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Autore: Rowena    28/11/2009    6 recensioni
La strega più anziana, ignara di tutto quanto era successo sotto i suoi occhi, concesse con magnanimità un largo sorriso a Sirius, il primo da quando i due si erano conosciuti. «Per una volta concordo con te; anche mia nonna diceva sempre che in questi casi non c’è nulla di meglio della camomilla».
«Parole sante», replicò l’Animagus con serietà, intingendo uno Zuccotto ancora tiepido nel suo caffé.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Molly Weasley, Sirius Black | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Dai tempi in cui al numero dodici di Grimmauld Place abitavano i nobili e Purosangue Black, le cose in quella casa erano cambiate.
Innanzi tutto, l’erede cancellato dall’albero genealogico si era appropriato della magione e l’aveva offerta come nascondiglio per l’Ordine della Fenice, comunicandolo lui stesso al povero Elfo Domestico di casa, non senza provare una gioia maligna nel vedere la reazione della creaturina.
Molly Weasley aveva preso il controllo della cucina nel generale assenso: nessuno dell’Ordine, data la celebre cucina della strega, si sarebbe perso l’occasione di farsi rimpinzare di suoi manicaretti più prelibati.
Di tutti i partecipanti, il solo del gruppo a non favorire alle ricche tavole che la donna imbandiva dopo le solite lunghe ed estenuanti riunioni, non senza dover combattere per non lasciarsi trascinare al era Piton, ma la sua scelta non aveva sorpreso nessuno: chiunque concordava che per la sicurezza del resto dell’Ordine era meglio evitare contatti troppo ravvicinati e prolungati tra Sirius e Severus, che già faticavano a non duellare all’ultimo sangue durante le riunioni.
Inoltre, per una madre sempre in ansia e con poche attività come Molly, l’impegno di cucinare per tante persone era un toccasana: le impediva di passare troppo tempo seduta ad immaginare pericoli e scontri fatali per i suoi cari, macabre visioni accentuate dall’orologio di famiglia che segnava senza mai spostarsi Pericolo mortale per e nove i Weasley.
«Ecco la colazione per tutti! Non fate complimenti, non ce n’è bisogno».
La tavola era imbandita per almeno una quindicina di persone, anche se i ragazzi erano di nuovo a scuola da un paio di settimane; i coniugi Weasley avrebbero già dovuto tornare alla Tana ma, con quello che era successo con Percy e il resto, nessuno dei due aveva fretta di stare a casa.
Sebbene tutto fosse gestito con la massima segretezza, molti dei membri dell’Ordine sembravano aver preso l’abitudine di presentarsi a Grimmauld Place per gustare una colazione dignitosa: al momento, però, i soli tre adulti a tavola erano il padrone di casa, il suo migliore amico e la cuginetta Metamorphmagus.
Nessuno dei presenti sembrava avere particolarmente fame, e nonostante questo Molly continuava a far apparire cibo caldo e fragrante.

Erano rimasti loro tre, come sempre; Remus si era trasferito a Grimmauld Place in pianta stabile, da una parte su consiglio di Silente per controllare Sirius, dall’altra perché aveva perso l’ennesimo lavoro e non poteva più pagare l’affitto del suo appartamento.
I due Malandrini erano sempre felici di vedere Tonks, che sempre più spesso si fermava fino a tardi per un bicchiere di vino e due risate in compagnia; quella sera, si stava giocando una sfida tra Black a scacchi magici, sotto lo sguardo apparentemente distratto del Licantropo che, al solito, fingeva di leggere un pesante tomo dal titolo impronunciabile.
Remus non sapeva come decidere chi dei due fosse più incapace, visto che i cugini sembravano non aver mai giocato prima di allora: i pezzi si erano perfino ribellati alla loro guida maldestra, tanto che stavano sgridando il rispettivo giocatore per la pessima tattica attuata.
Tonks si era lasciata cadere sul tappeto a pancia in su e rideva sguaiatamente, mentre un alfiere brandiva minacciosamente la sua piccola lancia contro di lei, per nulla intimidita dai maleducati improperi che le rivolgevano gli altri pezzi.
L’ultimo dei Black, invece, aveva chinato il capo in segno di finto rimorso, di fronte alla lunga sfuriata che gli stava facendo la sua regina; l’unico pezzo femminile rimasto sulla scacchiera, dato che quello di Tonks era stato mangiato in modo vergognoso da un pedone sfuggito alla ragazza, sembrava non voler sentire ragioni, nemmeno ai richiami pacati e timidi del re.
Il paragone tra i due oggettini animati e i signori Weasley era lì, servito su un piatto d’argento, e Remus dovette richiamare tutto il suo autocontrollo per non lasciarsi sfuggire una risatina.
Proprio nel mezzo di quella situazione comica, la pendola dell’ingresso batté le undici.
«Com’è tardi!», esclamò il mago, chiudendo il libro che teneva sulle ginocchia. «Per me è arrivata l’ora di ritirarmi».
«Già? Sei diventato davvero un vecchio noioso, Lunastorta, questa è la verità».
Remus scrollò le spalle, per nulla infastidito dalle parole dell’amico.
«Ho un altro colloquio di lavoro, domani, e non vorrei presentarmi con l’aria di uno sfaccendato; sai, non voglio vivere a scrocco per tutta la vita».
«Non fare il martire: sai benissimo che sarai sempre il benvenuto in casa mia, per quanto l’ambiente possa essere ben poco ospitale», ribatté l’altro con aria piccata.
Tonks rise, sempre felice di assistere a queste scenette.
«Avanti, Sirius, non fare il bambino: Remus ha ragione, e anch’io devo andare. Domani devo andare presto al lavoro per supportare Kingsley nella scorta al Primo Ministro. Devo essere sveglia, no? Sai come dice Moody: vigilanza costante
I due uomini sghignazzarono all’imitazione del vecchio Auror, resa più verosimile dai lineamenti della ragazza modificati grazie ai suoi poteri, poi Sirius si accigliò di nuovo.
«Mi lasciate qui tutto solo, dunque», disse con la voce più infantile e lamentosa che riuscì a tirare fuori.
Tonks riprese a ridere, dandogli un colpetto sulla spalla sinistra.
«Avanti, alla tua veneranda età non puoi fare la lagna per questo motivo», esclamò con estremo disappunto del cugino. «Avanti, Sirius: se proprio non sai cosa fare, puoi allenarti a scacchi con Kreacher. Con lui, forse, potresti perfino vincere».
I pezzi degli scacchi a queste parole si fecero sentire di nuovo, dopo aver formato un cerchio, protestando animatamente.
Il mago alzò gli occhi al cielo, sospirando profondamente.
«No, piuttosto leggerò un po’», disse, ormai sconsolato. «Devo ancora dare un’occhiata a quell’articolo che mi ha portato Arthur; ancora non capisco in cosa, esattamente, assomiglierei a Stubby Boardman: insomma, quello aveva un sound da paura, ma non può certo reggere il confronto con me!»
La modestia di Sirius causò attacchi di risate isteriche non solo a Remus e a Tonks, ma anche ai pezzi della scacchiera che, per un attimo, smisero di ingiuriare come scaricatori di porto.
I pedoni e gli altri soffrivano la mancanza di Ron Weasley, il migliore giocatore che avevano avuto l’onore di servire da un bel pezzo.
Il mago, lasciando gli altri due di stucco, si trasformò in cane e li leccò tutti, provocando una crisi di nervi alle due regine, che si misero a piangere disperate.
«Sei perfido», sghignazzò Remus, nel vedere le due figurine andare a nascondersi nella scatola.
«Se la sono cercata», rispose asciutto Sirius, dopo essere tornato umano, pulendosi le labbra con la manica della camicia che indossava. «Che gusto orribile, per Merlino».
Lunastorta scosse il capo, per poi porgere una mano a Tonks che, nel frattempo, si era seduta sul pavimento per le gran risate; la ragazza si alzò, sfregandosi gli occhi ormai umidi. Quelle serate a Grimmauld Place erano davvero ciò che le serviva per dimenticare una pessima giornata di lavoro, due ore di straordinario e una consegna per l’Ordine sotto la pioggia, ovviamente senza ombrello o impermeabile.
«Ci vediamo domani, allora. Buonanotte, cugino».
I due maghi salutarono la ragazza ma, sotto gli occhi curiosi di Sirius, anziché prendere le scale per andare nella sua camera, Remus s’infilò in corridoio, verso la cucina.
«Ti sei perso, Lunastorta? Camera tua è dall’altra parte, sempre che Molly, a forza di pulire, non sia riuscita a cambiare l’ordine ai piani di questa topaia», l’ironia nella voce del mago era insopportabile. «O vuoi sostenere Hermione nella sua campagna senza senso, andando a dividere lo scaldabagno con Kreacher per farlo sentire più amato?»
L’amico sorrise, scuotendo dolcemente il capo come faceva dai tempi di Hogwarts per scoraggiare Felpato prima che mettesse in atto i suoi folli progetti; non riusciva a capire perché Sirius fosse tanto ostile all’Elfo Domestico. Quando erano tornati in quella casa, Remus era convinto che non ci sarebbero stati problemi ad abitare lì, ma lentamente il suo amico aveva mostrato che l’odio per la sua famiglia e i luoghi in cui aveva trascorso l’infanzia era ancora molto forte.
L’aria del numero dodici di Grimmauld Place, insieme al divieto di partecipare a qualunque missione dell’Ordine, lo rendeva apatico e meschino; le sue cattiverie erano rivolte soprattutto a Kreacher, che per le regole della sua specie non poteva opporsi.
L’Elfo Domestico non stava simpatico a nessuno, ma vederlo trattare così era molto triste.
«Non sono rimbambito, Sirius, non più di te almeno: so benissimo dove sono le camere da letto, ma prima di dormire voglio farmi un po’ di camomilla. Ne vuoi un po’ anche tu, per caso?»
Sirius si esibì in una serie di smorfie disgustate davvero esilaranti. «Camomilla? Intendi quella robaccia dolciastra che si preparano i Babbani per riuscire a dormire? No, grazie».
Remus sembrò sul punto di ribattere qualcosa, ma si limitò a dondolare sui tacchi con l’espressione di chi la sa molto lunga.
«Come vuoi tu; buonanotte, allora. A domani mattina».
«In bocca al lupo per il colloquio; ti faccio gli auguri adesso perché, conoscendo i tuoi orari mattinieri, di certo ci vedremo soltanto a pranzo», ghignò Sirius.
«Molto divertente, Felpato», ribatté tranquillamente l’altro, con dispiacere del primo, così da far morire il gioco di parole sul nascere. Conoscendo l’amico, era capace di andare avanti per ore, quando s’intestardiva su un argomento.

«Qualcosa non va, ho per caso bruciato le frittelle?», Molly sfarfallava per la cucina occupandosi di mille faccende contemporaneamente, si fermò ad osservare i tre amici che, stranamente, non avevano ancora toccato cibo.
L’atmosfera, inoltre, sembrava molto tesa: Tonks aveva aperto la copia della Gazzetta del Profeta che le aveva appena recapitato una civetta dalle piume tinte di un bel blu elettrico, scomparendo dietro le pagine del giornale; l’unico segno di vita che ogni tanto lanciava erano improperi diretti al Ministro della Magia o a qualcuno dei suoi tirapiedi.
Remus, seduto di fronte a lei, continuava a intingere meccanicamente lo stesso biscotto allo zenzero in una tazzina di caffé ormai gelido, apparentemente perso in chissà quale riflessione.
L’unico che, secondo l’occhio apprensivo di Molly, purtroppo sembrava normale era Sirius, che dal suo posto a capotavola teneva d’occhio con attenzione gli altri due sfoggiando un sorriso diabolico.
«Nulla, Molly cara, davvero», rispose per tutti e tre con voce amabile. «Abbiamo soltanto passato una serata piuttosto movimentata».

Sirius si annoiava. Aveva letto tre volte l’articolo, sempre più convinto che all’autore mancasse almeno un venerdì, sistemato tutti i pezzi della scacchiera nella loro scatola – non era stato facile, visto che molti erano ancora offesi per la leccata di prima – e aveva perfino iniziato un solitario con le carte dei Cannoni di Chudley che i ragazzi Weasley avevano dimenticato lì al momento di tornare a Hogwarts.
La noia non gli dava tregua, soprattutto ora che non sapeva più cosa inventarsi. In più, aveva una strana sensazione: qualcosa nella sua testa gli suggeriva che gli era sfuggito almeno un dettaglio importante, anche se non riusciva a spiegarsi di cosa si trattasse.
Raccolse le carte che aveva sparso sul tavolino e provò a creare un castello, per cambiare subito idea non appena la prima coppia si abbatté con fare beffardo; ricominciò a mescolare il mazzo, deciso a barare pur di finire un nuovo solitario, quando un rumore dal corridoio richiamò la sua attenzione.

«Poveri cari, non vi invidio davvero; ma cosa è successo, esattamente? C’è stato qualche problema in casa?», indagò con voce ansiosa la strega dai capelli rossi, mentre Remus si riscuoteva dallo strano torpore in cui era caduto per fulminare l’amico con lo sguardo. «Combinazione, proprio ieri sera che Arthur ed io siamo tornati alla Tana per vedere in che condizioni è; sapete, temevamo qualche perquisizione segreta sia dai Mangiamorte che… beh, dal Ministero. A guardarvi meglio, sembra che nessuno di voi abbia dormito molto, stanotte».
Tonks apparve per un istante da dietro le pagine del Profeta, in una versione molto inquietante; malgrado le occhiaie evidenti che rimarcavano la notte insonne, lanciò uno sguardo assassino a Sirius, a mo’ di avvertimento.
Il cugino, ovviamente, la ignorò beandosi della situazione, ma prima che potesse rispondere con aria gongolante fu preceduto da Remus, in un pallido tentativo di sorvolare sulla questione.
«Nulla di grave, stai tranquilla: sono stato poco bene e Dora ha voluto assistermi a tutti i costi», sbottò, incrociando due dita della mano sinistra nella speranza che quella spiegazione fosse sufficiente per la signora Weasley. Si sbagliava, ovviamente.
«Oh, Remus! Perché non l’hai detto subito? Forse quel caffé non è la cosa migliore per il tuo stomaco, vista la situazione», replicò Molly, e come un fulmine si precipitò a togliere la tazza da sotto il naso al mago. «Ti vanno due biscotti secchi? Questi sono preparati con il burro, è meglio che non ne mangi altri. Metto subito sul fornello un altro bricco di tè, visto che Bill e Arthur hanno finito il primo».
Il mago osservò con aria sconsolata il piatto dei suoi biscotti preferiti sollevarsi in aria e, ad un movimento della bacchetta della donna, infilarsi nella credenza, per lasciare posto ad un’altra qualità di dolcetti decisamente meno invitanti.
«Molly, cara… Sto meglio adesso, non c’è bisogno che tu ti disturbi in questo modo».
Aveva sbagliato completamente strategia; certo però spiegare il vero motivo della loro nottataccia, soprattutto davanti a Sirius così gongolante, sarebbe stato davvero impossibile.
«Nessun disturbo, caro», rispose Molly, ormai tornata ad essere una chioccia a tutti gli effetti; non le sembrava vero di poter riprendere a fare la mamma, anche se i suoi figli erano tutti distanti! «All’Ordine servi in forma, no?»
Sirius seguì l’amico con lo sguardo, mentre annaspava nelle cure amorevoli della strega, sentendosi felice come se Natale fosse arrivato in anticipo; si schiarì la voce per richiamare l’attenzione dei due, ancora senza badare a Tonks che da dietro il giornale lo minacciava chiaramente.
«Sai, Molly cara: io non sono un esperto parlando di bambini malati», disse, mentre i suoi amici impallidivano per la preoccupazione. «Tuttavia, credo che sarebbe più indicata un po’ di camomilla: per sistemare lo stomaco, da quel che ne so, dovrebbe essere l’ideale».
Remus abbandonò tutta la sua bontà congenita per sferrare un bel calcio negli stinchi al suo vecchio amico, mentre Tonks tornò a nascondersi dietro il giornale appena in tempo perché Molly non si accorgesse della sua nuova tinta; la ragazza, infatti, era diventata rosso scarlatto dalla testa ai piedi per l’imbarazzo.
La strega più anziana, ignara di tutto quanto era successo sotto i suoi occhi, concesse con magnanimità un largo sorriso a Sirius, il primo da quando i due si erano conosciuti. «Per una volta concordo con te; anche mia nonna diceva sempre che in questi casi non c’è nulla di meglio della camomilla».
«Parole sante», replicò l’Animagus con serietà, intingendo uno Zuccotto ancora tiepido nel suo caffé.

Forse per la monotonia della serata, forse perché sentiva il bisogno di combinare un guaio, Sirius non riusciva a smettere di pensare che gli sfuggisse qualcosa; se Remus era ormai avviato alla vecchiaia, il comportamento di Tonks era piuttosto sospetto. Non era tipico da parte di sua cugina decidere di rientrare a casa per dormire di più; Dora aveva la sua camera a Grimmauld Place e in genere si fermava lì, quando doveva arrivare presto in ufficio o aveva una missione importante da compiere.
Forse era stata rimproverata da Scrimgeour sul lavoro e non aveva voluto farlo sapere a nessuno, si disse; Ninfadora era più ostinata di lui, se voleva, e non avrebbe mai confessato di avere problemi in ufficio.
Avrebbe messo sotto torchio Kingsley, quando quello scroccone si fosse presentato al quartier generale per la colazione, la mattina seguente.
Su tutto, però, la storia della camomilla proprio non gli quadrava: Remus, pur essendo un discreto cuoco, difficilmente si metteva ai fornelli, sempre preoccupato a nascondere le sue qualità; inoltre, altre sere aveva messo sul fuoco l’acqua del tè, ma era sempre tornato in salotto a fare due chiacchiere nell'attesa che questa bollisse. Quella sera, invece, si era davvero eclissato.
Decise di raggiungerlo in cucina, sospettoso, ma entrato nella stanza scoprì che quella era vuota: il mistero s’infittiva. Nemmeno sulla via dell’ingresso vi erano segni del passaggio di sua cugina, ed era impensabile che Tonks avesse fatto tanta strada senza inciampare.
Sirius adorava sua cugina, ma era davvero un flagello della natura: in quel caso, però, tutto era al suo posto e perfino la vecchia del ritratto, come la chiamava ultimamente, riposava tranquilla dietro le sue pesanti tende.
Il rumore di prima si ripeté, più deciso e forte questa volta.

Molly aveva riempito d’acqua un bollitore più adatto a otto persone che a tre, preoccupata di non preparare abbastanza tisana per tutti; dopo aver gettato uno scialle rosa e arancione fatto ai ferri sulle spalle di Remus e avergli cacciato a forza in bocca un termometro, annunciò che purtroppo doveva assentarsi per un’oretta.
«Mi dispiace abbandonarvi in un simile momento, miei cari, ma mi ero lasciata delle commissioni da fare stamattina e non posso proprio rimandarle; Tonks, occupati tu di Remus. Non mi fido per niente di tuo cugino».
«Tranquilla, Molly, non potevi scegliere mani migliori!», esclamò Sirius intromettendosi nel discorso, per nulla offeso da quanto aveva appena detto la strega. Era abituato, ormai, a questi commenti poco affettuosi; d’altronde era vero che sapeva a malapena badare a se stesso, perciò non vedeva per quale motivo avrebbe dovuto offendersi.
Dora annuì a stento, mentre i suoi capelli passavano di nuovo dal solito rosa acceso ad una tonalità di rosso molto carico; si chiese se prima o poi avrebbe avuto il coraggio di spiegare a Molly tutti i doppi sensi che aveva perfettamente frainteso, quella mattina. Probabilmente no, non era una Grifondoro e teneva troppo alla sua pelle per cacciarsi in un simile pasticcio.
«Bene, allora; a più tardi». Molly afferrò la sua enorme borsa verde muschio e si avviò per il corridoio con passo deciso.
Remus attese il tonfo della porta d’ingresso che si richiudeva alle spalle della strega per togliersi il termometro di bocca e puntare la sua bacchetta verso quello che considerava il suo migliore amico.
«Non crederai di cavartela, spero». Anche Tonks mise via il Profeta per fissare il cugino con aria minacciosa, decisamente furibonda.
Sirius, dal canto suo, aveva ripreso a ridere come un idiota. «Certamente, miei cari. Sapete benissimo che posso continuare in questo modo per ore, e stasera c’è la riunione dell’Ordine… Non sarebbe divertente?», chiese sbattendo le palpebre con aria innocente. «Chissà cosa direbbe Molly se sapesse che siete rimasti sul divano per tutta la notte, rigidi e imbarazzati, per quello che è successo!»
«Non oseresti», sibilò la ragazza, che al momento assomigliava in modo inquietante alla più adorabile delle sue zie.
«Vuoi scommettere? Piuttosto, posso farvi un’altra domanda?», Sirius non attese nemmeno un cenno affermativo da parte di uno dei due, prima di sorridere sornione e finire il caffé. «Perché, con tutte le stanze che ci sono in questa maledetta casa, avete scelto l’unica a cui non abbiamo messo il chiavistello alla porta?»

I rumori si facevano sempre più forti, man mano che Sirius si avvicinava allo sgabuzzino delle scope. Deglutendo, il mago afferrò con decisione la maniglia, tuttavia senza spalancare la porta come l’istinto gli suggeriva: temeva cosa avrebbe trovato dall’altra parte, in realtà.
In quella vecchia casa non si poteva mai stare tranquilli, in fondo: cosa si nascondeva nello stanzino, Kreacher? Una creaturina scampata alle pulizie di Molly, o peggio ancora?
Si fece forza, ripetendosi più volte che era un valoroso Grifondoro e che non temeva nulla, mentre ruotava il pomo della maniglia per far scattare la serratura.
Non era preparato alla scena che gli si parò davanti: nello spazio angusto del ripostiglio, sua cugina si appoggiava ad una pila sbilenca di panni sporchi, dotata di un petto esageratamente prosperoso in confronto al suo solito aspetto; pizzicato in un bacio appassionato e con le mani ben salde sul sedere a mandolino della ragazza, stava il suo migliore amico, il glaciale, timido e spaventato Remus Lupin.
Nessuno dei due si era ancora accorto dell’intrusione, ma Sirius non riuscì a resistere per più di qualche secondo prima di scoppiare a ridere come un idiota, molto divertito da quella situazione.
I piccioncini sobbalzarono, finalmente, staccandosi dal loro lunghissimo bacio da apnea proprio mentre il mago cominciava a rotolare a terra, incapace di tenersi in piedi.
«Beh, si dice così adesso? Prendere una camomilla?», riuscì a balbettare Felpato tra una risata e l’altra, senza riuscire a trattenere ancora le lacrime.
«Sirius! Noi, noi…», balbettò Remus impallidendo.
«Toglimi una curiosità, cugina: quelle, sono naturali», chiese indicando il seno di Tonks, che arrossì come un pomodoro, «o sono un regalino per il nostro amico che, a quanto pare, non è così candido e innocente come cerca di apparire?» e tornò a sogghignare senza controllo.
La ragazza abbassò lo sguardo e, tossicchiando, riprese la sua solita scarsa misura, mentre Remus si grattava la nuca con aria imbarazzata.
«Da quanto va avanti questa storia, esattamente?»
«Un mese, all’incirca…», farfugliò Tonks, incapace di aggiungere altro. Non si era mai vergognata tanto in vita sua.
L’interrogatorio che seguì fu infinito. Sirius li costrinse tra una crisi di risatine isteriche e l’altra a rispondere a tutte le domande che gli vennero in mente, comprese parecchie piuttosto piccanti sulla loro vita privata, quesiti molto imbarazzanti e personali, che difficilmente avrebbero potuto evitare.
Remus e Tonks avevano temuto il momento fin da quando si erano messi insieme e per questo avevano deciso di tenere i loro sentimenti segreti, sapendo che Felpato non aspettava altro che accoppiarli e gongolare della sua azione galeotta.
La pacchia era dunque giunta al termine, e nel peggiore dei modi.

I due rimasero a fissarsi negli occhi, imbambolati, mentre Sirius lasciava la cucina, estremamente soddisfatto di sé. Certe cose non capitavano tutti i giorni, in fondo. In effetti, non avevano pensato a nulla in particolare nel chiudersi nello stanzino; finché i ragazzi erano stati al quartier generale, Tonks aveva prestato attenzione a sgattaiolare in piena notte in camera di Remus, per poi chiudere la porta a chiave e starsene per i fatti loro. Felpato in quel periodo era talmente felice di vedere Harry e di poter passare un po’ di tempo con lui da non accorgersi di nulla, ma dal primo settembre era tornato ad essere acido, antipatico e attento a tutto.
Forse rivelargli delle novità tra loro sarebbe stato più semplice e lo avrebbe reso felice, ma qualcosa li aveva spinti a rimanere in silenzio; le cose giravano da poco tempo e non sapevano quanto sarebbe durata. In caso di un fiasco, Sirius si sarebbe trasformato da giubilante buon amico e cugino, che esultava in onore alla coppia peggio assortita della storia, a esasperante, petulante e irritante compare preoccupato che voleva sistemare la situazione tra loro a tutti i costi.
In un paio di occasioni, il mago si era alzato nel cuore della notte per andare a parlare con il suo vecchio amico dei bei tempi andati, con la ragazza nascosta nell’armadio o nel piccolo bagno attiguo, estremamente seccata dall’intrusione; così, infine, avevano deciso di nascondersi in altri posti, dove Sirius non sarebbe andato a cercare nessuno dei due.
Tonks sibilò al compagno che, da quella sera, avrebbe fatto meglio a rivalutare la sua bella casetta da single, ma la sua voce sottile fu coperta a metà della frase da quella entusiasta del cugino, che li apostrofò dal salotto, lasciandoli di nuovo basiti.
«Mi raccomando: fate i bravi, mentre non ci sono!», esclamò a gran voce, ridendo di gusto; il ritratto si mostrò, disturbato dalla voce allegra del figlio rinnegato.
«Tu, abominio nato dal mio ventre, traditore! Come hai osato disonorare la nostra casa con quella feccia? Hai portato Lupi Mannari, Mezzosangue: la feccia del nostro mondo può girare in questa dimora…», iniziò a tuonare la signora Black, sputacchiando qua e là per tutta la tela.
«Proprio così, mamma, è questa la gente che dimora al momento nella lussuosa magione dei Black», rispose Sirius con aria pacata, senza nemmeno avvicinarsi ai cordoni delle tende. «E pensa un po’: se andiamo avanti di questo passo, tra qualche tempo avremo un piccolo lupacchiotto fucsia, Mezzosangue e per di più nipote della cara Andromeda, trotterellante per casa. Non credi che sarà meraviglioso?»
Il ritratto, per la prima volta da mesi, rimase a bocca aperta, senza parole, per poi nascondersi volontariamente dietro le tende di velluto scuro, sconvolto.
Sirius si lasciò cadere all’indietro sul divano, tenendo le braccia incrociate dietro la nuca, senza smettere di sogghignare con soddisfazione: per la prima volta da quando aveva rimesso piede in quella casa, poteva assaporare un meraviglioso silenzio.




   
 
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