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Autore: merryluna    05/12/2009    7 recensioni
Harry lo sa come si chiama quella sensazione che lo prende tutte le volte che incontra per caso Draco, che riconosce la sua voce tra tutte quelle dell’atrio, che lo redarguisce per scherzo o che lo bacia quando si chiudono la porta di casa alle spalle, e non può permetterselo.
Fanfiction scritta per il concorso "And they didn't live happily ever after".
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Se Harry Potter fosse mio, passerei un Natale molto più felice.
Premessa: Questa storia ha partecipato al concorso And they don’t live happy ever after, indetto da Claheaven ed Anfimissi, classificandosi al terzo posto. Qui potete trovare i risultati e le opinioni della giuria.
Oltre a questo, che c’è da dirvi? Se arrivate a fine lettura e quello che vi rimarrà sarà un vago senso di malinconia, avrò centrato l’obiettivo che avevo in mente; se starete ridendo fino alle lacrime, evidentemente non ci sarò riuscita. Buona lettura e un grazie anticipato a chi vorrà lasciare una piccola recensione una volta finito,
Merryluna.

Una storia sbagliata
di Merryluna

È una storia da dimenticare,
è una storia da non raccontare,
è una storia un po’ complicata,
è una storia sbagliata.


- Fabrizio De André -



“Tutto ciò ha un qualcosa di malato.” bisbiglia Harry, rannicchiato su un fianco e con lo sguardo fisso su un punto impreciso della parete davanti ai suoi occhi; Draco è in piedi alle sue spalle, a pochi passi dal letto, ed ha appena finito di infilare la cintura nei passanti dei pantaloni.
“Lo dici tutte le volte e sei ancora qui.” risponde con quel suo ringhio rabbioso, prima di sbattere violentemente la porta e scomparire da quella squallida stanza ad ore, lasciandolo solo con i propri rimorsi ed il proprio dolore.

~o0o~



Harry è una delle tante presenze che si aggirano all’interno di quello che viene definito «Ministero della Magia»: è praticamente impossibile conoscere tutti quelli che vi lavorano, ma lui è riconosciuto da tutti. Del resto, fin da quando aveva un anno, il suo nome è stato sulla bocca dell’intero mondo magico; ultimamente, è solamente una la bocca dalla quale adora sentir pronunciare le poche sillabe che lo identificano.

Ed il suo proprietario è accanto a lui.

Sta ridendo ad una battuta di Higgins, uno dei tanti colleghi che etichetta con il cartiglio di coglione e che solo l’educazione discutibile che gli hanno dato i Malfoy gli impedisce di prendere a calci - o schiantare - per le sue barzellette idiote.

“Potter.” lo saluta, fingendo di accorgersi della sua presenza solo in quel momento.
“Malfoy.”
“Sei stato informato anche tu della riunione delle dieci?” s’intromette Higgins, aggrottando la fronte nel momento in cui sente la sua risposta affermativa. “Non capisco cos’abbiano in mente...”

Sono talmente tante le cose che Higgins non capisce che Harry non si stupisce di questo suo ennesimo dubbio e rimane in silenzio, prendendo nota, nel momento in cui i cancelli si aprono, di come l’ascensore sia pieno.
“Userò le scale.” bofonchia quasi fra sé, preparandosi psicologicamente alla scarpinata: sei piani di scale rovinerebbero il primo mattino di chiunque.
“Aspetto il prossimo.” dice contemporaneamente Malfoy in direzione di Higgins che, in qualche modo, è riuscito ad infilarsi oltre i cancelli e sta diventando parte integrante della tappezzeria, tanto è schiacciato contro le pareti damascate dell’ascensore.

Harry decide di rimandare a più infelici mattinate l’arrampicata fino all’Ufficio Auror ed aspetta l’ascensore successivo anche lui, sebbene quel poco di razionalità che gli è rimasta in corpo gli urla di fare altrimenti; non a caso, Harry Potter è sempre stato famoso per il suo essere fortemente istintivo e per nulla razionale in scelte che, il più delle volte, hanno avuto conseguenze catastrofiche.

“Sono quindici giorni che non ti fai vivo.”
“Ginny è stata male e non potevo lasciarla sola.”
“Niente di grave, spero.”
“È incinta.” risponde dopo qualche istante di imbarazzato silenzio.

Sente salire la sua risata di disprezzo e di colpo Harry ha freddo dentro. Non appena il rumore sordo dei passi di Draco che si allontana rimbomba nell’atrio, Harry si sente solo, nonostante il gruppetto di colleghi che si sono uniti a lui nell’aspettare l’ascensore.

~o0o~



Hermione è convinta che Harry abbia un’amante. Per convincersi del contrario, s’è ripetuta più e più volte che Harry non è uno di quelli, uno che può tradire ed abbandonare la propria famiglia senza farsi scrupolo alcuno, perché lui ha desiderato troppo la vita che conduce per poter andar a cercare qualcos’altro, qualcosa in più... ma il suo disperato tentativo è stato vano ed Hermione è rimasta della sua idea. Racconta tutte queste cose al suo migliore amico e lo osserva rigirare con aria pensierosa due dita di liquore ambrato in un bicchiere scheggiato, nel triste tentativo di sfuggire al suo occhio indagatore, questa sera leggermente annebbiato dall’alcol: nella sua follia, l’ha invitato a bere qualcosa per aiutarlo a sciogliere un po’ di più la lingua ma basta poco per capire che, tra loro due, l’unica brilla è lei.
“Come puoi pensare una cosa del genere?” le chiede all’improvviso, interrompendo l’ennesimo, incerto monologo in cui la sua amica s’è lanciata: Harry ha sollevato la testa in una maniera talmente repentina che lei si ritrova, per qualche breve istante, a corto di parole e con il respiro trattenuto, anche per l’intensità dello sguardo che le viene rivolto.

Hermione non lo sa spiegare con precisione, ma è convinta che Harry abbia una storia con una donna che non è Ginny: poggia la propria mano su quella dove lui indossa la fede e lo implora di dirle la verità, perché di lei può fidarsi e qualunque cosa vorrà fare, che Dio la perdoni, lei gli resterà accanto e lo sosterrà.

“Non ho un’altra.” afferma deciso, prima di ingollare in una sola sorsata quel che resta del proprio drink e sottrarre la mano dal calore della sua. Harry si alza in piedi e vorrebbe aggiungere che sarebbe tutto più semplice se si trattasse semplicemente di un’altra donna, ma preferisce tenere per sé questo commento sprezzante e smaterializzarsi nell’unico luogo dove potrà trovare un poco di serenità.

~o0o~



Draco arriva venti minuti dopo: tenta di dissimularlo, ma Harry capisce lo stesso che è un po’ preoccupato per l’urgenza con cui gli ha chiesto di raggiungerlo. In fin dei conti, è la prima volta che si prende la briga di mandargli un gufo a casa per chiedergli un appuntamento.

“Ti ha dato di volta il cervello?” sbotta iracondo, le labbra arricciate in una smorfia schifata mentre assiste impotente alla processione di scarafaggi che si svolge nei pressi delle scarpe di Harry.
“Ho cominciato da un bel po’ a dare i primi segni di squilibrio.” replica sarcastico Harry, coprendosi gli occhi con un braccio: il letto scricchiola ad ogni minimo movimento ed una molla fastidiosa punta dal materasso dritta contro la sua schiena, ma sono abituati anche a posti peggiori di quello e non si lamenteranno neanche stavolta. E nel caso dovessero farlo, per principio, non sarà da Harry che verrà la prima lagnanza.
“Già, questo ormai è chiaro.” Draco si siede sul bordo del letto, si volta a guardarlo ed aspetta che lui dica qualcosa. Odora di fumo di sigaro e di fiori appena recisi ed Harry si ricorda all’improvviso che stasera doveva presenziare ad un qualche ricevimento a casa dei suoi genitori, sentendosi più miserabile e stupido che mai per averlo fatto piombare lì, a quell’ora di notte. Come leggendo nei suoi pensieri, Draco spiega che il gufo l’ha trovato proprio mentre stava rientrando a casa e che non è stato troppo difficile mettere in piedi una scusa plausibile per liquidare sua moglie. Astoria è una donna che si crede particolarmente intelligente e, forte di questa assunzione, è sicura che suo marito abbia ancora dei contatti con personaggi con cui la gente con un minimo di cervello ed amor proprio non si farebbe mai vedere in giro; è convinta, quindi, che sia strettamente necessario che lui fissi appuntamenti con questi loschi figuri negli orari più improbabili, così non fa mai troppe domande quando Draco esce di casa per tornarvi solo il mattino, o la sera, dopo. Ginny è diversa: ha vissuto per troppo tempo nell’angoscia dell’essere consapevole che ogni volta che Harry è uscito di casa sarebbe potuta essere l’ultima in cui l’avrebbe visto vivo, ed ora non riesce ancora ad abituarsi al fatto che la guerra è finita, che i nemici sono stati sconfitti e che gli sporadici attacchi di nostalgici Mangiamorte sono roba di poco conto e facilmente gestibili. Ginny è capace di mettere in allarme tutta la famiglia se Harry non torna a casa in tempo per cena e, in cerca di spiegazioni su un ritardo nel rientro da una missione sotto-copertura, scriverebbe al Primo Ministro in persona, se lo ritenesse utile.
Non è facile inventare scuse credibili con Ginny, ma Harry ha imparato a farlo. Per lui, avere un amante ed essere sposati al tempo stesso con Ginny è quanto di più logorante possa esistere, e non solo per via della disperata ricerca di pretesti per allontanarsi da casa: Harry e sua moglie si conoscono da troppi anni e, per ogni minuto passato assieme a Draco, lui ne vive due in cui si sente l’uomo più meschino del mondo a tradire la ragazza che, a modo suo, lo ha amato fin dalla prima volta in cui l’ha visto a King’s Cross. Ed Harry sa che quello che sta facendo non è giusto nemmeno per i suoi figli: il mediano ha la stessa età di quello di Draco ed il pensiero che un giorno quei due si ritroveranno ad Hogwarts insieme lo fa sentire, se possibile, ancora più disgustato dalle proprie azioni.

Che fine ha fatto l’Harry premuroso, marito modello e padre affettuoso di un tempo? Cosa direbbe Hermione del verme viscido che è diventato? Rimarrebbe lo stesso al suo fianco o lo biasimerebbe assieme alla frotta di persone che si ritroverà contro, nel momento in cui tutti i suoi altarini salteranno miseramente e verrà conosciuto per quello che è veramente? Dov’è il buon vecchio, ingenuo Harry che è piaciuto da subito a quella che ora è la sua famiglia?

“È qui.” afferma Draco deciso, prendendogli una mano e posandogliela all’altezza del petto. “Ha solo deciso di fare qualcosa per sé e non per il resto del mondo, una volta tanto.”

Ad Harry, per ringraziare di quella rassicurazione, non viene in mente niente di meglio che un bacio umido di lacrime: quella risposta inaspettata, in un attimo, ha fatto sparire il nodo in gola che lo ha angosciato da settimane e che tornerà a tormentarlo nel momento in cui si ricorderà di nuovo chi lui sia e cosa da lui ci si aspetti. Più precisamente, quando Draco avrà finito di vestirsi ed Harry sarà consapevole di avere un nuovo giorno da affrontare.

~o0o~



Higgins non sa raccontare le barzellette ma in compenso ha un talento naturale per arrivare a lavoro contemporaneamente a Draco: il giorno in cui Draco tarda, Higgins aiuta il gatto della vicina a scendere dal maestoso ciliegio che domina il suo giardino e fa tardi; il giorno in cui Draco arriva in anticipo, Higgins decide di accelerare i tempi della propria colazione ed arriva in anticipo anche lui. La sera in cui Harry ha ipotizzato che Higgins lo faccia di proposito per incrociarlo, Draco s’è fatto una grassa risata e lui ha deciso di non sbilanciarsi più, riguardo alla propria concezione in ambito di coincidenze troppo sospette.

Harry sta discutendo con Whicker a proposito dell’ultimo scandalo sulla lega scadente usata da una rinomata fabbrica di calderoni e, con la coda dell’occhio, vede Higgins scacciare un insetto dalla manica di Draco. Higgins riesce persino a non interrompere il suo resoconto, affatto avvincente, su come suo zio Milo sia riuscito a bonificare le proprie colture di lattughe da una famiglia di vermicoli affamati: i vermicoli sono gli esseri più noiosi che possano esistere – Harry lo sa bene – ed ascoltare un discorso incentrato interamente su di loro può solo che conciliare il sonno.

Davvero: Harry non capirà mai cosa impedisce a Draco di prendere Higgins a calci nel sedere od a cambiar strada nel momento in cui lo vede incrociare la sua.

“Ti senti bene?”

Harry si volta di scatto a guardarli, allarmato, giusto in tempo per vedere Draco accasciarsi lentamente a terra, come privo di vita, e sente il proprio cuore fermarsi a sua volta.

Si inginocchia subito accanto a lui e se ne frega delle cose senza senso che gli urlano Higgins, Whicker e tutto il manipolo di impiegati, improvvisamente esperti in tecniche di primo soccorso, che si stanno radunando davanti al loro ascensore: tirare fuori la bacchetta e smaterializzare entrambi al San Mungo è un tutt’uno.

~o0o~



È in ospedale che Harry, dopo tanto tempo, si sente ancora una volta completamente inutile e di troppo: i medici si sono premurati di avvisare i familiari di Draco e poco dopo sono arrivati, visibilmente scossi, sua moglie, i suoi suoceri ed i suoi genitori. A quanto pare, l’insetto che lo ha punto è un piccolo animaletto esotico al quale Draco è allergico e così è stato vittima di uno shock anafilattico: i Malfoy devono ringraziare solo la tempestività di Harry se il loro caro è ancora vivo, spiega il medimago giunto ad accoglierli.

Draco si sveglierà tra poco ma, ora che tutte quelle persone sono lì, Harry saluta educatamente e rientra in ufficio, perché sa che non ha senso che rimanga a mostrare un’ansia che, sulla carta, non può essere anche la sua.

~o0o~



Torna a trovarlo due giorni dopo quando, a seguito di qualche missiva scambiata con i medici, ha avuto il nulla osta per poter sottoporre Draco ad un piccolo interrogatorio: al Ministero è stata aperta un’inchiesta su quell’incidente ed è stata affidata a lui, che ha già la certezza non si sia trattato di un attentato mirato ma di una sfortunata casualità. L’insetto, infatti, ha viaggiato all’interno di una delle orchidee che sono state portate in dono dalla delegazione del Ministero della Magia del Madagascar e, dalle prove che ha raccolto, la possibilità che qualcuno lo abbia introdotto nel Ministero londinese di proposito sono pari a zero. Nonostante ciò, il chiedere a Draco il rituale e retorico: “Signor Malfoy, pensa di avere dei nemici?” gli fornisce una scusa per vederlo e sincerarsi da solo del fatto che stia bene.

Harry è davanti alla stanza in cui Draco è ricoverato – ha saputo che massimo un altro giorno e sarà dimesso – e dopo aver preso un respiro, bussa ed entra. La scena di calore familiare che ha immaginato più e più volte nella sua testa è la fotografia di quello che si trova davanti nella realtà: Scorpius che se ne sta accoccolato tra le braccia del padre, intento a leggergli una storia da quello che somiglia pericolosamente al libro di Beda il Bardo, e Astoria seduta su una sedia accanto al letto, con sulle ginocchia una copia dell’ultimo numero del Settimanale delle Streghe.

“Potter! A cosa devo la visita?” chiede palesemente scocciato Draco, chiudendo il libro.
“Tesoro, credo sia l’incaricato del ministero per quelle domande...” bisbiglia Astoria, riponendo la propria rivista in una borsa attaccata alla sedia e posandogli la mano su un braccio, come a volerlo calmare per quell’irritazione che mostra soltanto, ma che non prova veramente.

Harry annuisce e rimane in silenzio mentre Draco chiede alla propria famiglia di lasciarlo solo per una decina di minuti, tempo che gli sarà più che sufficiente a sistemare quest’ennesima rogna; si vergogna ad ammetterlo perfino con se stesso, però ad Harry dispiace essere etichettato come una rogna.

Quando la porta si chiude, Draco gli fa cenno di sedersi sul suo letto, ma Harry scuote la testa e prende la sedia che, fino a poco prima, era stata occupata dalla bionda moglie Malfoy. È contento che appaia in grande forma e glielo dice assieme alle sue conclusioni sull’intera vicenda, ben guardandosi di tacergli il proprio cruccio per il modo in cui poco prima s’è riferito a lui; Draco annuisce gravemente e dice che non vede l’ora di poter lasciare quelle quattro mura puzzolenti di disinfettante e di fare un pasto decente, perché il cibo del San Mungo è qualcosa di veramente tremendo.

“Sai di cosa avrei voglia? Delle tue uova strapazzate.”

Harry esce dalla stanza cinque minuti dopo e se ne va sorridendo: glielo hanno detto in tanti che le sue uova strapazzate sono particolarmente deliziose ma, come molte altre cose, quando è Draco a dirle suonano in modo molto più piacevole.

~o0o~



Harry non parla. Non ne ha voglia.
È a casa, seduto sulla sua vecchia poltrona davanti alla sua finestra preferita e Ginny, temendo che possa avere freddo, gli ha sistemato una coperta di lana sulle gambe. Harry non parla e Ginny continuerà con le sue supposizioni ed i suoi monologhi, visto che lui non ha voglia di risponderle e che lei si ritrova a parlare da sola, anche perché ha spedito i bambini da sua madre: non avrebbe voluto mandar via anche la piccola Lily, però non ha avuto altra scelta.

La casa è deserta, silenziosa e spenta come forse mai lo è stata prima di ora.

Harry sente suonare il campanello, ma non si preoccupa di andare a vedere chi è, né si muove quando sente i singhiozzi soffocati di Ginny sulle scale e l’ospite che, insieme a lei, entra nel suo studio.

“C’è... una visita per te.” gli annuncia la moglie, un po’ titubante. “Vi lascio soli per un po’.” aggiunge, spostandogli la frangia dalla fronte e sfiorandogli la cicatrice con la punta delle dita. “Non so come tu possa pensare di poter riuscire dove tutti noi abbiamo fallito.” conclude con un tono più aspro del solito, rivolgendosi al nuovo arrivato.

Una volta che Ginny è uscita dalla stanza, Draco si inginocchia di fronte ad Harry, gli toglie gli occhiali e gli prende la testa fra le mani, poggiando la fronte contro la sua e fissandolo in quei suoi occhi spenti color smeraldo.

“Non è una colpa essere ancora vivi, Potter.”

Dice solo questo e se ne va: non è mai stato un tipo di tante parole e non comincerà ora ad elargirne in abbondanza solo perché Harry si è chiuso in se stesso dopo l’attacco alla propria squadra, durante quello che era un normale controllo di routine e che s’è rivelato essere una cruenta imboscata, studiata fin nel minimo dettaglio.

La verità è che Harry ha visto tanta gente morire, in vita sua, ma si è dimenticato com’è stare lì, mentre il compagno che è vicino a te improvvisamente non è più e giace ai tuoi piedi, con gli occhi sbarrati in un’ultima espressione di puro terrore o con il corpo riverso in una pozza di sangue scarlatto.

Draco non è un gran chiacchierone però, con la sua laconicità accompagnata da gesti tanto semplici da sembrar casuali, è capace di far risuonare in lui corde che Harry spesso non sa neanche di possedere.

Ha visto il dolore, nei suoi occhi. Non è, non può essere lo stesso suo dolore, ma è un dolore genuino che gli provoca quella sua condizione ed Harry ha capito quanto male sta facendo agli altri, rimanendo chiuso nel proprio silenzio ed immobile su una poltrona leggermente sformata dal tempo.

Harry non può permette che le persone che gli vogliono bene soffrano così tanto a causa sua.

~o0o~



Quando Ginny torna con il piatto fumante di minestra che gli ha preparato per cena, lo lascia cadere a terra e corre a stringergli le braccia attorno al collo: lui, in piedi davanti a quella stessa finestra dietro la quale ha vegetato per tre intere settimane, non ricambia la stretta, ma affonda la testa tra i suoi capelli ramati e piange quelle lacrime che, tre settimane prima, non è riuscito a versare sui corpi senza vita dei suoi uomini.

~o0o~

Fuori sta piovendo ed Harry non ne può più di tutta quest’acqua.
“Trasferisciti in Egitto.” bofonchia Draco, stanco delle sue lamentele cretine, tirandosi il piumone fin sopra la testa e sperando di metter fine ai suoi seccanti piagnistei.
Quello di cui Harry ha voglia è un giro in sella alla propria scopa, mentre quello di cui ha voglia Draco è una sana dormita, perché domani avrà una giornata infernale. Anzi: tra meno di cinque ore avrà una giornata infernale ed è meglio che Harry si metta giù buono o verrà sbattuto fuori, sotto la pioggia che tanto odia.

Hanno una casa tutta per loro adesso, non più una stanza in uno di quei motel babbani diroccati e di bassa lega che stanno sparpagliati nei sobborghi di Londra. Quella di comprare un piccolo, ma accogliente, appartamento è stata un’idea di Draco, ed il motivo ufficiale è che era stufo di combattere contro le cimici e gli scarafaggi che albergavano nelle loro camere in affitto. Tutto sommato, la motivazione ufficiale regge poco, perché sono poche le ore in cui stanno insieme e talvolta si tratta appena di manciate di minuti.

Harry non vuole riconoscere il motivo ufficioso.

È più di un anno ormai che va avanti questa... cosa tra di loro ed Harry non sa neanche perché è cominciata; al come, preferisce non pensare. Preferisce non pensare a tante cose quando sta con Draco e può riassumerle con poche, semplici parole: tutto quello che non sia la pelle perlacea dell’altro ed il suono della sua voce che, ferma e decisa, gli impartisce ordini atti a portar loro un fugace piacere ed una mera consolazione ai patimenti di entrambi.

Harry si mette giù buono e si avvicina un poco di più a Draco, che lo stringe in un abbraccio che ogni giorno che passa gli fa più male, senza capirne bene il motivo: a volte vorrebbe che quelle notti non finissero mai, altre che finiscano subito, altre ancora che non inizino per niente. Harry è consapevole di non aver esattamente le idee chiare su quel che vuole.

~o0o~



Stanotte finirà tutto.

Draco è sdraiato al centro letto, le braccia incrociate sotto la testa, la camicia fuori dai pantaloni e la cravatta allentata sul collo. Lo fissa con uno sguardo indecifrabile, ma Harry giurerebbe che è divertito: non lo dirà mai perché si considera un signore – e forse, pensa Harry, perché teme che possa rigirare sui tacchi ed andarsene. Harry non sa se sentirsi lusingato o meno di questo riguardo – però Draco sapeva già che, nonostante negli ultimi tempi siano ritornate le sue solite crisi post-amplesso, Harry sarebbe tornato con la coda tra le gambe ad elemosinare quel tipo di affetto e comprensione che solo lui sa e può dargli.

Hanno litigato spesso, negli ultimi tempi, ma hanno sempre finito per riappacificarsi a modo loro. Litigi stupidi che la maggior parte delle volte ha provocato Harry e per i motivi più disparati ed inverosimili, come lo scegliere se cenare con i piatti tondi o con quelli quadrati. Quello vero, in realtà, è solo uno: Harry ha paura e, non potendo confessarlo a Draco, cerca di costringerlo ad allontanarsi da lui facendolo uscire di testa. Forse, però, Draco ha intuito già la sua sottile tecnica e le sue reali motivazioni, come ha intuito tutte le altre cose che non gli ha detto e non ha il coraggio di dirgli.

Si toglie le scarpe e si arrampica sul letto, finendo per accoccolarglisi vicino e posare la testa contro la sua spalla, chiudendo gli occhi nel momento in cui il suo braccio arriva a cingerlo stretto.

Fa male sentire il suo affetto. E fa male sentire il proprio.

“Vuoi farti un bagno caldo?” gli arruffa i capelli e gli sfila gli occhiali, mostrando quella sua inconfondibile delicatezza che non tutti crederebbero propria ad uno della sua risma.
“No, voglio stare qui e basta.” bisbiglia, respirando a pieni polmoni la sua colonia e sentendo il battito del cuore rimbombargli nelle orecchie.

Stanotte deve finire tutto.

Harry lo sa ed ora ha la certezza, dal modo in cui Draco lo abbraccia, che lo ha capito anche lui. Non tornerà e non ci sarà un’altra notte di bugie da raccontare a due giovani mogli imbronciate che rimangono sole nelle rispettive alcove nuziali. È stata quella casa, quel piccolo appartamento tutto loro che lo ha portato a prendere la decisione che lo sta distruggendo e di cui, con ogni probabilità, si pentirà sino alla fine dei suoi giorni, ma da cui non potrà tornare indietro: da quando, nel rientrare la sera a Grimmauld Place, s’è reso conto di sentir nostalgia del loro rifugio a Southgate, ha capito che così non può più andare avanti.

Per il suo bene, per quello di Draco e per quello delle loro famiglie.

Sono state tante le piccole cose che, con il tempo, gli hanno fatto capire che quella loro storia non ha un qualcosa di malato, ma di sbagliato. E non si solo tratta di una questione di egoismo, di altruismo, di essere idioti o di chissà cosa... si tratta di responsabilità, di lealtà, di promesse inscindibili e di scelte che hanno condizionato le loro vite da così tanti anni che non possono più essere ignorate, adesso. Hanno sbagliato a dimenticarsi di tutto questo od anche solo ad aver cominciato a dimenticarsene, ad aver voluto provare a farlo.

Harry lo sa come si chiama quella sensazione che lo prende tutte le volte che incontra per caso Draco, che riconosce la sua voce tra tutte quelle dell’atrio, che lo redarguisce per scherzo o che lo bacia quando si chiudono la porta di casa alle spalle, e non può permetterselo.

Lo sa e lo ha capito da tempo, anche se all’inizio faticava a crederlo. Adesso che non ha più dubbi, deve porvi un rimedio prima che faccia qualcosa di altamente stupido, o che peggio ancora lo facciano entrambi. Ha preso da solo l’unica soluzione possibile per due come loro, nella loro posizione, e spera che, per quanto impossibile al momento, un giorno sarà fiero di quel minimo di coraggio Grifondoro che gli è rimasto e spera che anche un egoista Serpeverde come Draco possa ringraziarlo.

Un taglio netto, un pezzo di cuore strappato via a forza dal petto.

Un dolore inconcepibile averlo a pochi passi di distanza e non poter rivolgergli la parola, non poter scrutare le risposte ai suoi problemi in quegli occhi cinerini che ha trovato fissi su di sé dopo notti passate insieme a scoparsi, ad amarsi. Invidierà Higgins e tutti coloro che gli rivolgeranno la parola senza dover far i conti con quel groppo in gola, con la consapevolezza che se avesse avuto quel minimo di coraggio in più e quel minimo di senso del dovere in meno, avrebbe mandato a puttane tutto quello che era stata la sua vita fino ad allora per stare con lui, infischiandosene delle conseguenze. Sarà questo il suo futuro più prossimo: l’orgoglio per aver fatto l’unica cosa assennata, in una situazione che li vedeva entrambi deliranti, verrà poi. Forse.

Harry però sa che non può infischiarsene delle conseguenze, non con quattro bambini innocenti di mezzo: è questo che gli dà la forza per non crollare, per non mollare, per non seguire la strada più facile e continuare a vivere a quel modo, in clandestinità ed in mezzo ad un mare di bugie. Sarebbe sciocco pensare che con una vita come quella che ha condotto lui è rimasto sempre fedele a sua moglie, prima di quest’ultima relazione, ma è giunto a quel punto a cui credeva non sarebbe mai arrivato – ed a cui non è arrivato mai prima di ora - e non può più semplicemente ignorare tutto ciò che non è la pelle e la voce di Draco. Sono cambiate tante cose, troppe, rispetto a quando tutto è cominciato e... è sbagliato. Deve convincersene, deve convincerlo. Si tratta solo di questo.

Lo farà dopo questo bacio. Anzi, dopo questa carezza. Dopo questo sorriso rassicurante. Dopo quest’ultima notte.

~o0o~



È mattina ed ormai è finito tutto.

Harry è in piedi accanto al letto ad osservare Draco che finge di dormire, con le lenzuola attorcigliate tra le gambe ed i capelli scomposti che gli ricadono sugli occhi: non sono state molte le notti che hanno dormito fuori insieme, ma ormai si ritiene abbastanza bravo da riconoscere certe piccolezze che un occhio non allenato come il suo non potrebbe cogliere. Sorride malinconico ed ha voglia di piangere o di dire a Draco di dimenticare tutto quello di cui hanno parlato la sera prima, di prenderlo in giro per quella sua finzione già smascherata, ma sa che non può.

Non hanno urlato. Ne hanno discusso da persone adulte quali sono ed hanno convenuto che smettere di frequentarsi è la cosa migliore per entrambi. Ad essere sinceri, Draco non ha fiatato, ha solo continuato ad abbracciarlo e l’ha lasciato parlare senza né interruzioni né repliche; gli ha solo detto di fare quello che ritiene più giusto sia fatto, nient’altro.

Harry si guarda intorno un’ultima volta e fantastica per qualche istante su cosa ne sarà di quella casa, se Draco la venderà o la terrà, se ci farà mai ritorno da solo o in compagnia, se... scuote la testa e si china su di lui. Toccandoli per l’ultima volta, gli allontana i capelli dalla fronte e vi posa sopra un bacio, poi si smaterializza per non tornare più.

Davvero, stavolta.

~o0o~



Quando Draco apre gli occhi, si sfiora con le dita il punto in cui è stato baciato e rimane a fissare il soffitto: è strano pensare a quanto l’ultimo bacio sia stato completamente diverso dal primo, quello da cui tutto ha avuto inizio. Sa che il lavorio della sua mente non lo porterà da nessuna parte e che non potrà vegetare su quel letto in eterno, quindi si alza e va a concedersi il bagno caldo che aveva proposto ad Harry la sera prima, e che Harry ha rifiutato.

Non c’è niente in quella casa che non abbia almeno un ricordo legato all’uomo che è da poco uscito di lì e che non vi farà più ritorno: in bagno c’è ancora il suo spazzolino, la sua crema da barba, una boccetta del suo profumo preferito, il suo accappatoio... si è imbattuto in quegli oggetti tante volte prima di oggi, ma mentre prima erano normali, adesso non fanno che ingigantire il senso di vuoto che sente dentro. Non ha idea di cosa ne sarà di quell’appartamentino a Southgate e preferisce non considerare nemmeno le varie opzioni che ha a disposizione, perlomeno non adesso.

Draco passa una mano sul soffice strato di schiuma che s’è formato sul pelo dell’acqua e lascia che le sue membra vengano coccolate dal calore fittizio all’interno della vasca: non potrà mai sostituire il calore umano di cui ha bisogno, ma per il momento può essere un decente surrogato. Si bagna i capelli e poggia le spalle contro il bordo di ceramica smaltata, chiudendo gli occhi per evitare il gocciolio insaponato che ha provocato la sua ultima azione.

C’è una cosa che non ha detto, mentre Harry era impegnato in quel monologo che doveva aver provato così tante volte da finire ad impararlo a memoria: i discorsi non sono mai stati il suo forte e, essendo quello della notte scorsa ai limiti della decenza, Draco sospetta che le cose non possano essere andate altrimenti. Lo conosce abbastanza per essere certo della veridicità della sua ipotesi. Sospira e si chiede se, partecipando con più convinzione alla discussione della notte precedente, le cose adesso sarebbero potute essere diverse: magari, se lo fossero state, non sarebbe stato comunque giusto utilizzare la carta meschina che l’avrebbe potuto tenere legato a sé per un altro po’ di tempo, o per sempre. Non gli ha confessato il suo amore: il perché è che non sono più degli adolescenti e non c’è bisogno delle parole per esprimere certi concetti, né per essere rassicurati da certe verità che sono tanto oggettive quanto quella. E non ha usato neanche la sua ironia sferzante: Draco ha preferito tenere per sé la considerazione che tutte le scelte che Potter ha ritenuto giuste, nell’immediato od in un futuro non troppo remoto, si sono rivelate essere delle scelte sbagliate – e, quando sono state molto sbagliate, nella maggior parte dei casi hanno portato morte o dolori atroci alle persone che, spinto dalla propria bontà e dal proprio spirito di sacrificio, Harry aveva tentato di aiutare.

Draco non morirà a causa del buonismo di Harry, ma soffrirà molto. Sta già soffrendo e, in un momento in cui non è lucido quanto vorrebbe veramente, si ritrova a ponderare delle fantasiose soluzioni che gli permetteranno di non incontrarlo più davanti ai cancelli degli ascensori del Ministero, perché teme di non riuscire a nascondergli quanto male quella situazione possa provocargli. Improvvisamente sbatte le palpebre, rendendosi conto di dove sia arrivato il corso dei propri pensieri: scuote la testa e si passa una mano sugli occhi, imponendosi di respirare lentamente e di calmarsi.

Contegno.

La dissimulazione è l’arte che meglio ha padroneggiato da sempre e saprà cavarsela. Sente che è prossimo alle lacrime, ma non può piangere per questo: non è morto nessuno e non può permettersi di venir sopraffatto dalle emozioni. L’ultima volta che Draco ha pianto, del resto, è stato il giorno della nascita di Scorpius, quando ha tenuto per la prima volta quel fagottello urlante tra le braccia. Piangere per qualcosa di banale quanto un cuore spezzato non fa per lui.
Rabbrividisce e si rende conto che ha passato troppo tempo a crogiolarsi nell’acqua calda e che ormai è diventata gelida. Afferra un asciugamano, si alza e se lo passa attorno alla vita, fermandosi davanti allo specchiera del lavabo: poggia le mani ai due lati del lavandino e si sporge un poco verso lo specchio per studiare la propria faccia.

Non ha una bella cera: gli occhi sono contornati da cerchi neri che lo fanno sembrare più stanco di quanto non sia e perfino il suo collaudato sorriso di circostanza non risulta convincente quanto dovrebbe essere. Non può presentarsi a lavoro in questo stato ed ha solo un posto dove tornare a rifugiarsi: la sua vera casa.

~o0o~



Mentre attraversa i cancelli della tenuta, Draco pensa a tutto ciò che ha condiviso con Harry, alle chiacchiere mattutine e senza senso di Higgins che ha sopportato pur di poter passare qualche minuto in sua compagnia davanti agli ascensori, a ciò a cui ha rinunciato ed a quello che ha trovato, alla sua risata, alla sua bocca, ai suoi fastidiosi ed orrendi occhiali, alle loro sciocche litigate, alle sue uova strapazzate... a loro. Fa un cenno di saluto al giardiniere ed osserva sconsolato come il giardino stia lentamente preparandosi all’arrivo dell’inverno: non ha mai amato l’utilizzo degli incantesimi dell’eterna primavera di cui sua madre fa un uso spropositato a Malfoy Manor e, in questo momento, le foglie ingiallite su cui sta camminando rendono il suo umore più grigio di quanto non sia già.

Forse questo diventerà il primo anno in cui Astoria potrà vedere la neve cadere su peschi e roseti in piena fioritura: Potter, a volte non rendendosene conto nemmeno, è riuscito a farlo cedere su diversi principi a cui aveva giurato non sarebbe venuto meno e questo, seppur indirettamente, sarebbe l’ennesimo caso. Alla fine, se un ramo fiorito avrà il potere di farlo sentire meglio, acconsentirà anche a quegli stramaledetti incantesimi pur di trovare un po’ di serenità.

Draco adesso sta da schifo, però, se lo vuole, sa di essere capace a non darlo a vedere: è stato solo per sua espressa volontà che Harry ha potuto rendersi conto che, quando si è smaterializzato dall’appartamento, era perfettamente sveglio. Un ultimo sciocco e quasi disperato tentativo per verificare se il suo amante fosse stato veramente convinto di ciò che stava facendo – e, a giudicare dai fatti, lo era. Basterà evitarlo qualche giorno e... scuote la testa, imprecando silenziosamente e ricacciando indietro altre lacrime crudeli: non è solo di qualche misero giorno che ha bisogno. Si appoggia alla balaustra della scalinata principale, saggiando la freddezza del marmo facendovi scorrere sopra la mano: poco meno di due anni prima, lui ed Harry stavano discutendo proprio in quel punto e saper di dover convivere ogni giorno con immagini come quella fissate indelebilmente nella mente gli fa venir voglia di urlare di frustrazione.

Riprende a camminare a passo più svelto ed attraversa le stanze del castello una dopo l’altra: deve raggiungere la sua famiglia quanto prima, o impazzirà del tutto.

Si ferma dietro la porta oltre la quale Astoria e Scorpius stanno facendo colazione: sente il vociare allegro del bambino e la voce ferma di sua moglie che lo rimprovera per la sua mancanza di educazione, perché alla sua età non ha ancora imparato che non si parla con la bocca piena. I Malfoy sono intransigenti su certi punti: puoi vivere tranquillamente con un tatuaggio terribile sul braccio ed innamorarti dell’uomo per la cui morte hai tramato, ma non devi osare emetter fiato se prima non hai deglutito il tuo boccone.

Ci sono delle volte in cui Draco si ritrova a pensare che il suo mondo è ridicolo; è ironico che se ne sia accorto solo grazie ad Harry e alla sregolatezza che lo stare con lui, per certi versi, ha significato.

Quando spalanca la porta, trova la tavola della sala da pranzo di casa Malfoy imbandita di pietanze, con un grosso vaso pieno di fiori colorati che vi troneggia al centro: la padrona di casa ha una passione per il giardinaggio e non c’è camera, tra quelle quattro mura, in cui un vaso colmo di fiori freschi sia stato investito del compito di rallegrare e profumare l’ambiente dove è stato collocato.

L’eterna primavera non sarà ancora stata evocata sul giardino, però in compenso regna all’interno della casa dal giorno in cui loro due sono tornati dalla luna di miele.

Nel momento in cui entra nella stanza ed augura il buongiorno agli occupanti, Astoria continua ad imburrarsi la propria fetta di pane tostato mentre Scorpius posa il proprio cucchiaio e gli corre incontro, aggrappandosi stretto alle sue gambe e mormorandogli contro i pantaloni un rimprovero per averlo mandato a letto senza leggergli la sua fiaba preferita.
“Papà ti promette che non lo farà più.” gli sussurra; posa una mano sulla sua testolina bionda e non ha dubbi sul fatto che manterrà la promessa.

Prende in braccio suo figlio e si sistema a tavola con lui sulle ginocchia, ignorando lo sguardo di disapprovazione di Astoria: ha già il suo fardello con cui convivere, adesso, e non sarà la rigida concezione di etichetta di sua moglie ad intimidirlo od a smuoverlo dai suoi desideri.

~o0o~



Hermione sa che Harry non ha più un’amante. Lo ha capito dal suo essere mogio, dall’espressione triste che gli si dipinge in faccia quando pensa che nessuno lo stia osservando e da tante altre piccole cose che gli altri non sembrano notare. Dopotutto, nessuno aveva notato che quell’amante c’era stata e quindi non c’è molto da stupirsi del loro scarso spirito d’osservazione.

Hermione è sollevata che in qualche modo sia stato messo fine a quel rapporto abominevole, però non può fare a meno di preoccuparsi per Harry: ora che la felicità delle loro famiglie è salva, è la sua quella per la quale è necessario porre rimedio.

Entra in cucina e lui è lì, con le mani poggiate sul tavolo e le spalle scosse da quelli che somigliano tremendamente a dei singhiozzi: Ginny lo ha mandato a prendere l’insalata da portare in tavola, ma sono passati cinque minuti e non è ancora tornato, così lei si è offerta volontaria per andarlo a cercare. Si avvicina a lui in silenzio e, quando è dietro alle sue spalle, sussurra il suo nome. Harry si irrigidisce e, dopo essersi passato una mano sul viso, le allunga la ciotola con il contorno che tutti stanno aspettando; le dice di scusarlo un attimo e di riferire che... di riferire qualcosa per giustificare la sua momentanea assenza da tavola.
Hermione fa qualche passo verso la porta e si ferma di colpo: fa male al cuore vederlo in quello stato e non può lasciarlo lì fingendo di nuovo che non sia successo niente. Lo ha fatto altre volte e non è stata orgogliosa del suo comportamento, così oggi s’impone di rimediare.
Torna indietro e lo abbraccia stretto, ripetendogli più e più volte che passerà tutto, sia perché crede veramente che il tempo sia l’unica cosa in grado di sistemare le cose, sia perché non sa cos’altro fare: ha solo la sua amicizia e l’affetto che lo lega a lui da offrirgli e spera vivamente che possa bastargli.
“Non passerà.” mormora Harry, stringendola più stretta e singhiozzando più liberamente di quanto abbia fatto negli ultimi, ormai, dieci minuti. “Non passerà.”
Hermione non ha idea su chi sia la persona per la quale Harry sta così male e si chiede se mai lo scoprirà: pensare che un giorno sarà lui a confessarglielo volontariamente è da illusi, e così non può che continuare a fare congetture studiando il suo modo di relazionarsi con gli altri, in cerca di qualche indizio che possa risolvere questo mistero.

Quando torna in sala da pranzo, ormai tutti si sono dimenticati dell’insalata e pendono dalle labbra di Ron, impegnato nel descrivere ai commensali l’ultimo ambizioso progetto che stanno portando avanti al negozio di scherzi, nascondendo loro i particolari imbarazzanti di alcuni intoppi incontrati durante la fase di sperimentazione e che lei conosce più che bene. Hermione si siede al proprio posto e, nonostante abbia ripreso la discussione che aveva poc’anzi abbandonato con Charlie e Bill, osserva Harry con la coda dell’occhio: sta parlando con Arthur e non reca più alcun segno che possa far intuire agli altri il piccolo dramma che ha vissuto poco fa in cucina. Harry ha imparato a dissimulare i suoi veri sentimenti in modo abbastanza impeccabile, ma questa nuova abilità non illumina come dovrebbe la mente di Hermione: dovranno passare parecchi anni prima che in una mattina di settembre, davanti ad una locomotiva scarlatta, riuscirà a collegare i tanti pezzi di quel puzzle intricato ad un’unica persona e, per qualche istante, coglierà di nuovo quell’espressione sofferente sul viso del suo migliore amico.

~o0o~Fine~o0o~

  
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