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Autore: Lirin Lawliet    26/11/2009    6 recensioni
Questa storia ormai è iniziata e forse tutti noi ci siamo dentro fino al collo, anche se non lo sappiamo... Perchè non esiste nulla di casuale; perchè il nostro nome è già stato scritto, anche se il destino di ogni uomo è un segreto sepolto nel silenzio. Una poliziotta medium dal grilletto facile... Un assassino che agisce nell'ombra sfidando L con una scia di enigmi incomprensibili... Un gioco di seduzione e morte che non risparmierà nessuno; neanche te! Questo è il Caso-Doomsday: l'ultima sfida per L, l'ultimo enigma da risolvere prima che il Giorno del Giudizio giunga anche per lui.
[LXOC][Mello x Matt]
Genere: Azione, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: L, Matt, Mello, Near, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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2 Contatto

Londra - 9 novembre 2004

-19 giorni

 

Yana tagliò l'incrocio tra Lancaster Gate e Notting Hill sfiorando i novanta chilometri orari.

Cambiò le marce con un gioco di polso. Neanche il semaforo rosso a Kensington Church Street riuscì ad impedirle di passare, anche se per poco non commise uno sterminio di anziane signore armate di ombrello. Ignorò le proteste dei passanti, e approfittò dell'ampio marciapiede per evitare una coda di pullman bloccati nel traffico, incurante delle proteste del vigile urbano, posto a guardia dell'ingresso di Kensington Gardens.

"Signorina si fermi! Non può entrare nel parco con la motocicletta!"

La detective lo ignorò del tutto, anzi, probabilmente non lo vide nemmeno. Ondeggiò pericolosamente sul terriccio, reso scivoloso a causa della nebbia: più si addentrava all'interno del parco, più la foschia si addensava. Quando fu certa di non essere seguita da qualche flatfeet* spense il motore e ritirò la chiave dal quadro; con un gesto meccanico abbassò il cavalletto e proseguì a piedi...

"Se non ricordo male" pensò "Dovrebbe trovarsi da queste parti, ma con questa nebbia non riesco a vedere un accidente!"

Avanzò di qualche passo, evitando per un pelo di scontrarsi contro ciò che stava cercando: la statua di Peter Pan. Per qualche strana ragione, il bambino più felice del mondo, quello che non cresce, le sembrò terribilmente triste; quello che al sole appariva come un sorriso smagliante, in quel momento non le parve altro che un ghigno distorto, eternamente scolpito nel marmo.

"Cammina il tempo ma non riesce/ a farne un uomo xkè non cresce/ Vola nel vento come una piuma/ senza memoria i suoi giorni consuma... Entra di notte dalla finestra: Ti dice niente Seconda a Destra?" Yana intonò la filastrocca in un sussurro e, contemporaneamente, girò intorno alla statua dell'eterno bambino; essa si trovava esattamente ad un crocevia, dal quale si diramavano sette sentieri.

"Seconda a destra..." ragionò "Quindi se l'ingresso del parco si trova a Sud... Devo prendere il sentiero che punta a Nord-Est!"

Yana sperò di non aver sbagliato strada. Cos'avrebbe trovato una volta terminato il sentiero? C'era davvero LUI ad aspettarla?
Fu costretta ad ammettere che un po' ci sperava.
Erano passati dieci anni dall'ultima volta che aveva visto L dal vivo e, sotto questo profilo, si poteva dire che fosse una delle poche persone a conoscere l'aspetto del detective senza volto e senza nome... Provò ad immaginare come e quanto il detective potesse essere cambiato in quegli anni. Probabilmente era diventato alto, o forse, era muscoloso; magari portava gli occhiali, o si era lasciato crescere la barba...

Era ancora immersa nei propri pensieri, quando si ritrovò a pochi centimetri da qualcosa.

Non riusciva a vedere cosa fosse per via della nebbia, ma sentiva distintamente il rumore basso e veloce di un respiro. Tese i muscoli e, istintivamente, una mano scivolò nella tasca interna del giubotto, pronta ad estrarre la sua Strayer Voight a 7 colpi.

Un passo. Un altro passo.

Yana sguainò la pistola con un unico movimento fluido e, quasi nello stesso istante, la nebbia si diradò quel tanto che le bastò per scorgere il proprio volto riflesso negli occhi di qualcuno che le stava vicino... Pericolosamente vicino.

In quel momento accaddero tre cose diverse, quasi tutte insieme: inavvertitamente premette il grilletto - udì un grido (e soltanto in secondo momento si rese conto di essere stata lei stessa a produrlo) - e il proiettile andò a conficcarsi nel terriccio fangoso, esattamente in mezzo a due paia di scarpe da ginnastica che un tempo dovevano essere state bianche. Rimase a fissarle, sconvolta, incapace di alzare lo sguardo...

"Buona sera Yana... Anch'io sono felice di rivederti"

Yana sussultò. Quella voce le era completamente sconosciuta, eppure... Eppure c'era qualcosa di familiare in quel tono pacato e monocorde.

Le sua labbra si mossero da sole.

"L...?"

La voce le uscì strozzata, più stridula di quanto avrebbe voluto. Erano anni che non pronunciava il suo nome ad alta voce, eppure il suono di quell'unica lettera le risultò tremendamente familiare. Ripetè nella sua mente quel nome per riassaporare quella sensazione sconosciuta e già nota al tempo stesso.
Non ricevendo alcuna risposta, Yana alzò lo sguardo verso la figura avvolta dalla nebbia.

Lo riconobbe immediatamente.
Era completamente diverso da come lo aveva immaginato, ed era diverso proprio perchè non era cambiato affatto.

Il viso di L aveva conservato i tratti delicati della fanciullezza, la sua mascella non si era squadrata; il pallore del suo viso adamantino contrastava con una chioma di capelli corvini e ribelli che gli circondavano il viso in modo disordinato; gli occhi, grandi e leggermente sporgenti, fissi su di lei. Aveva l'aria di chi non dormiva da giorni, e le occhiaie livide, simili ad ustioni, ne erano una conferma.

In effetti, ripensò, era davvero alto come aveva immaginato, ma la sua postura era scomposta, incurvata, tanto che dovette chinare lo sguardo per fissarlo negli occhi.

Sul suo volto regnava sovrana un'espressione neutra e composta. L'unico sintomo d'emozione fu la curva gentile delle labbra, piegate in un sorriso mesto, forse prodotto dalla mente della detective, ancora frastornata dal rimbombo dello sparo, che ancora le pizzicava fastidiosamente i timpani. O forse, era il battito accelerato del suo cuore, travolto dall'emozione, a renderla temporaneamente sorda e agitata.

"Sono lieto che tu abbia accettato d'incontrarmi a quest'ora. Sei stata brava a trovarmi"

Yana sbattè due volte le palpebre, incredula.

Non riusciva ad associare quella voce bassa e profonda a quel corpo che sembrava tanto fragile da potersi sbriciolare da un momento all'altro, come fosse fatto di soffice pan di spagna. Ciò nonostante, l'emozione non fu sufficiente a metter freno alla lingua tagliente della giovane poliziotta.

"Avresti potuto essere un po' più chiaro"

Yana non avrebbe avuto troppi riguardi per la carica ricoperta da L. Era ben intenzionata a non lasciarsi mettere in secondo piano, nonostante sapesse che sarebbe stata una partita persa in partenza.

"Ti chiedo scusa, ma dovevo testare le tue capacità..." nel tono del detective non c'era alcun segno di rammarico "Ma ero sicuro che avresti capito" Aggiunse, portandosi un indice alle labbra, ben intenzionato a torturarsi un'unghia già eccessivamente rovinata.

Yana non potè fare a meno di sentirsi gratificata da quelle parole, e istintivamente si sciolse in un sorriso. Era sempre stata una persona orgogliosa di sè e, come tutte le donne, era anche felice che le sue capacità venissero riconosciute. In particolare, era felice che a riconoscerle fosse stato il grande L. Ciò nonostante, non riuscì a trovare qualcosa da dirgli, ed L, già poco incline alle chiacchiere, la assecondò. Per un po' rimasero a fissarsi, circospetti e curiosi.

L la squadrò da capo a piedi; quegli occhi opachi sembravano fissi su un mondo che lei non poteva vedere ma, nonostante le apparenze, li sentiva bruciare sulla pelle, come se potessero trapassarla da parte a parte. Fu l'imbarazzo a costringerla ad aprire bocca.

"Mi dispiace per Watari..."

Watari. Tutti alla Wammy's House piangevano la sua scomparsa... Peccato che lei avesse ricevuto la notizia della sua morte dall'unica persona che forse poteva esserne felice: Roger Ruvie. Instintivamente i suoi pensieri si spostarono sulla conversazione avvenuta pochi giorni prima...

"Sono Я!"

"Ah, sei tu!" Aveva gracchiato il vecchiaccio, infastidito "Immagino che tu abbia saputo" sputò, velenoso.

"Allora avevo ragione! Andrew McGregor e Michael Parker..."

"Cosa c'entrano quei due? G e P non hanno nulla a che fare con la morte di Watari!"

In quel momento Yana si era lasciata sfuggire la cornetta dalle mani. Era rimasta a contemplare il vuoto per un tempo che le era parso infinito, finchè a ridestarla non tornò il sibilo venefico di Ruvie "Pronto! Pronto!?!?" ...Decise di riagganciare la cornetta, sperando che quella voce non tornasse a tormentarla nelle notti future. Dopo tutto, aveva avuto la conferma che cercava: Andrew McGregor e Michael Parker avevano frequentato la Wammy's House...

"Yana" la chiamò L, senza alterare il tono neutro della voce "Non vorrei dover avere fretta, ma temo che dovremmo allontanarci..."

"E dove vorresti andare?"

"A casa tua, ovvio!"

Era piuttosto raro che L terminasse una frase con un punto esclamativo, e se accadeva era solo per sottolineare l'ingenuità o l'ovvietà di una situazione. Yana non si mosse, infastidita dal modo in cui il detective si era autoinvitato. Certo, non lo avrebbe lasciato da solo, nel cuore del parco, nel bel mezzo della notte... Ma si aspettava che il grande detective avesse prenotato in quale albergo di lusso, magari a Piccadilly Circus. Se così non era, la spiegazione era molto semplice: il detective era in incognito. Ma per quale motivo?

"A casa mia? Non è esattamente una reggia, ma se..."

"Non preoccuparti..." la interruppe lui "Il mio assistente è già sul posto. Dobbiamo prendere tutte le precauzioni possibili"

"Il tuo assistente?!"

In realtà, la domanda esatta era "Precauzioni?!" ma la giovane detective non aveva potuto fare a meno di mostrare il proprio disappunto; che lei sapesse, L lavorava da solo, mobilitando a proprio piacimento associazioni e fondazioni, segrete o note, ma pur sempre senza avvalersi di collaboratori diretti.

L non aggiunse altro e s'incamminò a testa china verso l'uscita del parco, senza concederle ulteriori spiegazioni.

La poliziotta sospirò, ancora piuttosto incredula, e lo seguì fino alla sua Harley... Stavolta fu L ad essere sorpreso.

Yana si sistemò sul sedile e girò la chiave nel quadro, compiaciuta dell'espressione interdetta dipinta sul volto del detective. L la fissò per alcuni istanti, mordicchiandosi l'unghia del pollice; poi, senza aggiungere altro, si "appollaiò" alle sue spalle in modo del tutto anomalo. Le ginocchia erano piegate verso il petto, il mento appoggiato alle braccia incrociate, la schiena piegata in una posizione innaturale...

La poliziotta lo guardò stravolta, senza riuscire a nascondere il proprio disappunto. Osservare un uomo adulto accovacciarsi in posizione fetale non era esattamente ciò che poteva essere definito normale, ma d'altronde non aveva nessun'intenzione di farglielo notare, ed il detective sembrò apprezzare il gesto di cortesia.

Ingranò la prima e partì, sfrecciando verso la strada di casa...

Durante il tragitto nessuno dei due parlò; L non era certo il tipo di ragazzo che poteva essere definito "salottiero", anzi, sembrava gradire il silenzio... O forse, semplicemente, non amava sprecarsi in chiacchiere inutili.

Nel giro di qualche minuto, Yana ed L si trovarono al numero 7 di Cravent Road. Il palazzo in cui abitava la detective non era in condizioni che avrebbero potuto definirsi ottime, ma ciò nonostante, qualcosa rendeva la costruzione originale e graziosa. Si trattava di un duplex, alto e stretto, con i mattoni a vista e un lampioncino al lato della porta in pesante legno scuro.

La poliziotta fece per girare le chiavi nella toppa, ma qualcosa la costrinse a ritirare la mano...

"E' aperta..."

Non lasciò che la sorpresa o la paura le impedissero di entrare e, con una spallata, si precipitò all'interno dell'appartamento gridando "Polizia! Mani in alto!"

... In risposta, provenne un rumore dal piano superiore.

"Non dovresti gridare. Nel caso fosse un ladro gli daresti l'opportunità di coglierti di sorpresa o di fuggire, non trovi?" chiese L, avvicinandosi.

L non sembrava per nulla turbato, nè dalla situazione in sè, nè dal fatto che anche l'interno della casa Yaromira non mostrava il benchè minimo tocco femminile. L'arredamento era piuttosto spartano e, in qualche modo, tetro... Eccezion fatta per alcuni dipinti eccessivamente colorati ed eccentrici. L li osservò con interesse.

"Vladimir Kush" disse, indovinando il nome del pittore "Un surrealista di tutto rispetto"

"Tu resta qui!" gli ordinò Yana, stizzita dall'indifferenza del detective, iniziando a salire i gradini a tre a tre....

Il piano superiore della sua abitazione era immerso nell'oscurità più totale; dalla posizione in cui Yana si trovava, poteva fare soltanto due cose: dirigersi verso il bagno, e cioè a destra, o scegliere la sinistra, che l'avrebbe condotta verso l'unica camera da letto... la sua. C'era soltanto un'altra porta che dava su quel corridoio, il ripostiglio, ma fu certa che l'intruso non potesse trovarsi lì: era chiuso a chiave. Yana si appiattì contro il muro, silenziosa come un felino; trattenne il fiato e prese una decisione: sarebbe andata a destra. Contò mentalmente fino a tre, e scivolò fuori dal suo nascondiglio...

Nulla...
Nessun aggressore pronto a colpirla.

La porta del bagno era aperta, così come l'aveva lasciata... Vide la propria arma puntata contro un'altra se stessa, riflessa nello specchio... Ma fu qualcos'altro ad attrarre la sua attenzione: una sottilissima lama di luce dorata fendeva l'oscurità alle sue spalle.

Si voltò: la porta della sua camera da letto era leggermente socchiusa. La luce era accesa.
Strisciò lentamente verso la porta e quando fu abbastanza vicina da sfiorarla, la spalancò con un calcio...
"Non ti muovere!" gridò, puntando la pistola contro un possibile aggressore.
Ciò che vide la lasciò di sasso: un giovane orientale si voltò di scatto e, gridando come un ossesso, alzò prontamente le mani al cielo.

Non fu la sua aria stravolta e vagamente stupida a far pulsare una vena sulla fronte di Yana, quanto il fatto che l'intruso stesse stringendo convulsamente un paio di mutandine di pizzo, rosa confetto.

Yana ringhiò, furibonda.

"Tu... Razza di maniaco!" ruggì, levando la sicura dalla sua Strayer Voight.

Il giovane orientale trasalì, lasciando cadere il corpo del reato.

"N-No! Ti prego! P-Parliamone! Posso spiegare!" balbettò il giovane, arrossendo vistosamente.

"Ah sì? Avanti, sentiamo!" lo provocò la poliziotta, inarcando un sopracciglio.

Improvvisamente una mano bianca come la luna le sfiorò l'orecchio destro; un braccio ossuto si sovrappose al suo...

"L! Ma che fai...?"

L afferrò la canna della pistola tra pollice ed indice e la sfilò delicatamente dalle mani della ragazza, come se fosse stata un giocattolo troppo pericoloso per lei. La poliziotta dai capelli rossi avvampò d'ira, incapace di dare un senso al comportamento del detective.

"Non vorrai uccidere il mio assistente? E' l'unico che mi è rimasto!" puntualizzò il detective, iniziando a giocherellare con la pistola. In pochi secondi, gliela smontò e gettò i componenti nel cestino della cartastraccia, sotto gli occhi sempre più sgranati della poliziotta.

"Questo maniaco...? Lui sarebbe il tuo assistente?!" gridò lei, agitando un indice in direzione del giovane intruso che, in risposta, si strinse nelle spalle e iniziò a trovare tremendamente interessanti le venature del parquet.

"P-piacere! Sono Tota Matsuda"

"Piacere un cazzo! Fuori di qui! Subito!"

Matsuda non se lo fece ripetere due volte e, nel giro di una manciata di secondi, si ritrovò al piano inferiore, in salotto, seguito da un agente di polizia disarmata e da un detective dallo sguardo perso nel vuoto.

La situazione non sembrava spiegarsi da sola. Yana sospirò rumorosamente aspettando che uno dei due iniziasse a raccontarle come stavano le cose, ma Matsuda continuava a rigirarsi i pollici e sembrava aver perso completamente l'uso della parola, mentre L rovistava nel suo frigorifero alla ricerca di chissà cosa, neanche si trovasse a casa sua.

"Allora... Qualcuno vuole gentilmente spiegarmi?"

L fece capolino dal frigorifero, con in testa le mutandine che poco prima si trovavano fra le mani di Matsuda, e la bocca sporca di gelato al cioccolato. Si leccò le labbra, soddisfatto. Yana fece appello a tutto il suo autocontrollo per non prenderlo a calci... Dopo tutto era pur sempre L.

Incrociò le braccia al petto, sforzandosi di assumere uno sguardo sufficientemente spazientito da costringere il detective a rispondere alle sue domande. Si sentì anche leggermente euforica: 'Lei, una poliziotta cacciata a calci nel sedere dalla CIA e dall'FBI, che interrogava 'niente poco di meno che' il grande L! Si guardò intorno alla ricerca di una lampada per far sì che l'interrogatorio facesse più effetto!.

"Cosa sai di Doomsday?" Chiese L a bruciapelo, distogliendo la giovane dai propri pensieri.

Tuttavia, Yana si aspettava una risposta, non certo una domanda. Doveva ammetterlo: trattare con L era decisamente fuori dalla sua portata.

"Niente. O meglio, ci sto lavorando ma..."

"E cos'hai scoperto?" Domandò l'altro, gettando nell'immondizia la confezione da 2 kili che soltanto due minuti prima era piena di gelato.

Lo stomaco di Yana si contorse violentemente per il disgusto.

"Poco! Tutto quello che so è che tutte le sue vittime hanno frequentato la Wammy's House... Ma questo lo sai di certo anche tu"

L si leccò le dita, disinteressato. Certo che lo sapeva anche lui!

"Secondo te, perchè sono stati uccisi?"

"Perchè? Non lo so, il perchè... Ma la domanda più importante è il come. Non ti sembra?"

L e Matsuda si scambiarono uno sguardo complice, che bastò ad insospettire Yana. A quello sguardo, il detective andò ad accomodarsi sul divano, in posizione fetale. Yana non ci badò... A quanto sembrava, avrebbe dovuto adeguarsi alle sue stranezze, se voleva sperare di capire qualcosa.

"Faglielo vedere!" disse L al suo assistente.

Matsuda annuì e iniziò a spogliarsi: si tolse la giacca, abbassò la cerniera dei pantaloni e liberò la camicia dall'elastico dei boxer...

"Ehi, maniaco! Che intenzioni hai?!? Tienilo dentro i pantaloni o giuro che..."

"Tranquilla" la interruppe L "Non è quello che vuole farti vedere..."

Matsuda arrossì nuovamente nell'istante in cui iniziò a sbottonarsi la camicia, rivelando poco a poco l'imbracatura di cuoio che gli circondava completamente il torace privo di peluria. Nonostante tutto, Yana dovette ammettere che il giovanotto non era niente male, ma poi qualcos'altro la distolse da quel pensiero... Si avvicinò per esaminare l'oggetto nero che Matsuda teneva al sicuro nella tasca dell'imbracatura. Un libro? No...

"Un quaderno?"

"Non è un semplice quaderno!" puntualizzò L "E' un Death Note"

Matsuda lo sfilò dalla tasca, con lentezza estrema, e poi, come se scottasse, lo porse alla ragazza, desideroso di disfarsene. Yana prese il quaderno e se lo rigirò tra le mani: sembrava a tutti gli effetti una semplicissima agenda nera, anche piuttosto mal ridotta. La copertina era sgualcita agli angoli, il che le fece pensare che il quaderno fosse stato usato spesso, ma la scritta era di un bianco immacolato e risaltava come fosse marchiata a fuoco... Eppure ciò che c'era scritto era incomprensibile!...Che lingua era? Non certo inglese!

"Death Note, hai detto?"

L annuì lentamente. Non accennò a staccarle gli occhi di dosso: aspettava che sfogliasse le pagine, e Yana lo accontentò... Le sue iridi smeraldine scorsero lungo un'infinito elenco di nomi: alcuni erano scritti in giapponese, altri in cirillico o greco, altri ancora presentavano lettere latine...

"Chi ha scritto tutti questi nomi?" chiese Yana, confusa.

"Kira!" Rispose Matsuda. Per la prima volta lo sentì parlare con voce ferma.

Scandì quel nome con odio, come se fosse la peggiore delle bestemmie!

"Per la precisione, il secondo Kira: Misa Amane" puntualizzò L, mordicchiandosi la punta del pollice "Si è suicidata quattro giorni fa gettandosi da un grattacielo... Dopo aver visto Light morire"

"E chi sarebbe Light?"

Nei centoventi minuti che seguirono, Yana apprese tutto su Light e Misa, sul Death Note e su come quel semplice, innocente, quaderno potesse essere ingrado di uccidere. L le aveva spiegato che normalmente, toccando un Death Note, era possibile vedere e parlare con lo Shinigami che ne era il custode e, quando Yana aveva chiesto perchè lei non vedesse nessuno, le era semplicemente stato risposto che Rem, la Shinigami a cui apparteneva quel quaderno, era morta. Yana aveva sfogliato le pagine dell'How To Use It alla ricerca di una regola che spiegasse come uccidere uno Shinigami, ma non trovò una risposta esaustiva del problema. Quando aveva provato a domandare come era morta Rem, L si era limitato a scrollare le spalle...

Era ovvio che c'era dell'altro, ma per una ragione o per un'altra, Yana preferì non insistere. Per il momento!

"Dunque, tu credi che questo Doomsday usi un Death Note per uccidere le sue vittime?" domandò Yana.

Avrebbe tanto voluto avere con sè i frammenti che aveva consultato qualche giorno prima, ma realizzò con rammarico che in quel momento si trovavano nelle mani della scientifica per lo screen delle impronte digitali e per un'analisi grafologica. A quel punto erano entrambe inutili: sicuramente chi li aveva inviati aveva utilizzato delle precauzioni per non lasciare prove; e se anche le avessero trovate, non sarebbero state contenute in nessun database... Soprattutto se aveva ragione lei...

"Al 99,9%"

"Ma se così fosse, Doomsday potrebbe essere chiunque. Un assassino del genere non lascia prove... A meno che non voglia essere trovato"

"Precisamente"

Yana sbattè più volte le palpebre, incredula "Quindi, lui vuole essere trovato. La firma, Doomsday, credi che significhi qualcosa?"

"Doomsday in inglese significa Giorno del Giudizio, giusto?" Chiese Matsuda, in giapponese.

"Sì, esatto. Che nome barocco per un assassino!" fu il commento di L "In ogni caso, Yana tu possiedi un automobile giusto?"

Yana si sforzò di trovare un nesso tra le due frasi, ma non ne trovò. Certo che era un tipo strano... Esattamente come lo ricordava.

"Posso procurarmene una entro domani mattina. A cosa ti serve?"

"Domani andremo alla Wammy's House" annunciò, alzando gli occhi al soffitto.

In quel momento di sicuro stava pensando più cose contemporaneamente. La sua mente lavorava come dieci equipe d'intelligence messe insieme.

Yana lo guardò con ammirazione: nessuno poteva sperare di raggiungere il suo livello. Nessuno.

Il detective la guardò come se le avesse letto nel pensiero: si portò un indice alle labbra, concentratissimo, ed infine decise di parlare...

"Yana, non è rimasto altro gelato nel freezer?"
 

altrove...

 

Ryuk si portò l'ennesima mela alle labbra e la ingioiò in un sol boccone, senza neanche scartare il torsolo. Qualcuno gli dava le spalle. Dalla posizione in cui si trovava lo Shinigami, l'unica cosa che poteva vedere della persona che divideva con lui la stanza, erano i suoi capelli, piuttosto corti. Eh sì, l'aveva scelto bene il suo successore... Non c'era che dire! Doveva proprio ammetterlo, quegli sciocchi umani sapevano essere davvero ingegnosi; interessanti... Si sarebbe divertito da morire!

 

*(flatfeet = in gergo britannico "piedi piatti")
 

CAPITOLO CORRETTO E MODIFICATO IN DATA 17/O4/2010

PRINCIPALE MODIFICA: LA DESCRIZIONE DI DOOMSDAY E' STATA MOLTO PIU' VAGA

PRECISAZIONE: YANA DICE CHE IL TITOLO DEL DEATH NOTE è INCOMPRENSIBILE PERCHE' SU QUELLO DI MISA C'E' SCRITTO QUALCOSA IN CARATTERI STRANI, SICURAMENTE NON LATINI. NON AVREI SAPUTO COME PRESENTARLI SU WORD, QUINDI SCUSATEMI PER L'INCONVENIENTE.

   
 
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