Una versione come tante della storia di Gawain e Ragnell. Raccontata da lei, che è ormai solo vento e ricordo. Anzi, raccontata da me che sono una povera novellina nel fandom... siate clementi.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Gawain
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Mi vergogno un pochino a pubblicare questa storia, perché è quanto di
meno simile ad una vera fanfiction abbia mai pubblicato.
È più che altro una rielaborazione della poesia del 15° secolo "The
Wedding of Sir Gawain and Dame Ragnelle" , dal punto di vista
della protagonista e con numerosi missing
moments. Non è nulla, dico nulla a confronto dello
stupendo lavoro di Soujin che tratta dello stesso argomento, "Ah,
child of countless trees".
Anzi, vi consiglio di chiudere questa storia e leggere quella XD
Purtroppo ho scritto questo pastrocchio un paio di mesi fa, prima di
avventurarmi in qualsiasi lettura all'interno del fandom, e lo pubblico
più per lasciarmelo alle spalle che altro. L'idea era rendere quella leggenda compatibile con le vicende di Gingalain in "Le Bel Inconnu". Poi in gran parte ho lasciato perdere, anche se nel finale... oh, beh.Che dire? Buona lettura.
Quand'ero bambina, i capelli biondi intrecciati con steli di
fiori, correvo come un leprotto in lungo e in largo nella foresta di
Inglewood. Non avevo un solo pensiero al mondo che non fosse legato
alla natura circostante, agli animali con cui giocavo e alle stagioni
che scorrevano, puntuali e rassicuranti, come le acque del fiume Eden.
Rimasta orfana troppo presto per esserne rattristata, fui allevata da
mio fratello, Sir Gromer. Era un gigante tanto abile con la spada
quanto in antichi e terribili incantesimi, ma finché non compii i
dodici anni fu sempre gentile e affettuoso nei miei confronti.
Poi vennero i soldati, e gli dissero che le nostre terre da quel
momento appartenevano al primogenito di re Lot. Da allora non gli vidi
mai più un sorriso sul volto.
Mentre io crescevo, capii che in Gromer, oltre alla rabbia di non
essere più il padrone del suolo che i nostri contadini coltivavano e
dei boschi in cui cacciava, aumentava la preoccupazione di dovermi
trovare un marito. "Nessuno è degno di te" diceva. "Nessuno, nemmeno
quei damerini della corte di Arthur Pendragon, merita di sfiorarti con
un guanto".
Lo temevo, ma dapprincipio non credetti che le sue parole sarebbero mai
andate al di là della loro forma effimera: ero ancora nell'età in cui
arrampicarmi sugli alberi e raccogliere margherite mi divertiva e
appagava. Specchiandomi nelle acque del fiume, non capivo di essere
bella; e non sapevo che il mio aspetto mi rendeva fragile e vulnerabile.
Fu un giovane dai capelli rossi, di cui non ricordo nemmeno il viso, il
primo a bussare alla nostra porta per chiedere la mia mano. L'indomani,
uscendo di casa, mi imbattei in una serva che, in lacrime, cercava in
tutti i modi di mandar via le macchie di sangue che imbrattavano la
soglia.
Inorridita, cercai di fuggire, ma Gromer mi inseguì e mi rinchiuse
nella mia camera. Piansi, lo pregai e gli chiesi perché, perché, perché
mai.
"Perché sei bella come il primo fiore che nasce al mattino" rispose mio
fratello, al di là della porta "E non è ancora nato in Britannia l'uomo
che ti coglierà".
Sapevo che la sua collera sarebbe evaporata, e attesi di poter di nuovo
godere della mia libertà: ma una settimana dopo, Gromer entrò nella
stanza, mi prese per mano e mi condusse in un sotterraneo. Di ciò che
successe non dirò nulla, poiché è bene che di simili pratiche oscure si
perda memoria: ma il risultato del suo incantesimo è noto a tutti, e mi
trasformò nella donna più ripugnante che fosse mai esistita.
"Se troverai un bel cavaliere disposto a sposarti, ora" mi disse "non
mi opporrò".
Seppi solo allora ciò che avevo perso! La freschezza dei miei anni, il
colore delle mie guance, il sorriso che ero abituata a vedere riflessi
nel fiume erano scomparsi: al loro posto c'era un mostro.
D'istinto avrei voluto annegarmi, farmi sbranare da un orso,
distruggere quel corpo che faceva ribrezzo a me e a chi mi guardava. Ma
dentro sentivo ancora una forza senza nome, che gridava la sua volontà
di continuare a vivere.
Tornai da Gromer, e con ironia lo ringraziai. Ne fu stupito, ma
compiaciuto dalla sottomissione che il mio gesto gli suggeriva.
"Un giorno ciò che hai detto accadrà. Sarò la moglie del più valoroso,
attraente e saggio tra gli uomini."
Era una sfida. Non gli ero affatto sottomessa, ero diventata una sua
pari. Avevo la sovranità sulla mia esistenza: l'odore nauseabondo che
portavo addosso era come un'armatura più forte dell'acciaio, il
desiderio di vendetta la più temibile delle spade, e la libertà una
magia altrettanto potente della sua.
Corsi nella stalla e scelsi, tra i bei cavalli forti e docili, un
vecchio mulo, salutai mio fratello e me ne andai gridando: "Sono
padrona di me stessa. Esiste fortuna migliore?".
Mi chiamavo Nell Somer Joure; da allora fui Ragnell.
Uccidere Gromer o rendere la sua vita dolorosa non mi sembrò il modo
migliore per avere giustizia. Non era lui che dovevo colpire, ma la
fonte dei nostri mali: quell'uomo che possedeva le nostre terre, che
aveva reso Gromer crudele e possessivo nei miei confronti. Lo cercai e
lo trovai, poiché a quel tempo la corte del re di Britannia risiedeva
al castello di Carlisle, non lontano dalla foresta... ma non ebbi la
forza di avvicinarmi a lui.
Sir Gawain di Orkney era il cavaliere più bello che mai avesse calcato
il suolo del Cumberland. Era il mio padrone, non più solo sulla carta
ma su tutti i miei sensi.
Lo amavo, e lo detestavo perché sapevo che non mi avrebbe mai amata.
Io, Ragnell, la Dama Ripugnante, amavo il Falco di Maggio, il Cavaliere
del Sole, il nipote del re; e tuttavia, non avevo dimenticato i miei
propositi: mi mancava solo uno stratagemma, un modo per tenerlo in
pugno, se non potevo averlo tra le braccia...
L'attesa, lenta, paziente. La bruttezza non cambia, non ha stagioni e
non sfiorisce mai.
Gli anni furono scanditi da guerre sempre uguali, che rapivano giovani
vite e donavano spose infelici. Ma mai nessuno mi prese come bottino di
guerra, ah, ah! Una ben povera refurtiva sarei stata!
Un giorno, tra le tante chiacchiere di paese, mi venne all'orecchio la
sfida che Gromer aveva lanciato al re, e compresi che anche il suo
rancore non era affatto scemato nel tempo. Era stato proprio Arthur
Pendragon, in effetti, a concedere a Sir Gawain la nostra proprietà,
perciò nessuna sorpresa.
Gromer aveva approfittato del forte senso dell'onore del re, sfruttando
spudoratamente il nostro ultimo colloquio.
"Cosa desidera davvero una donna?" era la domanda, subdola e solo in
apparenza semplice. Prima che il sovrano si presentasse
all'appuntamento, mi avvicinai a lui: non c'era ragione per cui mi
temesse, e non provavo vergogna del mio aspetto davanti ad un uomo che
non desideravo.
"Se la risposta che mi date è quella giusta, e Gromer Somer Joure mi
risparmierà la vita, come potrò ricompensarvi?"
"Fate in modo che abbia indietro le sue terre, e non vi molesterà mai
più" avrei potuto rispondergli, ma non era affatto una ricompensa. Non
a me, per me. Sir Gawain non mi sembrava un uomo avido, non gli sarebbe
importato nulla di perdere qualche acro di foresta.
"Gromer non vi farà alcun male, vostra maestà: recategli la risposta
che vi ho suggerito, poi tornate qui e solo allora vi dirò cosa voglio
in cambio."
Mentre attendevo che il re tornasse a premiarmi, un pensiero terribile
mi attraversò la mente: ero diventata malvagia e spietata come Gromer,
non ero in nulla diversa da lui.
Se la mia bruttezza era frutto di un incantesimo, la cattiveria aveva
attecchito in me come un'erba velenosa, e così come l'amore, il
desiderio, il dispetto, ogni singolo sentimento che portavo dentro mi
conducevano lontano dai miei luoghi, tra le mura di Carlisle.
Quando fui dinanzi all'uomo dei miei sogni, capii che avevo ben riposto
le mie speranze inconfessate. Non solo non trasaliva al mio squallido
aspetto, ma mi trattò con cortesia e riguardo, come una vera dama.
"Lady Ragnell, mi pare che questo sia il vostro nome" mi sorrise,
guardandomi negli occhi con gratitudine "avete salvato la vita del mio
amato zio, il re. Non posso che ritenermi onorato di prendervi come
moglie."
Di nuovo un senso di vergogna mi pervase, e crebbe man mano che mi
rendevo conto di quanto Sir Gawain fosse meraviglioso nei fatti, non
solo nella mia fantasia. Lui meritava ogni cosa: le terre della mia
famiglia, gli onori nella corte in cui splendevano le sue virtù, ma
soprattutto una sposa tenera e bella. Fui tentata di ritrattare la
promessa strappata al re... ma già era stato chiamato un chierico per
celebrare le nozze.
Mi inginocchiai, tra gli sguardi orripilati dei presenti, e porsi la
mano destra, nodosa e secca come un artiglio, allo splendido cavaliere
di cui ero mio malgrado innamorata.
Quella notte avvenne il miracolo.
Sapevo che anche la maledizione più potente può essere spezzata, e
Gromer mi aveva pure fatto capire in che modo sarei potuta tornare la
Nell di sempre, ma non mi sarei aspettata che succedesse.
"Vi darò un bacio" erano state le parole di Gawain, serene come il
cielo in primavera; e d'un tratto rimanemmo sbalorditi. Ero di nuovo
bella, il mio viso era fresco e giovane... le mani, i capelli... so che
gridai, correndo ad uno specchio e forse risi, sfiorandone la
superficie e toccandomi il corpo incredula. Credo che svenni subito
dopo, perché riaprii gli occhi nel mio letto nuziale, tra le braccia di
Gawain.
"Mi-mi amerete?" balbettai, e le sue labbra sulle mie furono la
risposta più dolce che i miei dubbi potessero ricevere.
All'alba, ancora in estasi dopo l'amore, dovetti svegliarmi da quel
sogno troppo incredibile per essere vero. Gawain dormiva ancora, e fui
attenta a non far rumore. Lo specchio mi mostrò la ben nota immagine di
Ragnell, decrepita e devastata. Mi avviluppai negli stracci che
indossavo al mio arrivo, uscii dalla stanza e corsi alle stalle... il
mulo sembrava avermi attesa, consapevole che quell'avventura a corte
sarebbe durata molto, molto poco...
Era mattino inoltrato quando scorsi la mia casa tra gli alberi; smontai
e bussai alla porta, ansante, frenetica.
"Gromer, aprimi! Subito!" gracchiai. La porta si dischiuse.
Mio fratello sembrava invecchiato. Non erano passati molti anni, eppure
la sua vendetta incompiuta l'aveva roso nell'animo. Ci fissammo, due
creature dannate e senza scrupoli che sanno di avere nelle mani l'una
la felicità dell'altra.
"Posso far sì che le nostre terre ritornino a te" dichiarai. "Ma solo
se mi libererai da questo corpo."
Comprese che non mentivo, e grugnì, ripetendo una formula che conosceva
a memoria:
"L'uomo che sarà disposto a giacere con te potrà averti bella ogni
notte."
"Questo lo so" incalzai. "Ma non è quello per cui sono venuta."
"La forza che può sciogliere la magia è nella tua volontà, in quella
sovranità che un giorno hai dichiarato di desiderare sopra ogni altra
cosa. Ora vattene, e che tu sia maledetta se non rispetterai il patto!"
Fuori dalle mura del castello, due cavalieri si allenavano con la
spada, le armature che scintillavano nella luce incerta del tardo
pomeriggio.
"Ohibò, signora, vostro marito vi ha cercato per ogni dove!" rise uno
di loro, interrompendo l'amichevole schermaglia per venirmi incontro.
"Pare che l'abbiate stregato. Orsù, non fatelo inquietare, tornate da
lui!"
Sospirai. Gawain non sapeva che quell'illusione non era durata che
poche ore... non attendeva me, ma la bionda Nell dalla pelle morbida! E
il dolore che avrebbe provato, rivedendomi, sarebbe bastato a impedirci
di essere felici.
Nascosta dal mantello lacero, la testa china, mi presentai nuovamente
alla vista di mio marito.
"Questa sera sarò di nuovo ciò che desideri, ma alla luce del giorno
sono ancora costretta in questa prigione mostruosa, come vedi."
Gawain annuì, rattristato ma non adirato. "Credevo foste fuggita da me."
Il suo candore mi commosse oltre ogni dire, e le sue parole mi diedero
il coraggio di tentare. "Penso che sia possibile... scegliere..."
"Come dite?"
"Preferite avere ogni notte una fanciulla da amare, o una moglie di cui
essere orgoglioso a corte?"
La sua risposta avrebbe decretato il nostro destino.
"Mia madre è fredda e altezzosa, non vi amerebbe comunque, sapete. Si
vergognerebbe per me se vi mostraste a lei come siete ora, eppure
sarebbe invidiosa della bellezza che mi avete svelato stanotte. Così è
la regina, per quanto mi dispiaccia ammetterlo, e i miei fratelli in
armi sono tanto valorosi e fedeli quanto vanesi e schizzinosi. Perciò
non sono io a dover decidere, mia cara, perché sarei io a gioire la
notte, ma sareste voi a soffrire il giorno... lascio a voi la scelta."
Mi coprii la faccia con le mani, sperando per il meglio, con tutte le
mie forze, e sentendo l'amore esplodere come non mai dalla parte più
pura che era rimasta di me, libera dall'erbaccia della disillusione e
del risentimento.
"Io... scelgo... di essere bellissima, per voi."
Verso la fine di quella settimana, il cavaliere che mi aveva rivolto la
parola al mio ritorno a Carlisle insistette per entrare in camera
nostra.
Temeva, confessò, che avessi divorato mio marito.
"Come potete vedere, Sir Lionel, la mia sposa ed io godiamo buona
salute" disse Gawain. "Ma avete fatto bene a interrompere il nostro
idillio, poiché mi sembra giusto condividere la nostra gioia con tutti
coloro che non avrebbero scommesso un soldo sulla nostra unione."
Sir Lionel arrossì e tentò di nascondere il suo stupore dinanzi al mio
nuovo aspetto.
Ci sarebbe stato tempo per le spiegazioni.
Gromer riebbe la sua parte di foresta e ammise i propri errori davanti
al re. Da parte mia, riconobbi che erano stati proprio gli anni bui che
avevo attraversato a causa del suo incantesimo ad avermi condotta sulla
strada della felicità. Ragnell non esisteva più, ma la sofferenza che
avevo sperimentato sotto le sue spoglie restava in me come guida e
ammonimento.
Come Gawain temeva, sua madre Morgause non ebbe mai un sorriso per me,
né ebbi miglior fortuna con la regina Ginevra, nonostante il re
continuasse a mostrarmi una stima ostentata in modo quasi imbarazzante.
Ma trovai compagnie meno sofisticate e più sincere; Sir Lionel, suo
fratello e le loro mogli non mi nascosero mai la loro simpatia, e
quando il giovane Gareth venne a corte - che si era nel frattempo
trasferita nella residenza di Camelot - trovò in me una sorella
maggiore, che seppe consolarlo dalle sue pene d'amore. Ma soprattutto,
diventare madre fu l'apoteosi della mia vita di donna, una gioia
inspiegabile e totalizzante.
Gingalain ora ha quattro anni, è un bambino stupendo e intelligente
come suo padre. Come vorrei vederlo crescere! Quanto detesto arrendermi
ogni giorno di più alla fragilità del mio corpo! L'orrida Ragnell
avrebbe potuto vivere quasi per sempre, rinsecchita e ghignante,
sostenuta dal Male; Lady Nell lotta sempre più debolmente contro la
malattia e una fine ormai vicina.
Ma io ho scelto, ricordate?
E cinque anni di felicità sono stati più di quanto potessi mai
desiderare.
"Oh Nell, mia cara, mio tesoro! Dev'esserci un modo di salvarvi! Se ora
poteste decidere di tornare a Inglewood, con l'aspetto di un tempo, ma
viva... lo fareste? Dirò a nostro figlio che sua madre è una fata, e
che l'abbiamo concepito in sogno..."
Scuoto la testa, incantata come sempre dalla purezza del suo animo. C'è
una ruga sulla sua fronte, le sue palpebre sono appesantite dalla
mancanza di sonno. "Non funziona più. E non lo vorrei, anche se
potessi."
Piango, non perché sto morendo, ma perché sento che un giorno non
rimarrà traccia di tutto ciò per cui abbiamo sofferto e gioito.
E in un crescente delirio vedo il suo domani, tra battaglie, complotti
ed inganni, quando altre donne gli saranno a fianco, e gli amici di
oggi saranno i suoi peggiori nemici.
Nostro figlio non sarà mai libero, come lo fui io.
Riconosco i passi che si avvicinano alla porta, sin dal primo eco che
giunge dal fondo del corridoio. È il fratello che odio e che amo, è
Gromer Somer Joure, colui che osò sfidare Arthur Pendragon nella
foresta di Inglewood. Gawain sfodera la spada, ma una strana forza
sembra trattenerlo.
"Sono arrivato tardi, Nell" mormora Gromer, suggellando la pace con una
rude carezza.
"Forse... no..." I miei pensieri sembrano attraversare l'aria e
penetrare in lui. Si dirige verso il lettino dove il mio piccolo dorme
il suo sonno innocente. Con insolita grazia, lo prende in braccio e si
allontana.
"No! Vigliacco, non porterai via mio figlio!"
"Gawain, ascoltate... l'avete pur detto poco fa. Gingalain crescerà
come un figlio delle fate, nei boschi dove sono nata. Lo rivedrete se e
quando proverà il desiderio di diventare cavaliere. So che saprete
riconoscerlo... perché vi ricorderà me..." La mia stessa voce suona
irreale e impalpabile, mentre la stanza scompare nell'oscurità temuta e
insieme invitante.
La magia che lo trattiene è scomparsa insieme a Gromer, ma sa che
inseguirlo sarà inutile.
"Mi arrendo, mi arrendo a voi, amor mio."
I nostri visi sono ora così vicini che le mie lacrime e le sue si
confondono, e i suoi respiri si alternano ai miei rantoli in una musica
sbagliata.
"Non possiamo chiedere più di quanto abbiamo avuto. Vi amo, Gawain, vi
amerò sempre..."
E da un'eternità ancora non mi stanco di ripetere quelle parole, in un
luogo che non è né un bosco né un castello. È una spiaggia bianca di
lutto, rossa di sangue nel ricordo di chi sopravvisse.
Ma voi, che pure conoscete la nostra storia, sentirete solo il vento
soffiare sulla scogliera.