Come sempre...
[ "Dove sono gli uomini?" riprese dopo un po' il Piccolo Principe. "Si è un po' soli nel deserto."
"Si è soli anche con gli uomini." disse il serpente.
Il Piccolo Principe]
Il cielo era terso, grigio e
spento, come sempre. Il clima londinese non risparmiava nessuno, e
troppo spesso il sole faceva fatica ad uscire da dietro le nuvole.
Ogni tanto si intravedeva una
luce opaca fare capolino da dietro la coltre scura, un luccichio debole
ma rassicurante. In quella zona, invece, il cielo era sempre una colata
d' argento fuso, denso e impenetrabile. Lei la notava la differenza, si
accorgeva sempre che lì il cielo era diverso. Era triste e
vuoto.
Oltrepassò gli
scuri cancelli in ferro, troppo maestosi per il luogo a cui
conducevano, e si diresse a passo spedito verso l' ingresso.
Appena varcata la soglia un'
omino macilento e dal colorito giallastro le andò incontro,
chiedendole meccanicamente di cosa avesse bisogno.
- Lascia, ci penso io alla
signorina. - intervenne una voce da dietro le sue spalle.
Era Joe. Un' uomo sulla
cinquantina, senza un braccio, grosso e dagli occhi di un azzurro
vivace. Joe aveva perso l' arto in guerra, e ne andava molto fiero; era
un ex Auror, e il Ministero lo aveva spedito in quel ricettacolo di
delusione e solitudine.
L' aveva conosciuto la seconda
volta che era venuta in quel posto, e le aveva ispirato una strana
simpatia. Forse perchè era l' unico lì che non
aveva perso la facoltà di sorridere.
- Hermione. - la
salutò lui con un cenno del capo.
- Joe, ti trovo bene. -
ricambiò lei, sforzandosi di non soffermare troppo lo
sguardo sulle pareti spoglie e l' ambiente inquietante.
- Ancora non ti sei abituata?
- la provocò lui intercettando i suoi pensieri.
- Non ancora. Ogni volta
sembra peggio. - disse lei.
- Forse perchè ci
pensi troppo. -
- Perfetto Joe, la prossima
volta immaginerò di essere in una prateria insieme a tanti
bei cuccioli. - fece lei con ironia.
- Immagina - disse lui senza
prestarle attenzione - a come dovesse essere quando c' erano loro... -
Loro. Hermione sapeva a chi si
riferiva lui, ai Dissennatori. Non li chiamava mai per nome, e
nonostante lei stessa gli avesse ripetuto più volte che la
paura di un nome non fa che aumentare la paura della cosa stessa, Joe
continuava a non volerli menzionare.
Forse per paura, forse per
scaramanzia, Joe odiava quel nome, e Hermione non poteva che capirlo.
Ogni volta che veniva in quel posto, quelle figure nere come la notte
le si paravano davanti agli occhi, facendola rabbrividire. Ricordava
ancora quando, al terzo anno, i Dissennatori avevano fermato l'
Espresso per Hogwarts e invaso lo scompartimento in cui stavano lei,
Harry, Ron e Lupin. Ricordava quei mantelli lunghi, che svolazzavano
come se perennemente mossi dal vento, e aveva ancora stampata nella
mente l' immagine delle loro fauci spalancate, portatrici di morte.
- Immagino. - disse lei
semplicemente, sforzandosi di non pensarci troppo.
- Eccoci arrivati. -
sussurrò lui, fermandosi davanti ad una porta bianco latte,
colore che risaltava davanti a tutto quel grigio fumo.
Le aprì la porta e
la lasciò entrare, salutandola con un breve "solo cinque
minuti", come sempre.
Hermione nemmeno si
guardò intorno, tanto le era familiare quel luogo; le pareti
erano bianche come la porta, al centro stava un tavolo di legno
sciupato dal tempo, e attorno ad esso -una davanti all' altra- due
sedie nere. Non c' erano finestre, nè magiche nè
vere.
Lei prese posto -come sempre-
sulla prima sedia, e fissò lo sguardo sulle venature del
legno, che ormai conosceva a memoria.
Lui entrò senza
neanche fare rumore -come sempre- da una porta laterale, e prese posto
davanti a lei.
Se ne stava in silenzio, ad
osservare lei che osservava le venature del legno che conosceva a
memoria, apettando che fosse lei a rompere quel silenzio abituale che
calava tra loro ogni volta.
A lei piaceva quel silenzio.
Non era uno di quei classici momenti imbarazzanti o pesanti, era
semplicemente... vuoto. E a lei piaceva da matti stare sospesa davanti
a quel vuoto che esisteva tra di loro, con la paura di cadere ma la
voglia di volare.
I cinque minuti stavano
passando in fretta -come sempre- e lei ancora non aveva aperto bocca.
Sapeva di dover dire qualcosa, perchè lui non l' avrebbe
fatto. A lui piaceva chiuderli, i discorsi, non iniziarli.
- Malfoy. - disse alla fine
lei. Malfoy... quel nome aveva un suono dolce e amaro allo stesso
tempo, mentre lo sentiva scivolare via dalle sue labbra come un
semplice sospiro.
- Granger. Di nuovo qua? - le
domandò lui, sogghignando.
- Come va? - chiese lei,
ignorando la domanda dell' altro. Era ovvio che fosse di nuovo
lì, non poteva essere altrimenti.
- Come sempre. - le disse lui,
posando i suoi occhi di ghiaccio sui capelli disordinati dell'
interlocutrice.
Le diceva sempre
così. Fin dalla prima volta in cui si erano incontrati, la
sua risposta alla domanda "come va?" era "come sempre". Stava a
Hermione interpretare quella frase, e lo faceva ascoltando il tono
della voce. Spesso vi aveva letto irritazione, noia, rabbia... oggi vi
trovava stanchezza.
- Sei stanco? - gli chiese
allora. Perchè con lui funzionava così... doveva
sempre indagare.
- Oggi non ho dormito. Carter
ha passato tutta la notte a farneticare su... bhè, nemmeno
me lo ricordo. In compenso lo hanno portato in un' altra cella, forse
oggi riuscirò a dormire. -
Hermione non si riferiva a
quel tipo di stanchezza, e Draco lo sapeva. Come sempre,
però, aveva aggirato la domanda, spostando l' attenzione
della ragazza su Carter, il suo "compagno di cella".
- Sai, ho sentito che le
temperature si abbasseranno molto, da qui ad una settimana. Soprattutto
in questa zona della Gran Bretagna, i meteorologi dicono che
farà particolarmente freddo. -
- Non mi importa di
ciò che dicono i tuoi amichetti babbani. - e, come sempre,
in quell' ultima parola mise tutto il disprezzo che era capace di
provare.
- Si, lo so, dico solo che...
- non sapeva come finire la frase, ma, vedendo che lui non la incitava,
proseguì - ...Posso chiedere agli Auror di darti qualche
coperta e... -
- No Granger, non mi
interessa. - la liquidò lui, passandosi una mano sui capelli
biondi, sporchi e disordinati.
- Ma farà davvero
tanto freddo, Malfoy, e io non ho problemi a... -
- Granger, finiscila. Non me
fotte un cazzo di ciò che vuoi o puoi fare. Cosa sei, il mio
angelo custode? - disse, questa volta alzando la voce.
Come da copione, Hermione non
abbassò lo sguardo, ma lo tenne fisso davanti a
sè.
- Perchè, Granger?
Spiegami per quale dannato motivo vieni qui ogni mercoledì,
per parlare con me. -
- Giovedì. - lo
corresse lei in un sussurro. Malfoy non ricordava mai quando si
dovessero incontrare, e Hermione, pazientemente, ogni volta gli
ricordava che giorno era e lo aiutava a tenere il conto del tempo che
passava.
- Non mi interessa quale
fottuto giorno è. - rispose Malfoy alzandosi in piedi, come
faceva sempre. - Perchè ti ostini a venire qua? -
Quella domanda ricorreva in
quasi ogni loro incontro, come la discussione su quale giorno della
settimana fosse. Arrivati ad un certo punto, Malfoy si guardava intorno
circospetto e poi chiedeva -con un tono sempre più alto del
dovuto- cosa cazzo ci facesse lì Hermione.
Dopo due o tre incontri,
quando vide che Malfoy continuava a farle domande a cui lei aveva
già risposto, Hermione chiese spiegazioni a Joe.
"E' il luogo." le aveva
risposto lui semplicemente, alzando le spalle.
"Il luogo?" aveva chiesto
allora lei, stupita.
"Tutto, in questo posto,
è dannoso ai prigionieri e alla loro mente. Come pensi che
faremmo, altrimenti, a tenerli tutti sotto controllo e ad impedire
rivolte? Non ti sei mai chiesta perchè, anche senza Loro, i
prigionieri siano così tristi e svuotati di ogni energia?"
No, Hermione non se l' era mai
chiesto. Strano, visto che nella sua testolina ricciuta era tutto un
susseguirsi di domande e conclusioni logiche.
"Ma come...?" chiese allora,
pur intuendo la risposta -come sempre-.
"Incantesimi. Le pareti
trasudano di magie che impediscono ai prigionieri di pensare ad un'
evasione, di avere speranza; ci sono incantesimi di disillusione
perchè i prigionieri (e i visitatori) non riescano a
percepire le magie e... incantesimi che compromettono la memoria.
Soprattutto quelli."
Hermione aveva capito, e
scuotendo la testa era andata da Malfoy, pronta ad avere tutta la
pazienza del mondo.
- Sono qui per parlare con te,
per aiutarti ad uscire da questo maledetto posto. - ripetè
con calma quello che ormai era diventato come un mantra.
- Aiutarmi? Granger, per
carità, smettila. Non voglio il tuo aiuto. -
- Ma io te lo darò
lo stesso! -
- Ma davvero? Se la memoria
non mi inganna, non è la seconda o la terza volta che vieni
qui... vero? -
- No. E' la decima. - per una
volta si era ricordato qualcosa.
- Perfetto, Granger... Ma,
sempre se la memoria non mi inganna, le cose non sono migliorate dal
nostro primo incontro. Certo, mi vuoi aiutare... ma non puoi. Che
c'è, ora che il Signore Oscuro non c' è
più, vuoi tenerti occupata diversamente? -
esclamò con rabbia.
Era acido, cattivo e spietato
con lei, che però non accennò a muoversi.
Doveva avere pazienza, come
sempre.
Sentì qualcosa
muoversi dietro la porta, probabilmente Auror. Sorvegliavano qualsiasi
entrata e qualsiasi uscita, e, nonostante lei avesse più
volte chiesto di poter rimanere sola con Malfoy, gli Auror continuavano
a ronzarle intorno come api fastidiose. "Devono proteggerti" le aveva
spiegato una volta Joe, "e non possono riservare al tuo amichetto un
trattamento speciale."
- Malfoy, siediti. - disse lei
con voce ferma. I cinque minuti erano già passati, e presto
qualcuno avrebbe condotto via Malfoy.
- No, Mezzosangue, vattene. -
- Io non mi muovo di qui. -
- Dubito che i tuoi amici
Auror faranno durare in eterno i nostri cinque minuti. -
ghignò, voltandole le spalle.
- Malfoy! - esclamò
lei, arrivata all' esasperazione.
- Mezzosangue, o te ne vai tu,
o me ne vado io. -
Lei non proferì
risposta, tenendo lo sguardo fisso sui segni rossi che Malfoy aveva sui
polsi, ciò che rimaneva della pelle divorata dalle manette.
Lui faceva sempre il possibile per nasconderli alla sua vista, e
Hermione sapeva il perchè: odiava quando lei lo guardava con
pena e cercava di medicarlo, oppure quando chiedeva alla guardia di
procurare manette più grandi. Lo odiava perchè
era un perfetto calcio in culo al suo orgoglio-made-in-Malfoy.
- Okay, me ne vado io. A mai
più, Mezzosangue. - A lui piaceva chiuderle, le
conversazioni. Come sempre, la guardò dall' alto in basso,
poi si diresse verso la porta laterale da cui era entrato. Hermione non
provò a fermarlo, quel "a mai più" non la
spaventava. Sapeva che era il modo di Malfoy di dire "a
giovedì", perchè sapeva che mai lei avrebbe
rinunciato a quei cinque minuti settimanali in quel purgatorio che
sapeva di nebbia e di freddo.
Aprì la porta e si
lasciò scortare dagli Auror che lo attendevano fuori,
ghignanti e annoiati.
Hermione rimase lì
-come sempre- ad aspettare che fosse Joe a venirla a chiamare -come
sempre-.
Avrebbe potuto
mettere fine a quel farneticare, e chiudere quel siparietto una volta
per tutte, ma non lo aveva fatto, perchè sapeva che se lei
iniziava a parlare, era lui a dover terminare.
*Si nasconde nel suo spazietto buio.* Si, hem, il finale è da no comment. Però una recensione fa sempre comodo, e io mi NUTRO di recensioni XD Non negatemi il pane quotidiano! Alla prossima,
Gelb_augen