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Autore: KH4    25/11/2009    4 recensioni
Il mio sogno è trovare un sogno. Cercarlo significa vivere? Non lo so perchè io non so se ho il diritto di questa mia vita o di questo mio desiderio. Non so cosa sia un sogno ma lo desidero così tanto perchè forse può darmi la felicità che non ho. Anche se cammino, respiro, osservo...sto forse vivendo come dovrei fare? Non lo so.Ho paura a trovare la risposta.Ho paura a guardare indietro. Ho paura di quello che sono. Ma io....chi sono?(prologo del cap.14).
La vita di Ace prima ancora che entri a far parte della ciurma di Barbabianca e durante la permanenza sulla nave di quest'ultimo, accompagnato da un dolce ragazza dal passato oscuro e ingiusto. Buona lettura a tutti!(introduzione modificata)
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Barba bianca, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!prima di cominciare col secondo capitolo voglio subito ringraziare la carissima Yuki 689 e MBP per aver recensito già al mio primo capitolo.Visto che il pomeriggio universitario si è concluso in fretta,mi è stato possibile postare il seguito.Spero che vi piaccia che in molti altri seguiranno la vicenda!ringrazio ancora i lettori e tutti quelli che si sono interessati alla mia fict!


 
Quando Portuguese D.Ace uscì finalmente dal regno dei sonnellini, comprese di non essere più nel bar ma in una stanza del piano di sopra del locale, dove qualcuno si era premurato di portarcelo. Il suo cappello e lo zaino erano stati appoggiati su un piccolo tavolo; pareva non mancare nulla di quel che aveva.

“Yamn! Accidenti, mi sono appisolato” sbadigliò stiracchiandosi.

Mettendosi seduto, si stropicciò gli occhi più e più volte per svegliarsi decentemente.
Una volta raccattate le sue cose e sbadigliato per l'ultima volta, scese di sotto, dove ormai quasi tutti se ne erano andati. Il padrone di casa era ancora al suo posto, dietro il bancone con l'immancabile straccio e l'ennesimo boccale della serata. 

“Ben svegliato ragazzo” gracchiò l’oste nel vederlo arrivare.
“Per quanto ho dormito?” si informò lui sistemandosi esattamente dove stava prima e raddrizzandosi il cappello in testa.
“Un’oretta. La signorina si è presa un bello spavento: è stata lei a portarti a letto, era convinta che ti fossi sentito male” gli spiegò lui sempre con gli occhi fissi sull’ennesimo bicchiere da pulire.
 
A quella notizia, il pirata non potè che sospirare e passarsi una mano sulla faccia per la figura fatta. E ancora una volta la narcolessia aveva colpito! Anche se ormai ci aveva fatto il callo, tutte le volte non riusciva a non pensare quanto fosse fastidioso addormentarsi senza esserne coscienti. Era un bel grattacapo da quando era bambino e l'imprevedibilità di quella sua strana malattia era capace di farlo dormire per due giorni di fila. Più volte aveva ringraziato il cielo di non essersi addormentato troppo vicino all'acqua ma anche se se ne fosse tenuto alla larga, ugualmente si sarebbe svegliato in un posto a lui sconosciuto, manco fosse stato un sonnambulo! Non ebbe neppure il tempo di chiedere al padrone di casa dove fosse la ragazza, giusto per ringraziarla, quando una bambina in lacrime entrò di corsa nel bar; i vestiti e il viso erano impolverati e sul ginocchio sinistro era stata applicata una recente fasciatura.

“Zio, zio! Dobbiamo chiamare aiuto!” urlò disperata.
“Calmati. Cos’è successo?” 

La bambina dal nome sconosciuto, riprese un po’ di fiato e senza essersi calmata del tutto iniziò a raccontare: dopo che Ace si era addormentato, la misteriosa giovane aveva pagato la sua cena, uscendo così a fare due passi quando il caso, aveva voluto far sì che il suo cammino si incrociasse a quello della bimba, vittima di angherie di alcuni pirati che qualche ora prima si erano fermati nel suo stesso bar e che in quel preciso momento, si stavano divertendo alle spalle di quella piccolina per motivi di natura oscura. Ancor prima che avessero potuto infierire pesantemente su di lei, la giovane era intervenuta, facendo in modo che potesse scappare.

“Mi ha detto di mettermi al sicuro e che a quei tipi ci avrebbe pensato lei! Dobbiamo chiamare aiuto zio, le faranno del male!” 

Era ben evidente che la sua salvatrice doveva essere in svantaggio numerico e ora che Ace ricordava, non le aveva visto armi addosso. 

“Non devi preoccuparti. E’una pirata e sa quel che fa. Scontrarsi con i suoi simili fa parte della sua vita quindi non stare tanto in pena e va a dormire che è tardi” la rassicurò il parente.

Anche se non convinta del tutto, la bambina ubbidì e sparì dalla sala, lasciando che il parente barbuto terminasse il suo lavoro. Dal canto suo, il moro non aveva ragioni per immischiarsi in quella faccenda ma una parte di sé moriva dalla curiosità di andare a vedere il tutto e scoprire chi fosse quella giovane pirata dai modi affabili con cui aveva parlato per circa tre minuti prima di crollare come un peso morto sul bancone.

“Girano un sacco di ricercati qui ma solo pochi sanno cosa significhi veramente essere un pirata; il resto sono solo cialtroni che scappano alla prima difficoltà. Quei quattro se la vedranno molto brutta” decretò sicuro l’oste.
“Conosce quella pirata?”

A quel quesito, l’uomo dalla robusta costituzione si limitò a staccare dal muro che stava alle sue spalle una delle locandine poste in alto, mostrandola al ragazzo. Ritraeva una sua coetanea, la stessa con cui aveva parlato e a grandi caratteri sotto la foto c’era scritto: ”Sayuri, il Bianco Giglio”. La sua taglia ammontava a novanta milioni di berry.
Pugno di Fuoco fischiò per la cifra data. Ovviamente la sua era nettamente superiore ma era rimasto sorpreso nel vedere che tanti soldi sulla testa di una ragazza; doveva aver combinato qualcosa di veramente grosso se la Marina le aveva affibbiato una taglia del genere.

“Era così a modo che non l’ho neppure riconosciuta. Suona strano che una così piccola abbia sconfitto la triade nera del mare meridionale”boffocchiò tra i baffi.

 Data la notevole distanza che vi era tra il vecchio mondo e la rotta maggiore, la Marina aveva creato un plotone composto da tre squadre aventi trenta membri ciascuno;si trattava di uomini scelti,sottoposti ad allenamenti intensi, massacranti e spezza-ossa. La triade nera non era un semplice esercito qualunque, ma una forza militare realizzata per far sì che l’ordine fosse rispettato con qualsiasi mezzo. Il Quartier Generale della Marina aveva inviato quelle tre squadre speciali a occuparsi dei mari che erano separati dalla montagna che fungeva d’entrata alla Grand Line e l’ubicazione delle loro basi era ignota.
Il controllo di quelle zone era esclusivamente loro e quel che era peggio, era che alcuni di quei soldati avevano ingerito dei frutti del diavolo. Man mano che l’oste raccontava quel che aveva letto sul giornale, qualcosa nell’animo del moro si svegliò, superando la sua stessa curiosità pronta scoppiargli in petto: voleva combattere contro di lei.

Non si era mai sottratto ad un combattimento, il suo orgoglio l’aveva sempre spinto a battersi contro avversari ostici,che lo spingessero a dare il meglio di sé.
I suoi buoni propositi di starsene buono erano svaniti dalla sua testa e ora come ora voleva solamente sgranchirsi i muscoli insieme a Bianco Giglio.

“Uff, si prospetta una notte movimentata” sbuffò il locandiere nel vedere uscire anche il suo ultimo cliente.
 




Quando si era sparsa la voce che al porto numero cinque si sarebbe tenuto uno scontro tra pirati, in molti si erano nascosti nei paraggi per assistere alla vicenda. Regnava il silenzio attorno a quella ventina di pirati, che sogghignavano maliziosi davanti a Sayuri. La ragazza non aveva voglia di combattere, specie con individui che per essere sicuri di vincere avevano chiamato perfino i rinforzi, ma sapeva fin troppo bene che quelli non l’avrebbero lasciata andare così su due piedi, non dopo che lei aveva colpito così apertamente il loro capitano; l’uomo in questione puzzava di alcool, aveva capelli unti, occhi lucidi e arrossati.
La sua ciurma era ridotta nella stessa maniera, con abiti lerci e mente inebriata dal troppo bere. Un vero comizio di poveracci.

“Erk erk erk! Devi essere molto coraggiosa per osare metterti contro di me, dolcezza. Non sarebbe stato meglio se con te ci fossero stati i tuoi compagni?” domandò con voce trascinata il leader.
“Non ho una ciurma se è questo che vuole sapere” rispose lei composta
“Oh, ma davvero?” il luccichio nei suoi occhi si fece più oscuro e malevolo. “Che sorpresa. Mi sorprende che una graziosa fanciulla come te viaggi da sola: non sai che il mare è pieno di persone poco raccomandabili?”

Lui ne era l’esempio vivente. Bastava guardarlo per rendersene conto.
Si avvicinò alla ragazza, squadrando ogni centimetro di quel corpo così atletico con crescente vogliosità. Viaggiare era faticoso e avere ogni tanto una dolce e sensuale compagnia sotto le proprie lenzuola era quello che ci voleva per gente in astinenza come lui.

“Facciamo così, dolcezza: io sono disposto a dimenticare la tua mancanza di rispetto nei miei confronti e ti permetterò di unirti alla mia ciurma. Avrai un posto dove stare, ma in cambio..." e si leccò le labbra al sol pensiero "Esigo che tu ogni tanto soddisfi qualche mio desiderio” deglutì la saliva che rischiava di uscirgli per il poco controllo.

Il suo sogno perverso di toccare una creatura femminile con le sue mani, per tutto il tempo che voleva era sul punto di realizzarsi e niente sembrava poterlo impedire, tranne il rifiuto della bella castana; un rifiuto che aveva acquisito la forma di un pugno secco e deciso, che aveva scaraventato il pirata ubriaco in mezzo i suoi compagni allibiti. Anche i curiosi erano rimasti di sasso.

“Mi dispiace, ma non ho alcuna intenzione di venire con voi. I pirati che trattano gli innocenti come se fossero carta straccia mi disgustano” replicò con totale mancanza di freddezza e odio.

Era rilassata, come pochi.
L’aveva colpito con un semplice pugno, senza armi ma era stato sufficiente per stupire tutti e suscitare l’ira di quell’uomo e della sua ciurma.

“Stupida mocciosa!” ruggì, ripulendosi la bocca dal sangue “Prendetela! Picchiatela se vi va, ma non lasciatela scappare!”

Ubbidiente, l’intera banda si gettò alla carica con spade e bastoni. Era deplorevole: venti uomini armati, contro una ragazza apparentemente del tutto indifesa.
Chiunque, davanti a un simile scenario si sarebbe indignato e infatti qualcuno, arrivato giusto in tempo, scelse di intervenire invece di stare con la bocca aperta come il resto degli spettatori. Prima ancora che quelli avessero il tempo di avvicinarsi al loro obbiettivo, un muro di fuoco nato dal nulla li costrinse a fermarsi e a indietreggiare. Ora anche la castana era stupita: le fiamme erano alte e dense, tanto da impedirle cosa stesse succedendo dall’altra parte.

Improvvisamente, queste diminuirono e vennero convogliate in un singolo punto: una figura umana si materializzò nel bel mezzo di quello spontaneo incendio e richiamò a sé l’elemento fino a farlo estinguere completamente. Anche se era voltato di schiena, Sayuri l’aveva subito riconosciuto: quel ragazzo, con indosso una camicia a maniche corte giallo canarino e dei pantaloni lunghi fino al ginocchio, neri, era lo stesso con cui aveva parlato alla locanda.

“Vedo che non conosci le buone maniere se ti rivolgi a una signorina in questo modo” proruppe lui.

La sua entrata in scena non era stata molto gradita dall’avversario, già in collera di suo. Spavaldo, non indietreggiò e mostrò ai presenti una lunga sciabola pronta all’uso, mentre i suoi uomini rimanevano in disparte.

“Ragazzino impertinente, vuoi forse morire?! Non hai idea contro chi ti sei messo!” per la rabbia stava per uscirgli la bava dalla bocca “Hai segnato la tua condanna intromettendoti nei miei affari! La tua e di quella sgualdrinella!”

Gli puntò contro la spada come a volerlo intimorire, ma ciò non spaventò per nulla il pirata di picche, irritato da quelle parole offensive. Al contrario, i mezzi ubriachi cominciarono a sudare freddo: con la mente più lucida, erano riusciti a riconoscere chi il loro capitano stesse sfidando con tanta avventatezza. Lo avvertirono, ma la stupidità del loro superiore era troppo forte perché si rendesse conto del pericolo. D’altro canto, loro alla pelle ci tenevano e per tanto fecero la cosa più sensata da fare: se la svignarono a gambe levate.

“Tsk! Branco di imbecilli! Questa me la pagano!” imprecò
“Faresti meglio a seguire il loro esempio” gli consigliò il moro.

A quel punto l’istinto prese totalmente il sopravvento: l’uomo dai consunti abiti si lanciò contro Ace urlando con la sciabola ben alzata. La lama, che continuava a roteare, era pronta a cadere su di lui ma non appena iniziò la sua veloce discesa, venne sciolta dalla mano infuocata del capitano della ciurma dei pirati di picche, che rincarò la dose con un potente destro alla bocca dello stomaco. Il nemico volò per diversi metri, atterrando infine, rumorosamente, tra funi e casse lasciate lì dai marinai.

“Te l’avevo detto di seguire l’esempio dei tuoi uomini”

Rialzatosi dal volo appena fatto, il sudicio pirata imprecò tra sé e sé, per poi scappare via con la coda tra le gambe, insieme agli ultimi curiosoni.
Ora il porto era completamente deserto. Erano rimasti solo Pugno di Fuoco e il Bianco Giglio da novanta milioni di berry, che per tutto il tempo era rimasta a osservare quel veloce duello il cui vincitore era sempre stato scontato.

“Sei stato molto gentile ad aiutarmi” lo ringraziò.
“Dovere. Anche se sono sicuro che avresti potuto sistemare quell’idiota da sola” le rispose sistemandosi il prezioso capello.

Sebbene non paresse avere cattive intenzioni, Sayuri decifrò all’istante l’espressione che era comparsa sul volto di lui: le guance, coperte parzialmente da piccole lentiggini, erano piegate per via di un sorriso amichevole ma carico di sfida al tempo stesso. Evidentemente doveva averla riconosciuta ma non ne fu affatto sorpresa: aveva addocchiato diversi volantini appesi alla parete di quel locale e con ogni probabilità doveva esserci anche il suo.

“Ho sentito dire che sei molto forte” continuò il moro con un acceso interesse nell'animo.
“Posso dire lo stesso di te. Possiedi addirittura il potere di un frutto del diavolo” aveva notato lei.

Purtroppo, il volto di quel giovane uomo non l’aveva mai visto in vita sua e quindi non sapeva chi avesse di preciso davanti. Sicuramente si trovava nella rotta maggiore da un pezzo, ma non poteva dedurre altro. Già considerato l'inizio, la ragazza immaginò come sarebbe finita quella conversazione.

“La verità è che non volevo che quel senza cervello ti attaccasse perché avrei voluto essere io il tuo avversario. Mi piacerebbe molto verificare le tue potenzialità” confessò infine Ace facendo scricchiolare le nocche.

La castana credette di aver udito male, ma invece aveva sentito più che bene: le era appena stata lanciata una sfida.

“Perdonami, ma io non ho intenzione di combattere contro di te. Non ne ho il motivo” gli disse con tutta la sincerità di cui disponeva.
“Pensi che accetti il tuo rifiuto?”

Non era arrabbiato; sorrideva e si vedeva benissimo tutta la sua ostinazione. Ormai aveva deciso di combattere e doveva farlo. Non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione di confrontarsi contro un nemico potente che l’avrebbe spronato a dare il meglio di sé, anche se in quel caso si trattava di una ragazza. Da parte sua, la giovane era cosciente che quel suo coetaneo non ce l’aveva con lei per qualche torto subito; aveva visto in lei un’avversaria e voleva ingaggiare un duello che sicuramente gli avrebbe fatto ribollire il sangue per l’eccitazione. Dopotutto entrambi erano pirati e combattere faceva parte del loro mestiere, se così poteva chiamarsi.

“D’accordo. Se vuoi batterti contro di me, non mi tirerò indietro” rispose lei con quel suo dolce e anomalo sorriso.

Le braccia, prima scomparse dietro la schiena, si materializzarono davanti, munite di lunghi pugnali sai argentati, splendenti come argento vivo sotto la luce lunare. Si trattava di armi di prima fattura, letali per gli avversari ma sicuri e maneggevoli per chi invece le utilizzava.

“Prima di iniziare, vorrei presentarmi: il mio nome è Sayuri ed è un piacere conoscerti. Potrei sapere contro chi mi batterò questa sera?” chiese affabile nel stringere la presa sull’impugnatura dei pugnali.

Davanti a tanta educazione, forse fuori luogo per un pirata, Ace si tolse il cappello e compì un piccolo inchino e rispose con altrettanta cortesia.

“Mi chiamo Portuguese D.Ace. Il piacere è tutto mio” 
  
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