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Autore: JunJun    20/06/2005    7 recensioni
(ex "Il potere del cuore")(ipotetico sequel dell’anime)[FANFIC IN REVISIONE, revisionati i capitoli dall'1 al 46]
Non ci sono scuse: Pai, Kisshu e Taruto hanno fallito la loro missione, ed è inaccettabile che gli esseri che hanno tradito Profondo Blu e il loro popolo restino in vita. Riusciranno i tre fratelli a salvarsi dalla pena capitale? E frattanto, a Tokyo, chi sono i tre nuovi avversari contro cui dovranno combattere le nostre eroine? Tra scontri, misteri e nuovi e vecchi amori, storie parallele di umani e alieni si inseguono ed infine si intrecciano perché tese verso uno stesso obiettivo: impedire la distruzione della Terra, il Pianeta Azzurro.
-- Strambo elenco di alcune delle cose che è possibile trovare nella fanfic (non necessariamente in ordine di elencazione): Kisshu, Pai e il suo passato, Ichigo, Ryo, storie d'amore probabili e improbabili; nuovi personaggi, assurdità e amenità varie, cristalli, Minto e l'Amleto a caso; Nibiru, Zakuro e i suoi fan, Retasu, dark!Retasu, Platone, sofferenza; teorie sugli alieni, ooparts, complotti vari ed eventuali, enigmi, labirinti, chiavi mistiche (ora anche in 3D), Purin e Taruto; umani e/o alieni psicopatici, atlantidei, sorpresa!, sofferenza. --
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish, Nuovo Personaggio, Ryo Shirogane/Ryan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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26 30/10/2014: Prima della revisione questo capitolo era lungo circa 6700 parole, ora invece è di 5990 parole.
Mi sento realizzata quando riesco a fare queste cose.
(Il capitolo resta comunque incasinato, ma almeno ora è meno prolisso.)
PS. Facciamo tutti finta che le soluzioni degli indovinelli siano credibili.



- Capitolo 30: Il cammino di vita e morte -

 
Il buio.
Il nulla, il vuoto, la totale assenza di ogni cosa: questo era ciò che si nascondeva oltre lo Specchio Nero.
Una volta che Pai, Taruto e Chris lo ebbero attraversato, rimasero stupefatti da ciò che…non si trovarono davanti. L’oscurità intorno a loro li accecò e li spaventò, cancellando ogni loro certezza; ma tutto questo solo per un istante, perché presto sentirono alle loro spalle un risolino conosciuto.
«Benvenuti nella dimensione degli spiriti!» La voce allegra di Imago disperse ogni loro paura.
Taruto, che fino a quel momento aveva tremato stringendo un lembo del vestito di Pai, tirò un sospiro di sollievo.
«Davvero molto divertente,» commentò Chris, facendosi aria con una mano.
«Siete voi che vi spaventate per nulla,» osservò pacato Kisshu. Creò un paio di chimeri luminosi che subito diffusero luce nell’ambiente, facendone risaltare i contorni.
Gli altri ne approfittarono per lanciare occhiate curiose in giro: questa volta erano capitati in un lungo passaggio che si estendeva in linea retta davanti a loro per alcuni metri, per poi perdersi nell’oscurità; i grossi blocchi di pietra che formavano le sue pareti dovevano essere di un materiale pregiato, ma il tempo e la poca cura li avevano ormai corrosi irrimediabilmente.
Chris si tolse un po’ di povere dalla tunica bianca che indossava e incrociò lo sguardo della sua amica. «Ma davvero, tu conosci tutti i passaggi segreti del Palazzo?»
Imago alzò le spalle. «Diciamo che conosco bene casa mia,» le rispose.
Lei non replicò ma iniziò a camminare in avanti, scuotendo la testa. Gli altri le tennero dietro.
Si inoltrarono nel passaggio; ogni passo che muovevano sollevava una nuvoletta di polvere ai loro piedi.
“Casa mia…”
Mentre camminava in silenzio dietro ai suoi compagni, Imago ripensò alle sue ultime parole.
Come le era saltato in mente di chiamare il Palazzo  “casa sua”?
In fondo, aveva abitato lì dentro solo per poco, durante il brevissimo regno di suo padre.
Improvvisamente, le tornarono in mente i ricordi del suo passato: dapprima cercò di respingerli, poi cominciò a giocarci. Si rivide mentre, da piccola, piagnucolava con sua madre perché non voleva studiare l’alfabeto antico. Lei, abituata a queste scene, sospirò con rassegnazione.
Imago rivide la porta della sua casa aprirsi e suo padre entrare. Con lui c’era un nibiriano che si era presentato come un messo imperiale: annunciò che era appena stato eletto Sovrano del pianeta, e che presto avrebbe dovuto trasferirsi a Palazzo con tutta la sua famiglia.
Suo padre, ricordava Imago, a quelle parole aveva assunto un’espressione compiaciuta e vagamente maliziosa; poi, dopo che il messo si fu congedato, con quella stessa faccia si era avvicinato a sua madre, chiedendole perché lei invece sembrasse così turbata.
“Non fraintendermi,” si era affrettata a rispondere lei. “Sono felice per te, solo che… credevo che il nuovo Sovrano fosse Tule degli Enki.”
“Chi, quel traditore...?” aveva ribattuto lui con noncuranza. “Sembra che lui e la sua famiglia siano scomparsi in un… tragico incidente…” aveva soggnignato, e nello stesso momento Kassandra, seduta accanto a Imago, aveva soffocato una risatina malefica.
Kassidiya, invece, si era limitata a sollevare la testa dal grosso papiro che stava leggendo, per poi a tornare a immergersi apaticamente nella sua lettura.
La madre di Imago annuì alle parole del compagno e poi svanì con il resto del ricordo.
Imago, a quel tempo, non aveva sospettato nulla; solo in seguito aveva scoperto che in realtà era stato suo padre, insieme ad altri congiurati, ad assassinare Tule e la sua famiglia. Quella notizia era praticamente di dominio pubblico, ma nessuno aveva mai trovato da protestare: al contrario, tutti erano lieti che finalmente la vergognosa stirpe degli Enki si fosse estinta per sempre. Tutti, ancora oggi, consideravano suo padre un eroe.
Tutti, tranne lei.
Chissà, forse lei era stata la sola a provare dispiacere nell’apprendere quella notizia. E’ che proprio non riusciva a immaginare che suo padre potesse uccidere, e poi… non riusciva ad accettare la scomparsa degli ultimi discendenti del suo eroe personale.
Le tornò in mente la storia di Enki, che era sempre stata la sua preferita: quando era piccola, se l’era fatta raccontare da sua madre decine di volte. Non riusciva a ricordare le parole precise, ma si divertì a richiamarla alla memoria: era ambientata nel passato, quando la loro gente ancora viveva sul Pianeta Azzurro….
 
Esisteva, durante quel meraviglioso periodo, un ingegnere, uno dei più abili di Atlantide, il cui nome era Enki.
Il suo popolo doveva lavorare molto ed era in difficoltà e per questo motivo, spinto dal Sovrano Anu, Enki e la sua compagna Ninti usarono le loro conoscenze per creare degli aiutanti. Questi esseri, diceva Enki, sarebbero stati forti e puri d’animo, e si sarebbero chiamati terrestri.
Il primo uomo si chiamò l'Adamo, per l'appunto; poi fu la volta della prima donna, che venne chiamata Eva.
All'inizio, i risultati delle ricerche di Enki furono accolti con gioia dal popolo: i terrestri erano utili e persino divertenti nella loro innocenza: mostravano di capire, potevano parlare e, soprattutto, li lodavano come se fossero degli dèi; ma delizia del popolo si trasformò in panico quando si scoprì che Enki aveva continuato con le sue ricerche, modificando i terrestri in modo che potessero amarsi e riprodursi da soli.
Ciò fece perdere ai terrestri la loro originale purezza e li trasformò in un pericolo, perché si perse il controllo della nuova specie. Le nascite non furono più programmate e limitate e la popolazione umana aumentò a dismisura in poco tempo; iniziò persino a mischiarsi con quella degli atlantidei e questo causò l’ira di Anu.
Il Sovrano ordinò che da quel momento in poi i terrestri non sarebbero più stati un trastullo per i suoi sudditi, ma sarebbero stati utilizzati prettamente come schiavi e per questo motivo avrebbero dovuto essere trattati come tali.
I terrestri vennero così deportati e costretti a lavorare fino alla morte nelle miniere d’oro e a guadagnarsi con fatica la vita, con addosso il rimorso di aver tradito la fiducia divina di Anu. Morirono a migliaia.
Gli incroci, invece, si ribellarono e furono costretti a molte battaglie, che causarono povertà e grandi sofferenze.
Un giorno, quando si scoprì che un meteorite avrebbe presto colpito la Terra, Anu ordinò ai suoi sudditi di fuggire, abbandonando i terrestri e gli incroci al proprio destino.
In questo modo, quando un giorno sarebbero tornati sul Pianeta Azzurro, avrebbero potuto ricominciare tutto daccapo.
Ma Enki si era innamorato dei terrestri e, tradendo gli ordini di Anu, decise di salvarne una parte insegnando ad uno di loro come costruire un’arca in grado di affrontare il disastro che stava per abbattersi su di loro. Poi fuggì con Ninti e con il fratello Enlil.
Enlil, però, scoperto il tradimento del fratello, lo precipitò sulla Terra, uccidendolo; inoltre, fece in modo che tutti coloro che avevano sostenuto la sua causa fossero abbandonati nel deserto inospitale di Marte. Non punì Ninti, perché se ne era perdutamente innamorato: ma il suo fu un grave errore, perché Ninti era incinta, e quando Enlil se ne accorse, per lui era ormai troppo tardi.
Fu così che la discendenza di Enki venne salvata; e fu così che l’umanità sopravvisse al Diluvio Universale, ma il nome del suo vero salvatore venne maledetto per l’eternità.
 
Imago considerava Enki un eroe perché aveva compreso che i terrestri, anche se erano stati creati, erano esseri viventi e avevano diritto di esistere, di essere felici e di innamorarsi, ma era una delle poche a pensarla così: sul Pianeta Nero, tutti ce l’avevano sempre avuta sempre a morte con gli Enki perché secondo loro era colpa sua se adesso la Terra era irreversibilmente contaminata dai terrestri, di cui non avrebbero mai perso il controllo se lui non gli si fosse avvicinato più del dovuto. La discendenza di Enki era stata sempre soggetta ad muto disprezzo e, quando uno degli ultimi Sovrani designò proprio un Enki come suo successore, dopo poco sia lui che l’intera famiglia di “traditori” e “filo-terrestri” morì in un incidente. Dopo ciò, il Consiglio elesse come nuovo Sovrano il nobile Kaishu, il padre di Imago, che era da sempre espressamente anti-terrestri; quando poco tempo dopo anche lui morì, a salire al potere fu un anziano, Mahimi. Sposandolo, qualche anno dopo, Kassidiya riprese il trono che le era stato ingiustamente, secondo lei, tolto.
 
Mentre fantasticava con questi pensieri, Imago sentì una mano scivolarle intorno alla vita e prima ancora di accorgersene si ritrovò stretta a Kisshu, che la stava fissando.
Lei arrossì e ricambiò quello sguardo penetrante con uno interrogativo.
«Non mi piaci quando fai questa faccia,» disse lui come preoccupato.
«Cosa? Quale faccia?» replicò lei, ancora più confusa di prima.
«Quella che hai adesso. E’ troppo seria…» spiegò Kisshu, lasciando la presa. Le passò davanti, incrociando le braccia dietro la testa.«…se la fai, sembra davvero che tu stia pensando a qualcosa di intelligente,» concluse sogghignando.
Imago arrossì. «Allora non sto pensando certo a te!» ribatté piccata, colpendolo con un piccolo pugno alla spalla.
«Ahia! Sei davvero un essere odioso, ragazzina!»
«Guarda che sei tu che sei insopportabile!»
«Ah, è così che la pensi?»
Kisshu e Imago si guardarono in cagnesco per molti secondi, ma alla fine scoppiarono a ridere insieme.
«Voi due, vi sembra il momento?!» li sgridò a quel punto Pai, seccato.
I due ripresero a camminare in silenzio nel passaggio; quando però Imago avvicinò la sua mano a quella di Kisshu, lui gliela strinse e le sorrise, facendole accelerare in modo spaventoso i battiti del cuore.
Lei non sarebbe riuscita a spiegare la sensazione che stava provando in quel momento: sapeva solo che le riempiva il cuore e aumentava la sua energia a dismisura, cancellando ogni pensiero negativo dalla sua mente. Amava davvero tanto Kisshu, ma non aveva idea di come dimostrargli i suoi sentimenti, per cui si limitò a scoccargli un bacio sulla guancia non appena ne ebbe l’occasione, facendolo arrossire leggermente per la sorpresa.
Chissà come avrebbe reagito Imago se avesse saputo che Kisshu era uno dei discendenti sopravvissuti di Enki?
 
Alcuni minuti dopo, i cinque alieni si ritrovarono davanti ad un bivio e si fermarono per riposarsi un po’. Cominciarono a parlare dell’enigma della stanza, ma ben presto il discorso scivolò sull’ultimo ostacolo che si erano lasciati alle spalle.
«Scommetto che nessuno è mai uscito dal Labirinto perché tutti se la filavano per lo Specchio Nero, no?» osservò Kisshu.
«Solo pochi ce l’hanno fatta,» rispose Imago. «Tutti gli altri erano terrorizzati per il solo ritrovarsi lì, figuriamoci se osavano toccare lo specchio maledetto,» sospirò, cercando di non pensare alla morte terribile che avevano fatto quegli sventurati.
«Ma perché gettare i tuoi nemici in un posto con una via d’uscita così in bella vista?»
«Non so, forse per dargli un’ultima possibilità,» mormorò Pai in risposta, con poco interesse. «Ad ogni modo, Imago, dove siamo adesso?»
«Uhm,» meditò l’aliena. «Il Labirinto era nei piani superiori del Palazzo, ma il portale dello Specchio ci ha condotti sottoterra. Avevo sentito parlare di questo passaggio segreto: credo sia quello centrale, che ha un sacco di sbocchi per tutti i piani del Palazzo. Si dice che sia molto articolato, ma sembra che non esistano sue mappe.»
«Di un po’, pensi che l’indovinello rimandi a questo tunnel?» le chiese Pai a bruciapelo.
«Ci ho pensato: in fondo questo passaggio si trova nella parte più profonda di una stanza antichissima del Palazzo…però non c’è nessun riferimento al numero due!»
Chris si intromise nella discussione. «Beh, se c’è una possibilità che sia questo il posto giusto, perché non proviamo a frugarlo tutto? In fondo, non abbiamo nulla da perdere.»
«L’orientamento, si,» replicò Imago. «Te l’ho detto, è uno dei passaggi più estesi,» sospirò. «Ho paura che la nostra caccia al tesoro sia finita qui,» disse, appoggiandosi al muro e lasciandosi scivolare a terra.
Kisshu le andò vicino, sorpreso da quel comportamento. «Ma che stai dicendo? Avanti, rialzati,» la richiamò.
«Fra un attimo…» rispose lei, chinando la testa.
A Kisshu quello sbalzo d’umore parve a dir poco strano: dov’era finita tutta l’energia e l’ottimismo di Imago?
«D’accordo, se vuoi riposarti…» annuì poco convinto e andò dagli altri, che ora stavano esaminando il bivio su cui si trovavano: da un lato c’era un altro corridoio che saliva con una leggera pendenza; dall’altro, una discesa che si perdeva nell’oscurità.
«Dove finisce quello scivolo, Imago?» chiese Chris, indicandolo con un dito.
«Di sotto,» rispose lei passivamente.
«Non ci sarei mai arrivata,» osservò Chris con ironia. Poi notò che la sua compagna era diventata pallida. «Che hai?» le domandò.
«Niente, sono un po’ stanca...»
Chris socchiuse gli occhi. «Cerchiamo di fare in fretta, allora.»
«Fare cosa? Forse non ve ne siete accorti, ma siamo ad un punto morto!» si lagnò Taruto.
«Ma cos’è, un’epidemia di depressione?» sbottò Kisshu a quel punto.
Pai lo sostenne. «Se avessimo voluto piangere o disperarci ci sarebbe bastato consegnarci alle Guardie. Ma ormai siamo qui e dobbiamo andare avanti,» disse con autorevolezza.
«Non vedo niente di utile davanti a noi,» commentò Chris.
«Io vedo due strade,» rispose Pai. «E siccome non possiamo tornare indietro, l’unica cosa da fare è vedere dove portano e scegliere quella migliore. Propongo di dividerci: io e Chris andremo a destra mentre tu, Taruto, andrai a sinistra. Ci rivediamo qui.»
«Va bene!» annuì Taruto. «A dopo!» e si lanciò giù per lo scivolo a sinistra.
«Pai, non ti sembra di dimenticare qualcuno...?» gli fece notare Kisshu.
«No. Tu resterai qui.»
Lui gli lanciò un’occhiataccia.
«D’accordo, allora fai quello che preferisci, ma ovunque deciderai di andare, non credo che la tua compagna sia in grado di seguirti,» sbottò il maggiore.
Kisshu spalancò gli occhi. «Che cosa?» esclamò, girandosi verso Imago, che evitò di guardarlo.
«Noi andiamo…» mormorò Pai e, insieme a Chris, scomparve dietro l’angolo a destra.
Kisshu si avvicinò a Imago. Si inginocchiò davanti a lei e la prese per le spalle, costringendola a guardarlo negli occhi.  «Che vuol dire che non stai bene?» le chiese, sconvolto. «Non sarà mica…»
«Ora è la tua faccia che non piace a me,» osservò lei con un vago sorriso. Kisshu la guardò così male che si affrettò ad aggiungere: «Non preoccuparti, mi è già capitato altre volte, fra pochissimo tornerò normale!»
«Ti è già capitato?» la interruppe lui, inorridito. «Perché non me l’hai detto?»
«Ops.» Imago chinò la testa senza rispondere.
Kisshu stava per aggiungere qualcosa quando gli giunse all’orecchio l’improvviso rumore di un frangersi d’acqua, come se qualcuno si fosse appena tuffato in una piscina, seguito da uno strillo: provenivano dal fondo dello scivolo dove era sparito Taruto.
Lui ricomparve con il teletrasporto un secondo dopo, con gli abiti stracciati e sporchi e un odoraccio rivoltante addosso.
«Bleah!» dichiarò schifato il piccolo alieno. «Quello scivolo finiva nelle fogne! Doppio bleah! Triplo bleah!»
Kisshu e Imago, dimenticando per un momento la situazione, non poterono fare altro che guardarsi in faccia e scoppiare in un risolino.
Tornarono subito seri, ma Taruto assunse un’aria offesa e si strofinò il viso tutto impiastricciato.
«Oh, aspetta, dovrei avere un fazzoletto…» gli disse Imago, cercando fra le pieghe del suo vestito.
Istintivamente, Taruto la imitò: si frugò le tasche finché non gli capitò in mano qualcosa. «Ce l’ho anche io!» esultò Poi, con disappunto, scoprì che era un solo foglietto stropicciato. «No…è quella poesia stupida di Belle.» Accartocciò il foglietto e lo gettò via. «Odio questa giornata.»
«Quella mocciosa ti ha scritto una poesia?» domandò Kisshu, principalmente per prenderlo in giro.
«Lasciamo perdere,» rispose Taruto più che demoralizzato. Se ne andò ad accucciarsi in un angolo, cercando di asciugarsi alla meglio con le maniche del vestito.
Kisshu allora tornò a concentrarsi su Imago: la vide con lo sguardo perso nel vuoto che sorrideva, e questo lo tirò un po’ su di morale. «Che c’è ora?» le chiese, sfiorandole una guancia con le dita.
Lei si riscosse. «Niente, pensavo… lascia stare. Guarda, ora mi sento meglio, possiamo andare.»
«A cosa pensavi?» insistette lui, curioso.
«I miei soliti vagheggiamenti senza senso, tutto nella normalità, lo sai che sono una sciocca,» si alzò in piedi, con una certa aria frettolosa. «Allora, andiamo?»
«Prima… dimmi cosa stavi vagheggiando di così interessante.»
«No,» rispose lei, decisa. «Ti arrabbieresti.»
Lui la baciò. «Mettimi alla prova,» le sussurrò sorridendo maliziosamente, sollevandole il mento.
Imago si perse nei suoi occhi dorati. «D’accordo,» disse, sognante. ”Ma come diavolo fa a persuadermi così?” si ritrovò a pensare un secondo dopo. “Mi ipnotizza e non me ne accorgo? Me lo devo far spiegare, un giorno!”
«E-Ecco…non offenderti,» disse poi, staccandosi da lui. «Però, io…hm…per un attimo… io avrei voluto sentire da te una… una poesia…» balbettò, girandosi dall’altra parte, vergognandosi tremendamente.
Kisshu sbarrò gli occhi. «Una…poesia?» sillabò incredulo.
Lei si girò di nuovo dalla sua parte. «Si, si, una poesia,» ripetè, con un sorriso che avrebbe sciolto un macigno.
 

Chris e Pai avevano percorso appena una ventina di metri in quella salita; poi però erano stati costretti a fermarsi, perché avevano scoperto che il crollo di una parete di blocchi di pietra aveva ostruito il passaggio.
Chris, compreso che non era possibile andare avanti, propose di tornare indietro; stava già scendendo quando Pai le afferrò un braccio con un gesto improvviso.
Lei si girò dalla sua parte, sorpresa.
Pai aprì la bocca, ma sembrava troppo teso per poter parlare; lasciò la presa sul suo braccio, e solo dopo aver tirato un lungo sospiro si decise a dire: «Prima di tornare indietro… credo di doverti dire una cosa.»
La ragazza aliena non accennò una risposta, né lo incitò ad andare avanti; si limitò a fissarlo. Intorno a loro c’era il silenzio totale.
Pai strinse i denti: quella situazione era così imbarazzante…
Perché i rapporti sociali erano tanto complessi?
«Vedi, riguardo noi due…» cominciò, dopo un poco. «Ciò che è successo tra noi...»
«Si?»
«Chris, mi sembra giusto farti sapere che in realtà io non…»
«Ah, eccovi qui, finalmente! Dove vi eravate cacciati?»
Kisshu piombò in mezzo ai due, facendoli sobbalzare.
Pai indietreggiò fino alla parete crollata, decisamente rosso in viso.
Il fratello lo osservò stranito e poi chiese, con aria innocente: «Ho interrotto qualcosa?»
«No,» rispose Chris.
«Si!» esclamò Pai.
Il tutto in contemporanea.
Kisshu li guardò un momento. «…chiarissimo. Comunque Pai, non posso spiegarti perché, ma ho assolutamente bisogno che tu mi scriva una poesia,» disse velocemente.
Lui non rispose, ma lo guardò come se fosse un pazzo furioso, ed evidentemente doveva pensarlo anche Chris, a giudicare all’espressione che aveva appena fatto.
«So che sembra assurdo, ma è importante! Io non sono tipo da frasi sdolcinate, però mi servono! Avanti! So che puoi farcela, Pai! Hai qualche idea?»
«Che..che idea dovrei avere, se non quella che la tua balordaggine non ha fondo? Come ti salta in mente questa cosa adesso?» replicò Pai, sconvolto. Poi, siccome Kisshu non accennava a ribattere, continuò, lasciando che il nervosismo facesse spazio alla confusione: «Abbiamo altro a cui pensare adesso! Te ne rendi conto? Abbiamo tutta la sorveglianza del Palazzo addosso, oltre che i membri dell’Ordine di Ra-Hu; potrebbero scoprire che siamo qui da un momento all'altro. C’è la Terra che rischia di essere distrutta, quel Messia che si sta per risvegliare, e tu pensi alle poesie? Dovrei scaraventarti da… da qualche parte per questo!» non aveva ancora finito di parlare che Kisshu gli aveva preso le mani fra le sue, facendogli gli occhi dolci.
«Pai, lo so che sei in grado di farcela…»
«Ma…»
«….per cui ora piantala e tira fuori il Petrarca che è in te!» concluse allegro.
«Il che?» domandò Chris.
«Roba terrestre,» spiegò Kisshu, poi si rivolse a Pai: «Allora, fratello adorato?»
Pai alzò le mani nella sua direzione come se volesse strozzarlo, ma alla fine le abbassò. «Kisshu, mi spiace, ma non posso aiutarti. Anche se mi sforzassi, non riuscirei mai a comporre una poesia in pochi minuti. Avrei bisogno ore, se non giorni!»
«Perché?» chiese Kisshu, con l’aria di un bambino deluso.
«Perché per fare una poesia bisogna essere sistematici. Innanzitutto, una volta scelto il tema e come svilupparlo, oltre alle eventuali figure retoriche si deve tenere conto della metrica, ovvero l’organizzazione delle varie strofe. Ad esempio, se si scrive un sonetto alla maniera italiana, si devono posizionare quattordici versi divisi in due quartine e due terzine, mentre se lo si fa alla maniera inglese…»
Pai cominciò così un noiosossimo excursus sulla versificazione poetica degli umani, durante il quale Chris rischiò più volte di cadere a terra addormentata e Kisshu realizzò che il suo razionale fratello non era proprio il tipo adatto per scrivere una poesia.
«…infine, se si sceglie il madrigale o la canzone libera che non ha una suddivisione precisa puoi organizzare le stanze come…» Pai si fermò improvvisamente. «…un momento, ho forse detto stanze…?»
Kisshu e Chris gli rivolsero un’occhiata confusa.
«Io…Ora è tutto chiaro…!» Pai aveva l’aria di chi aveva appena ricevuto un’illuminazione. «Razza di bastardi!» esclamò energico, sbattendo di colpo un pugno in una mano; poi corse via.
Kisshu e Chris rimasero immobili a guardarsi in faccia.
«Tu ci hai capito qualcosa...?» chiese il primo.
«Sinceramente? No.» rispose la seconda.
 
Taruto si rialzò dal suo angolino. «Ma dove è corso Kisshu così di fretta?» chiese a Imago.
«Non saprei,» rispose lei. Aveva appena finito di parlare che Pai la raggiunse tutto trafelato e la prese per le spalle:
«Imago!» esclamò.
«Ehmm, Pai?!» replicò lei confusa.
«La tua profezia…a che epoca risale?»
«La profezia? Non lo so, ma è molto antica… è stata composta sul Pianeta Azzurro e…»
«Ne ero sicuro! Ora ripetimi l’ultimo verso della seconda stanza!»
«L’ultimo verso di cosa?!»
In quel momento giunsero anche Kisshu e Chris.
«Insomma, che succede?» chiese Taruto.
«Succede che,» rispose Pai, «la stanza è la strofa di una poesia. E la profezia di Imago è una poesia! Dire in fondo alla seconda stanza vuol dire nell'ultimo verso della seconda strofa della profezia!» snocciolò tutto d’un fiato.
I suoi compagni lo fissarono a bocca aperta.
«L’antico cammino di vita e di morte…» sussurrò pensierosa Imago. 
Tutti si voltarono verso di lei.
«Voglio dire… la seconda parte della profezia dice: Perciò in guardia, o posteri, / da ciò che vive al di sopra / dell’antico cammino di vita e di morte,»  spiegò.
Chris inarcò entrambe le sopracciglia. «Spero che tu sappia cosa sia….»
«Si, beh,» annuì Imago, «la buona notizia è che effettivamente si trova qui a Palazzo.»
«E la cattiva?» chiese Kisshu.
«Ecco…» sussurrò lei, facendosi piccola piccola.
Come glielo diceva adesso che sarebbero dovuti tornare là sotto?
Stava per spiegarglielo, quando sentirono delle voci dal fondo del passaggio.
Taruto sbarrò gli occhi, terrorizzato. «Oh, no, ci hanno scoperto!»
 
Qualche minuto dopo, Taruto era dietro le sbarre di una cella, nelle prigioni sotterranee. A fargli compagnia c’era un vecchio alieno basso, curvo e sporco, immerso in un frenetico dialogo con un ascoltatore inesistente in fondo alla stanza. Sembrava che non si fosse ancora accorto del bambino; appena lo vide, gli lanciò un’occhiata incuriosita.
«Ero sicuro che tu non ci fossi prima. Quando sei stato portato qui?» gli chiese.
«Ehm.» Taruto indietreggiò fino alle sbarre, vagamente intimidito.
«Taruto! Che ci fai là dentro? Esci subito fuori da lì!» lo richiamò Kisshu che, nel corridoio delle prigioni, aveva appena finito di stordire l’ultima guardia.
«Si, si, subito!» rispose il piccolo. Si smaterializzò, per ricomparire accanto ai suoi compagni. «Scusate, ho fatto qualche errore col teletrasporto,» si giustificò.
Frattanto, il vecchio raggiunse a stento le sbarre della cella e fissò il gruppo con lo stesso sguardo curioso con cui aveva scrutato Taruto. «Sto forse sognando?» mormorò.
Imago raggiunse la cella e si appoggiò alle sbarre, di fronte a lui: lui probabilmente dovette riconoscerla, perché la chiamò principessa e si inchinò.
«Ma… non sei fuggito insieme agli altri?» gli chiese lei.
«Intende qualche tempo fa, quando ci fu tutto quel trambusto? No, io preferisco restare qui. Ora che non c’è più nessuno, si sta molto più tranquilli. E poi qui ho tutti gli amici che mi servono,» disse e indicò le pareti ammiffite, le sbarre e le catene.
«Interessante filosofia,» osservò brevemente Kisshu, allontanando la sua compagna da quel folle. «Facciamo presto, non mi piace essere ritornato quaggiù,» disse.
Kisshu lanciò un’occhiata alle Prigioni: erano composte da un lungo corridoio rettangolare, ai cui lati vi erano almeno una ventina di celle maltenute. In fondo vi era il portone che conduceva al Cortile Centrare; dalla parte opposta, le scale che si arrampicavano sul Palazzo.
«Allora, dov’è questo cammino di vita e morte?» chiese a Imago, che gli rispose:
«Ci siamo sopra.»
Kisshu aggrottò la fronte, guardando a terra. «Il corridoio?»
«Si,» annuì lei. «Sai, siccome è l’ultimo passaggio che percorrono da vivi i condannati a morte prima di…» fece un gesto eloquente con una mano, «…nell’antichità l’hanno battezzato così.»
«Questa è pura perversione,» commentò Kisshu.
Lei scosse le spalle.
Pai, che aveva ascoltato le parole della nibiriana, le si avvicinò. «Non vedo numeri sulle celle, e non ho mai sentito chiamare così questo posto. Sei sicura di quello che hai detto, o è solo una tua supposizione?»
«Ho letto questo nome su degli antichi  papiri che mi sono capitati tra le mani quando abitavo qui. E’ lì che ho saputo dell’uscita del Labirinto.»
«Sai cosa ti dico, Imago?» sorrise Chris, posandole una mano una spalla. «E’ una fortuna che tu abbia trovato quei fogli, e soprattutto che tu sia con noi!»
«Non è fortuna,» osservò Kisshu, scuotendo la testa. «Sto cominciando a pensare che il destino esista davvero…» mormorò a mezza voce. Poi si riscosse. «Beh, che fate lì fermi? Ci siamo, diamoci da fare, no?»
 
 
I cinque alieni si misero all’opera: cercarono in ogni angolo delle Prigioni ma, sfortunatamente, non trovarono niente che potesse aiutarli. Alla fine, si riunirono al centro del corridoio per scambiarsi opinioni di disappunto.
«Eppure deve essere qui,» sussurrò Imago, mordendosi le labbra.
Dalla cella in cui era rinchiuso, il vecchio prigioniero attirò la loro attenzione.
«Scusate,» chiese. «Cercate qualcosa?»
«No, facciamo una passeggiata,» rispose brevemente Chris, allontanandosi.
«Davvero? E perché proprio qui sotto?»
Imago, al contrario, andò vicino all’anziano. «Cerchiamo una stanza, forse una cella antica, che riporta il numero due. Tu ne sai qualcosa?» gli chiese.
«Antica?!» replicò quello. «Qui cade tutto a pezzi. Senza offesa, eh.»
Kisshu raggiunse i due.
«Ragazzi!» li chiamò Chris dal fondo del corridoio. «Su, lasciate stare quel poveraccio! Aiutateci, piuttosto!»
«No, noi intendiamo qualcosa di veramente antico,» spiegò Kisshu al vecchio. Aveva deciso di fidarsi dell’intuito e della fortuna sfacciata che stava avendo Imago.
Lui scosse la testa. «No, qui ci sono solo celle. E le segrete, sotto. Avete visto le segrete?»
«Segrete?» ripeté Imago. «Non sapevo che esistessero.»
«Non sono segrete per niente, principessa,» sorrise amabilmente l’anziano alieno. Poi aggiunse: «Sotto le scale, lì in fondo, vedete che c’è una pietra del pavimento più irregolare delle altre? Sotto, c’è un passaggio che porta alle segrete. Non sono mai state usate perché la Chiave per aprirle è andata perduta, si dice, quando fu costruito il Palazzo.»
«E lei come fa a sapere tutte queste cose?» domandò Kisshu, sospettoso.
«Me le ha raccontate lui,» rispose deciso il vecchio, indicando il muro alla sua destra.
Senza fare altre domande, Kisshu e Imago lo ringraziarono e andarono nel punto che aveva indicato loro. Grazie ai poteri dei suoi tridenti, Kisshu non impiegò molto a tagliare il pesantissimo blocco di pietra in una decina di pezzi, che precipitarono all’interno del buco che ricopriva. Pochi secondi e una nube di vapore denso salì verso l’alto, disperdendosi nell’aria.
Gli altri, attirati dal rumore delle pietre cadute, li raggiunsero.
«Avete trovato qualcosa?» chiese Chris. «Ehi, e questo cos’è...?»
«La nostra ultima tappa,» rispose Kisshu con una nuova determinazione. Senza rinfoderare i tridenti, saltò all’interno del buco, ignorando le ripidissime gradinate di pietra; gli altri lo seguirono.
 

Si ritrovarono, come aveva predetto loro il vecchio, nell’anticamera delle segrete: era un ambiente cristallino, rivestito con pietre color bianco latte. Non c’era neanche un briciolo di polvere, solo un lieve odore di chiuso e, cosa stranissima, c'erano decine e decine di lanterne già accese, che emanavano tutt’intorno una luce azzurrina.
«Strano posto,» commentò Kisshu, facendo scomparire le sue armi e guardandosi intorno. L’anticamera era formata da due corridoi lunghi una decina di metri ognuno e larghi quattro; si incrociavano perpendicolarmente al centro, in modo da formare una…
«Croce perfetta,» osservò Pai, stringendo gli occhi.
«Qualcosa mi dice che siamo nel posto giusto,» commentò Kisshu, dietro di lui.
«Ma…e le fiamme di quelle lanterne?» domandò Imago, spaventata. «Chi le ha accese? Questo posto è sigillato da un’eternità!»
«Non lo so chi le ha accese,» rispose Chris, che pure si sentiva leggermente in soggezione. «Avete visto?» chiese dopo un po’. «In fondo ad ogni lato di questa croce c‘è una porta…sono quattro in tutto. Una di queste deve essere quella della stanza che cerchiamo, ma…qual’è? E come facciamo ad aprirla?»
«Dimentichi che abbiamo la Chiave,» le fece notare Pai.
«Oh…giusto,» annuì Chris sorridendo. «Chi ce l’ha?»
«Io…»
Pai la estrasse da una tasca, giusto in tempo perché Taruto gliela rubasse dalle mani.
«Bene, ora è il momento di prendere in mano la situazione!
» esclamò il piccolo.  «Dobbiamo trovare la porta della stanza due!» disse, scomparendo.
Pai assunse un’aria concentrata. «Sarà difficile…»
«Guardate! Qui c’è un disegno di una croce!» urlò Taruto, ricomparso di fronte ad una delle porte.
«Cosa?» sibilò Pai.
«Qui ce ne sono due!» continuò, teletrasportandosi di fronte all’altra. Poi scomparve di nuovo: «Qui tre! E qui quattro!» Ritornò dagli altri. «Ci sono delle croci che indicano il numero della stanza. Dobbiamo aprire la seconda, lo faccio io, okay?» spiegò, e poi fece per teletrasportarsi di nuovo; ma Pai lo fermò prendendogli un braccio.
«Che c’è?» gli chiese Taruto, scocciato.
«E’ troppo semplice,» spiegò il maggiore. «Credo sia una trappola. Inoltre, la stanza due si riferiva alla profezia, quindi non possiamo dire che sia valida anche per le segrete. Ci deve essere dell’altro.»
«Ma no, non credo! Ormai siamo alla fine! Voglio farla finita con questa storia!» protestò il minore; si girò verso gli altri. «Diteglielo voi che è paranoico!»
«Forse dovremmo fare come dice Pai,» gli fece notare con molta gentilezza Imago.
A quelle parole, Taruto si gonfiò come un palloncino. «E va bene, siete grandi, vedetevela voi!» sbottò, restituendo la Chiave a Pai.
«Non prenderla così,» osservò lui, quasi dispiaciuto.
Frattanto, Chris aveva estratto il foglio su cui aveva annotato la trascrizione dell’indovinello. Rilesse:
 
In più profondo, stanza due di quello che hai più antico.

«Forse Taruto ha ragione…» commentò.
«Aspetta…ma non c’era anche quella cosa della testa?» domandò Imago, pensierosa.
«Già…» Pai tirò fuori il papiro originale e rilesse: 
 
chinato aI +
quel chelo
inda tza sU DE
+ I profonndo
 
…ah, e attenti alla testa!

 «Finora abbiamo tralasciato questa frase. Per quanto stupida sia, potrebbe aiutarci…dobbiamo solo capire a cosa si riferisce.»
«Ehm,» mormorò nervosamente Kisshu, indicando il soffitto, «credo a quello.»
Pai sollevò la testa e sbarrò gli occhi quando scoprì che, sopra di loro, vi erano una serie di enormi e complessi meccanismi dorati collegati al resto delle segrete e ad ogni singola porta.
«A cosa servono quei cosi?» chiese Imago, inquieta.
Pai studiò con attenzione la configurazione degli ingranaggi. «E’ un meccanismo di difesa. Suppongo che sia stato studiato per azionarsi all’apertura delle porte. Ho la netta impressione che se apriamo quella sbagliata, imprimerà una forte spinta di trazione che si trasmetterà in una reazione a catena per tutto l’edificio…»
«In parole povere?»
«Se sbagliamo, il Palazzo crollerà,» spiegò Pai in tono piatto.
Chris sospirò. «Non è così tragico. In fondo, anche se crolla tutto, noi possiamo fuggire, no?» osservò con una nota sollevata nella voce.
«Oh, si. Ma se crolla tutto, noi perdiamo la possibilità di trovare quella porta,» le ricordò Kisshu.
«Senza dimenticare che metteremmo in pericolo la vita di tutti coloro che si trovano a Palazzo in questo momento, per cui… cerchiamo di evitarlo, okay?» aggiunse Imago.
«Sono d’accordo,» annuì Kisshu. «Propongo di usare carta, forbici e sasso per decidere quale porta aprire.»
«KISSHU!» strillarono Pai e Taruto.
«Calma…calma, scherzavo!»
«Scusate…cos’è carta, forbici, sasso...?»
 
Taruto rilesse per la milionesima volta l’indovinello. «Qui lo dice chiaramente, la porta giusta è la due!»
«Ma così sarebbe troppo ovvio,» obiettò Imago.
«Anche il numero scritto qui sopra è ovvio
«…e se fosse la numero uno?» propose Chris. «In fondo, sulla porta c’è disegnata una croce.»
«Però una croce ha quattro lati, quindi la soluzione potrebbe anche essere la porta con il numero quattro,» osservò Imago.
«Ma una croce è formata da due assi incrociate…»
«Ragazze, le assi sono incrociate! Per questo si chiama croce!»
«…che c'entra, Taruto?»
«Sono sicuro che la stanza giusta sia la tre,» dichiarò Kisshu.
«Come mai?»
«Perché state tirando fuori teorie assurde su tutte le altre.»
Pai non lo degnò neanche di uno sguardo. «Dicevamo?» disse agli altri.
«Uff, e va bene… facciamo i seri…» Kisshu strappò il papiro di mano al fratello adottivo.
«Kisshu, lascia quel foglio,» sbottò lui a quel punto. «Tanto, neanche sai leggere.»
«Molto divertente,» commentò l'altro acido. «Ora, seriamente…e se fosse la quattro?» disse dopo aver osservato bene l'enigma.
Imago gli saltò al collo. «Qualcuno che è d’accordo con me! Grazie!»
«Senti, Kisshu…»
«No, senti tu Pai… una croce ha quattro lati, come ha detto Imago… ma a parte questo, la soluzione è nell’indovinello, e qui appare il numero quattro.»
Pai socchiuse gli occhi, incerto. «E dove sarebbe?»
L’altro ghignò. «Non hai nemmeno un po’ di spirito d’osservazione, eh? Eppure, sei stato tu a risolvere l’anagramma…» lo prese in giro. Poi indicò il foglio con la trascrizione di Chris:  «Quei segni a forma di + non sono casuali. Secondo voi, gli Antichi li avrebbero messi per caso? Osservate bene.»
Chris rigirò il foglio verso di sé, concentrando l’attenzione sulle due croci. «Non capisco cosa vuoi dire.»
Kisshu sbuffò. «Dammi la tua penna e quella trascrizione, per favore.»
Prima di farlo, Chris lanciò di sfuggita un’occhiata a Pai, che annuì.
Kisshu pasticciò qualcosa con la penna, poi la passò di nuovo alla sua proprietaria insieme al foglio. «Ora va meglio?»
Lei lanciò un’occhiata alla trascrizione e sgranò gli occhi: non riusciva a crederci!
 
In + profondo, stanza DUE di quello che hai + antIco
 
«Ma cosa… 1 + DUE + 1...?!»
«Fa quattro!»
«Grazie, Taruto,» disse Kisshu senza alcun entusiasmo. Poi riprese: «Vedete, il quattro è un numero speciale: quattro sono i lati della croce, quattro sono le porte… e se estendiamo il discorso sul Pianeta Azzurro, laggiù ci sono quattro elementi, quattro stagioni, quattro tipi di vento principali…»
Mentre elencava queste sorprendenti coincidenze del numero quattro, gli altri lo fissavano a bocca aperta.
«…quando escono, gli umani dicono di andare a fare quattro passi…quando parlano, dicono di fare quattro chiacchiere…quando sono pochi, dicono di essere quattro gatti…»
«Okay, okay, basta, abbiamo capito!» lo fermò Chris. Però era così felice che gli scompigliò i capelli come se fosse un ragazzino. «Sei un genio, incompreso ma lo sei!» lo lodò.
Lui non parve apprezzare troppo quel trattamento.
«Già,» commentò Pai, ancora non del tutto convinto, avvicinandosi a loro. «Per questo motivo, la responsabilità dell’eventuale crollo del Palazzo sarà tua.» Gli tese la Chiave. «A te l’onore, genio
Kisshu fissò l'oggetto nella mano del fratello. «Lascio a te il privilegio,» tentò.
Pai gli mise a forza la Chiave fra le mani. «Muoviti e apri quella serratura!» ordinò, spingendolo verso la numero quattro.
«Va bene, non c’è bisogno di essere violenti!»
 Kisshu raggiunse la porta: non aveva una serratura vera e propria, ma la sagoma della Chiave era incisa profondamente proprio al centro. Prese un respiro, e la appoggiò in quell’alloggiamento. All’inizio non successe nulla; poi, però, gli ingranaggi ai lati della Chiave iniziarono a girare da soli e trasmisero una serie di input ai meccanismi sul soffitto.
Tutto cominciò a tremare paurosamente e Kisshu si girò verso i suoi compagni, che avevano gli occhi fissi su di lui.
«Ragazzi,» mormorò, trattenendo un ghigno nervoso. «Non vogliatene male, ma…credo di aver sbagliato.»
 
 
 
 
+++++++++++++++
 
Note.
In generale, la storia di Enki e della nascita dei terrestri è  ispirata alla genesi sumerica.
Quanto alle lanterne perenni, sono degli ooparts di cui mi è sempre piaciuto leggere. Uno dei miei racconti preferiti a riguardo è la storia della presunta figlia di Cicerone: si dice che il suo corpo venne ritrovato in una tomba nel 1500, perfettamente conservato ed immerso in un liquido che evaporò all’apertura della tomba. Ai suoi piedi vi era una lampada accesa, che si spense al contatto con l'aria. Traducendo alcune iscrizioni, si venne a sapere che la tomba era stata sigillata 1500 anni prima.
 


  
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