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Autore: Jo_    23/11/2009    1 recensioni
Andrea aveva un amore, riccioli neri. Storia di adolescenti stupidi, ribelli, ormonali e confusi. Non sono capace ad impostare gli avvertimenti, comunque, si parla di cose sporche. La canzone citata nel titolo sarà di mia proprietà nel giorno in cui verrò adottata da Dori Ghezzi.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Innanzitutto, vorrei ringraziare tutti per le visite.

Grazie a tutti coloro che hanno aggiunto questa storia tra quelle seguite, nella speranza di leggere un giorno la conclusione.

Sappiate che vi faccio compagnia.

Ho pubblicato questa storia solo dietro numerosissime insistenze, e non avete idea di quanto mi costri separarmi dalla mia creatura per condividerla. Spero i miei sforzi vengano apprezzati.

 

@vasq: purtroppo non ho mai avuto occasione di leggere nulla di Paz, ma sono aperta a suggerimenti.

La citazione era, non molto fantasiosamente, da Vicious, di Lou Reed: leggenda narra che il ritornello ("Vicious/you hit me with a flower/ you do it every hour/ oh baby you're so/ Vicious") sia stato suggerito da Warhol in persona, mentre l'amico stava scrivendo il testo per una nuova canzone.

 

 

6.

Remember when you were young?

You shone like the Sun…

Amo l’aria condizionata al pomeriggio.

È come se una fredda mano amica ti carezzasse le gambe.

Mi disturba l’affanno dei miei coetanei: se c’è una cosa che farei tutta la vita, è restare sdraiato sul letto in mutande a fumare e ascoltare musica.

…shine on you crazy diamond…*

Squilla di nuovo il telefono.

Mamma è già andata a lavoro. Chi è?

“Pronto?”

“Ehm…sei Andrea?”

Chi diamine è ad avere il mio numero di casa?!?

“Dipende da cosa vuoi da lui.”
”Sono la segretaria della tua scuola, volevo solamente informare tua madre che ti abbiamo certificato l’esonero dalle lezioni di religione e che quindi hai il permesso di uscita anticipata.”

“Capisco…adesso mia madre non c’è, comunque la informerò al più presto. Grazie mille e complimenti per l’efficienza.”

“Di niente caro, in bocca al lupo per l’anno scolastico.”
”Crepi. Buona giornata.”

“Anche a te.”

Click.

Da quando in qua mi è stato concesso di scampare a degli inutili sermoni? Alessia sta decisamente facendo rinsavire mia madre.

Mi scolo un bicchiere di succo di frutta e torno in camera.

(On air: Pink Floyd-Have a Cigar)*

Cerco di concentrarmi sui libri, ma non ci riesco.

Da quando mi sono trasferito qua non ho più avuto modo di contattare nessuno.

Non che abbia molte persone con cui tenermi in contatto, a dire il vero.

Però mi manca il suono della sua voce.

Quella voce che mi cullava, calda, quando ero nei guai…

Quella voce che non avrò più modo di ascoltare, se non attraverso il freddo filtro del telefono.

Ma non chiama mai.

Quella voce.

Che si è già scordata di me.

Me che vivevo solo per lei…

La prima volta che ascoltai quella voce avevo quattordici anni.

Nel pieno della pubertà, tutto è un mix di odori e suoni.

E quel suono spiccava, netto, tra gli altri.

Dov’è adesso, con chi è adesso, che non sono io?

Più ci penso e più sto male.

Dio, perché mi hai privato di quella voce?

Me ne hai reso schiavo e poi me ne hai privato.

Sto letteralmente scadendo nel patetico.

So, so you think you could tell

Heaven from Hell

Blue skies from pain?*

Dio, come vorrei che tu fossi qui.

Sono cinico, insensibile, ipocrita, e anche parecchio stronzo, ma anche io soffro ogni tanto.

*Le tre canzoni sono, nell'ordine, Shine on You Crazy Diamond, Have a Cigar, Wish You Were Here, contenute nell'album Wish You Were Here dei Pink Floyd.

Leggenda narra che durante le registrazioni del disco, dedicato all'amico ed ex socio Syd Barret dedito oramai a compagnie ben più psichedeliche quali simpatici francobolli bollati dottor Huxley, egli sia comparso in studio ormai irriconoscibile, senza più la folta chioma che lo caratterizzava e notevolmente ingrassato.

Si, sono una maniaca delle storielle rock'n'roll.

 

7.

“Suuu! Gira la ruota!”

Odio il rito della cena.

Odio, un sentimento umano e duraturo.*

“Com’è bella Victoria, vorrei somigliarle almeno un po’”

La tipa che sculetta alla TV è Victoria, una bionda svedese che somiglia paurosamente ad una Barbie maggiorata.

Guardo mia madre.

Sicuramente da ragazza era bella. Di quelle bellezze classiche, però.

Non tanto alta, magrolina, seno piccolo e sodo e punto vita stretto.

Poi ha scoperto la chirurgia.

Adesso le sue tette sfidano la legge di gravità, e i capelli liscissimi sono di tre toni più chiari.

Io e lei abbiamo la stessa carnagione bianco latte, ma a forza di lampade lei somiglia ad una bambola californiana.

“Oh mamma, ma tu sei molto più bella di lei.”

“Grazie tesoro, sei davvero un figlio d’oro”

In effetti non è brutta, anzi, nel complesso è una bella donna.

Anche per come si acchitta e tutto.

Ma sa di plastica.

Il modo in cui parla, in cui si muove, in cui si veste…è plastica.

Odora di plastica, ha la consistenza della plastica.

Rigida, fredda.

Io odio la plastica. È asettica.

L’idea di abbracciare una persona di plastica, di baciarla…mi fa rabbrividire.

L’uomo è bello perché è un animale a sangue caldo.

Un semplice contatto epidermico può trasmettere milioni di sensazioni ed emozioni differenti.

La pelle è l’organo di senso più grande di tutto il corpo, ricoprendolo per intero.

(Pelle: è la tua proprio quella che mi manca, in certi momenti…e in questo momento è la tua pelle ciò che sento, nuotando nell’aria…)**

Dio, come mi manca la sua pelle. Il profumo, della sua pelle.

E quella voce…

“Tesoro ne vuoi un’altra porzione?”

“No mamma grazie, m’è passato l’appetito…”

“Va bene…ah!”

“Dimmi mamma.”
”M’ero scordata di dirti che mentre facevi la doccia ti ha cercato qualcuno al telefono, ma non mi ricordo che voleva…comunque niente di importante.”

“Lascia a me giudicare se fosse importante o meno. Era un ragazzo o una ragazza?”

“Non lo so, non me lo ricordo…ma appena mi torna in mente te lo dico, promesso”

Mia madre è davvero ritardata.

Finalmente mi chiama e lei si scorda di dirmelo.

Dio come la odio.

“Mamma c’è il gelato in frigo?”

“Dovrebbe esserci una vaschetta da 2 kg alla vaniglia e bourbon, ma…”

“…benissimo.”

Mi alzo, prendo un cucchiaio da minestra, apro il freezer, prendo il gelato e vado in camera mia.

Anneghiamo i dolori nel gelato al bourbon.

 * Questa è più facile, via.

**E anche questa. In lingua originale sono più facilmente riconoscibili.

 

8.

Ormai mi sono abituato alla nuova routine mattutina.

Alice mi aspetta all’incrocio, senza che io glielo abbia chiesto.

Interrompe il mio flusso di pensieri.

“Ciao!”

“Ciao” rispondo con poco entusiasmo.

Ho ancora in mente le tette mattutine di Alessia.

“Ho pensato che beh, visto che facciamo la stessa strada, ecco, magari non ti dà fastidio se la facciamo insieme.”

“Ok, nessun problema”

Fumo tranquillamente la mia sigaretta.

"Cosa fumi?"

“Winston Blu.”

“Come sono?”

“Contengono tabacco e nicotina”

“Capisco…”

No, non capisci.

“Posso rubartene una?”

“Fumi anche te?”

“Beh no…è che dalle nostre parti non fuma quasi nessuno. Di adolescenti, dico.”

“E allora no.”

“Perché?”

“Per due motivi: uno non voglio avere i tuoi polmoni sulla coscienza, due me ne son rimaste poche e preferirei non sprecarle. Senza cattiveria, eh.”

“Ah ok, capisco…”

No, non capisci.

Senza sigarette potrei sfogarmi in altri modi ben più dannosi.

“E perché mai vorresti fumare adesso?”

“Beh non lo so, sono curiosa…l’immagine di una ragazza con la sigaretta in bocca mi risulta strana.”

Dio, ditemi che è uno scherzo.

Questa se vede una canna sviene.

“Certo che questo posto è proprio strano.”

“Cioè?”

“Beh, che io sappia è l’unica città in tutta Italia in cui nessun adolescente fuma. Non che sia un male, intendiamoci. Ma di sicuro è molto strano. L’idea di trasgressione, associata alla giovinezza…è completamente sovvertita”

“Beh ecco…abbiamo semplicemente altri modi di trasgredire.”

Non vanno a messa la domenica?

“Ad esempio?”

“Se vieni con me stasera te lo dimostro”

Ooooooh…iniziano a farmisi delle proposte piccanti.

“Dove vorresti portarmi, di grazia?”

“Vedrai.”

Bah, meglio non illudersi.

Accetto, ed entriamo in classe.

Con dieci minuti di anticipo.

Questo posto funziona davvero alla rovescia.

L’aula è già mezza piena.

C’è chi parla con gli amici, chi ripassa per la lezione.

Nessuno che non abbia fatto i compiti.

Mi siedo al mio banco, educatamente, e faccio finta di rileggere anche io gli appunti.

Dylan Dog l’ho scordato a casa.

Due tipi, uno grosso biondo e balestrato, l’altro più basso, paffuto, si piazzano davanti al mio banco.

Alzo lo sguardo.

“Che succede amico?”
”Lo sai che sei davvero un coglione?”

“Ti ringrazio per il complimento. Altrettanto.”

Mi arriva uno schiaffo in faccia dal biondo.

Non mi scompongo.

“Si può sapere chi ti credi di essere?”
”Piacere, Andrea. Immagino tu sia il capo bullo della classe.”

Inizia a dare calci al mio zaino in terra.

Lo lascio fare.

Intanto l’attenzione della classe s’è spostata su di noi.

Guardo quello grasso.

“Te non dici nulla, Georgie Boy?”*

Mi guarda, evidentemente non ha capito.

A questo punto credo che da queste parti certi film siano vietati, un po’ come le sigarette.

“Hey che cazzo dici?”

“Oh nulla, mi chiedevo come mai il tuo amico fosse così taciturno”

Alice e le sue amiche hanno gli occhi sbarrati.

Mi sa che sto facendo qualcosa che non va.

“Senti stronzo, non abbiamo bisogno delle tue cazzate, hai capito? Abbassa la cresta prima che lo faccia io a forza di schiaffi.”

“Ti volevo informare che non incuti tanto timore quanto credi.”

Mi dà un altro schiaffo.

Che non fa male.

Entra proprio in quel momento l’insegnate, che stranamente non capisce quel che succede.

“Cari ragazzi, perché state in piedi?”

“Stavamo parlando con Andrea, per sapere come si trova nella nuova classe”

“Ah bene! E come si trova?”

“Oh, d’incanto. Abbiamo anche organizzato il comitato d’accoglienza.”

“Benissimo! Mi fa piacere che andate d’accordo-”

Andiate, cazzo. È così difficile usare i modi verbali giusti?

“-Andrea ha un carattere molto strano ma è un bravo ragazzo.”

“Grazie, Sir.”

“E spero che sei più intelligente di quel che sembri.”

“Che sia più intelligente, prof.”

“E io che ho detto?”

Dio, non arriverò mai alla fine dell’anno.

*vedi "Compagno Sir". Mi rendo conto solo ora che in quanto a citazioni Tarantino mi allaccia manco una scarpa.

 

9.

On my way home.

Ho già lasciato Alice da un pezzo, con un appuntamento per stasera alle nove al nostro incrocio.

Sto per infilare le chiavi nel portone, quando si materializza Alessia.

Dio, che c’è stavolta?

“Ciao Andrea!”

“Ciao…”

“Mi ha telefonato tua mamma, non torna a casa per pranzo. Mangi da me?”

“No grazie, preferisco stare a casa mia.”

“Dài davvero, tienimi compagnia…”

Mi prende le chiavi dalla mano e se le mette in tasca.

“Adesso sei obbligato a mangiare insieme a me”

Maledizione.

Casa sua è un autentico bordello.

La mia camera in confronto è ordinatissima.

I vestiti sono buttati alla rinfusa sul divano, mentre i libri (valanghe di libri, non avrei mai pensato che una come lei potesse possedere così tanti libri) fungono da mensole, soprammobili, paraspifferi e apriporte; i piatti accatastati nel lavello sfidano la forza di gravità, mentre il tavolo è invaso da una quantità disarmante di scartoffie. Quella che vedo dalla cucina dev’esser la camera da letto.

“Scusa il disordine, non aspettavo visite.”

Dio, come odio le frasi di circostanza.

“Cos’hai intenzione di mangiare?”

“Indovina”

Si, la stanza che si vede dalla cucina è la camera da letto.

Si può considerare abuso di minore?

Hot tramp, I love you so.*

 

*Di gran lunga la mia canzone preferita.

 

10.

“Alessia so che non è il momento più adatto per dirtelo ma…credo che dovremmo finirla qua. Non mi sembra giusto nei confronti di mia madre, ecco.”

Alessia mi guarda, mentre fuma una delle mie sigarette. Fa uscire il fumo in piccoli cerci, mettendo le labbra a forma di cuore, per poi passarci dentro l’indice sinistro. Mi domando come faccia ad essere così…così.

“Che c’entra tua madre scusa?”

“Come che c’entra mia madre?!? State insieme! Stai tradendo la tua compagna con il figlio! Non mi sembra poi così difficile da individuare quel che non va…”

“Ma che c’entra…siamo una coppia aperta.”

Aaah. Adesso si che è tutto chiaro.

“Comunque a me è venuta fame.”

“Se resti fermo qua ti preparo un panino”

Si alza dal letto completamente nuda.

Per esser bella è bella. Le spalle, i fianchi… un culo da dieci e lode.

Ed ha una pelle splendida.

Non come la sua, sia chiaro. Ma è meravigliosa.

Scivola così bene sotto le dita. Si amalgama ai polpastrelli.

Sento armeggiare in cucina.

Sposto la coperta e mi allungo per prendere i jeans. Sfilo il pacchetto e mi accendo una sigaretta. Si, l’ennesima.

Guardo fuori dalla finestra, nella mia cucina.

La luce è accesa, così come la televisione. Mamma è già tornata e non mi ha ancora chiamato.

Meglio così. Sarebbe un po’ dura da spiegare.

Alessia torna dalla cucina con una bottiglia d’acqua in una mano e un piatto stracolmo di tramezzini prosciutto cotto-maionese nell’altra.

“Spero ti piacciano, io vado letteralmente pazza per la maionese”

“Anche io, ne mangerei chili al giorno. Però mamma non la compra mai: sai, la linea…”

“Beh, sei libero di venire qua ogni volta che hai voglia di toglierti qualche sfizio.”

Lo avevo immaginato.

Il prosciutto è schifosamente insapore, tra l’altro.

Apro il tramezzino e lecco via la maionese. Che mi resta tutta sulla punta della lingua.

La sua pelle ha tutto un altro sapore.

  
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