LUI era diverso.
Non poteva più ridere, nè
sorridere, nè parlare e confidarsi, non poteva più
salire in sella alla sua amata Firebolt, non più
partite di Quidditch, non più volare, non più
acchiappare il boccino, non più l'euforia o l'eccitazione, non più poter essere
il ragazzo spensierato che era prima, non più potersi
fidare delle persone.
Era l'ombra di quello che era un tempo.
E
ad un punto di non ritorno.
Chi avrebbe pianto per la sua morte? Probabilmente
poche persone. Ma per quelle poche persone aveva
lasciato qualcosa.
Qualcosa che non si sarebbe
logorato con il trascorrere del tempo. O
almeno lo sperava. Perchè il suo ricordo era stato
soppiantato da quello che era ora: un'ombra, una creatura segnata, un riflesso
di quello che era un tempo.
Niente di più, niente di meno.
Rincominciò a camminare pensando a tutte le persone
a cui voleva bene e a cui avrebbe sempre voluto bene.
Non pianse ma sentiva comunque il cuore piangere e
gridare e soffrire e lacerarsi e sanguinare e cadere in frantumi.
Era giunto nella Torre di Astronomia.
Controllò l'orario: 22 precise.
Non c'era nessuno. Nessun Draco
Malfoy.
Decise di controllare con la Mappa del Malandrino
ma prima che la potè pronunciare la formula che
avrebbe fatto disegnare la Mappa sulla pergamena ingiallita, sentì un movimento
e un incantesimo.
- OBLIVION! -
Vide per ultima cosa un giovane dai capelli
biondissimi puntargli la bacchetta, a qualche passo di distanza.
E
Harry cadde a terra senza un lamento, colpito in
pieno petto dall'incantesimo di memoria.
E
fu sommerso da un limbo senza fine.
Nello stesso istante in cui Harry
veniva colpito dall'incantesimo oscuro, Voldemort scoppiò in una risata.
Era suo. Suo. SUO.
Ora aveva Harry Potter.
Il suo principe oscuro.
Il suo regno stava per iniziare, al fianco del SUO
Principe Oscuro. Il suo piccolo e dolce Principe Oscuro.
La sua arma.
Il suo e solo suo Principe delle Tenebre.
Ora bastava educarlo ai suoi principi e sarebbe stato tutto perfetto.
- Mio... mio... mio... -
- CHE COSA STA SUCCENDENDO
QUI? -
Draco
si morse il labbro. Questo non doveva accadere. Un'interruzione, maledizione!
Ma tirò un sospiro di sollievo quando si accorse
che a parlare e entrare nella stanza era Severus Piton.
- Severus! - esclamò Draco - Devi aiutarmi! - accennò a Harry,
abbandonato fra le sue braccia.
Ma, con grande sorpresa di
Draco, Piton non lo aiutò,
lo guardò, quello sì, ma non fece altro. Poi, inaspettatamente, si fiondò accanto ad Harry, controllando febbrilmente il suo battito cardiaco.
Normale per fortuna.
- Che cos'è successo? -
Draco
spalancò gli occhi ma riacquistò velocemente il suo sangue freddo: - Te ne parlerò
dopo, ora, dammi una mano che devo portarlo via di qui prima che arrivi qualche
impiccione -
Ma
Piton non sembrava intenzionato a cedere anzi: - Dove
lo devi portare? -
- Dall'Oscuro Signore, ovvio - ribattè
sorpreso Draco - Ma non te ne ha parlato? -
Piton
fece una faccia indescrivibile.
Maledizione, era arrivato troppo tardi! Aveva
saputo dell'attentato a Harry poco
tempo prima, quando Voldemort lo aveva
chiamato al suo cospetto, esponendogli il suo piano per conquistarsi Harry Potter e designarlo suo
erede, il suo 'Principe Oscuro'.
Appena saputo si era fiondato
a Hogwarts e corso per arrivare alla Torre di Astronomia e sventare l'attentato ma niente, era arrivato
troppo tardi.
Poteva solo fare una cosa: sollevò la bacchetta e
fece per puntarla su Draco quando entrarono nella
stanza Bellatrix Lestrage e
Lucius Malfoy,
probabilmente attraverso una passaporta.
- Severus! Draco! - esclamò Lucius - È
fatta? -
- Certo padre - disse con una nota di orgoglio Draco.
Bellatrix sorrise con gli occhi che riflettevano la sua
pazzia: - Dobbiamo portarlo subito dal nostro Signore... lo vuole subito.
Prima che qualcuno ci scopra e prima che gli effetti dell'Oblivion
scompaiano -
Lucius
estrasse dalla tasca del suo mantello una spilla argentata che Piton riconobbe come passaporta.
Era tutto finito. Non poteva lottare contro Lucius Malfoy e Bellatrix Lestrage a meno che...
Ma tutti i suoi propositi andarono per
l'ennesima volta a monte quando Lucius
fece toccare la spilla a Bellatrix, Draco e Harry, ancora esanime.
- Severus, coprirai tu
l'assenza di Draco - disse e Severus
fece per ribattere quando ormai i quattro erano scomparsi.
Tutto era perduto.
Harry non sarebbe stato più
lo stesso.
Ma
qualche speranza ancora c'era.
Cominciò a correre verso l'ufficio di Silente.
"Fa che non sia troppo tardi..." pensò ed entrò nell'ufficio dopo aver superato i gargoyle all'ingresso. Trovò il preside in compagnia della McGranitt, Lupin, Moody, Tonks, Kigsley,
Fred, George, Arthur e Molly, e Ron, Hermione, Ginny e Neville.
Sembrava aver interrotto una conversazione che
aveva per argomento Potter.
Non diede a nessuno il tempo di parlare.
- HANNO CATTURATO POTTER! -
Nessuno parlò ma tutti lo seguirono mentre usciva
dalla porta, tutti tranne gli amici di Harry e Molly Weasley.
- Dove, Severus? -
- Malfoy Manor -
Quando
Harry riaprì gli occhi prese mentalmente nota che non
aveva la più pallida idea di dove fosse.
Attorno a sè vedeva
sfocati arazzi e sfocata mobilia di un castello ma non riusciva a capire dove
fosse.
Poi, quando si soffermò a pensare constatò di non sapere nemmeno il suo nome!
Scattò a sedere, terrorizzato ma continuava a
vedere sfocato.
Perchè?
- Tutto bene, mio Principe Oscuro? -
Harry
alzò la testa repentinamente, strizzando gli occhi per mettere a fuoco la
stanza e capire a chi appartenesse quella voce.
- Non ci vedi perchè
non porti gli occhiali -
Harry
si sentì percorrere da un brivido freddo mentre mani diafane si prodigavano a
fargli indossare un paio di occhiali. Dopo averli
indossati, Harry si sentì molto meglio.
Vide tutto nitidamente, dal volto del giovane che
aveva davanti alla panoramica della lussuosa camera da letto.
Si soffermò a fissare intensamente il giovane che
aveva di fronte.
Capelli neri e occhi come braci.
- Ehm... scusa ma non mi ricordo chi sei -
Il ragazzo ghignò e si sedette accanto a lui,
fissandolo intensamente negli occhi: - Non ricordi nulla? -
Harry
scosse la testa.
- Nemmeno il tuo nome? -
Harry
scosse nuovamente la testa.
Il giovane non sembrò del tutto sorpreso, gli prese
la calda mano fra la sua, fredda e incolore, lunghe dita scarne:
- Tu sei il mio Principe Oscuro -
Harry
lo fissò senza capire.
Il giovane sorrise,
passandogli un dito freddo sulla guancia: - Ora ti racconterò tutto io... ogni
singola cosa. Ma dobbiamo fare in fretta, qualcuno che ti vuole fare del male
sta arrivando qui... -
Harry
spalancò gli occhi ma non disse niente.
Il giovane cominciò a raccontare mentre Harry pendeva dalle sue labbra. Ogni pausa significativa, ogni frase, ogni parola era per Harry pura verità. Non trovò in quelle parole inganno.
Tutto era pura verità.
E
ad ogni parola sentiva la rabbia e l'odio scorrere nelle sue vene.
Il cielo, prima sereno, s'incupì bruscamente.
- Hai capito tutto, mio piccolo Principe Oscuro? -
terminò il suo racconto il giovane.
- Sì, mio signore. Ogni cosa -
Il giovane era soddisfatto, si alzò in piedi e gli
tese la mano.
- Vieni, andiamo a
conoscere i tuoi carnefici - Harry accettò la sua
mano, prendendola subito mentre un ghigno affiorava sulle labbra e la rabbia
pulsava come fiele nelle sue vene.
- Non li voglio conoscere, mio signore. Voglio ucciderli - protestò Harry.
Il giovane ghignò, compiaciuto della sua opera: -
Ci sarà tempo per questo, mio principe -
In quell'istante entrò
dalla porta un altro giovane, biondo, occhi metallici, fermi, duri, che non
lasciavano trasparire alcuna emozione.
- Lui è Draco Malfoy - gli sussurrò il giovane moro. Harry
annuì.
Draco
sentì un sussulto colpirgli il cuore ma non lo lasciò trapelare: - Mio signore,
mio principe, sono arrivati Silente e il suo Ordine -
Harry
prese il suo mantello, indossandolo mentre il giovane diceva: - Torna pure a Hogwarts, Draco - Draco accennò un inchino e gettò uno sguardo a Harry.
I loro sguardi si incrociarono
e rimasero incatenati.
Fu il giovane moro ad attirare l'attenzione di Harry. Gli porse la mano dicendo con un ghigno malvagio: -
Andiamo, mio principe. Andiamo ad accogliere i nostri ospiti e a salutare la
nostra corte -
Harry
ghignò e prese la sua mano.
Draco
capì che l'Harry suo nemico se n'era andato per
sempre e nel vedere quel NUOVO Harry davanti a lui,
malvagio e ricolmo d'ira, sentì che la sue fedeltà
sarebbe stata sempre per lui.
Poi fissò le loro mani. Incatenate.
Sentì qualcosa sgretolarsi nel suo cuore.
Ma
una cosa la sapeva: lui avrebbe sempre servito il piccolo Principe Oscuro.
Mentre Harry scendeva le
scale con il giovane Tom al suo fianco
vide le persone raccolte ai piedi delle scale.
Odio e rabbia.
Sentiva Potere scorrere nelle sue vene.
- Ecco il mio Principe Oscuro, Silente - disse Tom e alla risata fredda si unirono gli altri mangiamorte dal capo coperto e il giovane Harry ghignò.
Il cielo fuori era cupo e tempestoso come il
cuore di Harry.
Tuoni e fulmini.
Un cielo senza possibilità di rivedere la
luce.
...O sì?
THE END (?)
Mistress Lay
Che
ne pensate? Vale il seguito? (avrei già un'ideuzza in
mente...^^)
Fatemi sapere!!!!
Nota
del 10/06/06 – Di questa fic, grazie alle tantissime recensioni
che hanno preteso un continuo, è nato un sequel. Lo
trovate sotto il titolo ‘Flores Amissi’! ^^