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Autore: cruelfeline    23/11/2009    10 recensioni
Dopo la battaglia con il Chimero dei sogni, Strawberry non riesce a smettere di pensare a Ghish, nonostante il suo amore per Mark. Cosa succederà, quando Ghish, ferito, si rivolge a lei per farsi curare, mettendo alla prova i veri sentimenti della ragazza? TRADOTTA DA BEBBE5
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note dell’autrice: eccomi ritornata, avete visto? Dopo un mese esatto, meglio di uno svizzero. Grazie per le continue recensioni. Anche l’autrice vi ringrazia di tutto cuore per i complimenti.

Cominciamo subito, vi va?

 

ANGOLO DELLE RECENSIONI:

 

YURI5: Beh, io non l’avrei definito hot. In inglese si direbbe, credo, hurt/comfort. Io l’ho trovato molto dolce più che altro. In più, come hai notato, ci sono i continui commenti di Strawberry che spostano un po’ l’attenzione.

 

ANNINA94: Beh, per quanto anch’io appartenga al club: “facciamo sparire Mark, il mondo sarà un posto migliore”, non posso non capire Strawberry. Non dev’essere facile essere così combattuti tra due uomini completamente diversi. Comunque, ce la farà alla fine a rendersene conto?

 

BILU_EMO: Sai che anch’io avevo pensato ad un lavoro da traduttrice? Può darsi che lo farò, almeno inizialmente, poi vorrei fare filologia. Non importa sei commenti s0no corti, mi fa piacere che tu ti faccia sentire.

 

11STELLINA11: Beh, che dire? Grazie. Lo farò sapere all’autrice che la storia ti piace.

 

SABRIEL: Grazie per i complimenti, sono contenta che la storia ti piaccia. La storia, purtroppo, non è mia, ma di una bravissima autrice chiamata cruelfeline. Io sto solo traducendo la sua storia per questo sito.

 

TYTY: Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto. Avevo paura di averlo tradotto non troppo bene o di averti delusa. Effettivamente qui non ho capito molto Strawberry: va bene, ok, è fidanzata con Mark, ma se anche io fossi fidanzata e mi capitasse Orlando Bloom o Jared Leto, feriti davanti alla porta di casa ecco…. Potrei non rispondere delle mie azioni.

 

 

DOLL93: Beh, sì, Strawberry ci ha impiegato un po’. Spero di non aver ritardato troppo. Grazie per il commento.

 

 

Che dire? Grazie a tutte voi per il continuo sostegno e per i complimenti. Probabilmente, se non ci foste state voi, non avrei tradotto questa storia.

Buona lettura

 

Capitolo 10

 

Quando gli occhi di Ghish si aprirono, la sua visuale offuscata non gli disse nulla circa l’ambiente in cui si trovava: anche la sua mente in stato confusionale lo aiutò poco. Per pochi istanti, rimase sdraiato in stato di semi-coscienza, chiedendosi dove fosse e a cosa fosse appoggiato. Era morbido, caldo e, mentre recuperava possesso di sé stesso, si accorse che aveva un dolce e tenero profumo che lo portò raggomitolarsi ancora di più contro quella cosa.

 

Mentre faceva quel piccolo movimento, si rese conto che c’era un braccio attorno a lui, e che c’era un dolce peso posato sulla sua testa. Muovendosi ancora un po’, sirene conto che quel peso era quello di una mano e che le sue dita erano intrecciate nei suoi capelli. A seguire tutto questo ci fu una fitta al petto che gli ricordò gli eventi delle ultime due settimane. Per alcuni secondi si fermò ad assimilare quell’informazione, con il cervello che andava dolorosamente piano una volta liberato dal torpore, prima di finire con il chiedersi a cosa fosse appoggiato esattamente.

 

O chi, in effetti, per questa… questa...

 

 Il nome gli giunse sia come una grossa sorpresa, che come un dono ben accetto.

 

Strawberry.

 

I suoi occhi si focalizzarono sul volto di lei, sulle sue lunghe e delicate ciglia, sulle ciocche disordinate di capelli color fragola che le ricadevano sulla fronte, mentre lei dormiva beatamente. Trascorse un minuto durante il quale lui rimase paralizzato, in parte a completamente confuso per via della sua posizione, ma soprattutto, perché non la voleva svegliare.

 

Che momento… non avrebbe potuto immaginare, nelle sue più sfrenate fantasie, un’immagine più perfetta, una sensazione più beata di questa.

Per tanto… per così tanto… aveva sperato che questo accadesse per così tanto: ogni volta che la vedeva, sognava di avere una possibilità del genere, la possibilità di stare semplicemente insieme a lei. Era qualcosa che, sapeva, lei non avrebbe mai compreso: le sue azioni verso della mew gatto erano sempre così maliziose o crudeli. Era possessivo e lo sapeva. Era in qualche modo tirannico e sapeva anche questo, ma non poteva cambiare il suo cuore e nemmeno il fatto che lei lo poteva appena immaginare.

Poteva appena immaginare la beatitudine di un momento come quello, quanto lui avesse desiderato un cosa del genere ogni volta che aveva sentito la sua presenza, sentito la sua voce, visto i suoi occhi brillanti….

 

 

Era sempre andata male: la sua natura aveva distorto tutto. Aveva sempre fallito. Ma ora.. ora… se solo fosse riuscito a non svegliarla… se solo avesse permesso al sonno di regnare, forse il sogno non sarebbe finito.

 

Erano questi i suoi pensieri, mentre guardava Strawberry dormire, mentre si avvicinava a lei, sempre più vicino alle sue dolci, soffici labbra. Un bacio.. un unico bacio e tutto sarebbe stato perfetto. Un bacio e si sarebbe lasciato andare al sonno, sperando con tutto sé stesso che il sonno preservasse quel momento.

 

Quel prezioso bacio gli fu sottratto da un improvviso, irritante pizzicore alla gola e da un terribile dolore lancinante che gli andava dalla spalla al petto, costringendolo a ritrarsi bruscamente nello stupore più totale, prima che il pizzicore si trasformasse in una tosse irregolare, che scosse violentemente il suo corpo magro.

 

Avrebbe imprecato per la frustrazione, se quell’improvvisa agonia fisica non fosse stata così forte. La tosse gli tolse il respiro, e, non fosse stato per questo, avrebbe gridato per il tremendo dolore che provava al lato sinistro del petto. Se ne fosse stato capace, avrebbe imprecato non solo per aver perso il bacio, ma anche perché l’attacco di tosse aveva svegliato Strawberry.

 

Il momento di beata inconsapevolezza della ragazza fu drammaticamente più breve di quello di Ghish: in un lampo, si ricordò di dove si trovava, con chi si trovava e cosa era accaduto. Un millisecondo più tardi prese coscienza di cosa l’aveva svegliata e non perse tempo nel tentare di aiutare l’alieno.

 

“Ghish.” Mormorò il suo nome con voce dolce, leggermente insonnolita e segnata da una vena di preoccupazione, mentre cominciava a dare dei colpetti sulla schiena dell’alieno, cercando di farlo smettere. Dopo pochi attimi, la sua azione si rivelò inutile: la gelida soglia del panico cominciò a penetrarle l’animo e lei si sedette, afferrando il ragazzo per le spalle e tenendolo su insieme a lei, fino a che la tosse si placò, lasciando Ghish a respirare affannosamente, con debolezza.

 

Entrambi erano del tutto svegli, ed entrambi si accorsero con la stessa pugnalata di terrore che la situazione era peggiorata nottetempo. L’espressione di Strawberry mutò da assonnata a tremendamente preoccupata, mentre osservava bene l’alieno.

 

Era più pallido del normale, anche rispetto a quelli della sua razza, ma le sue guance erano arrossate. Gli occhi erano stranamente lucidi ed un velo di sudore brillava sulla fronte. Mentre lui riprendeva lentamente il controllo sul suo respiro, si accorse di sentirsi debole e leggermente infreddolito, nonostante il calore che Strawberry aveva creato nel letto. La cosa peggiore di tutte era il bruciore nella gola, intensificatosi dopo l’attacco di tosse, che, Ghish comprese improvvisamente, non sarebbe stato l’ultimo. Del tutto sveglio, si accorse di stare malissimo.

 

Ciò gli fece desiderare ancora di più la dolce e tranquilla estasi di pochi istanti prima.

 

Quel nostalgico pensiero fu interrotto dalla voce di Strawberry.

 

“Resta fermo Ghish, ok?” Senza attendere una risposta, la ragazza si avvicinò e mise dolcemente una mano sulla fronte dell’alieno: la preoccupazione le dipinse il volto quando le sue paure divennero realtà.

 

Per forza era febbricitante, cos’altro poteva aspettarsi dopo tutto quello che era accaduto? L’avrebbe dovuto attendere dalla notte in cui lui le era apparso (la sua normale divisa poteva difficilmente essere definita appropriata per stare in una tempesta di neve), e probabilmente l’eventualità era diventata certezza nel momento in cui lui aveva lasciato la casa ed aveva passato una mezz’ora circa nella neve, già indebolito dall’esposizione precedente.

 

Tuttavia, nonostante questa fosse una diagnosi attesa, il cuore di Strawberry sprofondò mentre lei guardava il ragazzo tremante, ed un improvviso spasimo di tenerezza la colpì.

 

Lo respinse dolcemente sul letto, togliendosi le lenzuola di dosso nel farlo. Mentre lisciava le coperte intorno a lui, fu alquanto sorpresa al sentire accenni di lacrime negli occhi.

 

Tutto è peggiorato. Cosa dovrei fare ora? Non so come curarlo…

 

Fu anche più sorpresa quando lui le parlò con quella voce roca, debole, eppure con ancora una traccia della sua usuale scaltrezza.

 

“Te ne vai di già?”

 

Lei abbassò lo sguardo su di lui, sorpresa, quasi ponderando se doverlo sgridare per quello che sembrava essere un altro dei suoi commenti osceni, ma una semplice occhiata al suo volto la distolse da quel pensiero.

 

Il suo sorrisetto era lì, esangue, ma c’era. I suoi occhi trattenevano quella familiare scintilla, seppure offuscata dal dolore, dalla debolezza, perfino dalla paura.

Cosa ancora più intrigante, trattenevano… forse era la sua immaginazione… preoccupazione?

All’inizio, tale nozione le parve ridicola, eppure all’improvviso, si ricordò di alcuni momenti, di alcune volte in cui i suoi occhi erano stati diversi. Come quella notte in cui il chimero tapiro aveva quasi sconfitto le Mew Mew. La notte in cui tutto era cominciato. Quella notte…. Non era totalmente sicura di cosa fosse accaduto quella notte, ma si ricordava quello stesso sguardo nei suoi occhi. Si ricordò di come l’avesse confusa, quasi spaventata, di come le avesse fatto perdere la presa su Ghish, facendolo scivolare a terra.

 

Strawberry sapeva, senza ombra di dubbio, che non poteva permettere che la cosa

si ripetesse. Non importava cosa era successo in passato, ora doveva comportarsi in modo diverso.

 

Invece del rimbrotto che il commento dell’alieno avrebbe dovuto suscitare, lei rispose con un sorriso, pieno di tutta la rassicurazione che poteva raccogliere nel suo stato ansioso.

 

“Vado a prendere un termometro, ok? Torno subito.”

 

Di nuovo, con sua grande sorpresa, lui non aveva nulla da dire. Si appoggiò al cuscino, con una leggera tosse che lo scuoteva, mentre lei usciva dalla stanza.

 

Mentre frugava nell’armadietto dei medicinali, Strawberry si morse le labbra, con le mani che le tremavano ed un gelido panico minacciava di lacerarle la mente. Come avrebbe superato questo, ora? Era stato diverso quando si trattava solo di una ferita. Certo, una ferita profonda, ma pochi giorni a letto gli avrebbero consentito di recuperare abbastanza forza da essere in grado di curarsi da solo.

 

Ora.. ora era tutto così infinitamente peggiorato, e l’aspetto più terribile di questo (e lei provò dolore fisico quando si accorse di questo) era che era tutto, innegabilmente, accaduto per colpa sua. Era stato per la sua asprezza ed insensibilità che lui si era ammalato così velocemente, era colpa sua se ora si trovava ad affrontare una situazione che non sapeva come gestire.

 

Tutti questi pensieri le occupavano la mente, mentre usciva dal bagno con un termometro in mano. Mentre camminava lungo il corridoio, un’ altra serie di pensieri la invase.

 

Hai appena dormito con Ghish.

 

Strinse i denti, frustrata dal fatto che questo avrebbe dovuto aspettare, infastidita perché avrebbe dovuto incontrare il ragazzo alieno con questi pensieri che le correvano pericolosamente per la mente, vicini ai suoi pensieri normali. Quanto disperatamente voleva risolvere quella situazione! Eppure… forse era meglio se non lo faceva. Non ancora. In qualche modo, sapeva che il risultato sarebbe potuto non essere quello che lei si aspettava. In qualche modo sapeva che più tardi lo faceva, meglio era.

 

Eppure, questo non fermava quelle farfalle di dubbio dal fare la loro tipica danza nel suo stomaco.

 

Ritornò al letto, togliendo il termometro dal suo astuccio prima di accomodarsi sulla sedia della sua scrivania accanto a Ghish, tenendo il termometro davanti a lui.

 

“Questo è un termometro. Misura la temperatura del tuo corpo. Dovrai tenero sotto la lingua per un po’ ok?” Attese per alcuni secondi, chiedendosi se avrebbe fatto il difficile, ma lui annuì semplicemente (internamente, lei stava soffrendo per il terribile pallore del suo viso), aprì la bocca per permetterle di far scivolare il termometro sotto la sua lingua.

 

L’oggetto era elettrico e quindi ci mise pochi secondi per registrare la temperatura. Lei lo tolse e lo lesse. Trentanove gradi Celsius. Dopo averlo fissato per alcuni istanti, si rese conto di non conoscere di fatto la normale temperatura di un corpo alieno. Arrossendo leggermente all’inaspettato attacco della sua fastidiosa, abituale lentezza mentale (1), si schiarì nervosamente la gola prima di chiedere:

 

“Qual’è la tua normale temperatura corporea? Nei nostri gradi?”

 

A causa del silenzio che seguì, lei pensò che la domanda fosse troppo complicata per lui, mentre si trovava in quello stato e stava per interrompere il suo pensare quando lui mormorò:

 

“Trentacinque.”

 

Trentacinque. Trentanove e trentacinque… questo… questo è brutto.

 

“Stai… stai male Ghish” Uh, bene, stupida. Si pentì nel momento in cui lo disse e lei non era di certo l’unica ad aver percepito la stupidità di quel momento.

 

“Avrei potuto dirtelo anch’io gat..” fu interrotto da un altro attacco di tosse, e la vergogna di Strawberry svanì, quando lei vide il dolore tornare sul volto di Ghish. Avrebbe potuto attendere finché non si fosse fermato, ma gli mise una mano sulla testa, accarezzandogli inconsciamente i capelli mentre l’episodio terminava. La sua preoccupazione si intensificò ulteriormente quando si accorse che l’aveva indebolito tanto da non fargli terminare la battuta. Giacque tremando leggermente sotto la mano di lei, respirando lentamente ed un po’ troppo flebilmente per i gusti della ragazza. Lei si morse il labbro di nuovo. In qualche angolo della sua mente si chiese persino se, alla fine, mordendosi il labbro, avrebbe sentito il sapore del sangue.

 

Senza distogliere lo sguardo dal ragazzo pensò a cosa poter fare. Si chiese… forse le medicine umane avrebbero funzionato per gli alieni? Poteva almeno provarci, finché non si trattava di veleno. Anche un po’ di cibo non sarebbe stata una brutta idea. Un po’ di zuppa in più avrebbe funzionato. E doveva ancora cambiare quelle bende. Dio sapeva che in quel momento la ferita si era sicuramente riaperta, dopo quella tosse lacerante.

 

Tutto questo le passò per la mente, mentre lei continuava ad accarezzargli i capelli con aria assente. L’altra mano rassettava le lenzuola. Se fosse stata più presente, meno immersa in quei pensieri e nell’ansia, avrebbe potuto vedere che, quasi ripresosi dall’attacco, Ghish la guardava con un’espressione di curiosa soddisfazione sulla sua faccia arrossata. Lei non era presente, quindi disse senza notarlo:

“Vado a prendere qualche medicina.” Ora, comunque, notò un’improvvisa scintilla di… cosa?.. Scontento? Sordo terrore? Qualsiasi cosa fosse, lei capì che… lui non voleva che se ne andasse. Sapeva anche che questo non proveniva dalla sua normale possessività. Improvvisamente si accorse ancora di più della liquida paura nei suoi occhi, e la sua espressione preoccupata si addolcì di più. Un sorriso rassicurante le stirò le labbra.

 

“Tornerò presto. Vado solo giù nell’atrio, ok?” Lasciò che la sua mano si fermasse sulla fronte dell’alieno. Si alzò ma i suoi occhi rimasero su di lui, il suo sorriso non tremò, mentre il bisogno di confortarlo scacciava i suoi dubbi con una forza che l’avrebbe stupita se se ne fosse accorta.

 

“Lo prometto.”

 

Se avesse fatto attenzione, si sarebbe resa conto che quelle due semplici parole implicavano molto più che un semplice viaggietto nell’atrio.

 

Come al solito, non lo fece, ma questo non impedì alla frase di dare un conforto più che necessario a Ghish, che si rilassò mentre la mano di lei correva attraverso i suoi capelli un’ultima volta prima che la ragazza se ne andasse.

 

FINE DEL CAPITOLO.

 

 

(1)  ora capisco molte cose.

Ahia, ecco un’altra complicazione? E adesso che ci si è messa anche la febbre, ce la farà Ghish a sopravvivere?

Seguite i prossimi capitoli per scoprirlo.

A presto

Bebbe5

 

 

 

 

 

 

  
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