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Autore: Barsine    17/06/2005    3 recensioni
Si meravigliò ad accorgersi che il suo tocco un tempo tanto bramato gli provocava un acuto fastidio.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fianchi rotondi

Fianchi rotondi

Capitolo 6

 

 

 

 

   - Come mai tutta questa fretta di partire per un viaggio?

- Ho voglia di godere dell’aria nuova, di uscire da questo palazzo, di vedere il mondo, e soprattutto di accarezzare i tuoi muscoli non più così tesi, sentire la tua pelle non più così nervosa. Non avresti voglia di fuggire, di prendere tutto e andartene, lasciarti alle spalle guerre e conquiste, vivere finalmente in pace con me, e con i figli che avremo? Potremo goderci tutto quello che abbiamo in tutta tranquillità, potremo visitare l’India, l’Italia, l’Africa, tutto quello che vorremo, se solo accetti. Pensaci: per quale scopo stai spargendo tutto questo sangue lungo il tuo percorso?, per quale motivo giurasti fedeltà al tuo re prima di partire? Ti saresti mai immaginato che il vostro sogno di gloria avrebbe comportato tutte quelle perdite di soldati, che avreste condotto una così dura vita castrense? Alessandro è pazzo se crede che i suoi soldati gli rimarranno fedeli fino alla fine di questa folle scampagnata! Per il suo sogno sta sacrificando un ingente numero di uomini e di fondi finanziari, e se è vero che finora il Fato gli ha puntato il sole in faccia, un giorno potrebbe ritrovarsi nella più totale oscurità. Cosa succederebbe se veniste sconfitti? A cosa sarebbero valse tutte queste guerre, tutta questa fatica? Guardati, Efestione. – gli accarezzò dolcemente il viso – Hai appena ventisei anni, e non c’è parte del tuo corpo che non sia marchiata da cicatrici. Ma ci pensi? La morte ti affianca da quando hai deciso di seguire Alessandro in quest’impresa e potrebbe colpirti da un momento all’altro. Al petto per mano di un nemico nel furore della battaglia, o nella schiena per mano di uno dei tuoi amici nell’ebbrezza di un banchetto. Sai bene che non sei più benvoluto come una volta, non siete più dei ragazzi, e quando ricchezza e potere fanno sentire la loro voce, l’invidia e il rancore non esitano a rispondere. E sai ancora meglio che è proprio l’invidia ad animare critiche e commenti tra gli altri soldati, che non vedono di buon occhio il tuo rapporto così intimo con Alessandro. Anche se ora vi siete staccati, le cose non cambieranno. Rifletti, Efestione: se partiremo, non avrai nulla da rimpiangere. Non c’è più amicizia, non c’è più amore, solo guerra e sofferenza.

- Hai pensato a tutto questo in una sola notte che non ci siamo visti? – sorrise – Dormire senza di me ti fa male, Narda.

Narda sgranò gli occhi, incredula. – Cosa vuoi dire, Efestione?

- Che non ho alcuna intenzione di partire.

- Ma perché? Perché ti ostini a rischiare la tua vita inutilmente? Non hai nemmeno voglia di tornare a casa, rivedere la tua famiglia, la tua patria, il tuo luogo natio?

- Non avrei il coraggio di abbandonare il mio re nel bel mezzo dell’Asia e tornarmene a casa. No, se tornerò a casa, un giorno, terrò la testa alta e lo sguardo fiero dinnanzi a me di chi ha osato sfidare l’impossibile, tra deserti e montagne, dormendo in una tenda d’accampamento, cibandosi di umili tozzi di pane, concedendosi qualche volta il lusso di dormire tra le mura di un palazzo conquistato con sangue e sudore. Giurai ad Alessandro che gli sarei stato per sempre vicino, e anche se non provo più amore nei suoi confronti, non ho la minima intenzione di calpestare il mio orgoglio e la parola data. Rischio ogni giorno la mia vita sul campo di battaglia, ma sono stato addestrato per combattere e per rendere onore alla mia patria, non oserei mai infangarla e ritornare come se nulla fosse. – fu un attimo e si rivide a Pella, quando giocava nel giardino del palazzo reale assieme ad uno scricciolo biondo, e quelle parole… “Fino alla morte?” “Fino alla morte.” - Un giorno, tanto tempo fa, qualcuno mi disse che i grandi uomini non muoiono sul proprio letto.

Narda rimase interdetta. Doveva usare tutte le armi possibili per convincerlo a lasciare per sempre l’esercito, a lasciare per sempre Alessandro. – E a me non ci pensi? Non pensi a questa povera donna che piangerà sul tuo cadavere strappandosi i capelli e i vestiti, picchiandosi il petto e versando lacrime sul tuo ventre esanime? Ti avrò perso per sempre, e non avrò mai la certezza d’averti goduto completamente!

- E non pensi che sarebbe peggio piangere sul cadavere di un vigliacco che quand’era un giovane leone pieno di forze abbandonò i suoi sogni e la sua parola per condurre una vita senza sofferenze e senza gloria? No, Narda. Ho appena ventisei anni, e sono troppo abituato a tremare di commozione davanti ad una nuova conquista per potervi rinunciare.

L’amore non funzionava. L’animo di Efestione, farcito di ideali eroici e cavallereschi sin dall’infanzia, era qualcosa di troppo nobile, a quanto pare, per cedere alle passioni terrene; si innalzava oltre, e oltre, e oltre… ma forse l’orgoglio che vantava tanto avrebbe potuto fungere da esca. – Hai forse paura che Alessandro ti condanni per tradimento? Le tue decorose parole nascondono un semplice timore della morte? – le sue parole assunsero un tono quasi di sfida.

- Questo discorso non ti fa onore, Narda. Non capisco come in una notte ti sia venuta questa smania di partire, ma se vuoi farlo, io non ti tratterrò. E non ho intenzione di spiegarti il perché. Ti basti sapere una cosa: resterò a fianco del mio re. – “Fino alla morte?” – Fino alla morte, Alessandro. 

“Non sarà l’amore a distrarmi dai miei doveri e dalla mia parola, Alessandro. Riesci a sentirmi? Quel pomeriggio di primavera, tanto tempo fa, ci scambiammo un pegno d’amicizia eterna e io ti chiesi: “Fino alla morte?” e tu mi rispondesti “Fino alla morte”. E fino alla morte sarà, anche se non provo più amore, la stima e l’affetto nei tuoi confronti non sono affatto scemati, e mi piacerebbe ancora poter entrare nella tua stanza e intrattenermi in lunghe conversazioni con te. So che soffrirai nel vedermi accanto a te e non poter protendere una mano nel disperato tentativo di toccarmi e forse sciogliermi, ma ti prego di cercare di dimenticare, di apprezzare quello che mi è rimasto da donarti, accettalo, mio re, perché qualsiasi cosa sia, sarà scaturita da questo cuore.”

 

 

   Aristandro gli prese una mano tra le sue e gliela strinse fortemente.

Alessandro aveva ceduto un’altra volta, quella situazione appannava i suoi sensi come una cappa scura ed asfissiante, e gli impediva di muoversi, di ragionare, di immaginare qualsiasi tipo di vita senza la mano del suo compagno di sempre sulla sua spalla.

- Coraggio, Alessandro. Andrà tutto bene. Sono sicuro che, insieme, troveremo una soluzione.

Era sorprendente quanto l’animo di Alessandro, forgiato dal fuoco di mille battaglie, mostrasse tutta la sua nuda fragilità e non fosse in grado di trattenere le lacrime che da troppo tempo gli pulsavano alla gola. Nello sguardo avvilito e sulle guance umide sbatteva ancora le ali il ragazzino che aveva lasciato a Pella sulla tomba di suo padre.

- Ci basterà scoprire chi è l’artefice, e tutto sarà risolto. Sei il re, disponi di macchine da tortura, e non sarà difficile convincere chiunque sia stato ad annullare l’incantesimo.

Ma non erano quelli i tormenti che abbrancavano il cuore di Alessandro. Anche se fosse riuscito a spezzare l’incantesimo, non avrebbe mai dimenticato lo sguardo del suo amato compagno che fissava il pavimento e le sue labbra screpolate che pronunciavano quella parola: no. Non l’amava più; e non avrebbe mai dimenticato gli occhi inerti, fissi sui suoi muscoli tremanti, che gli intimavano di andarsene e lasciarlo dormire. Gli sembrava così remota la possibilità di annullare l’effetto della pozione, e una lacrima luccicava sgorgando dai suoi occhi al pensiero di dover combattere contro quelle iridi nere come il carbone ogni qual volta le avesse guardate per cercarvi conforto.

…E in quell’immenso giardino, tra il vociare di quei fanciulli appena in erba e il verdeggiare degli alberi e del prato, quella promessa.

“Fino alla morte?” “Fino alla morte.”

- Avanti, cerchiamo di fare mente locale. Conosci qualcuno che avrebbe trovato interesse nel far disamorare Efestione di te?

Le sue labbra tremavano ancora. – Quella donna… Narda…

- Solo lei?

Alessandro fece scivolare la testa tra le mani  come se queste potessero in qualche modo tirare fuori informazioni dai suoi ricordi.

- Perché non ne parliamo anche al tuo servo, Bagoas? Mi sembravi molto vicino a lui in questi ultimi tempi, ed egli, essendo servo, potrebbe aver carpito qualcosa tra i corridoi del palazzo.

- Bagoas… no, meglio di no. Lui non ha mai sopportato Efestione. E poi ultimamente mi porgeva domande strane. Domande sugli dei, sulle volontà divine, su Eros e… Dei… Bagoas… non c’è da escludere che sia coinvolto.

- Non ti viene in mente nessun altro?

- Potrei sospettare di chiunque. Il nostro rapporto non era ben visto tra gli altri compagni: loro erano invidiosi di Efestione per ovvie ragioni, era l’uomo che entrava nella mia tenda di sera e non usciva fino alla mattina dopo, era l’uomo che mi abbracciava quando di notte restavo sveglio, assorto nei miei pensieri, a contemplare il mare, era l’uomo che cavalcava al mio fianco e discorreva con me quando volevo rilassarmi; era l’uomo che godeva dei miei maggiori favori e questo gli ha sempre alienato le simpatie di tutti: è un uomo fondamentalmente solo.

- Ma c’è qualcuno tra i tuoi compagni che avrebbe potuto preparare una pozione d’amore con tale abilità?

- Non credo che tra i miei compagni ci fosse qualcuno interessato all’esoterismo, ma non mi sento di escludere anche questa possibilità. – si zittì e si grattò nervosamente il mento – Quello che non capisco esattamente, è lo scopo per cui questa droga è stata somministrata. Sicuramente per allontanarmi da Efestione, ma per quale motivo? Potrebbe essere stata Narda, innamorata di Efestione, ad averlo voluto solo per sé. Potrebbe essere stato qualche mio compagno, deciso ad allontanarci cosicché Efestione non sarebbe più stato il mio favorito,  e in caso di morte senza figli non l’avrei nominato mio erede. Potrebbe essere stato Bagoas, per avermi tutto per sé, ma allora perché non avrebbe diluito la pozione direttamente nella mia coppa? Sarebbe stato di gran lunga più semplice… oppure potrebbe essere stato qualcun altro con il semplice intento di farmi in qualche modo soffrire…

- Io sono sempre dell’idea di parlarne con il tuo servo, Bagoas. Potrebbe saperne di più, oppure, se effettivamente egli stesso è il colpevole, potrebbe lasciar trasparire involontariamente qualche parola… qualche espressione… che ci possa mettere sulla buona strada per accusarlo.

- Non credo che sarà così: i servi sanno fare il loro mestiere, e quando questo coinvolge la menzogna, sanno comportarsi magistralmente.

- Potrebbe essere comunque un passo avanti. Finché ci limiteremo a scambiare opinioni nella mia stanza, non riusciremo mai ad arrivare fino in fondo.

Alessandro si guardò stizzosamente attorno. – Dei, se scoprissi che il mio servo ha osato affrontarmi in questo modo…

- Calmati, Alessandro. Dobbiamo agire con calma.

Alessandro sembrò non curarsi delle parole dell’indovino e si precipitò verso la porta.

- Mio signore… - Aristandro gli si rivolse con un tono fortemente sarcastico.

Il re si voltò di scatto, ulteriormente incollerito. – Cosa c’è?

- Non ti stai dimenticando qualcosa?

Alessandro sbuffò, aprì la porta e fece per uscire ma la mano dell’indovino lo frenò bruscamente afferrandolo per una spalla. Il re si voltò e dalla sua espressione si sarebbe detto che avrebbe voluto imprecare contro chissà quale dio, ma una mantellina blu cobalto ricamata con fili d’argento intrecciati in estrosi motivi arrivatagli direttamente in faccia gli impedì di aprir bocca.

- Sei completamente nudo, mio signore.

 

 

   Chissà dove avrebbe potuto essersi recato, il suo re, senza vestiti.

Erano lì, sulla sedia dove li aveva appoggiati la sera prima, quando si era spogliato davanti a lui esibendo fieramente quella pelle spessa e sfregiata, eppure così morbida al tatto, scolpita dalla flebile luce della lucerna, quello sguardo corrucciato che tanto amava, quelle morbide onde che lambivano deliziosamente le sue spalle, e gli era apparso come un dio, come uno di quegli dei raffigurati nei quadri greci che aveva osservato nelle case dei nobili in cui aveva servito prima di arrivare in quel palazzo; e con quelle labbra carnose gli aveva succhiato anche l’anima via dal corpo, e gli aveva imposto di non avere tabù; gli aveva intimato di non avere pudori, di rinchiudere il suo servilismo e di abbandonare quello sguardo riverente che tanto eccitava gli altri re: lui no, lui non era attratto da quei fanciulli così giovani e inibiti, che abbassavano il capo al suo passaggio e arrossivano alle sue parole. Era un rozzo macedone, lo aveva capito sin dall’inizio, ma il modo rozzo in cui lo prendeva sotto le lenzuola era così maledettamente eccitante, anche per un composto eunuco persiano.

Dei, quanto lo amava.

Indossò i suoi vestiti e si sentì mancare quando venne fasciato da quell’inconfondibile profumo… cos’era… mirra? Sandalo? Rosa canina? Muschio bianco? Qualche fragranza proveniente dalla lontana Macedonia, o un olio arabo? Ma no, era il suo profumo, quello della sua pelle, quello che lo contraddistingueva da tutti quei soldati puzzolenti, quell’aroma che parlava di lui e che nessun altro profumo avrebbe mai potuto annientare.

Si stava specchiando, vanesio più che mai avvolto da quelle vesti così strane per lui eppure indubbiamente belle, ricamate d’oro, argento e lapislazzuli, e assumeva le pose caratteristiche del suo re, inclinava il capo a sinistra, scuoteva la testa ondeggiando i capelli, camminava col suo passo deciso e le gambe leggermente divaricate, quando la porta si spalancò ed entrò lui, assieme al vecchio indovino che seguiva l’esercito nella marcia.

- Mi… mio signore… mi hai spaventato.

Alessandro non fece neanche caso ai propri vestiti addosso a Bagoas. - Bagoas… dobbiamo parlare.

L’eunuco sbiancò. Alessandro non si era mai rivolto a lui con quelle parole e con quello sguardo inquisitorio. E Aristandro, l’indovino, stringeva in mano una coppa di bronzo.

- Certo, mio signore.

Alessandro ed Aristandro si accomodarono semplicemente sul letto ancora disfatto; il re tremava d’emozione e quando l’indovino se ne accorse gli appoggiò una mano sul ginocchio.

- Bagoas… durante l’ultimo banchetto hai notato qualche movimento strano da parte dei cuochi o di qualche altra persona presente nella sala?

Come avevano potuto scoprire? Come? Doveva ricorrere a tutte le sue capacità di buon servo camaleonte per poter fronteggiare una simile situazione. Dei, il suo re sedeva davanti a lui con un’espressione così affranta, dove avrebbe potuto scovare il coraggio necessario per mentirgli di nuovo? – In che senso, sire? – la mossa migliore era prendere tempo.

Alessandro sbuffò e abbacchiò la testa tra le mani. Aristandro comprese che il sovrano non ce l’avrebbe fatta a parlare, e quindi s’intromise. – Abbiamo trovato tracce di una strana sostanza in questa coppa di bronzo. Ne sai qualcosa, Bagoas?

  
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