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Autore: BloodyMoon    18/11/2009    4 recensioni
"Non avrai creduto davvero parlassimo di te, mia dolce Daphne."
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Daphne Greengrass, Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stritolò il pezzo di pergamena in una mano mentre, a passi volutamente pesanti, si allontanava dal suo dormitorio, cercando di porre la maggiore distanza possibile tra sé e gli abitanti di quel luogo, incurante di trasgredire al coprifuoco.

Non avrai creduto davvero parlassimo di te, mia dolce Daphne.

No di certo, perché mai avrebbero dovuto riferirsi alla loro figlia maggiore, bella, intelligente, che aveva passato la sua vita cercando di rendere i suoi genitori fieri. Oh no, avere voti alti era precisamente un suo dovere, quanto ci si aspettava dall’erede di una famiglia purosangue come quella dei Greengrass. Che poi non avevano tutto questo potere, si potevano definire mediamente aristocratici, più per apparenza che per realtà, ma suo padre sembrava fermamente convinto di valere qualcosa in quel piccolo mondo di generazioni e generazioni di ricchi e pomposi individui con la puzza sotto il naso.

Certo fare la ritrosa con Draco Malfoy non aveva aiutato.

Affondò i denti nel labbro inferiore, le lacrime che cominciavano a scorrerle sul viso di porcellana a causa del nervoso che sentiva montare dentro di lei, mentre stritolava ancor di più quella carta straccia tra le sue mani, quasi conficcandosi le sue lunghe e curatissime unghie nella carne, attraversando la cellulosa.

Quanto avrebbe desiderato ci fosse la testa della sorella al posto di quella lettera.

La cara Asteria era stata proprio una figlia e una sorellina modello. Daphe aveva sempre – stupidamente! – creduto che l’affetto che provavano l’una per l’altra sarebbe andato oltre persino agli ordini che il padre amava tanto impartire e che Asteria amava tanto eseguire. Daphne aveva davvero provato a farle capire che non serviva, che ci era passata anche lei, e che più si aspettava parole orgogliose più ne sarebbe rimasta delusa. Aveva provato in tutti i modi a impartirgli quella lezione, utilizzando tono annoiato, arrabbiato, di rimprovero, comprensivo, dolce, persino lacrimevole, e sussurrando, urlando, osservandola o stringendole il braccio. A nulla era servito. Ma sembrava che fosse proprio la sorellina ad aver avuto ragione.

Signore e signori, ecco il premio. Draco Malfoy.

Il ragazzo per cui aveva una cotta colossale fin dal loro primo anno. Così come il resto del dormitorio femminile di Serpeverde, ovviamente, ma lui sembrava avere occhi solo – o almeno in gran parte – per lei. E quel risultato era frutto di anni e anni di lavoro, passati a provocarlo, con occhiate e soffici parole, senza poi concederglisi, mentre era la cosa che più avrebbe desiderato fare.

Poi era arrivata la sorella minore, Asteria Greengrass, quattro chilometri di gambe e un cervello non funzionante se non per eseguire gli ordini. No, la sua sorellina non era sempre stata così. C’era stato un tempo in cui ancora non la superava in altezza, e le aveva voluto gran bene. Ma ora, era proprio lei a rubarle la cosa a cui più teneva. Cominciava a pensare di essere lei il problema. Se lei fosse finita a Corvonero – fosse stato anche solo per la testardaggine nell’essere perfetta per compiacere la famiglia – di certo i genitori non sarebbero stati così contenti. Ma con Asteria tutto sembrava essere diverso, lei era speciale.

Pensavo fosse chiaro che parlavamo della nostra piccola stella, Asteria. Lei è sicuramente la più adatta a portare avanti la discendenza della nostra famiglia con una tanto prestigiosa come quella dei Malfoy. E poi, il giovane Draco sembra parecchio interessato alla tua dolce sorellina, fascino che, mi dispiace dirlo, tu non sembri più esercitare su di lui.

Loro madre era svenevole perfino in una lettera del genere, dove distruggeva tutte le sue illusioni. Eppure, accartocciando quella pergamena tra le mani, le parole non sembravano abbandonare la sua testa, né svanire come non fossero mai esistite.

Si asciugò le lacrime con un gesto secco, irritato, della mano libera, cercando di riprendere un minimo di contegno almeno fino a che non avesse raggiunto il bagno più vicino dove, decise, si sarebbe calmata, si sarebbe aggiustata il trucco e avrebbe ponderato la situazione.

Fece appena in tempo a prendere quella decisione che svoltò l’angolo e si ritrovò a scontrarsi contro qualcuno e a barcollare. Evidentemente nemmeno il fragoroso rumore dei suoi passi aveva aiutato lo sconosciuto ad accorgersi dell’avvicinamento della furia chiamata Daphne Greengrass.

L’altra persona le circondò la vita con un braccio possente, impedendole così di cadere a terra. Chiaramente, però, in quanto Serpeverde e in quanto colta in un momento tanto umiliante per lei, Daphne non era del tutto in grado di sopportare oltre una pessima giornata.

Sarà facile comprendere quindi, come le lacrime, che un attimo prima si erano fermate, ripresero a scorrere sul suo viso. «Ma perché tutte a me?» domandò in un sussurro a se stessa, con espressione desolata, senza aspettarsi di trovare una risposta, per poi aggiungere un poco gentile «Stai attento a dove vai». E sarà altrettanto semplice immaginare la trasformazione del suo viso nel momento in cui si accorse di come il suo Salvatore – o colui che aveva attentato alla sua vita, a seconda dei punti di vista – non fosse uno studente qualsiasi, ma Harry Potter.

«Ehm…» fu l’astuta risposta del Grifondoro, che si limitò a guardarla per qualche istante, forse senza sapere bene come reagire di fronte ad una scena del genere. Serpeverde, probabilmente del suo stesso anno e sicuramente già incontrata, lunghissimi e morbidi capelli biondi – poteva percepire la loro consistenza perché gli sfioravano la mano che le circondava la vita stretta –, viso di porcellana, acceso da due lucidi occhi azzurro cielo, contornati da strati di trucco nero sbavato. Mai avrebbe pensato di poter definire un Serpeverde tenero, anche se si trattava di una ragazza. Incerto se essere lui causa del suo crollo emotivo, rimase quindi in silenzio, con espressione un po’ strana – a parere di lei – fermo a fissarla.

«Lasciami, Potter.» Ordinò lei, perentoria, la sua voce era leggermente più bassa di come doveva essere normalmente, a causa del magone.

«Come?» rispose lui, perplesso.

«Ora puoi lasciarmi andare.» ripeté, pazientemente, divincolandosi un po’ dalla sua presa sicura. Non era mai stata tanto vicina a Potter prima di quel momento. Né si era mai accorta che avesse degli occhi verdi tanto belli dietro quegli occhiali a fondo di bottiglia, né delle braccia tanto forti per il fisico asciutto che si trovava, come aveva avuto prova nel momento in cui, per non cadere, aveva chiuso le mani attorno alla sue braccia, aggrappandosi a lui.

«Oh, certo!» esclamò lui, come riprendendosi dai suoi pensieri o dall’ammirarla, lasciandola andare quasi di colpo, facendosi roseo in viso. Si passò una mano dietro la nuca, in chiaro senso di imbarazzo, e si schiarì la voce, mentre Daphne si allontanava di un passo e spostava il peso tutto su una gamba, braccia incrociate al petto. Non era troppo alta, ma aveva un bel corpo formoso nei punti giusti, pur apparendo piuttosto magra, si rese conto Harry in quel momento, per quanto poteva immaginare sotto gli strati della divisa della ragazza – che però sembrava, stranamente, essere costituita da una gonna più corta del normale, che metteva in evidenza le gambe snelle. Sentendosi ancora più in imbarazzo, parlò.

«Tutto bene?» fu tutto quello che gli uscì, dandosi mentalmente dell’idiota, ma cercando di riprendere pian piano sicurezza, ricambiando lo sguardo indagatore della ragazza, che divenne perplesso.

«…No.» si ritrovò a dire in uno sbuffo, quasi contro la propria volontà, piegando le ginocchia e praticamente accovacciandosi per terra. Si passò una mano tra i lunghi capelli biondi, in un chiaro gesto di esasperazione, allontanando la chioma dal viso, dove si leggeva una nota di disperazione. Gli occhi chiari si fissarono di fronte a sé, quasi si fosse dimenticata di aver di fronte un Harry Potter che la fissava senza ben sapere come reagire alla sua disperazione – che sembrava averle fatto dimenticare persino del trucco colatole dagli occhi – o, meglio, alla sua aperta dichiarazione di pessimo stato d’animo.

«Mh.» Potter fece qualche passo, come per andarsene ma sembrò cambiare idea e avvicinarsi a lei.

«Posso fare qualcosa per aiutarti?» domandò quasi gentilmente.

Daphne alzò lentamente lo sguardo su di lui, dal basso verso l’alto, e inarcò un sopracciglio.

«Chiaramente non ho bisogno di un Grifondoro ligio al senso del dovere, men che meno se si tratta di un Harry Potter con la mania del salvatore…» gli fece notare lei, in tono piatto, come se per lei fosse un dato di fatto e non una vera e propria offesa.

Harry si agitò un altro po’, non sapendo come reagire alla – provocazione?, senza nascondere un’espressione irritata. Calò il silenzio tra di loro, la Serpeverde continuò a fissarlo, e chissà se per il visetto velato di tristezza di lei o per orgoglio Grifondoro, si sedette di fronte a lei, a gambe incrociate, sfilandosi la borsa che posò a terra lì vicino, preparandosi ad una lunga serata.

Vagamente sorpresa, la ragazza inarcò le sopracciglia, seguendo i suoi movimenti, ma senza commentare, come se per lei la sua presenza fosse indifferente, anche se, tra sé e sé, ammise che era piacevole sapere esserci qualcuno che si preoccupava per lei. Era inaspettato si trattasse di Potter, il re dei Grifondoro, ma non voleva mettersi ad analizzare quello fatto bizzarro. Non le interessava e non aveva voglia, aveva cose più importanti a cui pesare.

Passò qualche minuto senza che nessuno dei due dicesse niente. Si limitarono ad osservarsi e a farsi compagnia l’un l’altro, non del tutto a proprio agio, un po’ non essendo abituati alla pacifica presenza di un componente della Casa avversaria, e un po’ perché tendevano le orecchie per assicurarsi che il silenzio nel corridoio non venisse interrotto da Gazza e dalla sua malefica gatta.

Non voglio la tua pietà.» disse lei ad un certo punto, piuttosto duramente, arrivando alla conclusione che fosse l’unica motivazione che lui avesse per rimanere. Si passò delicatamente i polpastrelli intorno agli occhi, cercando di sistemare il trucco alla bell’e meglio.

«Non è pietà.» assicurò lui, con un leggero movimento del capo.

«E perché dovrebbe interessarti sapere cos’ho e cercare di farmi stare meglio?» continuò lei nella sua combattività, incanalando tutto il suo malumore in quelle parole acide. In realtà, se sperava di sfogarsi in quel modo, non stava funzionando, ma non ci si soffermò più di tanto, desiderando solo di scaricare tutti quei sentimenti negativi su qualcun altro.

«Perché noi Grifondoro siamo maledettamente e irritantemente altruisti. E curiosi. E tu non sei mai stata antipatica con me, non mi hai fatto niente. Anzi, in effetti siamo niente l’uno per l’altro.»

Un sorriso obliquo nacque sulla labbra a cuore della Serpeverde. «Direi che questa è una visione Grifondoro dei Grifondoro. Chiedi ad un qualunque Serpeverde e non la penserà allo stesso modo. Ma immagino sia normale per delle Case che si odiano.» Fece una piccola pausa, sempre senza smettere di osservare l’altro ragazzo. «E per quanto riguarda la mia mancata antipatia nei tuoi confronti… Non tutti seguono la massa, c’è anche qualcuno che pensa con il proprio cervello. E tu non mi hai mai fatto niente, direttamente. Anche se credo sia così perché non sapevi nemmeno della mia esistenza.»

Harry rimase un attimo in silenzio. «Beh…» cominciò titubante. «…Ammetto che i nomi non sono il mio forte.» Rispose con un sorrisetto.

Lei scosse la testa, quasi sconsolata, come se non avesse potuto aspettarsi niente di diverso da uno come lui, anche se le sue labbra erano piegate in un leggero sorriso, la malinconia dimenticata per un istante.

«Daphne Greengrass.» Si presentò lei. Lui  sembrò ricordare e annuì. «Harry Potter.» rispose, ricambiando la presentazione. Ma non c’era desiderio di notorietà o narcisismo nel dire il suo nome, come avrebbe invece considerato Draco. Sembrava che semplicemente volesse essere cortese e fare le presentazioni come si doveva, rilevò lei, accigliandosi.

«E non è vero che non sapevo della tua esistenza. Ricordo di averti vista in giro. Nel gruppo di Malfoy, più precisamente. E non pensavo ci fossero persone intelligenti intorno a lui.» Non mancò di commentare, ironico.

Daphne quasi non ascoltò tutto ciò che era seguito al suo nome.

Oh. Draco…

Aveva quasi dimenticato. Eppure ora si accorgeva della mano intorpidita dallo stringere troppo fortemente la pergamena, ma non fece segno di voler lasciare la presa, portandosi invece la mano al petto, vicino al cuore. Il Grifondoro sembrò notare il movimento, e lo seguì con lo sguardo.

«…È quello che ti fa stare male? Una lettera?» domandò con delicatezza.

Lei rimase immobile, come ancora congelata dal dolore, infine annuì, in modo rigido.

Il silenzio tornò a regnare tra loro ma nessuno dei due sembrò volerlo spezzare, anche se questa volta pareva più pesante. Lui che attendeva, paziente, che lei parlasse, se ne aveva voglia, senza sapere in ogni caso cosa dire; lei che si concentrava sul proprio respiro, per non piangere, o mettersi ad urlare – in realtà non sapeva nemmeno lei come avrebbe reagito – e infine le parole vennero fuori da sole.

«Draco sposerà mia sorella.»

Per lei fu come se, dopo averla pronunciata, quella frase avesse un’eco infinita nelle sue orecchie.

«Oh.» Daphne cominciò ad odiare le sue stupide reazioni da Tassorosso ebete.

«E tu sei innamorata di lui.» disse, e non fu una domanda. Lei non si preoccupò di correggerlo o di cercare di capire la mentalità Grifondoro riguardo all’amore; invece, abbassò lo sguardo, tentando di trattenere la rabbia. Rabbia per Draco e il suo stupido modo di comportarsi da maschio che era; Asteria per averla tradita; se stessa perché parlava dei suoi problemi con un Grifondoro.

«Lui era mio.» E fu lei a sentirsi stupida, per quello che aveva detto. Perché era la verità, e suonava terribilmente infantile.

«Tutto qui? Si tratta di proprietà?» domandò lui dopo un attimo, tra il perplesso e l’irritato.

«Non giudicarmi, non ne hai il diritto. E non si tratta di proprietà. Mi è sempre piaciuto, sempre. Ma i miei genitori hanno piani diversi. Lui, perfetto com’è, è giusto che sia promesso alla mia perfetta sorella. E mettiamo da parte la primogenita, troveremo come sfruttarla al meglio in futuro» Recitò con tono sarcastico, tutto d’un fiato, fin quasi a sentirsi stanca, la testa che sembrò galleggiare per un istante, a causa della mancanza d’aria.

«Io non me ne intendo, non ho genitori con cui fare questo tipo di discussioni. Ma penso lo facciano perché vogliono il tuo bene. E se quello che vogliono non è quello che vuoi tu non vedo perché non parlargli, ribellarti, fare qualcosa. Mettiti in gioco. Vai da Malfoy, se è lui che vuoi, e digli quanto importante è per te. Sei libera di amare chi vuoi e se i tuoi sentimenti sono sinceri non penso spariranno nel momento in cui lui non ricambierà, anche se fa male. Ma non lasciare che gli altri scelgano per te…»

Sbatté le palpebre un paio di volte, ascoltando le sue parole, percependo il tono terribilmente greve con cui pronunciò l’ultima frase.

«Non pensavo avessi certi problemi con la Weasley.» commentò ironica, non sapendo bene cosa dire, mentre si agitava un po’ sul posto. Lui scrollò le spalle, non particolarmente colpito. «È come una sorellina per me.» Non che a lei interessassero i problemi amorosi dei Grifondoro, era amante del pettegolezzo ma solo in determinati momenti, e soprattutto quando poteva trarne vantaggio; e una verità ammessa così era evidente non potesse essere utile a nessuno. Men che meno a quella poverina della Weasley che sembrava averlo mitizzato fino alla nausea. Aggrottò le sopracciglia chiare, come se stesse per raggiungere un concetto che era appena fuori dalla sua portata.

Venne distratta dai movimenti di Potter, che cominciò ad alzarsi, estraendo una pergamena consunta dalla borsa e sfiorandola con la bacchetta, mormorando qualcosa. Non lo calcolò più di tanto, irritata per essere stata interrotta nei suoi ragionamenti.

«Mh, non dovresti avere problemi nel tornare indietro, Gazza dovrebbe essere lontano da qui. Ma ti consiglio di tornare al tuo dormitorio, se non vuoi correre rischi.» Disse lui, sistemando di nuovo in borsa le sue cose ma parendo tenere qualcosa in una mano data la strana posizione che assunse l’arto ma, se così era, Potter stava trattenendo l’aria, perché non aveva nulla tra le dita. Le porse una mano per aiutarla ad alzarsi.

«Sai, non sono sicuro che Malfoy ti meriti, anche se preferisse te a tua sorella.» Affermò in tono quasi casuale.

Lei, titubante, appoggiò la sua mano sulla sua, facendo forza per tirarsi in piedi.

«Mi piaci. Per essere una Serpeverde.» disse con un sorriso che le fece strabuzzare gli occhi e la fece arrossire, reazione influenzata anche dalle parole genuine del Grifondoro. Sentì le guance diventare bollenti e abbassò gli occhi azzurri dal suo viso. Percepì la mano scivolare via dalla sua, ma quando rialzò timidamente gli occhi – lei! timida con un ragazzo? Non se lo sarebbe aspettato, anche se questi era Harry Potter – lui era sparito. Si guardò intorno per il corridoio, ma era deserto.

Storse le labbra in una piccola smorfietta, mentre passava il peso da un piede all’altro, pensando al da farsi. Poi ci arrivò: che anche lei avesse mitizzato Draco così come la Weasley aveva fatto con Potter? Rimase bloccata, immobile in mezzo al corridoio, quasi senza accorgersene. Quando si riprese dovevano essere passati un paio di minuti. Abbassò lo sguardo sul pezzo di carta ormai irrimediabilmente rovinato che teneva ancora in mano. Con un colpo di bacchetta gli fece prendere fuoco e lo guardò bruciare con un sadico senso di vittoria che ardeva nel petto, le piccole fiamme che si riflettevano nei suoi occhi azzurri, donandole delle splendide sfumature vivaci. Soddisfatta, facendo infine evanescere le ceneri, sorrise, voltò le spalle, e si diresse verso il dormitorio con una nuova convinzione.

A chi interessava avere Draco Malfoy quando lei piaceva a Harry Potter?

 

 

 

Lo so, strano ritrovarmi dopo tanto tempo nel fandom di HP, e con una one-shot non slash tra l’altro! XD In realtà sto lavorando a vecchi progetti, per cui aspettatevi il mio ritorno – anche se conoscendo i miei tempi presumo non sarà comunque troppo presto… Nell’ultimo periodo mi sono data alle nonsense, se volete dare un’occhiata… ^^

Per quanto riguarda la storia, non ho idea di quale descrizione abbiano personaggi come Daphne e Asteria (nome che trovate anche nell’albero genealogico stilato dalla Rowling, che ho preferito ad Astoria. E “la nostra piccola stella” non è casuale, dato che “stella” è proprio il significato, in quanto degna moglie di Draco XD), ma il pensiero diffuso che siano bionde mi ha convinta XD Gli occhi azzurri di Daph sono pura invenzione, così come l’ipotesi che sia più bassa della sorella minore, ma il risultato finale di come me le immagino mi convince molto ^^

Non ho approfondito la caratterizzazione né di Asteria né di Draco, spero mi perdonerete, e che vi sia piaciuto questo angolino dedicato a Harry e Daphne, che sono una delle coppie un po’ particolari che mi piacciono.

Ovviamente, sarei felicissima di sapere cosa ne pensate, si accettano commenti di qualsiasi tipo =)

Un bacio.

  
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