WARNING: questa è una traduzione. L’autrice della storia è un’americana che
scrive sotto il nick di AbominableDante
(link
al suo profilo su fanfiction.net):
mia è solo la resa in italiano di una fanfic che ho
trovato abbastanza significativa, al punto da cimentarmi nella traduzione con
una certa leggerezza.
È probabile che
coglierò lo spunto di An Exercise in Rhetoric per scrivere qualcosa di mio, tra qualche
tempo, ma per trasparenza voglio rendere chiara quale sarebbe, in tal caso, la
fonte di ispirazione.
Ed ecco qua. Per ogni raffronto, vi lascio
un collegamento alla pagina originale. J
“Devi smetterla di correre in giro con questo tempo, Remus, o morirai per la febbre!”
Che si traduce in: piantala di cercare
collegamenti al Signore Oscuro, ti farai ammazzare.
Sono sulla soglia di casa. La soglia di casa sua. La soglia di casa di Sirius
Black. L’uomo con cui non ho avuto una vera
conversazione per quasi quattordici anni, da quando gli scagnozzi del ministero
lo hanno trascinato ad Azkaban mentre rideva come un matto.
Con la stessa follia che aveva aleggiato nei suoi occhi molto
prima che James e Lily morissero, molto prima
persino del diploma ad Hogwarts.
Doveva essere pazzo, per innamorarsi di un mostro come me.
“Sta diluviando lì fuori, entra e togliti quei vestiti bagnati.
Metto a fare un po’ di the.”
Che si traduce in: sono preoccupato per te. Ti
prego, ferma tutta questa idiozia.
Mi toglie l’ombrello di mano prima che possa
protestare e conduce via dal vestibolo, nel calore umido della sua casa natìa, al numero 12 di Grimmauld Place.
L’aria pesante è piena del suo respiro, dell’odore d’ippogrifo due piani sopra di noi, dei passi di visitatori
morti da tempo. Le loro emozioni sono ancora qui, forti abbastanza perché possa
avvertirle e dar loro nomi: rabbia, sdegno, paura, speranza.
Lui stesso odora di speranza, persino mentre
si muove nell’ingresso – tirando la tenda che copre il ritratto di sua madre e
lottando col mio ombrello mentre cerca di infilarlo nella rastrelliera già
ricolma. Non ho idea del perché abbia tutti questi ombrelli: so che in casa non
c’è nessun altro.
Mi sorride quando lo guardo e scaraventa
la giacca che gli porgo nell’armadio, prima di barcollare in direzione della
cucina.
“È passato un bel po’ dall’ultima volta che sei venuto, come vanno
le cose? Ho sentito che Harry è molto occupato ad Hogwarts, lo ha scritto anche a
te?”
Che si traduce in: se avessi saputo della tua visita mi sarei fatto un bagno. A Buckbeak non importa del mio
odore, se non dispiace a me, ma vorrei avere un bell’aspetto per accoglierti. Sono preoccupato anche per Harry : lui sa dove vivi? Avrebbe
il permesso di rivelarmelo, se glielo chiedessi?
Scivolo sulla panca al lato del caminetto, sfilandomi brandelli di
lana bagnata: guanti, sottogiacca, la camicia – ricoperta di buchi – le scarpe
e i calzini, entrambi rammendati malamente a mano. Lui
li prende e mette ad asciugare su di una mensola. Alla fine puzzeranno di fumo,
ma almeno saranno caldi.
Rabbrividisco e lui mi lancia una coperta, prima di sistemare una
teiera sul supporto e farla dondolare sopra le fiamme per scaldarla.
“Mi hanno sfrattato da poco,” dico
lentamente. “Non potevo pagare l’affitto.”
Non sono riuscito a tenermi un lavoro da quando
ho lasciato l’impiego ad Hogwarts, due anni fa. Il
mondo dei maghi non vuole un licantropo; il mondo babbano
non è interessato ad un tizio che sembra tanto povero quant’è
effettivamente. La sciatteria non è apprezzata in un barista, e quella è
l’unica cosa che potrei fare. Non ho mai trovato i fondi per la mia idea della
biblioteca, e la mia carriera di scrittore è andata in fumo
quando hanno sbattuto anche l’ultimo dei miei agganci in prigione.
La teiera fischia e il vapore riempie l’aria. Lo inspiro ad occhi
chiusi. C’è più umidità, ma la densità del calore è quasi una coltre,
opprimente e rassicurante – come annegare.
Riapro gli occhi quando Sirius mi mette davanti una tazza, piena fino all’orlo di
the scuro. Odora di quercia e di miele. La resina sta già sciogliendosi, e i
ricordi che porta con sé sono esaltanti quanto il
profumo.
Densa, spumosa burrobirra
e qualche bicchiere di whiskey incendiario; il
ricevimento nuziale di James e Lily.
Non avrei dovuto permettere che mi baciasse. Tutti quegli anni fa…
mi ha rovinato per sempre, ha distrutto il mio controllo.
“Perché non resti qui da me? Questo posto
mi sta facendo impazzire. Non
ti chiederei nemmeno l’affitto!”
Eccola di nuovo… la traccia di speranza. Dio, odio quest’odore.
Traduzione: rimani qui, mi sento
solo. Possiamo riprendere da dove avevamo interrotto. Possiamo provare ad essere di nuovo amici…
Il ticchettio dell’orologio da taschino di mio padre mi rasserena, il suo peso tiene la testa lontana dalle
fantasticherie. Lo tiro fuori e controllo l’orario sulla superficie
invecchiata, tra le lancette in movimento.
È ora.
“Silente ti manda una lettera. Immagina che potrò restare qui per
la notte e poi rimettermi in cammino. Abbiamo tutti un lavoro
da portare a termine, Sirius, ed io devo tenere
d’occhio le creature oscure… è l’unico modo in cui posso essere d’aiuto, al
momento. Faresti bene a restare concentrato sul tuo obiettivo. Potremo
ricominciare più tardi, quando tutto questo sarà finito.”
Sono sempre quello serio, quello razionale. Non mi è mai piaciuto,
come ruolo. Non è la prima volta che desidero liberarmi di questa
etichetta e sottomettermi a lui. Lui non ha mai dovuto
nascondere i propri sentimenti, ha sempre giocato pulito.
Quanto a me, be’… non
è che mi piaccia imbrogliare.
Afferra la lettera ma non la apre, ogni
speranza svanita dal viso mentre si volge di spalle.
“Puoi restare nella camera che avevi una
volta, allora. Mi saluterai prima di ripartire?”
Traduzione: vattene, mi fai sentire vecchio.
Finisco il the e ne osservo i residui,
fremendo per il presagio che portano. Il mio futuro è sempre stato pura
disperazione.
Prendo la tazza dalle mani di Sirius,
sbirciando il suo viso con un certo orrore.
È
troppo presto.
Non ho mai
avuto l’opportunità di dirgli…
Ha un’aria sospettosa mentre mi alzo dalla
panca e lo avvicino. Rinuncio quando sono già a
portata di mano, e anche se vorrei la mia voce fosse più forte, un sussurro è
sufficiente.
“Certo, Sirius.”
Traduzione: ti amo, Sirius.
Mi volto e dirigo su per le scale, nell’oscurità avvolgente della
casa in cui vorrei annegare – per la pace che porta in questi ultimi istanti di
vita.
- - -
Fin.