Note dell’autrice:
Volevo ringraziare chi ha recensito i
capitoli precedenti, in particolare Stars_Danghter
per farmi notare sempre dove si focalizza il racconto.
Questa storia si sviluppa di volta in volta,
senza uno schema preciso, perciò ogni parere potrebbe farne cambiare gli
eventi.
Grazie comunque anche a tutti gli altri
che hanno iniziato a seguirla. Spero di continuare ad appassionarvi.
XOXO Poetessa;)
~ Sogni ~
Dormi. Al mio fianco. Con le lenzuola
aggrovigliate tra le gambe, il viso imbronciato, la sottoveste di seta che si
ripiega sulla tua pelle. Una spallina ti è scivolata dalla spalla, il trucco si
è sciolto, le labbra sono leggermente socchiuse. Piccola e indifesa.
Sei qui. Con me.
Finalmente.
Perché lo vuoi. Perché lo hai scelto.
Perché mi ami.
Semplicemente. Senza paura.
Non riesco a chiudere gli occhi. Non
posso. Perdere un singolo istante di questa notte sarebbe come perdere una
parte della mia vita. La più importante. Ed io mi sono già fatto abbastanza
male, non voglio farmene ancora.
Sei qui. Ed io ti amo.
Cinque lettere, due parole. E il
terrore di pronunciarle.
Cinque lettere, due parole. E il
terrore di perderti.
Ti amo.
Ti amo quando dormi, ti amo quando mi
eviti, ti amo quando mi urli a due centimetri di distanza che sono uno stronzo.
Ti amo. Solo questo.
Blair è questo che stiamo cercando di
dirci?
E’ questo che ci portiamo dentro?
E’ solo amore?
Domande. Domande. Domande.
E una sola ovvia risposta.
Io non sono in grado di amare.
Apro gli occhi. La luce del mattino
Newyorkese filtra dalla tenda socchiusa e mi colpisce in pieno viso. Non mi
ricordo dove sono. Non è la mia camera, non è il mio letto. C’è un profumo
delizioso nell’aria che non sa di me. Di vaniglia e cornetti caldi.
C’è una teiera sul comodino,
marmellata, brioche. Una tazza, una zuccheriera. Oggetti che danno un’idea di
calore, di affetto, di cura. Oggetti che nessuno mai ha messo insieme per me.
Un biglietto poi appoggiato sul tovagliolo, una spiegazione per quel gesto
inaspettato.
Chuck Bass.
Sei il sogno proibito di ciascuna
donna.
Ma stanotte sei stato il mio.
Un bacio.
Giselle
E tutto si fa chiaro. La camera, la
corsa in limousine, la fuga dal ballo. La ripicca e lo scherzo del destino.
Giselle che si fa più vicina, Giselle che è dolce e sensuale. Giselle che mi
sorprende, che smette di seguire le mie regole, che mi obbliga a giocare. Che
si fa inseguire, che mi fa impazzire. E poi. Sparisce.
Un biglietto e la colazione.
Un bacio e il sogno di una donna. Che
lo è davvero. Non bambina, non ragazza, Donna.
Donna che gioca, donna che provoca,
donna che ti toglie il fiato. Donna che improvvisamente si prende cura di te.
Chi sei?
Non sono pronto. Sono io che mi chiudo
le porte alle spalle, che esco in silenzio, lasciandoti nel letto a riposare,
con il ricordo delle lenzuola sfatte, dei vestiti sparsi sul pavimento. Sono io
che mi lascio alle spalle l’amore. Sono io, non tu.
Mi fai paura.
Mi vesto, esco, scappo. Il portiere mi
saluta all’ingresso. Prendo il telefono e istintivamente compongo il numero del
mio autista. Poi ci ripenso. Chiudo la chiamata, spengo il cellulare. Cammino
sull’asfalto fino all’incrocio.
Dove sto andando?
Ho paura. Paura dell’amore, perché
l’amore non è piacere, l’amore è non svegliarsi da solo in un letto, è vedere
il suo sorriso la mattina e non desiderare altro, è lasciarsi cullare e curare.
Salgo su un taxi. Diretto verso casa.
Appoggio la testa contro il finestrino, mentre la città scorre veloce e
frenetica intorno a me. Vedo solo il mio riflesso, il resto è una macchia di
colori. Le parole di Giselle impresse nella mente. I desideri di una donna che
si è lasciata andare, che ha creduto per un istante che avrei potuto darle qualcosa
di più. Una donna che si è illusa. Stupida.
Non sono fatto per amare.
Chuck Bass, non sa amare.
Poi quel sogno, improvviso, riaffiora.
Lei. Lei, bambina che dorme, vicino a me. Senza scappare, senza darmi un motivo
per farlo.
Lei, donna che ama. Senza paura.
Ed io, catturato, che non riesco a
staccarmi. Il mio sguardo che si perde sul suo corpo.
Un sogno confuso, niente più.
Così finto, così reale.
Un tonfo al cuore.
Il pensiero che vola veloce a lei. La
regina del ballo. Era splendida, con quel vestito di velluto verde, con i
guanti neri che le avvolgevano le braccia fino al gomito, con gli orecchini di
smeraldi. Poteva essere mia. Bastava un istante in più. Un altro sospiro. La
mia mano che stringeva la sua. Un’esitazione e…
Io lo so cosa puoi darmi Blair. Ho solo
paura di prenderlo. E se dopo tutto svanisse? Se noi vivessimo del nostro
inseguirci? Se provare significasse mettere la parola fine?
E se non fosse così?
Fisso la strada. So dove siamo,
riconosco quel palazzo, la caffetteria all’angolo. C’è un giardino dietro sulla
destra, davanti al tuo portone. Il taxi prosegue dritto, fila davanti al
semaforo verde. Supera quello scorcio, lasciandoti indietro, lasciando il mio
cuore indietro.
E se non fosse così?
“Ferma.” urlo al taxista.
Il taxi accosta al marciapiede. Cosa
sto facendo? L’autista mi fissa in attesa di una spiegazione. Prendo cinquanta
dollari dal borsellino e lascio il resto, così senza pensarci. Esco. Seguo i
miei passi fino al portone. Joseph, il portiere mi saluta, rispondo
automaticamente e lo supero. L’ascensore è già fermo al piano. Salgo, premo
quel tasto che conosco troppo bene, le porte automatiche si chiudono alle mie
spalle. Bloccato, rapito. Salgo, verso l’alto, verso lei. Verso quello che
accadrà. Il cuore mi sta esplodendo nel petto. Ho paura, paura di sbagliare,
paura di perderti. Come in quel sogno. Eppure è reale. Dalla realtà non ci si
sveglia. Nella realtà le porte si aprono e non si può tornare indietro. Mai.
Neanche quando quello che desideri con tutto te stesso ti compare davanti e
diventa un incubo.