Ataru era a circa un metro e
mezzo di distanza da lei.
“Per quale motivo fai di
tutto per darmi fastidio?”
Lamù stette a guardarlo poi
ribatté:
“Volevo farti la stessa
domanda!”
“Eh? Ma io non ho fatto
nulla!”
“Ah no? E io cos’avrei fatto
invece, di grazia?”
“Mi stai prendendo in giro!
Ed è tutta colpa tua se sono svenuto!”
“Prima di tutto non potevo
immaginare che svenissi, quindi non darmene la colpa! E poi ti ricordo che sei
stato tu il primo ad avermi provocato!”
“E come?”
“Bisticciando con Ten, sai
che non lo sopporto!”
“E tu sai che non sopporto la
vostra cucina, e in particolare il vostro abbondare di peperoncino!”
“Certo che lo so, ma volevo
vedere fino a che punto sei ipocrita!”
“Non sono affatto ipocrita!”
“Ah no? E allora perché non
hai rifiutato il mangiare?”
“Perché avrei offeso tua
madre!”
“Quando si trattava di
offendere me però non ti tiravi mai indietro, vero?”
“E tu cosa c’entri?”
“E’ lo stesso! Sono sua
figlia, e come lei non so cucinare secondo i canoni dell’arte culinaria terrestre!”
ammise.
“Ma lei è diversa da te! E’
gentile e buona, mi dispiaceva che si offendesse!”
“E come fai a dire che io non
sono come lei?”
“Abbiamo vissuto sotto lo
stesso tetto, so bene come sei, credimi!”
“Forse non mi hai mai
capita!”
“E chi è che ti voleva
capire?! Sei tu la prima a non aver capito un tubo!”
“Che vuoi dire?”
“Voglio dire che io non ho
mai detto di volerti sposare!”
“E perché non lo hai detto
subito allora?”
Anche Lamù gli aveva detto
una cosa tanto palese…possibile che lui fosse stato l’unico a non aver capito
che bastava qualcosa di tanto semplice?
“Cribbio…ci ho provato mille
volte, ma tu non volevi sentire ragioni!”
“Non mi hai mai detto
direttamente che non avevi intenzione di sposarmi!”
“Cosa?!”
“E comunque ci sono state
tante occasioni di lasciarmi…se non volevi perché non ne hai mai approfittato?”
*Acc…colpito e affondato…*pensò.
“Lo vedi che ho ragione?”
“Senti smettila ora! E
lasciami in pace d’ora in poi, chiaro?”
“Chiarissimo, sta’
tranquillo, non sei il centro dei miei pensieri, sai?”
“Neanche tu se è per questo!”
“Bene!”
“Più che bene!”
“Benissimo!”
Rimasero a guardarsi in
silenzio, poi Lamù distolse lo sguardo e osservò il cielo notturno. Le stelle
splendevano, Nimayoho aveva sfumature infuocate e riflessi iridescenti.
“Bello, vero? E pensare che
capita solo una volta l’anno questo periodo in cui cadono le stelle, dura solo
tre notti” Lamù pronunciò quelle parole con una voce sottile e malinconica,
rivolgendole più a se stessa che ad Ataru.
Lui fissava il suo profilo
con volto inespressivo, quasi non sapesse quale sentimento voler esprimere.
Eppure da una parte pensò:
*Come sei bella, Lamù…*
Quando incontrò il suo
sguardo notò negli occhi di lei un lieve luccichio al quale però fece finta di
non badare.
Guardò il cielo, intento a
cercare le stelle cadenti di cui avevano parlato i genitori di Lamù.
Stavolta fu il turno della
ragazza di osservarlo ma, a differenza di Ataru, il viso di lei esprimeva
esattamente ciò che stava provando.
Dolore.
Un istante dopo, Lamù si
voltò istintivamente verso il cielo, e nello stesso momento vide una stella
cadente trascinare il suo bagliore verso il basso, fece appena in tempo a
formulare mentalmente il suo desiderio.
Ataru stava con gli occhi
fissi sul firmamento notturno, di certo l’aveva vista anche lui. Chissà se
aveva espresso un desiderio, e chissà se riguardava lei o meno.
Lamù cercava di costringersi
a pensare che non le doveva importare di cosa volesse lui, ma era più forte di
lei, non riusciva ad abituarsi all’idea che da lì in avanti Ataru non sarebbe
più stato il suo amoruccio e che di lì a pochi giorni lui se ne sarebbe andato.
L’atmosfera era tesa, il
silenzio stesso l’aggravava.
La bella oni abbassò lo
sguardo.
“Lamù?”
“Sì?”
“Fra due giorni…partirò”
Lamù sussultò
impercettibilmente.
“Il tempo di costruirmi la
navicella”
Ataru la vide stringersi in
una copertina tigrata che aveva indosso.
“Capisco”
“Finalmente tornerò a casa
mia e nessuna ragazza mi sfuggirà! Muahahahaahahahah!!!!” il suo tono appariva
davvero innaturale, ma l’aliena non se ne accorse.
Lamù non aprì bocca, mosse le
labbra in un lamento muto.
“AAAAAAAAAH!”
“Cosa c’è?” chiese Lamù,
voltandosi dalla sua parte.
Notò subito che aveva tutto
il capo abbrustolito.
Un attimo dopo si fece avanti
Ten con fare noncurante.
“Lamù ma hai notato come sia
fastidioso il ronzare delle mosche stasera?”
“Ten lo sai che non ci sono
mosche su Uru…”
“Mi sarò sbagliato allora!”
“Su coraggio, si sta facendo
tardi”
“Posso dormire qui anche
stasera?”
“Certo piccolino! Aspetta,
vado ad avvertire la tua mamma e torno!” e così dicendo entrò.
“Tu…maledetta pulce, io…”
“Tu cosa, Ataru?”
“Ti riduco in briciole!”
“Non vaneggiare come tuo
solito, piuttosto vedi di non importunare più Lamù!”
“Cosa?! Ma se è stata lei a
dirmi di venire qui!”
“Non ti credo affatto! E poi
ti avevamo avvisato di non venire da questa parte!”
“Ma questa casa è
immensa…come facevo a non sbagliarmi?!”
“Te l’avevamo detto! E tu
invece ci sei venuto apposta per provocare Lamù, vero?”
“Non è vero! Ti ripeto che è
stata lei a chiamarmi e…”
“Basta litigare voi due!”
tuonò Lamù tornando in veranda.
“Ma Lamù…” protestò il
cuginetto.
“Vieni Ten, vai a lavarti i
dentini così ti rimbocco le coperte!”
“Vabene…” fece Ten
allontanandosi da Ataru e rivolgendogli una fugace linguaccia che lo fece
grugnire.
Lamù stava per entrare poi
notò la faccia inebetita del ragazzo e un po’ imbarazzata gli chiese:
“Vuoi entrare?”
“Si…ok”
Ed entrò nella stanza, che
trovò piena di abiti.
“Questo è il mio armadio,
salendo quelle scalette arriviamo alla mia stanza”
Ataru la seguì e notò che la
stanza in cui passarono corrispondeva esattamente alla camera in cui era
erroneamente entrato la notte precedente.
Attraversarono anche quella
ed entrarono in una stanza più piccola, piena di pupazzetti e giochini, con al
centro un lettino dalle coperte tigrate.
“Questa è la stanza di Ten”
si limitò a dire Lamù.
Poco dopo il piccolino arrivò
come un razzo e si sistemò nel lettino.
“Cosa ci fa lui qui?” chiese
indispettito.
“Tranquillo ora me ne vado”
disse Ataru in tono accigliato uscendo dalla stanza.
Così se ne tornò in veranda
dove si accomodò su una delle poltroncine.
Lamù lo raggiunse entro pochi
minuti.
“Scusami, dovrei chiudere la
veranda…”
“Capito” e così dicendo si
alzò dalla sua poltroncina e l’aiutò a trasportarla dentro insieme all’altra.
Nel camminare a Lamù scivolò
di dosso la copertina che portava sulle spalle.
Sebbene l’avesse vista
quotidianamente nel suo bikini giallo a strisce nere, una visione simile non
poté non fargli alcun effetto…la guardò mentre si piegava a raccogliere la
stoffa tigrata dal pavimento e se la riavvolgeva addosso.
Alzando lo sguardo notò che lui
la stava guardando.
“Ataru…che c‘è?”
“Niente hai…” le si avvicinò
cautamente e le aggiustò un lembo “la spalla scoperta…”
Il contatto con la sua pelle
setosa lo fece tornare in sé…
“Oh, Ataru, grazie…”
“Beh ora non farti strane idee…lo
avrei fatto per CHIUNQUE altra!”
Il sorriso che si era acceso
sul volto della ragazza si spense in un istante.
“Giusto…” disse allora
“Buonanotte…”
“’Notte Lamù”
La ragazza attese che
saltasse sul balcone accanto per poter chiudere le tende della veranda e
rientrare.
Una volta che si fu chiusa la
porta-finestra alle spalle, Lamù andò in camera sua, si sedette sul suo letto e
iniziò a piangere sommessamente.
“Tesoruccio mio…” disse a
bassa voce “Nonostante le tue parole siano così dure non mi disilluderò mai…”.
Si sdraiò e abbracciò uno dei
due cuscini che stavano alla testa del letto a una piazza e mezza sul quale
dormiva.
Le lacrime scendevano,
implacabili, dai suoi occhi, senza accennare a diminuire, e continuarono
imperturbabili finché la giovane non si fu addormentata.
Intanto Ataru con non poca
difficoltà era riuscito a trovare la sua stanza dopo aver fatto un rapido bagno
(stava comunque cominciando a capirne un po’ di più di tutti quei corridoi e
quelle porte) e ci si era ficcato dentro e, spogliandosi in un lampo, si buttò
sul suo futon.
“Cavolo sono stanco morto, la
passeggiata con Ran e Rei mi ha distrutto!”
Gli uscì di bocca un sospiro
spontaneo.
*Cos’è stato quello strano
brivido prima? Sarà stato il suo corpo a provocarlo? Certo che ha una bella
collezione di curve quella ragazza…Oh, ma che diamine sto dicendo! Parlare di
lei come se fosse una donna qualsiasi…no,non è questo il punto… devo smetterla
di pensare a lei, punto e basta! Me ne sono liberato…lei non è più un
problema…devo cercare di pensare ad altro…non a lei…eppure…eppure…*
Ataru si girava e rigirava
nel letto…la sua testa scoppiava, assalita da quelli che parevano essere
centinaia di pensieri…ma in realtà si
trattava di uno soltanto: lei.
Voleva dormire, ma proprio
non ci riusciva.
*Certo che oggi ha fatto
caldo…eppure lei stasera aveva freddo…quante buone cose ha preparato Ran
oggi…chissà lei cosa faceva in quel momento…grrrr, a tavola mi ha fatto
arrabbiare, si è presa gioco di me facendo leva sul fatto che non potessi
reagire….maledetta!....però che bel viso aveva mentre guardava le stelle…*
Si tirò un pugno in pieno
viso.
Niente.
*E pensare che mi stava
chiamando ‘tesoruccio’…si è bloccata in tempo…sarà stata l’abitudine? O forse
prova ancora qualcosa per me?...Ataru, ma vuoi smetterla una volta per tutte di
farti queste assurde domande? Non ti deve importare nulla di quello che prova
lei, l’hai mollata, ricordi? Quindi non ci devi pensare!* ormai era arrivato a
un punto tale che si ammoniva e si impartiva ordini da solo.
Che stesse impazzendo?
Ad un certo punto si alzò di
scatto dal futon e uscì dalla stanza in preda dall’arsura.
Con difficoltà raggiunse la
sala principale e cercò un po’ d’acqua, non appena l’ebbe trovata si dissetò e
tornò indietro.
Fra i corridoi illusori Ataru
avvertì una strana energia che lo portava a cambiare direzione.
Inspiegabilmente non pensò a nulla,
seguì quello che poi, in realtà, non era altro che un suo fortissimo desiderio,
e quindi arrivò presso una delle innumerevoli porte bianche, con cautela
l’aprì, entrò e la chiuse dietro di sé.
Dal piccolo oblò filtrava della
luce ed un lieve venticello fresco.
Scostò le tendine avorio del
baldacchino e si sedette sul letto adagio adagio.
La ‘principessa degli Oni’
dormiva placidamente, distesa supina, sfiorata dalla fioca luce che proveniva
dalla finestrella.
Ataru non sapeva cosa gli
stesse accadendo, si sentiva strano. Perché si trovava lì?
Che gli era venuto in mente?
Lamù mugugnò nel sonno, lui
sussultò, ma non si scompose: stava dormendo, non si sarebbe svegliata, non
c’era pericolo.
Se ne stava inginocchiato
alla punta del letto, ma si portò avanti e le si sdraiò accanto, poggiando la
testa sul cuscino tigrato, situato accanto a quello su cui era adagiata Lamù.
Gli occhi del ragazzo si
posarono sul suo corpo.
I seni apparivano morbidi e
abbondanti, le sinuose gambe sembravano invitarlo, le braccia aperte e
abbandonate ai lati dei fianchi, quasi come a volersi lasciare abbracciare.
Le sue forme armoniose gli
riempirono gli occhi e gli impedivano di ragionare, si sentiva poco lucido, si
chiedeva se quello che si trovava lì in quel momento fosse davvero lui...
Si avvicinò ancora di più, si
appoggiò con dolcezza sul suo seno ed ascoltò il battito regolare del suo cuore,
accarezzando delicatamente la soffice stoffa del reggiseno.
Un momento dopo scostò la
testa e tornò al suo posto.
Alzò una mano e prese quella
della ragazza, accarezzandola amorevolmente.
Non ci aveva mai fatto caso:
Lamù aveva delle mani piccole e delicate, simili a quelle di una fata delle
leggende occidentali.
Nonostante questo gesto si
rese conto che non poteva essere distratto a lungo dalla bellezza seducente
dell’aliena.
L’occhio gli cadde sull’onda
sinuosa che creava il ventre, la saliva e la scendeva con lo sguardo, quasi
ossessivamente.
Lei si voltò su un fianco,
stando faccia a faccia con lui, così vicino che quasi avrebbe potuto baciarla…
Ataru fissava il suo petto
che si alzava e si abbassava al ritmo del suo respiro, e oscillava fra la curva
che produceva la coscia destra piegata, il cui ginocchio poggiava sul letto, e
la linea del profilo che partiva dalla spalla ed arrivava alla curva del
fondoschiena.
Ataru era invaso da regolari
afflussi di sangue che portavano la sua virilità ad aderire al suo indumento
intimo,unica cosa che il ragazzo avesse addosso.
Non ce la faceva più a stare
lì a guardarla, lui la desiderava ardentemente.
Così le si accostò,invitato
da quel corpo caldo e vellutato,le mise le mani sui fianchi e la avvicinò
inequivocabilmente al suo corpo.
Stava per svegliarla,
totalmente ipnotizzato dalla sua lussuriosa visione e perso nei suoi desideri
carnali di predatore, la voleva…ma qualcosa in lui mutò.
I suoi occhi si posarono sul
viso di Lamù e tutta la sua bramosia scomparve immediatamente.
Lamù piangeva.
Lasciò la presa sui fianchi
della fanciulla e si maledì per le sue intenzioni.
Desiderava Lamù, sarebbe
stato disposto a tutto pur di appagare i suoi egoistici desideri, ma non
pensava a lei.
L’aveva lasciata e lei
soffriva, tanto da arrivare a piangere nel sonno.
E lui voleva solo portarsela
a letto…si sentì viscido, sporco e non vi era stata occasione prima d’allora in
cui lui si fosse disgustato a tal punto di se stesso.
Quella splendida creatura
stava male e lui pensava solo a sé.
Le lacrime scorrevano enormi da
sotto le folte ciglia e davano vita ad un tiepido luccichio che le imperlava le
guance.
Ataru ne raccolse una con la
punta delle dita e con sommo stupore si rese conto che era bollente.
Un fremito la scosse e Ataru
le fu subito più vicino.
Scorse piccolissimi puntini
rosei sulla pelle della oni e allora comprese che aveva freddo.
Le rimboccò amorevolmente le
coperte.
“Ataru…” mormorò nel sonno.
Al ragazzo prese un colpo, ma
non si mosse.
Il pianto sommesso ed
incessante della ragazza lo inchiodava sul letto e non accennava a lasciarlo
andare via.
“Ataru…” ripeté.
“Lamù…”
Le si avvicinò e l’abbracciò,
stringendola a sé con dolcezza.
“Ti prego perdonami, ma non
posso fare altrimenti…” sussurrò.
“Non andartene…no…”
Ataru la strinse più forte.
Le sue parole erano come
coltelli che laceravano profondamente la sua carne, dai quali non poteva
difendersi in alcun modo.
Era così che si sentiva: una
vittima.
Vittima di lei, Lamù, che in
ogni situazione, anche nel momento di massima fragilità, aveva sempre il
coltello dalla parte del manico.
Perché lei aveva sempre
ragione?
Come riusciva ad essere
sempre la più forte fra i due?
Come poteva esserlo anche in
quel momento mentre piangeva nel sonno e lui le era accanto pur consapevole di
averla lasciata?
Come lo rendeva così schiavo,
dipendente da lei con il suo viso d’angelo ed il suo corpo attraente?
Come riusciva ad attirarlo
sempre a sé ogni volta che lui se ne allontanava?
Come faceva lei ad essere
sempre una vincente anche in quel frangente, nel momento in cui stava perdendo?
“Non voglio stare da sola…”
“Non ti ci lascerei se le
circostanze fossero altre…”
Ormai le parlava come se lei
fosse sveglia e lo stesse ascoltando.
Ma quelle parole servivano
solo ed unicamente a se stesso, per tentare di giustificare le sue azioni, per rendere
più lecita possibile la sua decisione, per convincersi che era la cosa migliore
da fare.
Ma quanto poteva esserlo,
effettivamente?
Con la storia dell’agendina
aveva preso la palla al balzo per levarsela di torno, ma era davvero ciò che
voleva?
Ataru si diceva che era così,
ma in fondo non ne era del tutto sicuro. Aveva un’incredibile confusione nella
testa, gli eventi lo stavano scombussolando.
Possibile che davanti al
dolce viso agonizzante di Lamù le sue teorie su libertà e tirannia si
rivelassero quasi infantili e campate per aria?
La ragazza emise un gemito e anche
quella volta la virilità si risvegliò in lui.
Ma la represse a forza, si
sentiva confuso, stanco ed assonnato, e di sicuro l’attimo di follia gli era
passato del tutto.
Con rammarico lasciò la presa
su Lamù e si allontanò di poco da lei.
Le asciugò le lacrime dagli
occhi con i polpastrelli, tentando di essere delicato.
Fissò con tristezza il suo
dolce viso e le accarezzò una guancia.
Come poteva non sentirsi un
verme per ciò che le stava facendo?
Le posò una mano sulla chioma
verde e lasciò scorrere le dita fra le lunghe ciocche, lisce e lucenti come
raso.
Senza pensarci posò le sue
labbra su quelle dell’aliena potendo così rivivere il momento che avevano
condiviso sulla Terra.
La sua piccola e rosea bocca
era calda e morbida come il dorso di un’albicocca, ed incredibilmente, emanava
anche lei quel profumo dolce e nel contempo aspro che caratterizzava Lamù.
Quel profumo che lo faceva
letteralmente impazzire.
Se ne staccò con difficoltà.
Ataru era come ricaduto in
trance, in piena lotta coi suoi desideri.
“Lo so che per te è difficile
accettarlo ma…ti prego non piangere piccola mia…”
Un istante dopo si portò le
mani alla bocca, inorridito.
Che caspita aveva detto?
Ma soprattutto: cosa stava
facendo?
Era mica impazzito
tutt’insieme?
Le aveva pronunciate lui
quelle parole?
Davvero?
No, non era possibile!
Di certo gli dispiaceva molto
che lei piangesse, ma non al punto da implorarla di non farlo.
Un attimo dopo però si rese
conto che, in fin dei conti, stava dormendo profondamente, quindi non lo aveva
sentito, non c’era alcun pericolo.
Il problema rimaneva però:
lui quelle cose le aveva dette e le aveva fatte.
Comunque si sentiva sconvolto
e decise che era il caso di levare le tende.
Prima che potesse dire o fare
altro di cui avrebbe potuto pentirsi, Ataru uscì dalla stanza della fanciulla
e, prima di richiudere la porta bisbigliò:
“Buonanotte”
Quindi sgattaiolò via.
Rientrato in camera sua e
distesosi sul letto si rese conto che non c’era stato poi così poco in camera
di Lamù, visto che la luce di Nimayoho risultava rischiarata di qualche tono.
Lo stato confusionale che gli
attanagliava il cervello ormai era un vero e proprio caos di voci che lo
esortavano a fare cose molto diverse fra loro.
C’era chi gli diceva di
andare avanti per la sua strada e non preoccuparsi più di lei, chi gli diceva
di tornare indietro sui suoi passi e di chiarire con Lamù, chi gli rimproverava
il fatto di farla soffrire troppo, chi gli rammentava che fra poco sarebbe
tornato a casa sua e avrebbe ripreso a cacciar gonnelle,…il sonno però vinse
sui suoi mille dubbi, così cadde fra le braccia di Morfeo.
Eppure in mezzo al putiferio
c’era una sola parola che non smetteva di ronzargli nelle orecchie, una parola
che gli aveva detto Lamù qualche ora prima, sulla veranda.
Ipocrita.
****************L’angolo di
Amy****************
Ciao gente,
come state? Ed ecco il
capitolo degli interrogativi di Mr Moroboshi giunto al termine…ma non finisce
qui^^…cosa ne pensate?
Passiamo alle
recensioni ora:
Per Peanuts: Ciao^^, grazie mille, mi lusinghi sempre tantissimo^^ questo è uno dei
miei capitoli preferiti…spero te lo sia goduto anche tu! Un abbraccio e grazie
della recensione^^
Per Lory:
Cara^^ sono contenta ti piaccia il capitolo 8, eheheheh sì in effetti Lamù è
stata dispettosa a mettergli il peperoncino nella zuppa!!! Rei nella mia
versione è carino, vero? Grazie per la recensione, ti voglio bene!^^
Per Andy:
Ciao^^, grazie mille, anche tu mi lusinghi da lungo tempo ormai…me lo meriterò
davvero? Rei secondo me è un bel personaggio e, in mezzo a certi elementi
assurdi nella saga di UY, mi sembrava uno dei migliori da poter, in un certo
senso, rivalutare. Quanto alla tua ff è fantastica e geniale! Grazie della
recensione, un abbraccio^^
Per Achille: Ciao^^ grazie della recensione e dei complimenti, anche a me Rei
piace molto e la pensavo come te all’inizio, quand’ero una bimba e conobbi la
serie per la prima volta e pensavo che Ataru non meritasse Lamù…poi però ho
capito che il Moroboshi sarà strano forte e anche un b******o (te ne do atto!),
ma ama Lamù…anche se a dire il vero non la merita! Perché ha detto bene Andy:
se non l’amasse non ci starebbe così male! Dimmi se ti piace questo capitolo,
un abbraccio^^
Grazie
dell’attenzione,
Amy Dickinson