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Autore: Leslie and Lalla    30/11/2009    2 recensioni
[Ispirata a L'Amore non va in Vacanza]
Loredana è vivace, affettuosa e disordinata, adora cantare, è circondata da amici e famiglia, vive sulla costa, ma sogna la montagna.
Cleo è un'artista riservata, timida e ancora un po' bambina, che vive tra i monti ma preferisce il mare cupo e gelido in inverno, alla neve fangosa delle sue parti.
Si incontrano per caso su facebook e decidono di scambiarsi le case per un periodo.
Fin qui, insomma, tutto bene, sempre se non calcoliamo Michele, l'affascinante fratello di Cleo, e Davide, il fotografo che somiglia terribilmente a Leo DiCaprio...
[Scritta a quattro mani, con due punti di vista diversi: quello di Lori e quello di Cleo]
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'All of Drawing a Song and Sequels'
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10. The longest day




Venerdì 4 dicembre

Cleo's Pov.

Passo la mattina con Davide, misurando attentamente ogni gesto e ogni parola e assicurandomi che i miei pensieri non sfiorino considerazioni che non farebbe una semplice amica. Ho deciso di troncare la cosa sul nascere, evitando così di soffrire inutilmente. Anche tolto lo scomodo particolare del mio passato e del fatto che non sono ancora pronta a gettarmi di nuovo in una relazione, il nostro sarebbe un amore con molte poche probabilità di riuscita. Viviamo troppo lontani e non credo che nessuno dei due possa mollare tutto improvvisamente, con il solo pretesto di seguire l'altro.
Tuttavia, mi diverto. Davide è un uomo fantastico e ha una cultura spaventosa, calcolando che non ha proseguito gli studi dopo l'università. Conosce bene sia l'inglese che lo spagnolo, e nonostante questo mi ha guardato con gli occhi che brillavano quando gli ho detto che parlo il francese quasi perfettamente. Mi ha confidato che la Francia è sempre stato una sorta di sogno per lui e io gli ho sorriso, comprensiva. Mi trovo bene in Italia, ma Parigi mi manca di continuo, è la mia città, non c'è nulla da fare.
«Mia madre abita lì» gli ho spiegato, sedendomi su una panchina e guardando il mare assorta.
Non dice nulla per cinque minuti buoni, poi si volta a guardarmi, con un sorriso. «Com'è tua madre?»
Rido appena, con una punta di amarezza. «Mia madre... beh, c'è tanto da dire, su di lei. Prima di tutto, ha concepito mio fratello per sbaglio, e ha avuto paura di abortire, perciò mio padre l'ha sposata e entrambi hanno abbandonato gli studi. Se n'è andata di casa quando avevo sette anni, lasciando papà, Michele e me al nostro destino, e si è messa a girare il mondo con Jean. Non credo si siano mai sposati, ma circa dieci anni fa lei lo ha lasciato e si è stabilita a Parigi. È la classica donna che a volte odi e a volte ami, è molto disponibile e non è la classica riccona snob alla quale non frega assolutamente nulla di nessuno, anzi, ma è... diciamo eccentrica. Ci ha vietato di chiamarla “mamma” davanti ad altra gente, perchè dice che le roviniamo la piazza. Lei è Marie, e ha quarant'anni, non cinquanta come dice il suo passaporto» racconto, leggermente acida.
Davide mi guarda comprensivo e gli sorrido, leggermente imbarazzata. Per quanto voglia bene a mia madre, ogni volta che parlo di lei, il mio tono prende inevitabilmente una sfumatura amara e i miei discorsi si riempiono di sarcasmo.
«E tu, invece? Come sei messo per quanto riguarda “madri”?» domando, con un sorrisetto.
Lui sospira. «Ho visto mia madre l'ultima volta quando avevo dieci anni, e ora, tolta una cartolina a Natale e una al mio compleanno, non la sento praticamente mai.» spiega, con la stessa amarezza che sentivo io poco fa. «I miei genitori mi hanno scaricato quando ero piccolo per vivere le loro vite, e dopo aver passato vent'anni separati, si sono entrambi ritirati e sono andati ad abitare ad Amburgo. Non posso dire di conoscerli, ma a volte mi mancano...»
Faccio un sorriso triste e, senza rendermene conto, poso la testa sulla sua spalla e chiudo gli occhi. Ha un buon odore, mi ricorda l'autunno e le sue foglie colorate, tanto è ricco di sfumature. Il mio sorriso si allarga appena e ogni traccia di tristezza svanisce. Anche Davide sorride, come faccia a saperlo, non lo so, dato che anche con gli occhi aperti non riuscirei a vederlo in faccia, in questa posizione.
«Sei una bella persona, Cleo» mi sussurra dopo un po', senza alcun motivo apparente. Arrossisco.
«Lo sei anche tu» rispondo dopo un po'.
Il resto della mattina passa tranquillamente, e noi continuiamo a parlare di noi e delle nostre vite come se ci conoscessimo da sempre e dovessimo aggiornarci sulle novità degli ultimi anni. Come prima, sto attenta a quello che dico e quello che faccio, e sono abbastanza soddisfatta del risultato. Mangiamo assieme e riprendiamo a passeggiare, ignorando l'aria gelida. Ad un certo punto, lui mi afferra un braccio e mi guarda con un sorriso in stile “ho-appena-avuto-l'idea-più-straordinaria-del-secolo”. Sorrido, trattenendo una risata.
«Che succede?» domando, sospettosa.
«Ho appena avuto un lampo di genio» gongola lui, prendendomi a braccetto e voltando bruscamente in una viuzza che non ho ancora mai visto.
«L'avevo capito, che tipo di lampo di genio?» chiedo ancora, mordicchiandomi il labbro senza riuscire a nascondere la curiosità.
«Vedrai...»
Mi trascina fino a casa sua e, con un sorriso smagliante, apre la portiera del sedile accanto a quello del conducente, invitandomi a salire. «Torno in un secondo» mi assicura, prima di allontanarsi.
Lo guardo sparire continuando a sorridere e mi rimiro distratta le unghie, mentre lo aspetto. Non ci mette esattamente poco, e calcolando che in macchina da sola il tempo sembra scorrere il doppio più lento, mi sembra ci impieghi un secolo.
Quando finalmente torna, assieme a lui c'è una ragazza sui diciassette anni, capelli lunghi e castani, leggermente mossi, e occhi azzurri. La guardo incuriosita salire in macchina mentre Davide prende posto davanti al volante. Gli lancio uno sguardo incuriosito.
«Lei è Betta, mia cugina, ovvero la sorella di Lori» mi spiega con un sorriso, prima che possa chiedere qualsiasi cosa.
«Betta, lei è Cleo, la ragazza della quale sia io che Lori ti abbiamo parlato» aggiunge poi, mettendo in moto.
Mi volto a guardare la ragazza che mi sorride e mi porge una mano, che afferro divertita.
«È un piacere conoscerti» le dico, scostandomi una ciocca di capelli dal viso.
«Non quanto lo è per me» mi corregge lei, allegra.
Ricambio il suo sorriso e torno a guardare Davide per un po', poi mi volto di nuovo. «Tu sai dove stiamo andando?» chiedo, in un sussurro.
Lei ridacchia. «Sì, ma non posso dirtelo» risponde, con aria dispiaciuta.
Mi mordicchio il labbro e torno a guardare la strada, arrossendo quando, con la coda dell'occhio, noto Davide che mi osserva per un momento.
Contieniti, che cavolo! Mi rimprovero, secca.
Chiacchiero con Betta per tutta la durata del viaggio. È incredibile come non si faccia problemi a parlarmi di sé, della sua scuola e della sua vita, neanche fossi la sua migliore amica da sempre. Anche io accenno qualcosa su di me, giusto lo stretto indispensabile: che ho un fratello, che sono un'artista e che ho sempre sognato di vedere il mare.
Dopo una mezz'ora buona, Davide accosta nei pressi di una pineta. Le nuvole se ne sono andate e il sole pallido mi costringe a socchiudere gli occhi. Non appena scendo, l'odore intenso del mare mi riempie le narici e sospiro, mentre le mie labbra si piegano istintivamente in un sorriso. Guardo avanti e mi trattengo dal spalancare la bocca dallo stupore. Il parcheggio di cemento termina con un gradino circa due metri davanti a me, e oltre ad esso c'è la spiaggia, bella da mozzare il fiato, in contrasto con il verde scuro dei pini. Dopo di essa, il mare. Mi viene quasi da piangere per la commozione, e il bello è che non ho idea del perché. È uno dei posti più belli che io abbia mai visto.
«Contenta? Ho pensato che questo mare corrispondesse di più a quello che volevi dipingere» mi sussurra Davide, cingendomi il fianco.
Mi volto verso di lui e lo abbraccio forte, dimenticandomi del mio piano per disinnamorarmi prima che la cosa diventi seria. «Grazie» mormoro, posando la fronte contro il suo petto.
Sento le sue braccia forti ricambiare l'abbraccio e il suo mento posarsi sulla mia nuca. «Figurati.»
Resterei così per l'eternità, ma un allarme suona improvviso nella mia testa e mi stacco, con un sussulto.
«Qualcosa non va?» chiede lui, leggermente preoccupato.
Scuoto veloce la testa. «No no, figurati... ehm, credevo di aver visto un ragno sul mio braccio» mi invento sul momento, fingendomi disinvolta.
Davide scoppia a ridere e mi scompiglia affettuoso i capelli. «Beh, è ora che tu cominci a dipingere, prima che la luce se ne vada» esclama, tornando verso la macchina.
Lo seguo, perplessa. Non ho portato nulla per dipingere...
Betta ci raggiunge con un album di schizzi, una tela bianca e qualche scatola di acquarelli e io scoppio a ridere, per poi correre ad aiutarla.
«Come mai tutto questo entusiasmo?» domando, divertita.
Davide rivolge alla cugina un sorriso complice.
«Beh, siamo ansiosi di vedere come dipingi» risponde Betta, con uno sguardo angelico.
Le sorrido e raggiungo una panchina a meno di un metro dalla sabbia, per poi sistemarci tutto ciò che mi occorre. «E voi cosa farete, nel frattempo?» domando, intingendo un pennello nell'acqua.
I due si prendono a braccetto e Davide solleva appena la borsa che ha a tracolla. Intuisco subito che contiene una delle sue tante macchine fotografiche.
«Noi facciamo una passeggiata ed esauriamo un po' di rullini» spiega.
Annuisco, senza smettere di sorridere, poi mi scosto i capelli dalla fronte e comincio a disegnare con mano ferma, mentre Betta mi saluta e si mette a correre in direzione della pineta.
«A tra poco» fa Davide, osservandomi.
Faccio un veloce cenno con il capo, già immersa nel mio dipinto. Lo sento ridere sommessamente e, con la coda dell'occhio, lo guardo raggiungere la cugina.

Il tempo passa velocemente, mentre attraverso le mie mani, il paesaggio che ho attorno si trasferisce sulla stoffa della tela. Ne riempio una, poi la lascio sulla panchina ad asciugare e ne prendo una seconda, assieme a un carboncino. Disegno di nuovo lo stesso paesaggio in bianco e nero, e poi un'altra volta con i pastelli. Quando ho finito, ho le mani e il viso macchiato e un grande sorriso sulle labbra.
Betta e Davide non tornano e io mi guardo in giro, perplessa. Sono passate quasi tre ore, e il sole è ormai scomparso. Fa freddo. Mi stringo nelle braccia e mi alzo, cercando di allungare lo sguardo oltre i pini del boschetto che ho davanti. Nulla.
Raccolgo le cose sulla panchina e, un po' alla volta, le riporto in macchina. Quando ho finito, mi siedo sul gradino che separa il parcheggio dalla spiaggia, guardandomi attorno. La luce cala velocemente e io mi sto congelando. Dove cavolo sono finiti?
Tremante, mi alzo e mi incammino nella direzione che hanno preso loro poco fa, addentrandomi con riluttanza nella pineta. Il tappeto di aghi ingialliti sul quale cammino scricchiola appena, a contatto con le mie scarpe da ginnastica. Affondo le mani nelle tasche del cappotto, guardandomi intorno. Non ho voglia di chiamarli, sento che mi sentirei piuttosto stupida. Il buio continua a scendere, inarrestabile, e socchiudo gli occhi, tentando di vederci meglio. Il freddo è insopportabile, mi punge la pelle scoperta delle guance e della fronte, mentre il vento che odora di mare mi scompiglia i capelli. Mi bruciano le labbra, e inumidirle con la saliva non funziona. L'aria che esce dalla mia bocca si condensa in piccole nuvolette che scompaiono in pochi secondi. Mi sembra di essere in un film dell'orrore, e la pelle d'oca su gambe e braccia non è più dovuta solo al freddo.
Che idea stupida, sarei dovuta rimanere lì ad aspettarli, seduta sulla panchina o, se proprio non riuscivo a sopportare il freddo, in macchina. Idiota. Probabilmente sono già tornati indietro, magari per la spiaggia, e non li ho visti.
Brontolando, mi volto di scatto per tornare indietro. Non l'avessi mai fatto...
Il mio piede destro si scontra contro qualcosa che gli impedisce di proseguire e perdo l'equilibrio, rovinando a terra. Cerco di parare la caduta con il braccio sinistro, ma è un'altra brutta idea. Sento un dolore lancinante al polso, mentre ci cado sopra con tutto il mio peso. Emetto un gemito soffocato e poso la guancia contro il terreno freddo e ruvido. Il buio attorno a me ormai è quasi totale e ho perso completamente il senso dell'orientamento, non so né da dove sono venuta né dove volevo andare. Vorrei scoppiare a piangere, sono stanca e arrabbiata, in più mi fa male il polso e ho la sensazione di non riuscire a muovere un muscolo. Ho freddo e fame, e soprattutto ho paura. Quanti serial killer potrebbero nascondersi in una pineta enorme e praticamente abbandonata?
Lacrime silenziose mi solcano le guance macchiate di terra, mentre il mio corpo comincia a tremare. Morirò qui, me lo sento. Quando Davide e Betta mi troveranno, sarà già troppo tardi. E pensare che ero felice, fino a due ore fa.
Mi rannicchio in posizione fetale e chiudo gli occhi. Non riesco a sentire altro che freddo, voglio solo dormire e scoprire che è un brutto sogno. Lentamente, perdo i sensi, e quando sento dei passi veloci sul terreno ormai non mi importa più che sia un serial killer o un orso pronto a sbranarmi. Un fascio di luce gialla mi colpisce in piena faccia e mi riparo con il braccio, infastidita.
«Cleo!»
La voce mi arriva stranamente distante, un eco lontano. I passi si avvicinando e l'uomo si china su di me. È Davide, lo capisco dal modo in cui mi scosta i capelli dal volto. Sento le sue braccia calde sotto le mie spalle e le mie gambe, poi il terreno ruvido sparisce da sotto di me. Mi ha presa in braccio. Che gentile...
Sussurro il suo nome senza rendermene conto e mi stringo contro il suo petto, trovando sollievo nel calore del suo corpo. Mi dice qualcosa, sento la sua voce ma non riesco a capire. Probabilmente mi sta rassicurando. Mi lascio cullare dalle sue braccia mentre cammina veloce verso l'uscita della pineta.

La prima cosa che sento, è il dolore al polso, che mi fa gemere. Sono di nuovo sdraiata, ma su qualcosa di morbido e caldo, per nulla simile al terreno freddo di prima. La cosa sulla quale sono sdraiata trema appena, mentre il rumore della pioggia riempie il silenzio intorno. Sbatto gli occhi un paio di volte e vedo il viso preoccupato di Betta fare capolino dal sedile del passeggero davanti a me.
«Cleo! Stai bene?» domanda, ansiosa.
Faccio una smorfia, pensando al dolore acuto al polso. «Più o meno» biascico.
Mi tiro a sedere a fatica e tossisco appena, per poi osservare atona i graffi sui palmi delle mani. «Che cosa...?» balbetto, perplessa.
Ho ricordi molto confusi di quello che mi è successo. Alzo lo sguardo su Davide, confusa.
«Sei inciampata e probabilmente ti sei slogata il polso, o qualcosa dei genere. Non è rotto, ma ti sto portando in ospedale per fare dei controlli, in più sei quasi morta congelata e ti si sono strappati i jeans. Mi dispiace» spiega, con un sospiro.
Provo a muovere il polso, ma fa troppo male e rinuncio. Guardo automaticamente le mie gambe e noto uno squarcio all'altezza del ginocchio, macchiato appena dal sangue che è colato dalla sbucciatura. Anche la guancia fa male. Delicatamente, la sfioro e scopro un graffio, che brucia a contatto con le mani sporche di terra. Faccio una smorfia.
«Odio i boschi» sibilo, contrariata, incrociando le braccia e abbandonandomi sullo schienale del mio sedile.
Davide sogghigna e Betta fa un piccolo sorriso ancora preoccupato.
«Stai bene, vero?» chiede di nuovo, guardando la smorfia sulla mia faccia e mordicchiandosi il labbro.
Annuisco, più convinta. «Certo, un po' ammaccata, ma sennò sto benissimo» la rassicuro, mettendo su un sorriso che convincerebbe chiunque.
La sua espressione non cambia di tanto, e il mio sorriso si affloscia un po'. Cavolo, credevo di essere la regina dei sorrisi rassicuranti, forse ho perso un po' del mio potere con la caduta. Riprovo per un po' da sola, poi vedo Davide che mi guarda perplesso attraverso lo specchietto e metto su un'espressione innocente, facendo finta di nulla.
«Eccoci» annuncia, pochi minuti dopo, parcheggiando nei pressi del grande edificio illuminato.
Con un sospiro, scendo dall'auto. Il freddo che c'è fuori mi fa rabbrividire.
Okay, da oggi vai in giro con un maglione in più. Mi dico, risoluta, mentre seguo Davide attraverso il parcheggio.
Detesto gli ospedali. Puzzano di disinfettante e nonostante questo senti l'odore dei malati, in più sono una delle persone più impressionabili di questo mondo, posso svenire per una goccia di sangue, se a versarlo è qualcuno che non sono io, e il pronto soccorso non è esattamente il mio posto preferito. Prendo posto ad una delle sedie verdognole e prendo la prima rivista che mi capita tra le mani, cominciando a leggere senza prestare davvero attenzione alle parole. Prego che non arrivi nessuno con un arto mozzato o cose simili, di solito la gente tende a farsi molto male quando io sono al pronto soccorso, il che è piuttosto spiacevole.
Davide si siede accanto a me e sbircia quello che sto sfogliando. Io abbandono completamente la frase che stavo rileggendo per la sesta volta e lo guardo. È carino, quando è concentrato. Ha la fronte appena aggrottata e un'adorabile ruga tra le sopracciglia, mentre le labbra sono piegate in una piccola smorfia seria. È sexy, anche se lo preferisco quando sorride.
Probabilmente sente il mio sguardo su di lui, perché si volta a guardarmi. I nostri occhi si incrociano e un brivido mi percorre la schiena, quando mi rendo conto di quanto vicini siamo. Troppo. Sento il suo respiro caldo sulle labbra.
Allarme rosso! Allontanati! Grida la mia testa, mentre batto appena le ciglia, quasi sorpresa da quanto sia incredibilmente bello.
Le sue labbra si piegano in un sorriso da mozzare il fiato, e se prima non riuscivo a muovermi, ora sono davvero paralizzata. Si avvicina. Aspetta. Sì, si sta avvicinando. Devo fare qualcosa, altrimenti finisce che mi bacia, e questo non andrebbe bene.
Mando giù un groppo di saliva, incapace di dire o fare qualsiasi cosa. Stringo la rivista come se farlo potrebbe fornirmi una soluzione per uscire da questa incresciosa situazione, ma, come è giusto che sia, la rivista rimane inanimata tra le mie mani, senza fornirmi nessun tipo di aiuto. La maledico mentalmente, rendendomi conto solo più tardi di quanto sia incredibilmente stupido maledire una rivista perché non ti aiuta quando un uomo bellissimo e sexy sta per baciarti.
Oh Dio, potrei contare le pagliuzze azzurre nelle sue iridi.
«Signorina Cattaneo?» chiama la voce premurosa dell'infermiera.
Vorrei alzarmi e darle un bacio in fronte, ma mi limito a ritrarmi – leggermente riluttante, lo ammetto – dal quasi-bacio con Davide e ad alzarmi, raggiungendo la porta che mi viene indicata.
Non ci vuole molto tempo perché il medico, un signore simpatico sulla quarantina, non concluda che si stratta di una piccola slogatura e mi mette una benda pulita attorno al polso assieme ad una pomata profumata.
Torno in sala d'attesa e raggiungo Davide, che mi fa un sorriso leggermente tirato. La tensione di poco prima è ancora percepibile. Lo sapevo che le cotte rovinano tutto, devo stare molto più attenta.
Durante il tragitto verso Betta e la macchina, ci scambiamo due parole appena, in un inutile tentativo di sciogliere l'imbarazzo. Spero che questa situazione del cavolo duri poco, solo qualche ora fa non la smettevo più di parlare, e ora questo.
Sembra passato un secolo da questa mattina, e non vedo l'ora di andare a dormire, tuttavia durante la strada che resta per arrivare a casa di Lori, non mi risparmio in chiacchiere con Betta, rispondendo a tutte le sue domande riguardo ai miei genitori e a Michele e facendone a lei a mia volta.
Davide insiste per accompagnarmi fin su e io – malgrado il disagio – sono costretta ad accettare. Vedendo che non degno l'ascensore di uno sguardo, però, Davide non riesce a fare a meno di mostrarsi curioso.
«Ti tieni in forma?» domanda, perplesso, seguendomi su per le scale.
«Sono claustrofobica» spiego, con un sorriso imbarazzato. «Quando avevo sei anni anni Alex e Luca mi hanno chiusa in uno sgabuzzino, al buio, e io sono quasi svenuta. Da allora evito tutti i posti chiusi e bui, specie se sono sospesi nel vuoto come gli ascensori» racconto dopo un secondo di pausa.
Lui scoppia a ridere. «Non ho mai conosciuto nessuno claustrofobico» ammette, pensieroso. «Però ho una cugina che è monofoba. Non possiamo lasciarla sola in nessuna circostanza, è terribile.»
Sorrido appena, poi poso una mano sulla porta e infilo la chiave nella toppa, sotto lo sguardo attento di Davide.
«Bene, allora... ciao» lo saluto, aprendo la porta.
Lui annuisce appena e mi sorride. «Sì, a presto» saluta, poi si volta per chiamare l'ascensore.
«Davide...!» lo chiamo, senza quasi rendermene conto.
Si volta a guardarmi.
«Per quanto riguarda prima...» comincio, ma mi interrompe quasi subito.
«Non ti preoccupare, Cleo... ho capito» mi assicura, ammiccando.
Ammutolita, lo guardo sparire. Ha capito COSA, esattamente?
Con un gemito, mi chiudo la porta alle spalle e mi dirigo verso la camera di Lori.
Perché deve essere tutto così maledettamente complicato, quando si tratta di uomini?

















*** Spazio Autrici ***

Ehi gente! Mi scuso subito per la scarsissima qualità del capitolo che avete appena letto, credo sia uno dei peggiori... non so perché... (e non lo dico per falsa modestia, davvero rileggendolo ho scoperto che è piuttosto insulso, ci sono troppi punti in cui vado avanti in fretta per arrivare ad altri che vabbè... insomma, si poteva benissimo fare a meno di questo capitolo e di certo potevo fare di meglio >.<)... pazienza, spero di farmi perdonare con i prossimi. xP

Comunque, è l'ultimo dei miei capitoli ad essere noioso, ma dovrete comunque aspettare per leggere avanti, dato che sia il prossimo che quello dopo saranno dal POV di Loredana (Lalla preferiva i pari e io i dispari, in più lei aveva una trama che ha dovuto sviluppare in più capitoli... comunque i miei sono un po' più lunghetti, quindi siamo sempre pari xD). Non vi anticipo niente, tranne che ci sarà un colpo di scena *W* (Volevo aggiungere una cosa: oggi abbiamo aggiornato di un giorno in anticipo perchè domani io non ce l'avrei fatta coi tempi... dire che ho da studiare è ancora poco =.= Il prossimo dovremmo pubblicarlo per sabato ^^ NdLaLLa)

Che altro devo dire? Beh, che il seguito sta procedendo piuttosto lentamente per una serie di ragioni che non vi sto ad elencare, perciò probabilmente dovrete aspettare un po'... a meno che, certo, durante le vacanze di Natale non ci venga una sorta di raptus che ci permetta di finirlo in pochi giorni xD (ma penso sia più che impossibile XD Quindi mi sa che dovrete aspettare almeno l'anno prossimo... ma questo penso che lo abbiate già intuito, anche perchè dovremmo finire di pubblicare tutta questa fic -se tutto va bene, ovviamente- tra circa 5 settimane XD NdLaLLa)

Non credo ci sia altro... =P


> Spazio Pubblicità <
Secretly di fallsofarc

Grazie infinite come al solito a coloro che hanno aggiunto la fic ai preferiti, a chi la segue e anche a chi la legge e basta. Grazie poi, naturalmente, ai recensitori, ma entriamo nel dettaglio xDD

vero15star Il problema in questo punto della storia è che le recensioni sono tutte sul capitolo precedente, ergo su quello di Lalla, perciò lascio a lei il piacere di commentare in modo più approfondito quello che tu hai commentato... ti dico solo che quoto, anche io adoro Lori e Michele <3 (Beh ti capisco, anche io ci sarei rimasta male se avesse fatto così con me u.ù E sì: è proprio un pesce lesso... però non offenderlo troppo, ha tutta una storia sotto che scoprirai più avanti ^^ Basta, non dico altro XD Grazie comunque di tutto, dei complimenti, di seguirci e soprattutto recensire ** Sei fantastica ^^ ndLaLLa), speriamo davvero continuerai a farlo nonostante l'obrobrio che vi ho propinato oggi (xP) (-.- Ma smettilaaaa! XD ndLaLLa) bacioniiiiii (LLL)

fallsofarc Idem come sopra, lascio a Lalla i commenti ai tuoi commenti... naturalmente, grazie 100000000 per le recensioni che ci lasci e per il continuo supporto, e hai ragione, Lalla è un mito <3 (siete troppo gentiliii! Però sono comunque più che felice che ti siano piaciuti così tanto i capitoli ** E poi le tue recensioni sono lunghe e stupende perchè metti il tuo commento in ogni frase, e per me è bellissimo leggerle *W* Grazie tantissimo, sei un angioletto ç.ç NdLaLLa)  baciiiiii <333


Good, per questa sera ho finito... xP
bacibaci,
Leslie & LaLLa
   
 
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